mercoledì 31 marzo 2010

Le physique du role

Giornata piena, zero tempo, beccatevi qualche considerazione in breve.


BRUNETTA

Spero che di questa sconfitta, che ha smentito clamorosamente i ripetuti pronostici crucianeschi (“vincerà a mani basse”), il ministro faccia tesoro. La popolarità è un'arma a doppio taglio: porta consenso, ma anche rigetto. Brunetta in molte occasioni ha tirato troppo la corda, e questa si è spezzata. Ora, voglia il cielo, che impari la lezione: meno chiacchiere, meno presenzialismo, meno spacconate, e più fatti. Grazie.


RENZO BOSSI

E' un privilegiato, e da quel che si è sentito ieri, durante l'intervista con Cruciani, sembra un po' un pesce fuor d'acqua (quale pesce in particolare lo sapete). Però ha ottenuto i voti e bisogna prenderne atto. La democrazia porta anche a questo genere di "storture", che tutto sommato non bastano a dar torto al noto motto di Churcill.


POLVERINI "BORGATARA"

Cruciani si è risentito per il termine "borgatara" affibbiato da qualcuno con un certo spregio alla neo governatrice del Lazio. Atteggiamento “snob”, sostiene Crux. Può darsi. Però non capisco perché non sia snob invece lamentarsi dell'italiano imperfetto di Di Pietro, come tutti - tutti - fanno. E' la stessa cosa, no?

Io - devo confessare - mi sento un po' a disagio quando ascolto la Polverini. E non c'entra nulla – giuro – lo snobismo. E' che io nella mia testa, tendo a farmi, dei rappresentanti istituzionali, un'immagine di persone preparate, educate, sapienti, dotte. Sentire la Polverini esprimersi in un romanesco grezzo, non per scelta, ma perché quello è il suo idioma nativo, mi genera imbarazzo. Non perché io disprezzi il romanesco o chi lo parla, ci mancherebbe, ma perché l'ex sindacalista, almeno in termini di capacità comunicative, non sembra avere le physique du role, non "rientra nel profilo" richiesto per il ruolo che si accinge a ricoprire. Da qui il mio disagio.


BURLANDO: "LA LEGA SI COMBATTE COME FECERO I PARTIGIANI"

Anche se quella del rieletto governatore della Liguria voleva solo essere una mefatora, Cruciani, che si diverte a prendere le parole molto alla lettera quando gli fa comodo, è stato molto critico. Che dire, Burlando avrebbe fatto meglio ad operare una scelta di parole meno evocativa, se non altro per evitare ambiguità, ma scandalizzarsi per una metafora è semplicemente ridicolo. Un arricciamento di naso bastava e avanzava.


CRUX: "LA TV NON SPOSTA UN VOTO"

Questo è un tema ritrito che ho poca voglia di riaprire. Come al solito si tende a vedere le cose o bianche o nere. O la TV non conta nulla, o è causa del lavaggio del cervello di metà degli italiani. Nessuno dei due estremi è vero. La TV incide magari poco, o addirittura molto poco, ma quel poco-poco-poco in certi casi può essere determinante, e quindi conta come se fosse molto. E' un discorso troppo lungo da approfondire oggi, ma la conclusione è che l'anomalia berlusconiana che ben conosciamo non rientra affatto in quelle piccole "storture della democrazia" di cui sopra, di quelle che in fondo si possono sopportare. Le correzioni sono possibili. Basta volerlo. Ma volerlo sul serio.

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Ma quale Lucio Battisti, la canzone simbolo di Renata Polverini è questa!

(Si può ancora scherzare, eh, Crux? O mi beccherò dello "snob"?)




L'amore finisce sur grande raccordo anulare,
la storia finisce sur grande raccordo anulare,
il mondo finisce sur grande raccordo anulare...




PS. Ma quanto è bravo Corrado Guzzanti? E' tale e quale a Venditti, indistinguibile.

martedì 30 marzo 2010

Venti forti da nord

Ognuno usa i propri criteri per definire vincitori e vinti di una consultazione elettorale su base regionale, e io ho i miei, che a dire il vero sono gli stessi anche per le altre elezioni. Confronto il risultato finale con quelle che erano le ragionevoli aspettative.

Per entrambi i poli il "minimo sindacale" era portare effettivamente a casa le regioni che tutti i sondaggi davano per certe o per molto probabili. Quattro per il centrodestra, sette per il centrosinistra. Cosa puntualmente avvenuta.

Ma la partita vera si giocava nelle due regioni in bilico, Piemonte e Lazio, su cui entrambi gli schieramenti riponevano le summenzionate "ragionevoli aspettative". Essendo entrambe le regioni andate al centrodestra, sebbene per un pugno di voti, tale polo è indiscutibilmente quello che esce vincente dalla tornata elettorale, dalla quale, com'è di tutta evidenza, non è arrivata quella spallata nei confronti dell'attuale maggioranza di governo auspicata dall'opposizione. Sotto questo punto di vista, la sconfitta per il PD è cocente. Così hanno deciso gli elettori e di questo bisogna serenamente prendere atto. E' la democrazia bellezza, e ora e sempre viva la democrazia.

Fatte tali premesse, mi lancio in qualche considerazione sparsa:

1) Chi esce trionfante dalle elezioni è chiaramente la Lega Nord, il cui potere contrattuale è ora ancora più ampio. Come questo dato si tradurrà in termini di riforme a livello nazionale è un film interessante di cui non è facile indovinare il finale, visto che il federalismo fiscale in divenire è estremamente svantaggioso, da un punto di vista economico, nei confronti del mezzogiorno, assuefatto all'assistenzialismo. Una resa dei conti nord/sud tutta interna al centrodestra è all'orizzonte, perché prima o poi la pantomima della coalizione unita e coesa alla "come è bello far l'amore da Trieste in giù" dovrà finire, e i nodi venire al pettine.

2) Se le riforme fossero l'unico vero fulcro del Carroccio, l'ascesa inarrestabile di tale movimento sarebbe ai miei occhi, che da sempre vedono il federalismo fiscale con grande favore, estremamente interessante. Peccato che la benzina di questo motore innovatore e riformatore consista in quella medievaleggiante, antistorica, retrograda animosità nei confronti degli immigrati considerati come un tutt'uno, senza reali distinzioni tra chi delinque e chi no. Solo un cieco può non vedere che l'humus su cui prospera la Lega rimane sempre la xenofobia e ciò, nella mia personale percezione, avvelena tutto quanto di appetibile ci possa essere nel movimento padano.

3) Il PD continua ad avere un enorme deficit di credibilità, di leadership e di capacità di penetrazione nell'elettorato. Le idee latitano e quelle poche che ci sono vengono mal comunicate. Bersani è tanto una brava persona ma non ha carisma e non sarà mai in grado di attrarre nuovo consenso in termini significativi. Con questo non voglio dire che debba essere rimosso, anzi. Il balletto dei segretari deve finire. Però è bene che il PD inizi un percorso che porti ad individuare un candidato "con i controcoglioni" per il 2013. Mancano tre anni, è vero, ma conoscendo la reattività del maggiore partito d'opposizione, tre anni son persin pochi.

4) Berlusconi esce indenne dall'ennesimo referendum su di lui. Andando a ben vedere il PDL sembra aver perso un sacco di voti (in termini assoluti a vantaggio dell'astensionismo e in termini relativi a vantaggio della Lega), ma il cavaliere vince anche quando perde. Vedremo come il premier gestirà la resa dei conti di cui al punto uno, quando avrà luogo.

5) L'astensionismo è stato bipartisan, e non ha inciso. Ha ragione Giuseppe Cruciani, è un tema su cui ci si sta soffermando troppo. Già in passato ci furono bruschi cali nell'affluenza ai seggi, ma poi ogni volta si è successivamente tornati a livelli medio-alti.

6) E per ultimo mi tolgo un sassolino dalla scarpa per tirarlo metaforicamente sul grugno di una delle persone più odiosamente tracotanti dell'universo: Vittorio Sgarbi, sulla cui lista Rete Liberal, inneggiata dal nostro Cruciani con tanto di “spada di fuoco” alzata al cielo, avrebbero dovuto confluire, in conseguenza del caos liste, tutti i voti dell'elettorato PDL in Lazio (“Ci aspettiamo almeno il 12% dei voti e con questa percentuale puoi ottenere più di tre assessorati, tra cui cultura, turismo e riforme. Io saro assessore alla cultura”, disse il critico d'arte dieci giorni fa). Ebbene, Rete Liberal ha preso in tutto il Lazio lo 0,64%, percentuale a cui corrispondono zero seggi. In particolare, Sgarbi, quale candidato consigliere nella circoscrizione di Roma, ha ottenuto solo 515 preferenze. Cinquecentoquindici. A buffone.

