venerdì 30 luglio 2010

Scacco al re

Ce l'ha fatta. Lo separazione era inevitabile, ma per Gianfranco Fini era essenziale che il suo distacco dal nucleo berlusconiano del PDL avvenisse non per autonoma e spontanea fuoriuscita, magari sbattendo la porta dopo aver sputato per terra all'urlo di "neanche più un solo minuto qui", ma in conseguenza, invece, di una formale iniziativa di radiazione da parte del suo antagonista, Silvio Berlusconi. Ora il presidente della Camera ha le mani libere, e chi gliele ha slegate è stato proprio il cavaliere. Il governo del paese passa virtualmente nelle mani di Fini, essendo questi nella posizione di decidere, alla Camera, le sorti di ogni votazione in modo autonomo. E l'ex leader di AN in quella posizione ce lo ha messo proprio Berlusconi. Mossa sbagliata, contromossa. Scacco al re.

Il momento più divertente di questa fase di crisi del centrodestra è stato la "conversazione" dell'altro giorno tra Fini e quello squagliacquazzina del giornalismo che risponde al nome di Giuliano Ferrara. Solo quando la decisione di Berlusconi di chiudere è sembrata inappellabile, Fini, servendosi dell'elefantino, ha finto di tendere la mano (sapendo benissimo che giunti a quel punto il suo gesto sarebbe stato ignorato), per confutare l'immagine del traditore che i giannizzeri del cavaliere gli ritagliavano addosso. Bisogna essere mentecatti o rimbambiti per ritenere sul serio che quella di Fini fosse una dichiarazione di resa, un presentarsi a Canossa ad invocare il perdono. Eppure, incredibilmente, si son lette e sentite, anche ieri alla Zanzara, interpretazioni del genere.

Strategia, tattica, conoscenza del funzionamento dei palazzi del potere in ogni loro meandro. Questo è il Fini degli ultimi tempi, piaccia o non piaccia. Capisco che tale modo di agire molto "dalemiano" possa far storcere il naso, ma, per citare qualcuno, "la politica è anche questo". Probabilmente in altre circostanze deprecherei tutto ciò, ne malgiudicherei l'assenza di nobiltà. Ma viviamo in tempi machiavellici, dove, entro certi confini, il fine giustifica i mezzi. E qui il fine, il superamento della destra berlusconiana e il suo avvicendamento (non affiancamento, avvicendamento) con una liberale, legalitaria e riformista-nel-solco-della-tradizione è di importanza fondamentale. Non v'è certezza che la svolta sia davvero in divenire, ma perlomeno si intravede finalmente l'inizio di un percorso, un barlume di luce in fondo al tunnel. Come andrà finire, lo sa solo il cielo.

[Tasso di demagogia, moralismo e luogocomunismo di questo post: 60%]

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Paul Simon, "50 Ways to Leave Your Lover" (1975)




She said why don't we both just sleep on it tonight
And I believe in the morning you'll begin to see the light
And then she kissed me and I realized she probably was right
There must be fifty ways to leave your lover
Fifty ways to leave your lover...


giovedì 29 luglio 2010

A che servono gli amici

Secondo post del giorno, di Authan. Non perdetevei il primo, a parte, di Paolo.

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Urge disegnino. Siccome Giuseppe Cruciani non ci arriva da solo, per quanto sia incredibilmente semplice, qualcuno gli deve perché tanti ascoltatori, che non sono tutti dei mentecatti, ma semplicemente persone con delle emozioni, dei turbamenti, delle inquietudini, ieri si sono incazzati alla morte con lui. Eccomi qua, fiero e baldanzoso. A che servono, sennò, gli amici? :-)

Ricapitoliamo brevemente i fatti. Ad un certo punto, durante la Zanzara di ieri, Cruciani ha mandato in onda un clip audio di Denis Verdini, nel quale il coordinatore del PDL, durante la burrascosa conferenza stampa di ieri, ha espresso la sua solidarietà per Marcello Dell'Utri. Le parole esatte di Verdini sono state: “Per me Dell'Utri è un amico fraterno, una persona perbene”.

Ebbene, rimanere indifferenti di fronte ad una affermazione del genere, dichiarando di comprenderla, di giudicarla normale, che è quel che ha fatto Cruciani, non è da tutti. Non è cioè un modo di reagire scontato e oggettivamente inoppugnabile. Di fronte alle rimostranze di alcuni ascoltatori, il conduttore ha spiegato (purtroppo in malo modo, strepitando al solito come un ossesso anziché argomentando) che il suo intento non era di difendere la persona di Verdini nell'ambito dei procedimento giudiziario a cui è sottoposto, ma il diritto di quest'ultimo a rivendicare i suoi sentimenti d'amicizia per chicchessia, inclusa una persona condannata non in via definitiva (ma sarebbe lo stesso anche se lo fosse) per mafia che ad ogni modo si professa innocente.

A questo punto, però, viene da chiedersi: il Giuseppe Cruciani autore di un libro in cui dà addosso agli amici di Cesare Battisti è quel Cruciani o un altro? Ed è il nostro Cruciani quello che tempo fa ha giurato di non comprare mai più un solo libro di Fred Vargas, in quanto sodale dell'ex terrorista dei PAC, o un omonimo che un giorno passava da Radio 24 per caso?

Alla scontata, banale, inevitabile, goffa e patetica obiezione del conduttore, facilmente prevedibile, che Battisti e Dell'Utri non si possono mettere sullo stesso piano, mi permetto di rispondere che invece i due si possono paragonare eccome! Primo perché Battisti si proclama anch'egli innocente (a scanso di equivoci, il tenutario del blog qui lo considera colpevole come Giuda), e secondo perché il livello di sopportabilità nei confronti di chi esprime solidarietà ad una persona dalla reputazione compromessa varia soggettivamente sulla base dell'identità sia del "solidarizzante" che del "solidarizzato", nonché sulla gravità delle nefandezze attribuite a quest'ultimo. Per qualcuno, finché il "solidarizzato" in questione non è un pluri-omicida va tutto bene. Per altri l'asticella della sensibilità si posiziona ad un diverso livello.

Quel che Cruciani deve mettersi in testa è che moltissime, moltissime persone trovano, da un punto di vista emotivo, infinitamente più irritante che un politico di alto rango, con grande influenza sulla vita del paese, espliciti la sua vicinanza (fermo restando il suo diritto formale a farlo, ma qui non è in ballo il diritto quanto l'opportunità) ad un presunto colluso con la mafia, rispetto al caso di una secondaria scrittrice francese che solidarizza con un collega edulcorandone il cruento passato. E si dà il caso che lo scrivente, qui, sia tra questi.

E' una questione di ruoli, di deontologia, di osservanza di un'etica pubblica. Denis Verdini è il numero due del maggior partito di governo, non il barista del caffé all'angolo, né un autore di libri noir conosciuto da poche decine di migliaia di persone in Italia. Che non si possa pretendere che egli rinneghi e ripudi le sue antiche amicizie va bene, viviamo pur sempre in un paese libero, e ci mancherebbe. Ma dall'altra parte nemmeno si può pretendere che tali amicizie non destino una certa impressione, che non suscitino perplessità e interrogativi.

L'arte del far finta di nulla per qualsiasi cosa stia sotto l'omicidio plurimo, Cruciani, non è detto sia poi così nobile. Il giorno che si ficcherà questo concetto in testa, anziché assumere sempre, sistematicamente, la posa snob del super cinico dall'animo di ghiaccio, non sarà mai troppo presto.

[Tasso di demagogia, moralismo e luogocomunismo di questo post: 83%]

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"That's What Friends Are For", Dionne Warwick & Friends (Gladys Knight, Elton John e Stevie Wonder, per la cronaca. Anno 1985)




Keep smiling, keep shining
Knowing you can always count on me, for sure
That's what friends are for
For good times and bad times
I'll be on your side forever more
That's what friends are for...


Vispe Terese, vispo Telese

Anche oggi doppia razione al bar dell'Anti-Zanzara. Qui sotto un post di Paolo. A parte quello di Authan.

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[L'articolo è di Paolo]

Buongiorno,

solo una nota sul siparietto iniziale giocato tra Cruciani, Telese, Stracquadanio e gli audio di Verdini e Ferrara attorno alla conferenza stampa del coordinatore del PDL.

Credo che Telese abbia ragione: Stracquadanio (l'on. "Straguadagno" di recente memoria, quello che sosteneva che i parlamentari italiani andassero incentivati con retribuzioni migliori) e Ferrara sono ricorsi alla bagarre contro la giornalista dell’Unità, attaccandosi ad aspetti formali poco rileva, perché non si dovesse arrivare alla replica di uno spettacolo già visto.