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Subsonica, "Giungla nord" (1997)




Nebbie di qui
Ci avvolgono
Come titoli di coda
Su storie a lieto fine
Vivere qui, insieme a te
Nel freddo, stringerti
Negli anni, stringerti


lunedì 29 marzo 2010

c.v.d.

Come volevasi dimostrare. La Zanzara di venerdì è stata caratterizzata da un profondo sentimento di mestizia, profuso dal conduttore, post evento Raiperunanotte. Tutte le mie previsioni (vedi post precedente) si sono avverate tranne che per un dettaglio: le dichiarazioni "rivoluzionarie" di Mario Monicelli, pur mandate in onda, non sono state incapsulate nelle musichette ridicole di Radio Londra.

Un aspetto suscita qualche scuotimento di testa. A parte la frase finale sull'odio che "per i mascalzoni è dovuto", Giuseppe Cruciani si è rifiutato di mandare in onda altri spezzoni del monologo di Daniele Luttazzi, il che:

- sarebbe comprensibile per la parte hardcore (ad ascoltare la radio a ora di cena ci possono essere bambini) se non fosse che poi il conduttore, in altre circostanze, non si fa il benché minimo problema ad invitare sesso e volentieri (il typo è voluto) gente come Vittorio Sgarbi, Tinto Brass e Rocco Siffredi, che in quanto ad allusioni sessuali, talvolta anche piuttosto esplicite, non si fanno mancare nulla. Tutto questo è semplicmente ridicolo.

- lascia stupefatti tenendo conto che, anche tralasciando la metafora sul sesso anale, c'erano nel monologo di Luttazzi alcune parti notevoli che meritavano di essere ritrasmesse. Ad esempio, per me quella che riporto qui sotto (anche in video) è la battuta dell'anno, da standing ovation, una perla assoluta:

L'uso che MINZOLINI e - come si chiama quell'altro - MASI - no ma quell'altro - BERLUSCONI hanno fatto della televisione pubblica pagata con i soldi di tutti è un uso CRI-MI-NO-SO.

Erano otto anni che aspettavo di dirlo.



venerdì 26 marzo 2010

Re per una notte

Non ho rilievi particolari da fare alla Zanzara di ieri. Giuseppe Cruciani se l'è presa in particolar modo con il suo bersaglio pidiellino preferito che usa per dimostrare di non essere poi così difensivo verso il PDL, Daniela Santanché, e con il suo bersaglio leghista preferito per far vedere di non essere poi così difensivo verso la Lega, Roberto Calderoli.

La prima è stata canzonata dopo un diverbio televisivo con Livia Turco e Marco Pannella perché tentava di argomentare a favore della sua parte politica mettendo insieme in un pastone di tutto e di più, inclusi i valori cattolici (la vita, l'aborto, la famiglia, ecc.) di cui il PDL e lei in particolare sarebbe portatore (ma quando mai...).

Il secondo, Calderoli, è stato biasimato pesantemente per la sceneggiata del falò delle 375.000 leggi inutili (Gian Antonio Stella, ospite in trasmissione, ha osservato, che, facendo due conti, tale numero è irreale, visto che implicherebbe l'aver emanato, da parte del parlamento, dieci leggi al giorno per 150 anni) una scena che il conduttore ha definito “raccapricciante”, anche al di là di tutte le polemiche che si sono sollevate a contorno per la precettatazione di una trentina di vigili del fuoco giusto per far da scenografia allo show hollywoodiano.

Non c'è nulla da aggiungere. Ci sono solo mandibole, braccia e palle da raccogliere, dopo che sono cascate.

***

Confesso, anch'io, come Crux, ho nutrito ieri sera la mia passione per il calcio vedendo su SKY Napoli-Juventus (grande partita, sotto ogni punto di vista). Ma non perché, al contrario di Crux, Raiperunanotte non mi interessasse (“che noia, quelli là dicono sempre le stesse cose”, ha sbottato il conduttore). Il fatto è che da quando su internet si riesce a recuperare in video praticamente ogni cosa, l'esigenza di vedere un programma in diretta non sussiste, e stamattina, visto che fortunatamente sono un po' scarico come lavoro, ho potuto vedere ampi stralci dello show grazie a YouTube.

Alla faccia della noia. Tutto si può dire, nel bene e nel male, tranne che siano state tre ore noiose. E' stato anzi uno degli spettacoli televisivi più spassosi di sempre. Io, per dirne una, sto ancora lacrimando per il tanto ridere di fronte al monologo hard di Daniele Luttazzi (prima parte, seconda parte), numero uno assoluto, imperatore della satira, vero vincitore della serata. Re per una notte a Raiperunanotte.


Re per una notte


Certo, se penso all'uso che Cruciani farà stasera delle parole dell'ex presentatore di Satyricon, di quelle di Iacona, di Lerner, di Santoro, di Travaglio, ecc, pescando ad arte i frammenti che gli fanno più comodo (magari partendo da quel “odiare i mascalzoni è cosa nobile” di Luttazzi), se penso allo scontato, triste, scialbo, banale, pedestre, pedissequo rito del Radio Londra che verrà dedicato a Mario Monicelli (l'anziano regista ha addirittura auspicato una rivoluzione), se penso all'articolo anti-santoriano e anti-luttazziano di Aldo Grasso (apparso oggi sul Corriere) a cui Crux si appoggerà essendo incapace di argomentare con parole sue, se penso ai sospiri del conduttore per l'accostamento Berlusconi/Mussolini, se penso ai suoi grugniti e ai bofonchii per l'SOS di Santoro a Napolitano, se penso al menefreghismo di Cruciani che stasera di nuovo si manifesterà, se penso al suo cinismo, alla sua inconsistenza, alla sua incoerenza, al suo doppiopesismo, beh, se penso a tutto questo, mi viene da lacrimare un'altra volta. Ma, in questo caso, per compassione.

(Qualcuno gentilmente avrebbe un fazzoletto?)

***

Domani capirete che non stavo scherzando e penserete: 'Quello è matto!'. Ma vedete, io la penso così: meglio re per una notte che buffone per sempre.

Robert De Niro nel film "Re per una notte"

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Contributo multimediale dedicato a Calderoli.

Prodigy, "Firestarter" (1996)




I'm the self inflicted, mind detonator
I'm the one infected, twisted animator
I'm a firestarter, twisted firestarter...


giovedì 25 marzo 2010

I have a dream

Ci vorrebbe il nostro amico blogger peppecrusciani per commentare compiutamente la Zanzara di ieri, che ha visto il conduttore, Giuseppe Cruciani, azionare il suo minimizator alla massima potenza. L'offesa di Berlusconi a Mercedes Bresso (“se si guarda allo specchio si rovina la giornata”)è stata derubricata in "frase infelice, peraltro non nuova, da non prendere troppo sul serio". Insomma, una "goliardata" su cui passare sopra dopo aver al più aggrottato un sopracciglio.


Sorry man, non è così, per due semplici ragioni:

1) Rimarcare la bruttezza di un uomo, vera o meno, può essere uno giochetto divertente. Nei confronti di una donna, come capirerebbe anche un sasso, no. La reazione di Mercedes Bresso (fin esagerata, con quei riferimenti all'Alzheimer) la dice lunga.

2) Berlusconi tra i suoi mantra ha quello della "sinistra che insulta sempre, al contrario di noi". L'episodio con la Bresso è l'ennesima dimostrazione di come il cavaliere faccia della menzogna e della mistificazione uno stile di vita. Chi vuol vederlo le vede, chi sceglie di non farlo, per mestiere o perché fa più figo, non lo vede. Alla fine il succo è tutto lì.

Morale: che non sia il caso di farne un caso di stato, di vita o di morte, va bene. Ma come disse lo stesso Cruciani quando il cavaliere apostrofò Rosy Bindi, "urgono scuse". E se le scuse non vengono, almeno che gli si rinfacci questo episodio quando Berlusconi tornerà per l'ennesima a battere il chiodo degli insulti che subirebbe di continuo. Il punto non è tanto la questione degli insulti in sé, ma la totale assenza di coerenza. Se non si ritiene la coerenza il valore numero uno in politica, meglio darsi all'ippica.

***

Ma lo spazio principale per il post di oggi voglio utilizzarlo per ribattere "con una nota ufficiale :-)" ad un'osservazione che mi è stata rivolta, con garbo (del quale ringrazio), dal commentatore ste76.