Infatti, se non ho capito male, le domande avevano un leit motiv facilmente identificabile: perché Verdini riceveva congrui versamenti da un personaggio equivoco come Carboni? E le risposte sembravano invece voler affermare che Verdini non era a conoscenza di questo fatto.

Vi è mai capitato che qualche semisconosciuto, vi dia dei soldi a vostra insaputa? A meno che non siate lo stupefatto Scajola, intendo. No? Nemmeno a me. E Ferrara e Straquadanio credo che abbiano impedito almeno in parte proprio la replica della grottesca conferenza stampa del ministro che non sa giustificare come ha acquistato la propria casa e minaccia di rivalersi su chi gliel'ha pagata a sua insaputa.

Ma in realtà basta porre a chiunque (Verdini e Scajola esclusi, of course) la domanda "Ti è mai successo?" perché sia un po’ più chiaro che i rapporti tra Carboni e Verdini sono quanto meno equivoci e politicamente inopportuni.

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Credo però che il tema del giorno sia l'apparente inizio della fine del PDL per come l'abbiamo visto sinora, anche se si è verificato dopo la trasmissione.

Berlusconi, dopo aver preparato il campo giorni fa con l'invito a Casini ad aderire alla maggioranza, sembrerebbe aver deciso di eleggere formalmente Fini a suo nemico ufficiale, malgrado il colpo di coda di quest'ultimo che avrebbe chiesto una tregua.

La formula politica del partito del cavaliere, una volta tolte le inconsistenti promesse pre e post elettorali, necessita disperatamente di un nemico, e la scarsezza di risultati impone un capro espiatorio. Visto che nel ruolo non era più credibile una sinistra che ogni volta che era tirata in ballo rispondeva in maniera molto verosimile "Io? Ma se stavo dormendo!?!", Fini ha fatto quanto necessario per assumere questi ruoli.

Da domani le trombe mediatiche del premier potranno suonare ancora più forte la musica che attribuisce a Fini e ad una gravissima crisi economica assolutamente imprevedibile (!) la mancanza di risultati di questo governo.

Sarà interessante ora vedere quale possa essere la vera forza dei finiani e quali le prospettive dell'eventuale terzo polo, ma l'accelerazione e la posizione di forza assunta rispetto a Fini e gli abboccamenti con Casini mi pare tengano Berlusconi saldamente al centro della scena politica, al punto che i due scenari che riesco ad immaginare come più probabili sono o elezioni anticipate con conseguente ulterirore frammentazione dell'opposizione a sinistra, attualmente del tutto impreparata a gestire un processo elettorale, e rafforzamento al centro per il PDL, oppure un rimpasto di governo che permetta alla destra di arrivare a fine mandato con l'appoggio esterno dei finiani ed occasionalmente dei centristi (scritto così sembra di leggere un nota politica relativa alla DC della prima repubblica).

Da questo momento comunque saremo realmente in grado di capire se Fini può essere il nuovo che avanza a destra oppure se sarà destinato a seguire chi ha provato a staccarsi da Berlusconi (Follini, Tabacci,...) nella strada dell'oblio della politica, cosa che personalmente credo.

Saluti

Paolo

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Come contributo multimediale di accompagnamento al post, Paolo vi propone un esilarante sketch di Fiorello su Berlusconi. Riguarda il divorzio da Veronica Lario, ma in effetti lo si può associare anche alla separazione imminente con Fini. Buon divertimento :-)




mercoledì 28 luglio 2010

Meno male che la sua parte c'è

Oggi non ho avuto tempo neanche di pensare. Pubblico un fill-in che Paolo mi ha mandato diversi giorni fa. Ciao, Authan

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[Il pezzo è di Paolo]

Buongiorno,

anche se non amo i post sulla conduzione del programma, oggi potrei far contento Cruciani (se il post dovesse essere letto dal conduttore), perché, citando Authan, anche a me sembra sia un grosso solipsista. E quindi il fatto che si parli di lui, anche se non positivamente, non potrà che fargli piacere.

Quante volte, dopo essere stato accusato di essere filo governativo (o più raramente di sinistra) il conduttore ha sentenziato lapidariamente parafrasando indegnamente James Bond “Sono di parte, la mia parte” (So' l'Aggente zerozeroseimenomeno, Cruciani, Giuseppe Cruciani, l'aggente segreto de nojaltri)?

Lasciando da parte l'involontaria autoironia davvero il conduttore può concretamente rivendicare di avere una propria autonoma posizione politica derivata dai fatti piuttosto che da uno posizionamento acritico o pregiudiziale? A parte il fatto che il quesito è scritto con un linguaggio molto anni settanta, secondo me lo potrebbe fare se sottolineasse ed irridesse determinate posizioni, persone, dichiarazioni sulla base di un proprio metro di ideali e valori indipendentemente dalla loro posizione politica.

Quindi, per fare un esempio, se irridesse allo stesso modo chi parla di rischi per la democrazia (nei quali dice di non credere) indipendentemente dalla sua posizione politica. Ma dopo tanti Radio Londra ieri SB (il presidente del consiglio, non un politico di secondo o terzo piano) ha parlato addirittura di democrazia incompleta, a causa delle modifiche al progetto di legge sulle intercettazioni (quindi ben più di un rischio) non meritando alcuna benché minima ironia.

Oppure se sottolineasse la scarsa concretezza dei politici sempre indipendentemente dalla sua posizione politica. E anche qui le ironie sul (mancato) operato dei ministri del governo precedente stridono (e molto in alcuni casi quali quello di Brunetta) con il silenzio sui mancati risultati di quelli attuali.

O se infierisse allo stesso modo sul frazionismo indipendentemente dal fronte politico in cui si verifica. Ma io sento sottolineare ben diversamente le divisioni a sinistra (laici, cattolici e galassia della sinistra radicale non presente in parlamento ma sfottuta in trasmissione) da quelle a destra (che stanno paralizzando un governo avente una maggioranza mai verificatasi precedentemente: mi pare che i finiani abbiano in parlamento un peso superiore agli eredi di Bertinotti, ma in trasmissione non mi pare compaiano granchè, nemmeno per essere sfottuti).

Oppure ancora se irridesse ugualmente il linguaggio incomprensibile dei politici di ambo le parti. Ed il precedente post di Authan “il pianeta delle scimmie” mostra chiramente come Tremonti venga trattato diversamente da quel Vendola di cui Cruciani continua a sottolineare l'essere incomprensibile.

Oppure se evidenziasse l'odio nei confronti dell'avversario etc. etc. etc.

L'elenco delle disparità di trattamento che Cruciani applica a situazioni, dichiarazioni, persone sulla base della loro provenienza politica è molto lungo e totalmente evidente a chi ascolta spesso la zanzara, e, secondo me, rende molto ben evidente come sia prevalentemente la parte politica del protagonista a condizionare il giudizio di Cruciani.

Secondo me sarebbe opportuno per il conduttore un atto di onestà nei confronti degli ascoltatori: non credo gli si debba chiedere di essere al di sopra delle parti, ma di smettere di dichiarare la propria molto improbabile autonomia e dichiarare invece apertamente il suo essere tifoso di Silvio Berlusconi. Insomma una sorta di endorsement radiofonico alla Mieli. Credo che il programma ne trarrebbe giovamento.

Saluti

Paolo

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(Authan) INXS, "By My Side" (1990)




In the dark of night
These faces they haunt me
Well I wish you were so close to me
Yes I wish you were
By my side...


martedì 27 luglio 2010

L'evoluzione della specie

La difesa della legalità deve essere una bandiera dell'azione politica del Pdl. In questo senso occorre distinguere la giusta tutela del garantismo, perché si è innocenti fino al terzo grado, dall'opportunità, in certi casi, di continuare a mantenere incarichi politici quando si è indagati.

Questa frase, pronunciata ieri da Gianfranco Fini, ha fatto saltare sulla sedia l'entertainer Giuseppe Cruciani quando le agenzie l'hanno battuta a trasmissione in corso. “Fini ripudia la linea garantista del PDL, di cui in passato era solito farsi interprete, e si sposta su posizioni dipietriste” ha in sostanza commentato il conduttore.

Potrei fare un post lunghissimo sull'esegesi della frase di Fini, di quanto siano sacrosante le sue parole, di quanto sia capzioso il vederci l'auspicio di un automatismo "giustizialista" tra la messa sotto indagine e il gesto di dimettersi, quando invece il presidente della Camera parla solo di valutarne l'opportunità “in certi casi” (i più gravi, evidentemente), rinunciando a quelle distorte forme di ipergarantismo senza se e senza ma per le quali un'inchiesta, che sia per non aver pagato un multa per divieto di sosta o per omicidio di primo grado, non significa di per sé mai nulla (questo che è, alla rovescia, un automatismo sciagurato). Ma preferisco fermarmi qui, per concentrarmi invece su un altro aspetto della querelle Fini, che mi accingo ora a sviluppare.