Critica ste76


Io non sto conducendo nessuna battaglia o guerra. Io sono su una rupe, osservo quanto accade sotto, prendo nota di quel che mi piace e quel che non mi piace, e lo scrivo qui. Non c'è un "premio in palio". Non c'è un obiettivo da raggiungere, o una missione da perseguire. A me l'idea di un'ipotetica supremazia della sinistra sulla destra non scalda il cuore, né eccita gli ormoni. Ma neanche tanto così. Tu scrivi: “La nostra guerra è chiedere alla sinistra che voteremo di battersi”. Sarà la tua di guerra (legittima). Di certo non è la mia, e vorrei che tu non pretenda o ti aspetti che lo diventi.

Io non sono un guerriero, ma un sognatore. Il mio sogno è quello di veder diventare il mio paese un paese normale con due blocchi politici speculari e contrapposti, assimilabili a quelli francesi e tedeschi o, meglio ancora, con due partiti speculari e contrapposti, assimilabili ai due americani o ai due britannici, uno scenario dove la politica possa essere esercitata come un'arte nobile, al contrario della degenerazione odierna.

Con questo sogno sempre nella testa io mi guardo intorno, cercando di capire cosa gli impedisca di realizzarsi. E neppure mettendomi sei chili di fette di salame sugli occhi potrei non constatare che il principale responsabile (non l'unico, ma comunque il primo "per distacco") è Berlusconi, epicentro di un sisma che dura da 16 anni. E sarò infantile, ma mi compiaccio quando trovo illustri opinionisti che, dopo aver pensato per una vita che in fondo il cavaliere lo si poteva pure sopportare, oggi invece dicono "basta". Non ci trovo nulla di male a segnare le tacche sulla corteccia dell'albero. In fondo è solo un gioco, è il mio gioco, che amo condividere con il prossimo senza volerlo trasformare in una dottrina.

Si fa troppa dietrologia, si fruga tra le righe dei post di questo blog cercando chissà quali messaggi in codice. Non ce ne sono. L'unico messaggio è lì, sotto gli occhi di tutti, semplice, chiaro, limpido: ridatemi il mio paese. Grazie.

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The Cranberries, "Dreams" (1993)




I want more, impossible to ignore,
Impossible to ignore
And they'll come true, impossible not to do
Impossible not to do...



mercoledì 24 marzo 2010

Punto di rottura

Con un giorno di ritardo, Giuseppe Cruciani ha dato risalto all'incredibile impudenza di Berlusconi che sul palco di piazza San Giovanni ha usato l'impegno a “vincere il cancro” (non a "foraggiare la ricerca", ha detto proprio “vincere il cancro”) come argomento di propaganda, alla stessa stregua di un “meno tasse per tutti”, un esempio di sciacallaggio politico a dir poco agghiacciante. Vengono in mente quei tabloid scandalistici che periodicamente pubblicano un articolo (distorcendo notizie reali o falsificandole del tutto) sull'imminenza della vittoria sella scienza sul male del millennio, perché si sa che l'argomento fa sempre presa sui lettori.

Naturalmente, il nostro amato conduttore, re dei cinici, ha reagito con il suo tipico aplomb. “Sì frase, infelice, ma non c'era enfasi, il tono usato non era roboante”. Certo, Crux, hai ragione, fa molto più incazzare - che so - Concita De Gregorio quando cita parole pronunciate dal proprio figlio per introdurre una qualche argomentazione. Non c'è proprio paragone.

Per fortuna ci ha pensato Filippo Facci, ospite della trasmissione, a battere qualche pugno sul tavolo. Per lui quella frase di Berlusconi sul cancro rappresenta il suo personale “punto di non ritorno” nella sua visione politica del cavaliere. Voglio pensare che Facci dicesse sul serio, e che la sua espressione sia da prendere alla lettera. Vorrei provare ad iniziare la collezione di tutti i personaggi (politici, giornalisti, opinionisti) che, verso il cavaliere, usavano essere alleati, sostenitori. simpatizzanti, difensori, solidarizzanti, o empati e che ad un certo punto dicono "basta:. Oltre a Facci, recentemente una tacca è stata segnata anche per Oscar Giannino.

Chissà qual è il punto di rottura di Cruciani… Cosa deve fare o dire Berlusconi affinché il conduttore smetta di trattarlo coi guanti di velluto anche quando lo critica? E chi lo sa. Di sicuro l'insulto rivolto ieri dal premier a Mercedes Bresso (“se si guarda allo specchio si rovina la giornata”) passerà in cavalleria come al solito, anche perché non c'è un audio, e se una dichiarazione non è in audio per Crux "non conta", a meno che non gli faccia comodo diversamente, magari per un Radio Londra.

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Ne avete le palle piene di post su Berlusconi, eh? Sapeste io... Ma in questi giorni va così, prendere o lasciare. E per oggi non ho ancora finito.

In un'intervista al sito NoiRoma.it, Cruciani ha dichiarato: “Mi fa ridere chi s'illude che nel dopo Berlusconi tornerà la concordia: si troverà un nuovo nemico, da una parte o dall'altra”.

Tralasciando il fatto che non è la "concordia" ciò che tanto si agogna da queste parti e altrove, ma più banalmente la "civiltà politica", ecco, io vi giuro su quel che ho di più caro che il giorno che dovessi raggiungere un tale livello di rassegnazione e di nichilismo nel modo di vedere e concepire la politica, smetterò di interessarmene in toto e mi troverò un nuovo hobby. In fondo, ho sempre sognato di trovare il tempo per imparare a fare gli origami.

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Rino Gaetano, "Nuntereggae più" (1978)




Onorevole eccellenza cavaliere senatore
Nobildonna eminenza monsignore
Vossia cherie mon amour
NUNTEREGGAE PIU'


martedì 23 marzo 2010

Valori non negoziabili

Secondo post del giorno. Non perdetevi il primo.

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Il mio personale rammarico per il non aver sentito Giuseppe Cruciani proferire manco un "beh" (e vabbé, sempre meglio di un "beeee", alla fin fine) sia relativamente al belato collettivo dei candidati governatori per il centrodestra alle regionali durante la recente manifestazione di piazza San Giovanni, che per quell'altra cosa, sconcertante, abietta, dell'impegno enunciato da Berlusconi di sconfiggere il cancro entro tre anni (non perdetevi l'odierno "Buongiorno" di Massimo Gramellini, incredulo, come il sottoscritto, di fronte ad un simile atto di sciacallaggio; con che coraggio si strumentalizza il cancro per fini elettorali? Inconcepibile), è stato parzialmente mitigato dai commenti espressi dal conduttore a proposito di quanto affermato ieri dal cardinal Bagnasco, il quale ha esortato gli elettori a dare, con il proprio voto, un segnale contro l'aborto, in nome di quei valori che i cattolici devono considerare "non negoziabili".

Riassumendo il Crux-pensiero: “Fermo restando il diritto della Chiesa ad esprimere le proprie opinioni in qualunque contesto, qual è il senso di un richiamo anti-abortista nell'imminenza di elezioni non nazionali, ma locali? L'unica interpretazione possibile è quella che porta a vedere un riferimento alla possibile vittoria nel Lazio di Emma Bonino, un soggetto percepito come l'antitesi assoluta del credo cattolico”. Il che, se posso aggiungere, trasforma il sacrosanto diritto della Chiesa a presentare le proprie istanze ideologiche in un malcelato intervento a gamba tesa.

Ma va bene così, non è la prima volta e non sarà l'ultima che la chiesa scende in campo nell'arena politica. Molti si scandalizzano, altri esultano come se scoprissero all'improvviso di avere Dio dalla propria parte, ma secondo me dichiarazioni come quelle di Bagnasco non spostano un voto. L'aborto come tema politico per le regionali è totalmente fuori posto (vedi il bel pezzo di oggi di Filippo Facci su Libero), come solo l'ultimo dei giapponesi, l'ossessionato Giuliano Ferrara, può non capire. Chi è ideologicamente contro l'aborto non ha bisogno dei richiami all'ordine del capo della CEI. Chi non lo è, di tali richiami se ne farà un baffo. Mi spiace, cari signori, ma non è puntando sull'aborto che la Polverini potrà sperare di battere la Bonino. Da trent'anni in questo paese l'unico e vero valore non negoziabile, per la maggioranza degli italiani, è quello della libertà di scelta.

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La Zanzara di ieri è stata poi contrassegnata dall'intervento fiume di Aldo Busi, intervistato dal nostro Crux. Che dire, il soggetto ha delle idee interessanti, spesso condivisibili (su omofobia e omosessualità ha ragione da vendere), ma quel suo essere così tanto pieno di sé, quel suo dispensare giudizi e verdetti come se fosse un'entità superiore, quel suo atteggiamento così profondamente "sgarbiano" nello stile, non me lo fanno piacere più di tanto. Io sono fatto così, amo la gente introversa e riflessiva, più che quella espansiva ed esuberante.

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Bob Dylan, With God On Our Side (1964)




Oh the history books tell it
They tell it so well
The cavalries charged
The Indians fell
The cavalries charged
The Indians died
Oh the country was young
With God on its side...


The doctor is in

Oggi doppio post. Qui sotto quello di Paolo, poi, a parte, il mio.

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[L'articolo è di Paolo]

Buongiorno,
in questi giorni si sta parlando molto della riforma della sanità statunitense come di un successo epocale di Obama: qualcuno ne ha accennato anche sul blog, quindi ci spendo su due parole.

Quella che veniva inizialmente presentata come una riforma storica mi pare abbia perso in realtà gran parte della sua portata riformatrice, da quanto mi sembra di capire, nonché molte delle sue potenzialità di divenire motore di sviluppo per gli USA.

L'aspetto positivo è che la copertura sanitaria viene estesa ad altri 32 milioni di cittadini statunitensi, e che molte pratiche scorrette (disdette unilaterali di clienti divenuti a rischio, rincari ingiustificati delle polizze, …) sono state esplicitamente bandite. Dovrebbero scomparire le situazioni in cui si cercherà di capire se l'infartuato di turno è assicurato o dotato di ricca carta di credito per mettere mano al defibrillatore (non è civile, ma adesso avviene). Mi pare però che gli aspetti positivi, pur importanti in termini culturali (viene sancito che la salute è anche un diritto dei cittadini) finiscano qui.

La gestione della sanità non diviene pubblica (questo non era mai stato nei programmi, anche se sia in Europa che negli USA in tanti l'avevano strumentalmente sostenuto), ma resta saldamente in mano alle assicurazioni, senza un significativo attore pubblico (se non ho capito male vengono addirittura ridimensionati leggermente i due programmi Medicare e Medicaid).

La stipula di una forma assicurativa diviene obbligatoria, il ruolo pubblico diviene quello di finanziatore per le sole fasce meno abbienti, non quello di concorrente delle assicurazioni, né tanto meno di loro sostituto.


The Doctor is in


Sostanzialmente quindi alle assicurazioni viene garantita una contropartita per le limitazioni che vengono loro imposte (32 milioni di assicurati in più a fronte della rinuncia a praticare comportamenti non etici) e mantengono la possibilità di sottrarre al sistema sanitario una ampia fetta dei soldi che i cittadini USA pagano per la propria salute.

Non si vede una seria prospettiva che per i cittadini USA i costi della sanità siano destinati a diminuire significativamente, men che meno a raggiungere livelli proporzionati a quelli della spesa sanitaria europea (che risulta molto meno costosa, oltre che mediamente qualitativamente molto superiore di quella USA).

Viene quindi fortemente limitata se non annullata la possibilità di sottrarre una parte della rendita che per le assicurazioni deriva dalle polizze sanitarie per destinarla ad un consistente miglioramento ed ampliamento delle strutture, delle terapie e delle tecnologie in uso negli ospedali USA, normalmente poche ed arretrate (tranne che nei pochi centri d'eccellenza) e, conseguentemente viene limitata anche la possibilità di stimolare le imprese edili (costruzione di ospedali), farmaceutiche e dei produttori di tecnologie IT ed elettromedicali ampliando significativamente il mercato di sbocco, cosa che avrebbe potuto incidere sulla ripresa dalla crisi. Per intenderci, parafrasando il concetto di "cuneo fiscale" che andava di moda tempo fa in Italia, negli USA si è fatto pochissimo per ridurre il "cuneo assicurativo".

In sintesi, mi pare che il successo di Obama, visto con gli occhi di un europeo, sia molto limitato, se non prevalentemente mediatico, anche se negli States la cosa viene presentata come il cavallo di Troia del socialismo reale…

Saluti

Paolo ER

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(Authan) "ER" è forse il miglior serial TV di tutti i tempi, insieme a "Lost". Eccovi la sigla con cui si aprivano gli episodi della mitica prima stagione (1994).




lunedì 22 marzo 2010

Baciami, stupido

Carota o bastone, bastone o carota?

Mmmmmmhhh...

Bastone!

***

Il colloquio "baci-baci-pucci-pucci" tra Giuseppe Cruciani e Vittorio Sgarbi, durante la trasmissione di venerdì 19 marzo, è stato uno dei momenti più melensi, più disgustosi, più raccapriccianti che io ricordi da quando sono un ascoltatore della Zanzara. Uno sbaciucchio ributtante, dove tutta la venerazione acritica del conduttore per l'ex critico d'arte è esplosa senza freni, anche in presenza di follie assolute (“se non rinviano le elezioni è fascismo”) pronunciate da quest'ultimo, di fronte le quali il nostro eroe ha reagito, con la sua consueta coerenza, ridacchiando e spruzzando brio da ogni orifizio.

Per non parlare delle argomentazioni ridicole relativamente alla richiesta di rinvio (poi non concesso, con conseguente sgarbiana reazione, molto soft: “E fascismo globale, sono dei mascalzoni, delinquenti, peggio dei comunisti: vanno presi a calci in culo. E sono anche, in senso tecnico, pedofili”) avanzate dal cosiddetto "estremista dell'intelligenza", il cui unico intento, come capirebbe anche una melanzana, era solo quello di creare clamore intorno a sé a tutto vantaggio del suo smisurato ego. Ma quale "campagna elettorale", ma di che stiamo parlando? Con tutte le interviste radiofoniche, televisive e cartacee che Sgarbi si è guadagnato con questa vicenda, di cosa si lamenta? Ma chi vuol prendere in giro, a parte l'inebetito Cruciani travolto, quest'ultimo, dalla sua cotta adolescenziale o dal suo desiderio mal represso di poter essere uguale al suo feticcio? Sorry, Crux, ma all'essere come Sgarbi non ci vai neppure vicino. Grazie al cielo.

Ma poi, voi ve lo ricordate il caso di Giuseppe Pizza? No? Allora ve lo ricordo io. Tra i mille partitelli nani che si richiamano alla vecchia Democrazia Cristiana c'è pure quello di Giuseppe Pizza. Nel 2008, in imminenza delle elezioni politiche, la lista di Pizza, inizialmente bocciata, venne riammessa all'ultimo appello dal consiglio di stato, e il democristiano DOCG invocò il rinvio. Cruciani, anziché fare baci-baci-pucci-pucci con Pizza, lo derise per serate intere, lui che quel suo cognome divertente e col suo trascurabile movimento da prefisso telefonico voleva inceppare la democrazia, alla ricerca, presumibilmente, di una qualche poltrona, che poi naturalmente ottenne (è sottosegretario all'istruzione, anche se nessuno se ne accorge).

Se non è schizofrenia intellettuale questa, in nome del cielo ditemi cosa lo è.

***

Ma nel weekend, qualcosa di ancor più ripugnante ha invaso le nostre case. Mi riferisco al giuramento/patto/preghiera (video) con cui Silvio Berlusconi e i candidati del centrodestra per le regionali hanno portato al suo culmine la manifestazione del PDL a Roma. C'è, secondo voi, qualche flebile speranza che il Crux dica qualcosa, qualsiasi cosa (di sinistra, di destra, di centro, basta che sia qualcosa di forte) su questa mortificante genuflessione collettiva?

Io sono talmente incredulo che davvero non trovo le parole. E allora prendo in prestito quelle di Vittorio Zucconi: “I vostri figli piccolini e i nipoti, in futuro, non crederanno che l'Italia potesse essere arrivata, anzi, tornata – liberamente e volontariamente – a questo punto di obbrobrio decerebrato”. E ancora: “E' stata una delle esibizioni più umilianti per un popolo che si siano mai viste, Urss, Cina, Cuba, Iraq compresi. E' Fascismo da avanspettacolo, Piazza Rossa da operetta, Vangelo da Studio Televisivo”.

Tutto quello che mi sento di aggiungere è che Zucconi ha dimenticato l'accostamento più attuale di tutti, quello con la Corea del Nord. Nell'immaginario (non ovviamente nella concretezza), Pyongyang non è mai stata così vicina.

E se con questo finale di post mi sono guadagnato un Radio Londra (non son degno, lo so; io, inutile blogger, non conto nulla, ma facciamo finta), con tanto di sigletta, beh, porterò la menzione come una medaglia. In effetti, ora che ci penso, avevo giusto intenzione di cambiare la suoneria del cellulare.

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The Cure, "Why can't I be you?", dall'album "Kiss Me Kiss Me Kiss Me" (1987)




Everything you do is irresistible
Everything you do is simply kissable
Why can't I be you?


venerdì 19 marzo 2010

And the Oscar goes to...

(Questo è il secondo post del giorno. Il primo è a questo link)

Da "Nove in punto, la versione di Oscar" di ieri mattina (18 marzo). La voce è del conduttore, Oscar Giannino.