Confessiamolo. Sarebbe meraviglioso se la terza carica dello Stato raccontasse e illustrasse per filo e per segno in modo esplicito, dettagliato, circostanziato, il percorso che lo ha portato a scavare un solco così profondo tra sé e il suo quasi ex socio Silvio Berlusconi. E' inutile negare che nelle posizioni assunte da Fini ci siano elementi di contraddizione con la sua storia politica, le sue scelte, le dichiarazioni passate, le alleanze. Una spiegazione sarebbe tanto doverosa quanto gradita.

Ciò detto, però, non ci si può fermare, ogni volta che si dibatte del caos nel PDL, alla constatazione che il presente di Fini fa a pugni con il suo passato, liquidando tutto nella pattumiera dei "giochi di potere", che è quanto il nostro Cruciani è solito fare nella sua Zanzara. Ad un certo punto bisogna prendere atto che qualcosa è successo, che dai tombini e dalle chiaviche della destra berlusconiana, andata via via sempre peggiorando nel corso degli anni e mai tramutatasi nell'auspicata forza liberale e riformista, è sgorgata una minoranza per la quale la contiguità con il cavaliere è diventata motivo d'imbarazzo. Come scrive oggi l'odiato (da Crux) Michele Serra su Repubblica, “che cosa gli abbia [a Fini] attraversato il cervello non si capisce bene, se non che la frequentazione attiva e solidale di Berlusconi e dei suoi gli abbia ispirato un'invincibile refrattarietà”.

Bisogna cioè registrare che si è innescato un meccanismo evolutivo, uno sviluppo di un ramo della specie che ha visto nel cambiamento, nella rottura col passato, l'unica via di salvezza da una possibile estinzione, giudicata, a torto o a ragione, alle porte. Vien quasi da richiamare le teorie di Charles Darwin sulla selezione naturale, se non fosse che in politica la selezione dei forti avviene non in conseguenza di mutazioni genetiche casuali, ma sulla base di scelte ponderate, frutto di valutazioni articolate, di previsioni sul futuro orientamento del consenso popolare, e, se vogliamo, anche di calcolo politico (che non è necessariamente lo sterco del diavolo), di cui solo il tempo potrà confermare la correttezza.

E' in questo quadro, più ampio e complesso di quello triviale e approssimativo dei giochi di potere, che secondo me vanno collocati i tumulti della fronda dei finiani. Per l'ex leader di AN e per i suoi sodali non è in ballo la conquista (del potere), ma la sopravvivenza (al declino del potere attuale). C'e il convincimento che la strada della destra berlusconiana sia senza approdo. Un convincimento fortificato proprio dall'aver percorso tale strada per molti anni, aspetto che, da questo punto di vista, perde il suo tratto di incoerenza.

[Tasso di demagogia, moralismo e luogocomunismo di questo post: 91%]

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Pearl Jam, "Do The Evolution" (1998)




This land is mine, this land is free
I'll do what I want but i do irresponsibly
It's evolution, baby...


lunedì 26 luglio 2010

Cronaca Vera

Almeno era un tema. Non ho trovato particolarmente appassionante l'inchiesta di Panorama sulle "notti bravi dei preti gay" (titolo un po' pretenzioso, in realtà i preti spiati e colti in castagna erano solo tre), della quale si è molto parlato alla Zanzara di venerdì 23 luglio, ma almeno era un tema, e non una di quelle inconsistenti frivolezze che a Giuseppe Cruciani ultimamente piace proporre.

Francamente non so cosa ci sia di così sorprendente nello scoprire che, tra le migliaia di sacerdoti, c'è chi cede alla tentazione della carne. E' statisticamente normale che una minoranza di preti non rispetti il vincolo di castità. Con ogni probabilità ci sarà un'altra minoranza dedita all'alcool, e un'altra ancora al gioco d'azzardo. Anche gli ecclesiastici sono persone fatte non di legno, soggette a voglie e brame non facilmente reprimibili, a dispetto del loro ruolo. Ma finché i peccati di lussuria, visto che di questi si sta oggi parlando, hanno luogo con adulti consenzienti (ben diversa sarebbe la percezione della vicenda se fossero in ballo aspetti legati alla pedofilia), ebbene, se un problema esiste esso è circoscritto al rapporto di fiducia tra i sacerdoti libertini, i loro parrocchiani e Santa Madre Chiesa.

In altre parole, questa inchiesta sui preti gay, al di là di certi risvolti scandalistici e omofobi in effetti più appropriati per un tabloid tipo Cronaca Vera piuttosto che per Panorama, può forse stimolare la coscienza religiosa dei cittadini, ma non quella civile. E francamente viene da chiedersi se tra i compiti del principale news magazine italiano ci debba anche essere quello di penetrare una sfera così intima, per i suoi lettori, come quella della religiosità.

[Tasso di demagogia, moralismo e luogocomunismo di questo post: 39%]

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Pet Shop Boys, "It's a sin" (1987)




When I look back upon my life
It's always with a sense of shame
I've always been the one to blame...

venerdì 23 luglio 2010

Grazie di non esistere

Secondo posto del giorno, di Authan. Il primo era di Paolo.

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Ieri alla Zanzara è stato ospite Luca Barbareschi, il quale, ribadendo concetti espressi in un'intervista a Repubblica, su Berlusconi ne ha dette di cotte e di crude. Il cavaliere pensa ai suoi interessi e non al bene comune per il paese, non mantiene le promesse elettorali, comanda un partito di sudditi, e così via.

Vien spontaneo dare a Barbareschi il "buongiorno, ben svegliato! Caffé? Brioche?", e pur rallegrandomi della svolta dell'attore un po' capisco il conduttore Giuseppe Cruciani quando questi gli ha rinfacciato i toni e le parole riferiti al cavaliere che, nel 2008 in campagna elettorale, erano ben diverse ("genio", "statista", ecc). Cambiare idea è legittimo, ma bisogna ammetterlo, assumersene la responsabilità, confessare la propria dabbenaggine o il proprio passato opportunismo, tutte cose che Berbareschi si è ben guardato dal fare in modo esplicito.

Ma ad ogni modo, più che disquisire di un personaggio come Barbareschi volevo far osservare una volta di più come la profonda crisi della sinistra, non più percepita da alcuno come credibile alternativa di governo, stia avendo paradossalmente risvolti distruttivi per il berlusconismo, con sempre più soggetti che, da dentro il centrodestra, sentendosi liberi dal vincolo morale del far fronte comune contro il "pericolo rosso", sparlano a ruota libera del proprio boss dicendo ad alta voce frasi che in passato non avrebbero neanche osato sussurrare.

Se fossimo in un film, verrebbe quasi da ipotizzare che la crisi della sinistra sia stata pilotata da un "grande vecchio" proprio con l'intento di cagionare la fine del berlusconismo. E che il basso profilo tenuto da Bersani sia in realtà un atteggiamento studiato a tavolino. Ma ovviamente son tutte fantasie. Più banalmente, gli eventi hanno preso una certa piega perché il grande caos che governa l'universo a volte sa disegnare trame diaboliche che neanche gli sceneggiatori di Lost concepirebbero. Per anni ci siamo chiesti se per indebolire Berlusconi servisse una sinistra intransigente o invece una riformista. Chi avrebbe mai detto che a riuscirci sarebbe stata la sinistra inesistente.

[Tasso di demagogia, moralismo e luogocomunismo di questo post: 46%]

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Contributo multimediale dedicato a Luca Barbareschi.

The Cranberries, "Wake Up And Smell The Coffee" (2001)




I, I went to hell
I might as well
Learn by my mistakes...



Bindi o Carfagna per me pari sono

Doppio post. Qui sotto Paolo. A parte Authan.

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Buongiorno,
post totalmente slegato dalla Zanzara di ieri. Ho letto con qualche perplessità la notizia relativa al pronunciamento della Consulta contro la carcerazione automatica dei sospetti stupratori contro i quali esistano gravi indizi ed ho seguito alcuni stralci dei dibattiti –per la verità pochi– che ne sono seguiti.

Non ho una idea precisa a riguardo, non ho esperienze dirette nel penale e non mi rendo conto concretamente di cosa possano essere considerati dei gravi indizi al di là della flagranza, e quindi mi astengo da qualsiasi giudizio in materia, pur sentendomi ("di pancia" e con pochi elementi di valutazione) favorevole alle misure cautelari proposte e pertanto contrario alla Consulta. Credo che questo sia in linea con la mia idea di principio che in primo luogo vadano tutelate le vittime (anche potenziali) e che non penso che il sistema giudiziario sia persecutorio, ma che, al più, possa sbagliare.