Perla assoluta, da lacrime agli occhi. Val persino la pena di trascriverne la parte più significativa.

Forzando i toni, come temo vorrà fare, Berlusconi renderà ancora più evidenti le sue difficoltà con l’elettorato più moderato che si è stufato di dovere rispondere all’appello per la difesa degli interessi del cavaliere. Sono quindici anni che va così. Questa storia o produce effetti di governo e cambia gli ordinamenti, oppure non vale più la pena di essere sposata per chi è moderato. Quindici anni sono quindici anni, e gli interessi collettivi, per chi è moderato, valgono di più di interessi che, per quanto importanti, restano PRI-VA-TI!

Sì, un'altra destra è possibile. Grazie per aver tirato via un altro mattone dal muro, caro Oscar. Un pezzo alla volta verrà giù tutto.

(Certo che se aspettiamo Crux ci viene una barba più lunga di quella di Giannino.)

((Ah! Ringrazio Francesca per la segnalazione!))

Un incidente in attesa di verificarsi

"God doesn't move us by telling us the facts. He moves us by pains and contradictions. He gives us a lack of understanding. Not answers, but questions. An invitation to marvel."

(Da un episodio del serial "Millennium". Scusate l'inglese, ma suona talmente bene così che tradurlo sarebbe tradirlo.)

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Non risposte oggi, cari amici, ma domande, dettate dalla stretta attualità, solo un paio delle quali ispirate da osservazioni avanzate ieri in trasmissione da Giuseppe Cruciani.

1) Quanti esponenti del PD bisogna arrestare alla vigilia di una consultazione elettorale affinché la si pianti di blaterare di "giustizia ad orologeria" e altre stronzate del genere? Uno basta, o ne servono altri?

2) Ma se per Berlusconi “il signor Santoro” è un inquisitore mediatico che non consente agli imputati dei suoi processi televisivi di difendersi, quel tizio pallido ed emaciato clamorosamente somigliante a Niccolò Ghedini, ospite in un gran numero di puntate di AnnoZero, chi era in realtà?

3) Possibile che per criticare la visione che la Chiesa Cattolica e l'attuale Capo della stessa hanno dell'omosessualità, non ci sia altro modo che mettersi a straparlare sguaiatamente, "alla Sgarbi", davanti alla telecamera dell'Isola dei Famosi, come ha fatto Aldo Busi?

4) Che Aldo Busi a petto nudo su una spiaggia nicaraguense fosse una mina vagante, un incidente in attesa di verificarsi, era qualcosa di cui si poteva seriamente dubitare?

5) E a proposito di incidenti in attesa di verificarsi, così, a occhio, a giudicare anche da certe prime pagine (uno e due) dei cannoni dell'esercito del bene degli organi di riferimento per l'elettorato di centrodestra, quanto sembra alta la speranza, in certi ambienti berlusconiani, che un altro relitto umano alla Tartaglia provi (meglio se senza successo, a questo giro) a scagliare una seconda statuetta – stavolta, magari, del Colosseo - verso il presidente del consiglio, così da ricreare nuovamente l'unità intorno al Cavaliere contro le "fabbriche dell'odio", e da, per citare una frase tipica di un telecronista Sky, "trasformare l'azione da difensiva in offensiva"?


Come dite? Son tutte domande retoriche e/o tendenziose? Ue', sono mica Dio, io.

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Billy Bragg, "Accident Waiting To Happen" (1991)




Goodbye and good luck to all the rubbish that you've spoken
Goodbye and good luck to all the promises you've broken
Your life has lost its dignity, its beauty and its passion
You're an accident waiting to happen...


giovedì 18 marzo 2010

Frammenti di libertà

Puntata scadente, quella di ieri della Zanzara, priva del benché minimo spunto originale di interesse. Devio quindi su un paio di considerazioni di carattere più generale, comunque legate alla nostra trasmissione preferita e al suo conduttore.

La prima. Per sputtanare quel giovane candidato UDEUR, Vincenzo Varchetta, il quale, alla ricerca di voti, millantava su Facebook di poter offrire fantomatiche opportunità lavorative, Giuseppe Cruciani ha fatto registrare, all'insaputa dello stesso Varchetta, una telefonata fatta a quest'ultimo da una collaboratrice di Radio24 che si è spacciata per potenziale elettrice interessata ad approfondire l'effettiva possibilità di trovare lavoro tramite le conoscenze dell'esponente mastelliano. La registrazione è stata mandata in onda due volte, una ieri e una il giorno precedente.

Ora, intendiamoci. Per me Cruciani ha fatto BENISSIMO a ricorrere a questo trucchetto, e altrettanto bene ha fatto a mandare in onda la registrazione della telefonata, perché Varchetta meritava ampiamente il pubblico sputtanamento. E però…

E però la domanda, come si suol dire, sorge spontanea. Con che coraggio viene poi a farci la morale sulle troppe intercettazioni operate dalla magistratura e sulla pubblicazione delle stesse, in testo e in audio, da parte di giornali e siti web, uno che registra a tradimento un colloquio telefonico per poi mandarne allegramente in onda il sonoro? Ma come si fa? Già me lo sento, il Crux provare a ribattere: “Non è la stessa cosa! Non è la stessa cosa! Perché… Perché… Ehm… Traffico!”.

Cari signori, Cruciani ha mandato in onda la voce di un signore che parlava al telefono, e che non sapeva di essere registrato. Ha fatto cioè "in piccolo" quello che i quotidiani fanno "in grande" con le varie intercettazioni di cui si impossessano. E' così, non c'è neanche da discutere, e non ci sono distinguo che tengano, mi spiace. La contraddizione in tutto questo è lampante, solare, totale e assoluta. Punto e basta.

Seconda considerazione di carattere generale. Anche ieri Crux ha trovato l'occasione di ripetere uno dei sui mantra preferiti (forse certe frasi le tiene scritte sul palmo della mano come memo da usare alla bisogna): “Detto che la sospensione dei talk show è una follia grottesca, la libertà in questo paese non passa dalla presenza o assenza in video di Santoro e company. Non c'è vulnus alla democrazia. La libertà è un concetto troppo grande per poter essere misurato da Floris”.

Bella frase a effetto, complimenti, bravo. Peccato che il concetto parta dal presupposto che la libertà sia un'entità booleana, acceso/spento, sì/no, 1/0, vero/falso, on/off. Non è così. La libertà, mantenendo il linguaggio matematico-tecnico, è una grandezza analogica continua, che può crescere o calare anche di piccole frazioni in un range infinito. Se si spengono i talk non viene meno la libertà in toto, certamente. Ma un pezzettino sì. Se la libertà fosse rappresentabile con un gigantesco quadrante, potremmo dire che la lancetta si è mossa un pochino all'indietro.

Poi ognuno alla privazione di un frammento di libertà reagisce come vuole. C'è chi si rammarica, chi gode, e chi se ne fotte. Però gli indifferenti farebbero bene a tenere presente l'antico sofisma della coda di cavallo. Togli un pelo dalla coda di un cavallo, e avrai sempre una coda. Togliene un altro e ancora avrai la coda. E così via un pelo dopo l'altro, perché tanto, togliendo un solo pelo alla volta, all'apparenza nulla cambia. Finché, alla fine, il povero cavallo dovrà trovare un altro modo per scacciare le mosche.

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Morcheeba, "Fragments Of Freedom" (2000)




When the party's over
You got no way to go...



mercoledì 17 marzo 2010

Contessa

Non sono ancora in gran forma, ma fortunamente il generoso Paolo mi ha scodellato un post su un piatto d'argento, risparmiandomi per oggi di affatticare troppo i miei due polpastrelli da perfetto dattilografo mancato.

Infilo solo qui in testa un cappellino mio prima di farmi da parte. Le interviste a Enzo Varchetta, il nuovo adepto della scuola di pensiero politico UDEUR basata sul clientelismo (“la signora Mastella è sempre incinta”, ha detto un'ascoltatrice, con geniale ferocia) e al candidato di Forza Nuova per la regione Lombardia, Gianmario Invernizzi, il quale, fosse per lui, allontanerebbe dal territorio nazionale tutti gli extracomunitari senza distinzioni (compresi gli svizzeri), ma con gentilezza (lo chiama “umano rimpatrio”, da non crederci), sono valse il prezzo del biglietto. Magari i soggetti in questione sono due "pesci piccoli", ma rappresentano comunque uno spaccato di una certa Italia che ahimé esiste e che purtroppo è meno marginalizzata di quanto si pensi.

Darei quindi un voto positivo alla trasmissione, se non fosse per una parolina di troppo scappata dalla boccuccia acchiappamosche del conduttore Giuseppe Cruciani e che mi è rimasta lì nell'orecchio sibilante come un dannato moscerino. Nel criticare l'intervista d'assalto di Beatrice Borromeo ad Augusto Minzolini pubblicata in forma scritta sul Fatto e in video sul sito del quotidiano di Travaglio, il Crux si è riferito alla Borromeo col termine “contessina”, utilizzato ovviamente in un'accezione dispregiativa.

"Questa ragazzetta ricca e viziata che finge di fare la giornalista...", era un po' il senso sottinteso, un modo come un altro per sminuire una persona sulla base di ciò che è, e non sulla base ciò che fa e dice. C'è chi sminuisce il prossimo attaccandosi ad un difetto fisico e chi alla radice sociale, ma poco cambia. A casa mia questa si chiama caduta di stile.

Istintivamente, voglio precisarlo, anch'io, pur disistimando nel profondo l'attuale direttore del TG1, ho trovato un po' troppo aggressivo il modo con cui la Borromeo ha scelto di formulare a quest'ultimo le domande (piu che un'intervista sembrava un interrogatorio). Però, applicando una logica tipica proprio del Crux, dopo quel volgare e indecoroso “contessina”, per reazione ho deciso di prendere le parti dell'ex collaboratrice di Santoro, e di manifestarle tutto il mio apprezzamento. In fondo, per fare quello che ha fatto lei con Minzolini ci vanno due palle quadre e un bel pelo sullo stomaco. Chissà, magari nel privato la dolce Beatrice rutta pure come un camionista. Altro che ragazzina viziata. "Contessina", bello mio, lo dici a tua sorella.

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[Da qui in giù il testo è di Paolo]

Ieri la trasmissione ha avuto un paio di spunti che mi hanno colpito, entrambi legati più a Cruciani che all'attualità.

Il primo è legato al ritorno alla grande ai doppiopesismi del conduttore, che in prima battuta stigmatizza l'intervista della Borromeo (per l'intervista in cui pressa il "direttorissimo" del TG1 sui suoi rapporti telefonici con Berlusconi cercando di fargli ammettere una condizione di sudditanza e l'alterazione delle informazioni trasmesse), sostanzialmente chiosando con superiorità ed alterigia “Vedete? La Borromeo è incapace anche solo di pensare che le cose possano essere andate diversamente da come lei immagina”.

Il messaggio è che questo non può essere buon giornalismo. Passano pochi minuti e Cruciani si lancia senza rete nel giornalismo di inchiesta. Chiama un candidato dell'UDEUR in Campania e comincia ad intervistarlo sul fatto che nel suo profilo facebook presenta contemporaneamente candidatura ed offerte di lavoro, pressandolo per fargli ammettere la scarsa correttezza della cosa.

E qui, per coerenza, mi sostituisco a Cruciani, che probabilmente è stato interrotto dal traffico nel tentativo di apostrofare con alterigia sé stesso con uno sprezzante "Vedete? Sono incapace anche solo di pensare che le cose possano essere andate diversamente da come immagino, e quindi sono un giornalista incapace".

Probabilmente in entrambe i casi ci sono elementi per dare per scontata la malafede degli intervistati. Ma in realtà trovo peggiore il giornalismo di Cruciani, che critica i propri metodi, ma solo quando ad applicarli sono gli altri contro la sua parte, evidenziando in questo modo in pieno la strumentalità delle critiche alla Borromeo.

Mi viene un dubbio... A fronte di molte giornaliste pesantemente attaccate da Cruciani (D'Amico, De Gregorio, Borromeo, Annunziata, …), non ne ricordo una sola per la quale abbia dimostrato non dico ammirazione, ma nemmeno interesse. Non sarà che il "signorino" è un po' misogino?

Il secondo spunto che mi ha colpito è quello più grave, legato alla "Mission Impossible" di ieri sera che ha ospitato il candidato in Lombardia di Forza Nuova. Cruciani ha dimostrato una colossale incapacità di cogliere la portata del fenomeno Forza Nuova, che sta sdoganando, specialmente presso i giovani, una destra ideologizzata, razzista, dura, nostalgica e paranazista, come nessuno era riuscito a fare negli ultimi anni, conseguendo anche risultati e visibilità importanti. In materia vi consiglio i post "golpo di fulmine" e "no tu no" sul blog di wolfstep.

Saluti
Paolo

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(Authan) Enrico Ruggeri e i Decibel, "Contessa" (1980)




Chi sei contessa?
Tu non sei più la stessa.
Pensi che ogni cosa di concreto sia da riferire a te,
tu fai la misteriosa per nascondere un segreto che non c'è...



martedì 16 marzo 2010

Gli irriducibili

Se non avessi la scusa di essere a casa malato (per l'ennesima volta), dovrei inventarmene una per giustificare un post scarso come questo. Ma davvero non so come chiosare la Zanzara di ieri, dedicata in larghissima parte alla scelta, pesantemente criticata da Giuseppe Cruciani, di Renata Polverini di farsi fotografare a cavalcioni della balaustra in curva nord, allo stadio Olimpico di Roma, tra gli "Irriducibili" tifosi della Lazio. "Mischiarsi con la parte peggiore della tifoseria organizzata non è consono per un potenziale rappresentante delle istituzioni", ha tuonato il conduttore (parole non testuali, ho riassunto il concetto).

Sì, d'accordo, la nota di biasimo ci sta senz'altro. Non era proprio il caso che una potenziale presidente di regione "legittimasse" con la sua presenza in curva un certo tipo di tifoseria spesso fuori controllo. Ma in fondo, a pensarci bene, quella della Polverini altro non è stata che una mera esibizione pubblica per guadagnare, in vista delle elezioni, un briciolo di visibilità, simpatie, e attenzioni in più. In campagna elettorale i candidati fanno di tutto, e se si osserva l'accaduto da questo punto di vista non si percepisce dove sia poi tutto 'sto scandalo.

Francamente, a dirla tutta, lascia a dir poco basiti la reazione sdegnata di Cruciani, il quale a questo giro – chissà perché – ha lasciato da parte la sua proverbiale impassibilità. Dov'è finito l'irriducibile re del cinismo, per il quale ogni scempio compiuto dalla politica, anche il più grande, trova giustificazione nel motto "la politica è anche questo", ripetuto ossessivamente come un mantra? Mah. Se lo capite spiegatemelo voi. Per me sono misteri di una mente dissociata.

Torno a poltrire. A presto.

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Elio e le storie tese, "Amico uligano" (1992)




Amico uligano coi capelli un po' corti, così uomo e così bambino
Combini tanti guai, non ti fermi proprio mai, un diavoletto biondo sei
L'amico poliziotto ti aspetta, ti invita sulla camionetta
Non respingere la sua carica di simpatia, un balzo, sali a bordo e via!

lunedì 15 marzo 2010

L'occulta persuasione

Al 99,9% degli ascoltatori non importa nulla del come si è arrivati a dare certe notizie. Quel che importa è solo che Berlusconi voleva far chiudere AnnoZero”. Di questo si lamentava Giuseppe Cruciani, durante la Zanzara di venerdì 12 marzo, quasi esclusivamente incentrata sull'inchiesta di Trani.

Che dire, Crux... Forse è il caso di prenderne atto. Certo, interrogarsi sul come un'inchiesta relativa alle carte di credito revolving sia culminata nella messa sotto controllo dei telefoni di Augusto Minzolini e del commissario dell'AGCOM Giancarlo Innocenzi ha senso, così come ne ha il chiedersi come informazioni riservate, tra cui i riassunti dei colloqui telefonici intercettati, siano finite in pasto alla stampa. Però è innegabile che l'impatto emotivo per ciò che si è scoperto (Berlusconi ha esercitato la sua influenza su Minzolini per indirizzare la linea editoriale del TG1, e su Innocenzi per far chiudere la trasmissione di Michele Santoro) prevale sul come lo si è scoperto. Piaccia o non piaccia le cose stanno in questo modo. Così è la vita, la politica è anche questo, il compito del giornalismo è scovare con ogni mezzo notizie d'interesse pubblico, non ci sono più le mezze stagioni, i giovani d'oggi non sono più come quelli di una volta, e l'Italia è questa qua.

Dov'è il reato?”, insisteva poi Cruciani. “Su cosa indagano esattamente i magistrati di Trani? Cosa c'è di penalmente rilevante nelle telefonate di Berlusconi?”. Idem con patate. La domanda è stra-lecita, ma basta un “direttorissimo” di troppo ad offuscarla, a deviare l'attenzione dalle conseguenze penali, forse inesistenti, a quelle politiche.