Dopo il pronunciamento cosa succede?

Il ministro Carfagna, in spregio all'appartenenza al partito più garantista del mondo, quello per il quale prima dell'ultimo grado di giudizio nulla è detto, dichiara che “Per noi, cioè coloro che hanno scritto ed approvato questa legge, chi violenta una donna o, peggio, un bambino deve filare dritto in carcere, senza scusanti, da subito” e “L'intervento della Corte è giustificazionista, lontano dal sentire dei cittadini, e, purtroppo, ci allontana, sebbene di poco, dalla strada verso il rigore e la tolleranza zero contro i crimini sessuali che questa maggioranza ha intrapreso sin dall'inizio della legislatura”. Non è un bell'esercizio di garantismo e coerenza, ma davanti ad atti gravi e pericolosi che potrebbero essere ripetuti, mi pare ci possa stare.

E solo a questo punto nasce il dibattito che verte, si noti bene, più sul ministro, sulle sue affermazioni e sui suoi precedenti discinti trascorsi televisivi, che sul pronunciamento stesso. E qui mi incazzo (io sono uno che si indigna, sorry), perché insistere per sminuire la sua posizione politica sull'avvenenza del ministro quasi senza entrare nei contenuti del suo operato è purtroppo veramente abbassarsi allo stesso stupido e greve piano di chi usa a discredito della Bindi la sua (poca) bellezza. Con in più l'aggravante che spesso chi lo sta facendo si è appena scagliato contro Berlusconi per le uscite sulla Bindi. L'opposizione, per essere alternativa dovrebbe essere diversa dal fronte governativo. Se si comporta e pensa allo stesso modo non lo è.

Confesso di aver provato soddisfazione quando ho letto una analoga considerazione in un altro blog. Ma era scritto da un fervente oppositore della sinistra.

Saluti

Paolo

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(Authan) Roy Orbison, "Oh, Pretty Woman" (1964)




Pretty woman, walking down the street
Pretty woman, the kind I'd like to meet
Pretty woman, I don't believe you, it must be true
No one can look as good as you...


giovedì 22 luglio 2010

Manuale di pensiero per il buon cittadino

Mentre ieri ascoltavo alla Zanzara il conduttore Giuseppe Cruciani stroncare (e ci mancherebbe altro) il sindaco di un piccolo comune del trevigiano che dei "malati" agli omosessuali, e poi, successivamente, sprecare un vivace talento giornalistico quale David Parenzo a discutere di e con un personaggio insignificante come Riccardo Bossi, il mio occhio, ad un certo punto, è caduto su una breve nota di Pierluigi Battista, apparsa sul suo profilo Facebook, che mi ha fatto strabuzzare gli occhi, spingendomi a buttar giù un commento dal probabile “imbarazzante tasso di demagogia, moralismo e luogocomunismo” (il virgolettato lo capiamo solo io e Cruciani, abbiate pazienza).

Scrive, dunque, l'editorialista del Corriere:


Battista


Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un artificio comunicativo con il quale si cambiano le carte in tavola per dissimulare la questione vera. Tutto molto simile a quel bastardissimo "intercettateci tutti" che, secondo alcune menti illuminate quali Giuliano Ferrara e Piero Ostellino, campioni del pensiero liberale facenti però saltuario ricorso alla pura malafede, era il principio su cui si fondava l'opposizione alla cosiddetta legge bavaglio, cosa chiaramente non vera.

Battista, con la sua nota, si rende responsabile di una mistificazione del tutto analoga. L'oggetto del contendere, qui, non è affatto l'ipotesi che Berlusconi abbia ordinato la morte di Borsellino. Neppure Marco Travaglio nei suoi momenti di massimo furore antiberlusconiano è mai arrivato ad adombrare una prospettiva del genere. E, non a caso, il procuratore capo di Caltanisetta Sergio Lari ha chiarito ieri che il presunto intento della procura di coinvolgere di Berlusconi nell'inchiesta in corso sulla strage di Via D'Amelio è “gratuito e totalmente destituito di fondamento”.

Non è quello il punto. Il dubbio che viene avanzato, riguardo Berlusconi, è un altro, e riguarda l'eventualità che il partito di Forza Italia sia nato consapevolmente sulla scia di una serie di azioni criminali (le bombe del 1993), ordite dalla stessa cupola che ordinò la morte di Falcone e Borsellino, volte proprio ad agevolare (lo sostiene il procuratore generale antimafia Piero Grasso, non esattamente un passante qualsiasi) l'avvento di una nuova entità politica che prendesse il posto, nel ruolo di referente privilegiato per la mafia, della Democrazia Cristiana.

E' un po' diverso, no? Strillare ai quattro venti quanto sia da fessi e fissati ritenere che Berlusconi abbia fatto ammazzare Borsellino è un menare il can per l'aia, un trucco per eludere il vero punto. Non è in ballo un impensabile coinvolgimento diretto di Berlusconi nelle stragi, ma l'esistenza, in quegli anni, di rapporti d'affari e di interessi tra quest'ultimo (per tramite di Marcello Dell'Utri) e i vertici criminali di Cosa Nostra. E' di questo che si parla, egregio Battista. Non delle cazzate come quella che ha sparato lei su Facebook.

E, giusto per la cronaca, visto che se lo domanda, glielo dico io cosa occorre per essere "un buon cittadino", di sinistra, di centro o di destra non importa. Occorre per prima cosa non essere in malafede. E per seconda cosa occorre la voglia di farsi delle domande, quando è il caso. Specie quando di risposte certe non ce ne sono.

[Tasso di demagogia, moralismo e luogocomunismo di questo post: 82%]






Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano


mercoledì 21 luglio 2010

Forse è meglio che vi sediate

Vorrei condividere con voi un paio di riflessioni che hanno fatto capolino nella mia mente dopo la dichiarazione di ieri dei magistrati della procura di Caltanissetta (“Siamo a un passo dalla verità sulla strage di via D'Amelio. E la politica potrebbe non reggerne il peso”. Dichiarazione poi smentita, ma la sostanza non cambia se si legge ad esempio l'intervista del procuratore Nico Gozzo all'Unità di lunedì scorso). Sottolineo che trattasi di impressioni. Ovviamente non sono certezze.

La prima riflessione è che la strenua difesa che Gianfranco Fini e i suoi portano avanti da qualche tempo nei confronti delle nuove indagini sulla strage di Via D'Amelio, difesa ribadita ulteriormente in un'impressionante intervista a Fabio Granata pubblicata oggi sul Secolo XIX, porta a ritenere come, alla base della rottura dell'ala PDL che fa capo al presidente della Camera con quella berlusconiana, ci sia il sopravvenuto convincimento che le ipotesi di presenza di un legame tra la mafia e la nascita di Forza Italia corrispondano assolutamente al vero.

Se ho ragione, nella disputa Berlusconi/Fini non sono banalmente in ballo giochi di potere, mire di grandezza e ambizioni personali, come a un Giuseppe Cruciani qualsiasi piace credere e far credere. Il nodo cruciale, invece, sembra piuttosto la necessità, da parte di Fini, di mettere le mani avanti, di prendere le distanze, di ricostruirsi un'immagine di verginità di fronte all'eventualità che il suo attuale (ma presto ex) socio principale venga pubblicamente additato dalla magistratura, sulla base di riscontri sostanziali e non di teoremi, come persona che ha fondato il suo precedente partito in seguito ad un accordo con la mafia.

Seconda riflessione. Quando ieri sera, mentre la Zanzara era ancora in onda, l'Ansa ha battuto la notizia sulla sconvolgente verità riguardo la morte di Paolo Borsellino che sarebbe ad un passo, Cruciani si è detto sconcertato. Che senso ha, si è chiesto il conduttore, il preannunciare, da parte di magistrati di Caltanissetta, queste indicibili verità senza fare il passo ulteriore di pronunciarle esplicitamente? Non è normale che dei magistrati si comportino così.

In effetti è un po' strano, bisogna ammetterlo. Però credo che una spiegazione (valida o no ognuno giudicherà) esista e che sia insita nella parte finale della frase pronunciata dai procuratori di Caltanissetta: “la politica potrebbe non reggere il peso” della verità (verità presunta, ad ogni modo, sottolineiamolo. I PM dovranno dimostrare le lori tesi nei processi, posto che ci si arrivi sul serio a celebrarli) su Via D'Amelio. Avete presente la scena classica nei telefilm polizieschi in cui un agente viene incaricato di comunicare la morte di una persona ai congiunti di quest'ultima?