E le conseguenze politiche, di grazia, quali sono?” è l'inevitabile prossima domanda. Le risposte sono due. Pertiamo dalla più ovvia: anche se il direttore del TG1 è nominato dalla maggioranza di governo, non sta scritto nella Bibbia che debba sussistere un tale livello di sudditanza. Un conto è un TG magari tenero col governo, un conto è il MinCulPop (o "MinzCulPop" come lo chiama sempre Vittorio Zucconi nel suo blog). Discorso analogo per i membri dell'AGCOM (nominati dal parlamento) da cui la decenza impone almeno un minimo livello di imparzialità.

L'altro dato politico che emerge prepotentemente è questo: se il presidente del consiglio è il primo a ritenere (perché così traspare dai suoi comportamenti) che il potere di persuasione della televisione sia rilevante, al punto da interessarsi in modo quasi ossessivo a ciò che succede nelle varie trasmissioni ad alto ascolto, a chi è invitato a parlare, a quali temi sono trattati, eccetera, come si può poi pretendere che nel medesimo potere di persuasione non credano i famigerati "antiberlusconiani"?

A buon intenditor poche parole. E per oggi chiudo qua.

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REM, "Pretty persuasion" (1984)

(Non ricordavo che Michael Stipe avesse avuto un tempo tutti quei capelli. Fa impressione.)




He's got pretty persuasion
She's got pretty persuasion
God damn, pure confusion
He's got pretty persuasion...


venerdì 12 marzo 2010

Il lungo addio

Trovare uno spunto nuovo, non già trito e ritirito, dalla Zanzara di ieri, incentrata ancora sull'esclusione del PDL dalla provincia di Roma, su Berlusconi che paventa l'esistenza di un disegno contro di lui, sulla vicenda La Russa e Carlomagno, e sulle manifestazioni di piazza dell'una e dell'altra parte politica, mi è impossibile. Scusate, ma dalla mia (testa di) rapa a volte non mi riesce di cavare sangue o altre più gradevoli essenze.

Avrei allora pensato, a questo giro, di parlare di tutt'altro, di un tema ignorato ieri dalla trasmissione di Giuseppe Cruciani: la recentissima sentenza della Cassazione in base alla quale un immigrato irregolare con foglio di via non può chiedere di poter permanere sul territorio italiano in quanto genitore di un bambino "regolare", iscritto a scuola, al quale non si deve causare un trauma affettivo da separazione. La tutela delle frontiere, sostiene la Cassazione, è un bene collettivo che prevale sulla tutela di un singolo minore.

Devo confessare però che su questo terreno, così come accade sul tema dei respingimenti in mare, faccio fatica a costruirmi un'opinione chiara, netta, senza ombre. Sia in chi disapprova la sentenza, sia in chi applaude ad essa trovo ci siano delle ragioni fondate.

Del primo gruppo fanno parte coloro che vedono nella tutela del minore il concetto prevalente, e che percepiscono come un atto disumano il costringere padre e figlio ad un reciproco lungo addio. “I bambini vengono prima”, scrive ad esempio oggi Massimo Gramellini sulla Stampa. “I diritti dell'infanzia, in una società che voglia distinguersi da un agglomerato di selvaggi, dovrebbero ancora significare qualcosa. E' un pensiero buonista? No, è un pensiero umano. E mi rifiuto di credere che questi tempi spaventati ci abbiamo reso così insensibili da non cogliere la differenza”. Su Repubblica, rincara la dose Gad Lerner in questo modo: “Non vorrei trovarmi al posto del poliziotto che dovrà bussare a quella porta di Busto Arsizio per espletare la pratica dell’accompagnamento coatto alla frontiera”.

Ma dall'altra parte (si veda ad esempio il pezzo di Paolo Granzotto sul Giornale) si fa notare che questa sentenza vuole proprio impedire la strumentalizzazione dell'infanzia, e cioè che i bambini vengano usati come "scudi umani" al solo scopo di aggirare le legge sull’immigrazione. La rigida applicazione delle norme, anche al prezzo di un gesto profondamente insensibile, va a chiudere una breccia sul controllo del fenomeno della clandestinità che potenzialmente poteva aprirsi, fungendo da ammonimento per chiunque pensi di poter eludere la legge sull'immigrazione (un po' come accade, anche se su un piano un po' diverso, per i respingimenti in mare).

Ho cercato conforto nelle rassegne stampa con la speranza di trovare un'analisi non basata né sui buoni sentimenti, né, al contrario, sulla faccia feroce, ma che facesse leva su argomentazioni poggianti (in base alla mia opinabile percezione, ovviamente) puramente sulla logica e sul buon senso. Il meglio che ho scovato, giudicandolo particolarmente convincente, è un articolo dell'esperto di demografia Antonio Golini sul Messaggero. Ne riporto qui sotto la parte più significativa, e in vista dell'imminente weekend vi lascio così, senza null'altro da aggiungere, ai vostri pensieri, ai vostri dubbi o, se - beati voi - siete così fortunati da averne, alle vostre granitiche certezze.


Golini


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Deep Purple, "Child in Time" (1970)




Sweet child in time, you'll see the line
Line that's drawn between good and bad...



giovedì 11 marzo 2010

Il mio nome è Nessuno

E' stata una Zanzara terrificante quella di ieri, quasi inascoltabile, e il post di oggi –scusatemi– non può che risentirne. Il livello degli interventi degli ascoltatori è stato infimo, per un Giuseppe Cruciani disperato, e il dibattito sulla vicenda del contestatore che ieri ha turbato la conferenza stampa di Berlusconi, a cui Crux ha dato moltissimo spazio (cosa di cui credo si sia profondamente pentito) è presto sfuggito di mano al conduttore degenerando in una polemica sterile su quale atteggiamento sia stato peggiore tra quelli tenuti dal contestare medesimo, che ha creato scompiglio venendo meno ad elementari principi di buona educazione, e quelli di Berlusconi, lasciatosi andare ad offese verbali, e La Russa, che, nel singolare ruolo di buttafuori, è arrivato a strattonare il soggetto in questione.

Francamente, è stata una discussione imbarazzante, così come imbarazzante è stato l'intervento in trasmissione del protagonista della vicenda, Rocco Carlomagno, un elemento che come non capisce che irrompere in una conferenza stampa non è un modo sano né democratico per far valere la propria opinione, neppure comprende che un'intervista si basa su una serie domande e risposte, e non può trasformarsi in un soliloquio sbrodolante e incomprensibile.

Carlomagno si autodefinisce "giornalista freelance", ma questa espressione fa sorridere. Nel suo caso è un palese eufemismo per non dire che in realtà egli è un giornalista senza giornale, un "sedicente" reporter, un wannabe, un signor Nessuno in cerca del quarto d'ora di notorietà, che rappresenta solo se stesso e che non può essere ricondotto a null'altro che a se stesso. A chi pensa sul serio di trasformare Carlomagno in un eroe, consiglio caldamente di informarsi su due o tre esilaranti imprese del suo passato (incluso il tentativo di spegnere la fiaccola olimpica di Torino 2006), sull'Unità e sulla Stampa.

Sarebbe in effetti il caso di stendere un velo pietoso e riconsegnare il Carlomagno all'oblio, se Berlusconi non si fosse approfittato di quanto accaduto per rispolverare i suoi ridicoli “ecco! Questa è la sinistra! Vergogna! Vergogna!” in contrapposizione al “noi liberali non ci comporteremmo mai così!”. Trattasi, come spero sia chiaro a tutti, di una mistificazione della realtà che dà il voltastomaco.

Ma di mistificazioni della realtà il cavaliere è un vero maestro: l'intera conferenza stampa di ieri, incentrata in particolar modo sugli avvenimenti che hanno portato all'esclusione del PDL dalla provincia di Roma, è consistita in un resoconto adulterato dei fatti occorsi (a chi interessasse una replica punto per punto alle affermazioni del premier, sul sito di Repubblica c'è un articolo che si prende la briga di svolgere tale compito), culminato nell'ennesima riproposizione della teoria del complotto della “sinistra sovietica”.

Basta, basta, baaaaastaaaa! Non se ne può più. E' tutto così desolante, così vuoto, che mi passa persino la voglia di seguire l'attualità politica. Mi consolo con la lettura del pezzo di oggi di Stefano Folli sul Sole, e vado ad affaccendarmi in altre faccende. Alla prossima.


PS. Ma La Russa, nel ruolo di Ministro della Difesa, non ha proprio mai un beeeeeep da fare?