Forse è meglio che vi sediate” è la frase di rito con il povero agente, col suo triste compito da svolgere, dà inizio al dialogo, cercando di preparare psicologicamente gli interlocutori alla ferale notizia. Ecco, la dichiarazione dei PM sembra proprio un prologo preparatorio alla comunicazione della notizia vera e propria, affinché tutti entrino nell'ordine delle idee di dover prendere atto di qualcosa di drammatico. Politici di destra, sinistra e centro: sedetevi.

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Francesco Guccini, "La verità" (1970)




Le frasi storiche son dette, le mani nobili son strette,
la mia canzone è morta già, qualcuno forse ascolterà,
cercando assieme a me la verità...


martedì 20 luglio 2010

Dove non ci son santi né eroi

Secondo post del giorno, by Authan. Non perdetevi quello di Paolo.

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Accostare il termine eroe che Nichi Vendola ha ritenuto di dedicare a Carlo Giuliani con l'eroe di Marcello Dell'Utri per Vittorio Managno, che è ciò che ha furbescamente fatto ieri Giuseppe Cruciani (e se penso che su un tema del genere il conduttore ha pure profanato, usandolo a mo' di sigletta, un totem musicale come "Heroes" di David Bowie mi ribolle il sangue) è un insulto all'intelligenza di tutti. Okay, la parola è la stessa, ma tutto il resto viaggia su piani completamente diversi e non credo servano dettagli. O veramente vogliamo paragonare il giovane e sprovveduto Giuliani all'incallito delinquente e pluriomicida Mangano?

Ciò detto, bisogna dire lo cose come stanno. Pur con tutti i distinguo del caso, le contestualizzazioni, i chiarimenti, la frase di Vendola era e rimane una stronzata inopportuna. Mai grande quanto quella di Dell'Utri, sia chiaro, ma pur sempre una stronzata.

Se c'è un vocabolo prezioso, speciale e magico il cui uso andrebbe centellinato e limitato il più possibile è "eroe". Mi dà fastidio ogni volta che lo vedo utilizzato in modo retorico, a sproposito, almeno quanto un fervente cattolico che sente pronunciare il nome di Dio invano. Gli eroi sono quelli dei film, dei fumetti, dei cartoni animati. Esseri straordinari, mitologici, leggendari, che non hanno un corrispettivo nella realtà di tutti giorni. Anche perché, per citare Bertold Brecht, non è di eroismi che una nazione ha bisogno, ma di onestà, serietà, impegno, responsabilità e coscienziosità. Da parte di tutti, e a maggior ragione da parte di chi ricopre incarichi pubblici.

Sì, mai come oggi la famosa frase di Brecht cadrebbe a fagiuolo. Tuttavia, è a Luigi Pirandello che invece voglio rubare un aforisma. E' molto più facile essere un eroe che un galantuomo. Eroi si può essere una volta tanto; galantuomini si dev'esser sempre.

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Brian McFadden, "He's No Hero" (2004)




He's no hero
But he's doing what he can
Trying to make me a better man
And he's no hero
But he made me what I am
Stopped me from becoming
Another you...

Auto blu blu mi piaci tu tu

Ritornano i doppi post. Troppa grazia. Qui sotto Paolo, a parte Authan.

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Buongiorno,

come forse saprete io ho una idiosincrasia nei confronti del ministro Renato Brunetta, di cui , leggendo il blog, mi pare che in trasmissione (ma anche sulla stampa in generale) siano state trascurate le ultime uscite (per un riassunto, link1 e link2) relative alle auto blu.

Peccato che con i dati forniti le cifre non tornino, ed in maniera macroscopica. Infatti da un lato si dichiara che gli addetti (tra gestori e conducenti) sarebbero complessivamente 60.000 (e pagati tutti come quadri di alto livello, 2000€ al mese!), mentre dall'altro li si dettaglia addirittura in quasi 82.000 con un errore "solo" del 35%. Il che, sull'ammontare del costo del personale dichiarato (oltre 3 miliardi) significa oltre 1 miliardo di euro, cioè metà del costo che il ministro vorrebbe recuperare da questa voce di spesa, il 4% della finanziaria, quanto ci è costata l'italianità di Alitalia, il doppio di quanto investito nella social card.

Il tutto risulta ancora più folle se si considera che in molti casi (ricordate "Speedy" Tosi?) sembra che a condurre il mezzo sia un membro della scorta e non l'autista.

Questa imprecisione credo abbia due principali motivi. Il primo è non chiarire quanti siano gli assunti per via clientelare negli entourage dei politici (tra gli autisti temo ve ne siano molti). Il secondo confondere le carte in tavola sui reali costi dei mezzi e del loro utilizzo: i costi di ammortamento e dei consumi indicati sono assolutamente folli (vi sfido a riuscire a spendere 9000 € l'anno di benzina ed assicurazione per una macchina condotta da autista professionale che percorre 13.000 Km l'anno: i costi dei carburanti sapete quali sono, per cui coprono al massimo 2500 €. Vi restano "solo" 6.500€ per l'assicurazione), ma diventano insignificanti se rappresentano solo il 25% della spesa totale…

La mia conclusione è la solita: che sia per incapacità o malafede, chi ha propalato questi dati si sta dimostrando inadeguato al ruolo che si è assunto, lo è ancor di più se è anche solo in parte responsabile delle modalità di gestione di questo servizio, lo è ulteriormente se ha preferito baloccarsi sinora in attività inutili senza incidere un bubbone così grosso.

Non mi meraviglia quindi il fatto che Giuseppe Cruciani non ne parli, visto che si tratta del suo idoletto personale. Mi meraviglia invece, ma nemmeno tanto, vedere che nessun giornalista si è preso la briga di far due conti…

Saluti

Paolo

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(Authan) Eiffel 65, "Blue (Da Ba Dee)" (1998)




Yo listen up here's a story
About a little guy that lives in a blue world...


lunedì 19 luglio 2010

Il pianeta delle scimmie

Un paio di passaggi dell'intervista fiume rilasciata da Giulio Tremonti a Massimo Giannini di Repubblica hanno - diciamo così - lasciato il segno, almeno nella mia povera mente derelitta. Seguitemi.

Giannini: D'accordo, allora, partiamo pure dalla "democrazia dei contemporanei". Cosa intende dire?

Tremonti: La democrazia dei contemporanei è diversa da quella "classica", e questa a sua volta era diversa dalla democrazia della agorà. E pure sempre è necessaria, la democrazia. Ed è ancora senza alternative - la democrazia - pur dentro la intensissima "mutatio rerum" che viviamo e vediamo. Intensa nel presente come mai nel passato, dalla tecnologia alla geografia. La scienza muta l'esistenza. La "medicina", la "ars longa" sempre più estende il suo campo, non più solo sulla conoscenza del corpo umano, ma essa stessa ormai capace di ricrearlo per parti. L'iPad muta le facoltà mentali, crea nuovi palinsesti, produce in un istante qualcosa di simile a quello che per farsi ci ha messo tre secoli, nel passaggio dal libro a stampa alla luce elettrica. Per suo conto, Google vale e conta strategicamente ormai come e forse più di uno Stato G7. E poi è cambiata di colpo la geografia economica e politica. Di colpo, perché i venti anni che passano dalla caduta del muro di Berlino ad oggi sono un tempo minimo, un tempo non sviluppato sull'asse della lunga durata tipica delle altre rivoluzioni della storia.


L'iPad muta le facoltà mentali, crea nuovi palinsesti, certo... E poi Giuseppe Cruciani ce la mena con il linguaggio aulico e immaginifico di Nichi Vendola. Sfido chiunque a rendere il testo qui sopra comprensibile ai comuni mortali.

Ma la vera perla deve ancora arrivare.


Giannini: Bersani la invita da tempo ad andare in Parlamento, a discutere della crisi. Perché lei si rifiuta?

Tremonti: La sequenza non può essere prima chi e poi cosa, e cioè prima si sceglie chi governa e poi si decide cosa si fa. Questa sequenza riflette un eccesso di odio antropomorfo. Prima si deve discutere sul cosa.

Giannini: “E dello scontro tra il premier e Fini cosa mi dice. Quello non è un pericolo, per la tenuta del Pdl?

Tremonti: Anche questo tema rientra nell'idea antropomorfa della politica, che non mi appartiene.


Sono pronto a dare dei soldi a chiunque mi renda edotto del senso di quanto sopra, ed in particolare coprirò d'oro chi mi spiegherà che cosa m*****a sia "l'odio antropomorfo". Forse l'odio per tutto ciò che abbia aspetto umano? E cosa c'entra con Bersani che chiede al ministro di riferire in parlamento? E "l'idea antropomorfa della politica", poi, che sarà mai? Quella che vede nelle tribù dei primati l'ideale di società da perseguire?

Ma che film ha visto il ministro? (La risposta è nel titolo del post)


PS. Forse Tremonti intendeva riferisi a "odio antropologico". Non che, posto sia davvero così, le sue parole acquistino chissà quale sostanza...

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Peter Gabriel, "Shock the Monkey" (1982)




Monkey, monkey, monkey
Don't you know when you're going to shock the monkey...





UPDATE. Devo assolutamente aggiungere il contributo multimediale suggeritomi da Pale (grazie!), contributo che spiega come presumibilmente Massimo Giannini non si sia reso conto di chi fosse realmente l'individuo che stava intervistando :-)





venerdì 16 luglio 2010

Aumma aumma

Io non lo so se questa cosiddetta P3 sia qualcosa di serio o solo una banda di cialtroni che ricorda più Totò e Peppino che non Licio Gelli e Roberto Calvi. Lo sapremo dal prosieguo dell'inchiesta in corso.

Però delle due l'una. O si dice che questi "pensionati sfigati" non sono da prendere sul serio in quanto smargiassi millantatori, oppure, se li si prende sul serio, si dice che questo soggetti costituivano una cupola, un comitato d'affari segreto (l'incontrarsi in ristoranti aperti a tutti non basta certo a rendere certe attività "pubbliche e trasparenti") che si è mosso ben al di fuori del solco della legittimità, sul piano etico prima ancora che su quello penale. La via di mezzo che porta a derubricare tutta la vicenda ad una mera attività di lobby, che è quello che il nostro Giuseppe Cruciani ha lasciato intendere, tra una cantatina e l'altra, durante la Zanzara di ieri, è una scappatoia intellettuale buona per menti pigre che non vogliono neanche porsi il problema.

Prima di parlare di lobby, caro Cruciani, bisognerebbe perlomeno sapere bene cosa siano. E dire che basta consultare un qualunque dizionario. Ebbene, una lobby è un insieme di soggetti rispondenti ad interessi comuni che esercita pressione sul potere politico al fine ottenere, sul piano legislativo, provvedimenti particolarmente propizi. Questo è ciò che si intende con lobby, questo e nient'altro.

Ora, che sia una banda di pensionati sfigati o, al contrario, un gruppo assortito di navigati intrallazzatori campioni nell'arte del brigare aumma aumma, vi sembra che la combriccola dei Verdini, Dell'Utri, Carboni, Lombardi, Martino, Caliendo, ecc. possa essere definita una lobby? Ma certo che no. Tentare di influenzare le decisioni della corte costituzionale per conto di un misterioso Cesare (chissà chi sarà mai…), o pilotare importanti nomine di giudici, non è agire sul potere politico. Fabbricare dossier per screditare un possibile candidato governatore non assomiglia neanche un po' al far pressione per ottenere provvedimenti legislativi favorevoli.

Quindi, e scusate il francese, smettiamola con le cazzate. Se si vuol andar di minimizator, va bene: di spezzoni di film di Toto e Peppino da mandare in onda per commentare le imprese dei cospiratori da operetta ce ne sono a bizzeffe. Ma la legittimazione di fatto delle azioni di questo comitato segreto (e sottolineo segreto), il quale agiva violando sicuramente l'etica e presumibilmente la legge, che si ha nel momento in cui si inquadrano in modo del tutto improprio tali azioni come facenti parte di una normale attività di lobby, beh, mi spiace, ma è qualcosa di totalmente intollerabile. Intollerabile.

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Skunk Anansie, "Secretly" (1999)




You wanna do someone else
So you should be by yourself
Instead of here with me
Secretly...


giovedì 15 luglio 2010

Quattro amici al bar

Ormai anche un bambino vede il modello che Berlusconi segue in presenza di uno scandalo che coinvolge un suo uomo. Prima, qualunque cosa arrivi, avvisi di garanzia, ecc, il cavaliere difende la persona interessata. Poi temporeggia. Poi tace. Alla fine l'accompagna alla porta, elogiando le dimissioni quale gesto da galantuomo, alla 'Bruto è un uomo d'onore'.

Luca Telese, in un fugace raggio di luce della Zanzara di ieri.

Niente da dire, la capacità di Telese nel sintetizzare e ridurre all'osso certe situazioni (in questo caso, le dimissioni di Nicola Cosentino, dopo quelle di Scajola e Brancher) è straordinaria. Altri se la sognano.

(Luca, poi passo da te per i venti euro della marchetta.)


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Mettendo insieme la frase di Berlusconi sui “quattro sfigati pensionati” della cosiddetta P3 che brigavano invano per cambiare l'Italia, e questa foto publicata dal sito dell'Espresso...


4 amici


...si arriva dritti dritti ad un contributo multimediale che più calzante non potrebbe essere. E per oggi, giornataccia, il post finisce qua.



Gino Paoli, "Quattro amici" (1991)



Eravamo quattro amici al bar
Che volevano cambiare il mondo...


mercoledì 14 luglio 2010

Forte con i deboli, debole coi forti

Due temi toccati alla Zanzara di ieri mettono in luce, se mai ce ne fosse ancora bisogno, il tremendo doppiopesismo che caratterizza il conduttore Giuseppe Cruciani. Sai che novità, direte voi. Mi rendo conto, ma piaccia o no il menu di oggi è questo, fatevene una ragione.

Partiamo dal caso del writer milanese Daniele Nicolosi, in arte Bros, che, dopo essere uscito indenne per prescrizione da un processo penale a suo carico per via di un graffito realizzato sulle mura del carcere milanese di San Vittore, sembrava dovesse partecipare, su iniziativa dell'assessore alla cultura del comune di Milano, Massimiliano Finazzer Flory, ad un progetto, noto come "Walls of fame", di riqualificazione di alcuni punti della città mediante graffiti artisticamente qualitativi.

Eh no!”, ha detto in sostanza Cruciani, prima intervistando il sindaco Letizia Moratti e poi in un secondo momento rispondendo ad un ascoltatore. “Che un imbrattamuri responsabile di atti illegali, anche se poi è intervenuta la prescrizione, venga arruolato dal comune non va per niente bene” (per la cronaca, la Moratti gli ha dato ragione, smentendo così il suo assessore).

Insomma, nonostante tecnicamente Bros sia uscito pulito dal processo, la prescrizione in questo caso per Cruciani non conta nulla, nel senso che equivale a colpevolezza. Bros è un imbrattamuri, ha il marchio dell'infamia. La sua arte o presunta tale non può essere pagata con soldi pubblici. E buonanotte al garantismo, che è riservato solo ad altri (e non serve dettagliare a cosa mi riferisco). Come si suol dire, forte con i deboli, debole coi forti, il nostro Crux.

Va detto che Cruciani ha poi cercato di rimediare all'evidente doppiopesismo affermando che nell'ambito del suo ragionamento la sentenza del tribunale non gli interessava. Ma in realtà, secondo logica, il fatto che Bros fosse finito sotto processo era invece proprio la chiave che portava il conduttore a negargli, fosse stato per lui, la possibilità di lavorare ad un progetto artistico ufficiale ed autorizzato. Infatti, se il processo non contasse, allora nessun writer, con o senza pendenze con la giustizia, potrebbe essere arruolato per il comune, visto che tutti i writer hanno sicuramente imbrattato muri senza permesso nel corso della loro "carriera".

Probabilmente Crux odia indistintamente tutti i graffitari. E va bene, è legittimo (neanche a me stanno tanto simpatici, se devo dirla tutta, visto che il 99% di loro non ha il benché minimo talento), ma in tal caso bisogna dirlo, senza prendersela con il solo Bros, e soprattutto senza buttare nel cesso i propri principi garantisti solo perché a questo giro non fanno comodo.

***

Ma lasciamo il caso del writer, e veniamo a quello del senatore PDL Lucio Malan, nella cui segreteria particolare lavorano, assunte dal senatore medesimo, sia sua moglie che la nipote di quest'ultima. “Non che sia chissà quale delitto”, ha detto in sostanza Cruciani, “ma per ragioni di principio e di opportunità sarebbe meglio che un politico o un amministratore pubblico non chiami al proprio servizio dei parenti. Sicuramente Malan è in buona fede, ma dei paletti bisogna metterli, perché altrimenti si arriva facilmente a degli abusi”.

Sacrosanto. Peccato che in numerose altre circostanze il conduttore abbia omesso di sventolare come vessilli le "ragioni di principio e di opportunità", sia in situazioni di evidente nepotismo in politica (pensiamo a Renzo Bossi, personaggio su cui Crux non ha mai calcato la mano, nonostante la sua vicenda sia mille volte peggiore rispetto a quella di Malan), che in casi più ampi, extra-familiari, ma sempre riconducibili a cooptazioni non fondate su qualità del curriculum e per questo inappropriate (canditatura di "veline" ad elezioni, ingaggi in Rai di attrici su indicazioni "presidenziali", ecc).