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"Il mio nome è Nessuno" è un bel spaghetti western del 1973, interpretato da Terence Hill e Henry Fonda. Splendida la colonna sonora di Ennio Morricone (primo video qui sotto). Divertentissima la scena della "favola dell'uccellino" (secondo video).







mercoledì 10 marzo 2010

Memorie del sottosuolo

Aaaaah, che soddisfazione i primi cinque minuti della Zanzara di ieri, con Giuseppe Cruciani che finalmente ha dato un minimo di risalto anche a chi vede pericoli di golpe e attentati alla democrazia tra le truppe berlusconiane (nel caso specifico, il pasdaran Giorgio Stracquadanio, il giravoltino Daniele Capezzone, e la "super patata OGM" Daniela Santanché, per usare il cortese appellativo affibbiato a quest'ultima da Alessandra Mussolini).

Però, caro Crux, per questi casi urge assolutamente sigletta appropriata, che faccia da contraltare a Radio Londra! Ai lettori dei blog: qualche idea?

Mentre Berlusconi pensa di scatenare la piazza, cosa che Cruciani per coerenza nei confronti della sua idiosincrasia per le manifestazioni, criticherà ferocemente stasera (vero Crux?), io per oggi mi fermo qui e cedo la parola a new entry che mi ha cortesemente inviato un articolo, peraltro molto coinvolgente. A presto, Authan

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[Il post di oggi è di Bart27]

Della puntata di ieri mi ha colpito molto l'intervista "Mission Impossible" a quel medico 51enne, tal Florenzo Doino, del Partito Comunista dei Lavoratori. Ha prodotto sul mio intero corpo sentimenti opposti: ho contemporaneamente goduto e sofferto, assai. E ho capito che dietro quel siparietto, apparentemente folcloristico, si muovono questioni importanti.

In poche righe è difficile spiegarsi, mi faccio quindi aiutare da due video, che trovate in calce al post: uno è "La domenica delle salme" di Fabrizio De André; l'altro è la scena di "Fantozzi" dove il ragioniere interpretato da Paolo Villaggio si fa sedurre dal comunismo. Vi invito a guardarli e ascoltarli entrambi, con calma.

Fatto? Allora proseguo. Provengo da una generazione nata realista. Ho 39 anni, e l'utopia non mi ha mai pervaso, né intellettualmente, né operativamente. Di tutte le mie rabbie adolescenziali, le ribellioni, le delusioni e anche le litigate, mi rimane poco, ma conservo il ricordo, e soprattutto un assunto di fondo, intatto: non viviamo in un mondo fantastico. O meglio, la vita sarebbe bellissima, ma ci sono condizioni oggettive, materiali, che la rovinano a milioni di persone.

Penso che sia un passaggio che ciascuno di noi, a suo modo, ha fatto. Da lì, complice il lavoro, la vita, gli accidenti, la fortuna e la sfortuna, ognuno si è ritrovato su un sentiero piuttosto che su un altro, contento, malinconico, allegro o disperato. Il mio sentiero, anni fa, raggiunse un bivio sul quale stavano due letture: "I sommersi e i salvati" di Primo Levi, e l'intera opera di Fëdor Dostoevskij, prima di tutto con "Memorie del sottosuolo".

Non vi annoierò con dotte, inutili, analisi, vi ho raccontato solo alcuni dettagli di quel mio bivio, giusto per dargli un sapore. Quel che mi preme raccontarvi è che quelle letture mi resero consapevole di una cosa che gli eventi mi avevano già fatto scorgere. Ossia che la realtà è complessa, piena di maschere, dove ciò che sembra in un modo può nascondere il suo opposto. Primo Levi usò l'espressione "zona grigia" per sintetizzare questo concetto.

Penso che anche questo passaggio, ciascuno a suo modo, lo abbiamo fatto tutti, chi più chi meno. E anche in questo caso, come se fosse l'estuario di un fiume, ognuna delle nostre storie si è incanalata in più modi.

Per tradurre in opere concrete e risultati quella consapevolezza che questo non è un mondo fantastico, occorre prima capire la realtà. E soprattutto capire chi è il tuo avversario, che volto ha e dove sta. Ma quando ci si rende conto che esiste una "zona grigia", ci si ritrova disarmati, senza, cioè, avere la possibilità di capire chi è il tuo avversario, che volto ha e dove sta, e dunque senza la possibilità di combatterlo.

Così, quel moto di ribellione che si prova di fronte alle mille ingiustizie che ci circondano, rimane senza sbocco, senza strumenti, senza prospettive radicali: è un po' come sentirsi un falegname senza braccia, un agricoltore senza zappa.

Da quel momento in poi ci si può solo accontentare. E da quel momento in poi chi sposa ancora l'utopia mi ha sempre provocato reazioni contrastanti. A volte lo considero naif, a volte lo considero un falso e incoerente (ad esempio, quando fa ristorazione di lusso), a volte lo trovo colpevole di molti danni (ad esempio, con la cultura del "sei politico" che alla Scuola italiana ha fatto solo del male), a volte lo trovo antipatico (nella versione da salotto).

Ma a volte lo guardo con occhio benevolo, perché mi ricorda anche che è uno degli ultimi rappresentanti di quel movimento globale che provò a dare una vera risposta, non riuscendoci, alla giusta rabbia di milioni di persone in tutto il mondo. Una rabbia del tutto simile alla mia, uguale a quella che avevo al liceo.

E qui vengo al punto.

Quel signore che Cruciani ha intervistato, sfoderando uno dei suoi più riusciti repertori di sarcasmo e presa per i fondelli, mi ha ricordato, di colpo, qualcosa che mi dorme sotto la cenere. E' un coacervo di sentimenti e pensieri, doppi, schizofrenici, che mi provocano al tempo rabbia e ilarità; rivolta e depressa assuefazione.

Il compagno Doino sembrava fosse estratto da un barattolo pieno di formalina, mi è sembrato un dinosauro. Cruciani, giustamente, lo ha irriso e io, all'inizio ho goduto. Prima di tutto per ragioni che non c'entrano con la politica. Cruciani lo prendeva in giro così smaccatamente, e lui proprio non se ne accorgeva. Ecco, la prima cosa che racconta la pochezza di un uomo è il fatto che non capisca l'ironia, non capisca quando lo si prende in giro, non capisca che gran parte della comunicazione tra esseri umani si svolge "tra le righe".

Poi, però, ho iniziato a provare fastidio, in maniera sempre crescente, raggiungendo il culmine quando Cruciani ha chiosato a suo modo, ossia con una musica, in salsa super-sarcastica. Una "musica", nella quale milioni e milioni di persone, per decenni, hanno riposto le loro speranze per una vita migliore.

E la cosa più triste, per me, è che c'è voluto un dinosauro per sentir parlare, una buona volta, di temi IMPORTANTI. Infatti, levato il linguaggio delirante, ragnateloso e grossolano col quale il Doino argomentava la sua rivoluzione e incensava bollini di contro-rivoluzione, è uno dei pochissimi, ad esempio, che ha parlato di sfruttamento (vedi i giovani dei call-center), o di diritto alla salute (vedi le lobbies farmaceutiche). Ripeto, in modo delirante, ma almeno se ne è sentito parlare.

E allora, il sarcasmo di Cruciani mi è sembrato alla fine nettamente fuori misura. Mi ha ricordato che il nostro Paese vive dei problemi che sono il frutto di ferite antiche, e dove un intero pezzo della nostra storia viene ridicolizzato, come se non fosse nemmeno avvenuto.

Come ho detto all'inizio, non ho mai sposato l'utopia, non sono mai stato comunista. Ma sono molto contento che il movimento operaio in generale, e il Partito Comunista Italiano abbiano dato un contributo molto importante alla storia del mio Paese. Se ho POTUTO studiare, se ho POTUTO curarmi, ad esempio, lo devo soprattutto a quella storia. Che per questo rispetto, anche se qualche suo ultimo rappresentante mi fa solo sorridere.

Sono ateo, e combatto certo clericalismo bigotto. Ma sono molto contento che dal mondo cattolico sia provenuto un contributo molto importante alla storia del mio Paese, partendo da Don Milani arrivando fino a Karol Wojtyla.

Un modo per dire, al di là di quello in cui ciascuno di noi crede, che deve esistere un terreno comune reso fertile dalla parola RISPETTO, sul quale una comunità deve piantare le proprie radici. Noi l'avremmo: si chiamerebbe Costituzione della Repubblica Italiana, che, vi giuro, non è niente male.

Qui concludo, molto curioso di conoscere le vostre reazioni, e vi lascio quindi ai due video. Spero, in coppia, che vi facciano intravedere la stracciatella di pensieri che mi balenano nel capo in certe occasioni.

Uno, quello di De André, provoca malinconia funeraria. L'altro, quello di Fantozzi, fa ridere... solo ridere?

Ciao a tutti e scusate la lunghezza.
Bart27

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Fabrizio De André, "La domenica delle salme" (1990)






Fantozzi diventa comunista.