Ah, la coerenza, questa sconosciuta.

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Il caso Malan mi ha suggerito un contributo multimediale coi fiocchi.

Sly and the Family Stone, "Family Affair" (1971)




It's a family affair...
It's a family affair...


martedì 13 luglio 2010

Il passaggio del testimone

Non so di chi sia stata l'idea – immagino del nuovo direttore di Radio 24, Fabio Tamburini – ma il momento, inaugurato da pochi giorni, della cessione del testimone tra Sebastiano Barisoni a Giuseppe Cruciani, negli ultimi secondi di Focus Economia, sta diventando un piccolo spazio cult. Perché dietro questo passaggio di consegne, che ha luogo in un clima di reciproco e tangibile imbarazzo, ci sono due scuole di pensiero agli antipodi tra loro nel modo interpretare il servizio di informazione al pubblico.

Mentre Barisoni affronta a testa bassa i temi di economia all'ordine del giorno, cercando di capire (lui per primo) e di far capire agli ascoltatori quel che non è chiaro o che si presta a diverse interpretazioni, Cruciani, che si sparerebbe un colpo in fronte piuttosto di fare la stessa cosa sui temi della politica e dell'attualità, preferisce invece dare ribalta a vicende e personaggi - diciamo così - "di colore".

Ne vengono fuori dei siparietti involontariamente fenomenali tra i due, come quello di ieri. Barisoni, giusto per inquadrare la situazione, aveva appena finito di intervistare il ministro all'agricoltura Giancarlo Galan, furioso (giustamente) con la Lega che intende porsi a difesa di quegli allevatori colpevoli di aver sforato le quote latte previste dai regolamenti europei e di non aver poi pagato le relative multe (con l'esito che poi tali multe, maggiorate, finiscono con l'essere pagate dallo stato coi soldi delle tasse di tutti).

Cruciani!, ha iniziato Barisoni, dando il benvenuto al collega. So che avrai la Beccalossi [Viviana Beccalossi, capogruppo del PDL in commissione agricoltura alla Camera] che se l'è presa col figlio di Bossi per aver rassicurato i manifestanti dei Cobas del latte mentre sul tema era ancora in corso la riunione del consiglio regionale della Lombardia.

, ha risposto Cruciani, parleremo anche noi a modo nostro di questa vicenda che riguarda la posizione della Lega nel governo [in realtà, per la cronaca, il tema è stato poi bellamente ignorato alla Zanzara, e della Beccalossi non s'è vista traccia], ma la grande domanda che oggi vogliamo porre a tutti è: voi, se fosse possibile, campereste fino a 150 anni? Il riferimento era ad un'intervista di don Verzé alla Stampa dove si rivangava la vecchia ritrita storia del premier Berlusconi desideroso di vivere un secolo e mezzo.

E con questo dubbio amletico chiudiamo Focus Economia per oggi, ha infine terminato Barisoni, dopo aver finto, con alcune parole di circostanza, di trovare un qualche motivo di interesse nel tema.

Se fossi stato saggio, avrei spento la radio in quel preciso istante.

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Queen, "Who Wants To Live Forever" (1986)




There's no chance for us
It's all decided for us
This world has only one sweet moment set aside for us

Who wants to live forever...


lunedì 12 luglio 2010

L'ultima frontiera dell'antiberlusconismo

L'ennesima vergogna scritta da Giuseppe Cruciani per Panorama, un articolo insultante della sua intelligenza, di quella dei lettori, e di quella di Ilaria D'Amico (vittima designata nel pezzo in questione, per via di un'intervista antiberlusconiana che la presentatrice ha rilasciato di recente al Corriere della Sera) mi ha provocato un tale senso di repulsione che in questo momento preferirei dedicarmi all'ornitologia pur di non pensare a cosa si è ridotto il giornalismo in Italia.

Il pezzo non è linkabile in rete al momento, e quindi dovete accontentarvi di un riassunto. In sostanza, siccome la presentatrice di Sky e de La7 è ricca, famosa, ha due belle case a Roma e Milano, e al mattino sorseggia il caffè comoda comoda leggendo i quotidiani via iPad insieme al suo compagno, per Cruciani non ha senso che costei critichi la cosiddetta legge Bavaglio e che abbia opinioni drastiche sulla qualità della politica italiana. Per farla breve, se Ilaria D'Amico ha tutto ciò che una persona normale possa desiderare, incluso l'iPad, che cazzo avrà mai da lamentarsi?

Di fronte ad un ragionamento del genere cascano braccia, mento, e pure altre appendici corporee. E non trovo consolatorio il fatto che articoli demenziali come questi vedano la luce solo in nome dei soldi, sempre pochi e maledetti, che si guadagnano lavorando per l'esercito mediatico del bene. Anche perché il timore che ciò non sia poi così vero è tutt'altro che inesistente.

(E dire che la D'Amico, con quella sua voce orrenda, manco mi sta simpatica.)

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La psichiatria è l'ultima frontiera dell'antiberlusconismo”, ha sentenziato venerdì scorso Cruciani alla Zanzara, convinto di aver detto una cosa intelligente, dopo che una signora era in trasmissione dicendosi certa che il premier è un depresso cronico.

In realtà, che Berlusconi sia affetto da disturbi della personalità è un'ipotesi che si avanza da sempre, senza che mai essa diventasse un caposaldo su cui fondare l'iniziativa d'opposizione all'attuale premier da parte di partiti politici, movimenti d'opinione e mezzi d'informazione di area di centro sinistra. Nessuna novità dunque. Né ultima frontiera, né prima frontiera. Tutto uguale a sempre.

Ciò detto, ad ogni modo, nessuno in buona fede può affermare che certi atteggiamenti un po' inusuali del premier, anche in situazioni e scenari istituzionali, e certe ossessioni non frequenti per la età (le ragazze, il sesso), possano e debbano passare inosservati. E' sicuramente un personaggio fuori dal comune, il nostro premier. Di ragioni per dubitare seriamente della sua sanità mentale non ce ne sono (anzi, le mille leggi ad personam a difesa dei suoi interessi fanno pensare ad una lucidità assoluta), ma non vi è dubbio che buone dosi di egocentrismo e narcisismo siano elementi che caratterizzino la personalità del cavaliere.

Basta la presenza di una spiccata autostima a definire "pericoloso" un soggetto, a maggior ragione nei casi in cui questi detiene nelle sue mani un grande potere? Io non lo credo. Al più il cavaliere fa solo fare terribili figure di merda al nostro paese in contesti internazionali.

Ma se Cruciani, così, per gioco, anziché limitarsi alle sue inutili frasette ad effetto volesse imboccare la strada del Berlusconi "disturbato", anche solo per vedere dove porta, beh, almeno un soggetto interessante da intervistare ci sarebbe. Si tratta del luminare della psichiatria Luigi Cancrini, ex deputato per i Comunisti Italiani, secondo il quale (cito da una sua intervista del 2009), Silvio Berlusconi è nientemeno che a “rischio di progressiva perdita del contatto con la realtà”. Sarebbe interessante dialogarci, no? Giusto per verificare se il suo giudizio è condizionato dalle opinioni politiche o meno.

Sì, sarebbe interessante. Ecco perché non succederà mai.

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Marlene Kuntz, "La lira di Narciso" (2005)




Nell'acqua ciò che è intorno a me
si specchia con me
riflesso in un'immagine
che si anima di quello che anima me...


venerdì 9 luglio 2010

Favole della ricostruzione

Si è parlato molto alla Zanzara di ieri dei disordini occorsi alla manifestazione dei terremotati aquilani di mercoledì, ma a mio avviso si è persa l'occasione di andare dietro la notizia in sé. Il punto d'interesse non è se avesse senso o meno che a contenere i manifestanti (non certo black bloc o hooligans ubriachi, ma pur sempre una massa di migliaia di persone molto incazzate), ci fosse la polizia in assetto antisommossa o se la marcia verso Palazzo Chigi fosse autorizzata o meno. Il dato rilevante di cui bisogna prendere atto è invece un altro: la luna di miele di Berlusconi con L'Aquila è finita.

Ed è finita perché l'atteggiamento trionfalistico (potrei indicare centinaia di link su questo, ma mi limiterò a segnalarne tre: link1, link2, link3) con cui il premier ha gestito il post-terremoto alla fine gli si è ritorto contro. Gli aquilani si sono convinti che era lecito aspettarsi di rivedere la città risorgere dalle ceneri in tempi brevi, quando invece il centro storico della città è tutt'oggi un cumulo di macerie senza alcun cantiere aperto. E si sono convinti pure del fatto che a parziale risarcimento per tanta morte e distruzione il governo avrebbe garantito loro un trattamento privilegiato sul piano fiscale e tributario e più in generale riguardo gli oneri economici verso gli enti pubblici e le banche.

Non so dire se queste aspettative siano legittime (probabilmente no) ma è palese che esse siano derivate dalle favole e dalle promesse da marinaio di un premier che con spregiudicatezza e superficialità ha illuso e di fatto ingannato la popolazione di una città e di un'area intera che, per l'uomo dei miracoli, sarebbe presto dovuta risorgere più bella di prima. I bagni di folla, caro presidente, non sono sempre gratis. Gli aquilani, ora, presentano il conto.


Fables of the


Se alla Zanzara di Giuseppe Cruciani si è mancato il vero nocciolo della questione, come spiegato sopra, così non è stato per almeno altri due brillanti editorialisti della carta stampata, Michele Brambilla e Francesco Merlo, i quali, con i loro pezzi pubblicati ieri rispettivamente sulla Stampa e su Repubblica, hanno lucidamente analizzato il background dei disordini di piazza di mercoledì scorso. In chiusura di post, val a pena citare un paio di frammenti particolarmente significativi.

Brambilla: E' proprio contro questa politica degli spot che la gente dell'Aquila ha protestato a Roma. Gente comune, né di destra né di sinistra, la quale vorrebbe che ai problemi reali non si rispondesse con la politica degli annunci e con operazioni-lampo che giovano solo all'immagine di chi le promuove. È un desiderio, anzi un bisogno, di tutto il Paese, non solo dei terremotati.

Merlo: Chiuso nel suo bunker, circondato da legioni di manganellatori, Berlusconi si nega alla responsabilità di decidere cosa fare di quel centro storico. Smascherato «il miracolo della ricostruzione», ora gli italiani sanno che ci sono stati politici che hanno lucrato sul patetico e sull'estetica delle rovine.


Reconstrucion


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"Fables Of The Reconstrucion" è il titolo del terzo album dei REM, datato 1985, dal quale vi propongo la canzone migliore, "Driver 8".




And the train conductor says
Take a break Driver 8
Driver 8 take a break
We can reach our destination
But we're still a ways away...


giovedì 8 luglio 2010

Holiday

Il giudizio negativo che, durante la Zanzara di ieri, Giuseppe Cruciani ha dato dello spot del duo Michela Brambilla / Silvio Berlusconi volto a convincere gli italiani a spendere le proprie vacanze nel Belpaese è anche il mio.

Cosa ha detto in sostanza il conduttore? Primo, il presidente del consiglio non si deve occupare di queste questioni, anche perché il secondo fine dell'autocelebrazione è fin troppo evidente. Secondo, non serve essere esterofili per trovare fastidiosa questa esortazione a rimanere in Italia (vien quasi voglia di fare l'opposto per dispetto), che sottintende una sorta di colpevolizzazione per coloro che invece scelgono di recarsi all'estero. Uno potrà pur andare in ferie dove gli pare senza sentirsi in difetto, no?

Ma c'è un altro punto che secondo me non è stato colto. Promuovere il turismo in Italia non significa tanto spronare gli italiani a rimanere nei propri confini, quanto invece stimolare gli stranieri a venire da noi. Esattamente l'opposto! In questo senso, il tanto vituperato spot di Francesco Rutelli, il tragico "Plis visit itali", che era sì orribile, ridicolo, comico di una comicità involontaria, andava perlomeno nella giusta direzione. Se fosse stato prodotto in modo professionale, con delle belle immagini e una seducente musichetta di sottofondo, e con uno speaker che padroneggiasse l'inglese meglio rispetto al maccheronico Rutelli, beh, nessuno ci avrebbe trovato da ridire, o da ridere.

E a proposito di inglese maccheronico, mi permetto di chiedere: a quando una versione dello spot promosso dal ministro Brambilla sempre con la voce suadente di Berlusconi quale testimonial, ma con un testo nella lingua della perfida Albione? Che problema ci potrà mai essere a realizzarlo? Il cavaliere parla un ottimo inglese. Glielo disse una volta pure George Bush.

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Green Day, "Holiday" (2004)




I beg to dream and differ from the hollow lies
This is the dawning of the rest of our lives
On holiday...


mercoledì 7 luglio 2010

La ballata della dama bianca

Al di là delle questioni sull'eccessiva frivolezza del suo programma, a Giuseppe Cruciani vorrei far osservare un altro punto debole della Zanzara, che è questo: le innumerevoli chiamate (ripeto, innumerevoli, non occasionali) di radioascoltatori che intervengono non per dire la loro su uno dei fatti del giorno, ma per bacchettare il conduttore e il suo modo di porsi nei confronti di certe tematiche secondo me rappresentano una sconfitta per la trasmissione. Il sintomo di qualcosa che non funziona. Un programma non dovrebbe mai parlare di se stesso, autoreferenziandosi, anche se la cosa avviene non per diretta volontà del conduttore.

Un talk show (posto che la Zanzara ancora ambisca a considerarsi tale, cosa di cui non sono più certo) perde la propria ragion d'essere se si trasforma in un ring uno-contro-tutti, almeno nella mia percezione. Io non dico che le telefonate anti Cruciani vadano censurate alla radice, ci mancherebbe. Dico invece che vanno in qualche modo prevenute, facendo sì che chi ascolta la trasmissione sia maggiormente invogliato a dibattere di attualità e non a cantarne quattro al conduttore.

Mi rendo conto che è difficile, e una soluzione in tasca per "sanare" questa situazione non ce l'ho. Senza dover assolutamente rivoluzionare il proprio rapporto col microfono, si tratta forse di limare qualche atteggiamento, da parte del conduttore. Di frenare certi personalismi di troppo, di avere una maggiore comprensione per le opinioni altrui, anche le più distanti, di evitare i doppiopesismi, e di tarare bene il proprio metro di giudizio. Parole astratte, mi rendo conto, ma non so spiegarmi meglio di così. Io desidero solo un programma più interessante e stimolante, nient'altro.

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Dopo una critica su un punto debole, ecco un elogio per un punto di forza. La scelta, particolarmente frequente negli ultimi tempi, di tenere aperto un canale con un commentatore/opinionista per l'intero arco (o quasi) della trasmissione, un po' sulla falsa riga delle telecronache a due voci delle partite di calcio, con il commentatore tecnico che affianca il telecronista, è vincente. Che sia Luca Telese, o Alessandro Cecchi Paone, eccetera, o – è il caso di ieri – Angelo Perrino di AffariItaliani.it, l'interazione che si innesca con il conduttore rende più viva la trasmissione. I temi non vengono solo buttati lì, ma vengono sviscerati e le opinioni argomentate, in un meccanismo virtuoso che contagia il pubblico e alza il livello della trasmissione. Esperimento da proseguire e da rendere definitivo.

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Per chiudere, due parole sulla puntata di ieri. E' stata particolarmente emblematica l'intervista alla cosiddetta "Dama Bianca", la giovane ventottenne senza alcun particolare curriculum Federica Gagliardi che, a sorpresa, ha recentemente affiancato Silvio Berlusconi nel suo viaggio oltreoceano.

Insinuare senza prove che in questa cooptazione siano entrati in gioco elementi extra-professionali non si può, come giustamente sostenevano ieri Cruciani e Perrino, e non lo faremo neanche qui. Va detto però che, dopo aver sentito parlare la giovane, pur con tutto il rispetto che le si deve si ha avuto l'impressione di un pesce fuor d'acqua, di una persona catapultata in un contesto internazionale a cui non appartiente neanche di striscio, e non sulla base di particolari qualità professionali, ma totalmente per caso. Una vincita alla lotteria.

E non serve adombrare risvolti scabrosi per trovar motivo di alzare un sopracciglio. Si parla tanto di meritocrazia, di premiare l'eccellenza... Ma dov'è la meritocrazia nel prendere una fanciulla a caso e portarla al cospetto di Barack Obama, come fosse un gioco? E' un modo di agire sensato, da parte di un leader nazionale? Ma certo che no. E' al contrario profondamente inappropriato, inelegante e irrispettoso di chi si fa un mazzo così sui libri e nel mondo del lavoro per raggiungere i traguardi a cui aspira.

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Modena City Ramblers, "La Ballata Della Dama Bianca" (2009)




Arriva, arriva la dama bianca
Lei di ballare mai non si stanca
Arriva, ti sceglie e un bacio crudele
Ti prende la vita e agli altri lascia le pene...