martedì 30 giugno 2009

Anatema su di voi

La scorsa settimana è volata via senza che io abbia ascoltato un solo minuto di Zanzara. Spero di non essermi perso molto. Percepisco comunque dai vostri commenti che Giuseppe Cruciani ha continuato a correre sul filo del rasoio riguardo al nostro caro leader Berlusconi, ballando tra la tentazione di prendere nettamente le distanze prima che sia troppo tardi e tra la volontà di non sbracare in modo eclatante dopo anni di attività da pompiere sempre pronto a spegnere tutti i fuochi delle polemiche e delle controversie relative all'attuale premier.

La Zanzara che ieri mi ha riaccolto tra gli ascoltatori è stata un po' particolare, per via dei tre stravaganti personaggi che Cruciani ha messo in primo piano: Emilio Fede, don Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria, e il prof. Emilio Biagini, un docente di geografia all'università di Cagliari. Vediamoli uno per uno.


FEDE


Mai Cruciani aveva preso così sonoramente per i fondelli Emilio Fede come ha fatto ieri, mandando in onda una recentissima apologia -l'ennesima- del direttore del TG4 nei confronti del suo dio Silvio accompagnata in sottofondo da un armonioso suono di violini. Simpatica ironia che punge più di tutti i "servo" e "leccapiedi" di questo mondo. Però l'ipotesi avanzata da Cruciani di trasformare l'ultimo panegirico fediano nella nuova sigla della Zanzara mi fa spavento. Voto no, rimanendo affezionato all'attuale musichetta con il brillante incipit “è un po' come andare al bar prima di tornare a casa”.


DON FANZAGA

Di don Fanzaga ho sempre sentito parlare, ma mai mi è capitato di ascoltare i suoi monologhi, i suoi anatemi, e le sue rassegne stampa, visto che l'idea di sintonizzarmi su Radio Maria non mi sfiora neanche lontanamente. E se devo giudicare da quel che ho sentito ieri (“Repubblica, a comincaire dal suo fondatore Eugenio Scalfari, fa dell'anticristianesimo militante. Non c'è un cristiano in tutta la redazione”), per quel che mi riguarda, Radio Maria rimarrà blacklisted da qui all'eternità.

Curiosamente, però, Cruciani, per don Fanzaga, al di là delle sue esagerazioni, prova una sorta di riverenza (“un mito, un eroe”, parole dette senza sarcasmo) per via dell'enorme seguito che questi ha saputo conquistarsi e per il suo modo di esprimersi semplice e diretto. La cosa è davvero bizzara, visto che se alle peculiarità appena citate ci aggiungessimo pure le parolacce avremmo per filo e per segno il ritratto di Beppe Grillo.


BIAGINI

Emilio Biagini è un bizzarro professore universitario che tra mille polemiche si fa portatore di tesi piuttosto oscurantiste su vari temi etici tra cui in primis l'omosessualità (per citarne una: “omosessualismo e femminismo porteranno all'estinzione della popolazione dell'Europa Occidentale”), sostenendo inoltre che l'uso dei profilattici è inutile contro la diffusione del virus dell'AIDS.

Cruciani, che ieri lo ha intervistato, ci ha messo un minuto scarso, per fortuna, a percepire lo spessore oltremodo limitato del personaggio, trasferendo quasi subito il taglio del colloquio su un piano di semi-serietà, e ospitando successivamente le repliche di un divulgatore ben più presentabile quale Alessandro Cecchi Paone.

Mentre ascoltavo Biagini, però, mi è tornato in mente un articolo di Giuliano Ferrara di qualche tempo fa (Il Foglio del 19 marzo 2009), nel quale l'elefantino, che per Cruciani è praticamente un guru, propugnava idee non così lontane da quelle di Biagini, seppur con le dovute proporzioni. Cito alcuni passi del pezzo di Ferrara:

Benedetto XVI ha riaffermato, nel corso del viaggio in Africa, la sua convinzione: non è con i profilattici che si combatte la pandemia dell'Aids. Questa convinzione, alla luce del senso comune, regge ogni possibile prova e verifica, dal momento che il preservativo è solo il viatico della promiscuità sessuale di massa alla quale risale la responsabilità del contagio.
[…]
Tutti sanno o dovrebbero sapere che tra i neri maschi il tasso di infezione è tre volte quello dei maschi bianchi e due volte quello degli ispanici, e che il vettore di contagio ancora di gran lunga più potente è il sesso promiscuo tra maschi.

Sono certo che Ferrara non disprezza gli omosessuali né considera i preservativi uno strumento del demonio, ma secondo me lasciando intendere che l'AIDS sia in prevalenza una malattia dei gay e dei neri, e che il preservativo non funge da significativa barriera contro la diffusione del virus (perché è questo che bene o male Ferrara scrive), l'elefantino dà un pessimo contributo divulgativo, che, data la sua notorietà, può potenzialmente far più danni di quello apportato da un Biagini qualsiasi. Un pessimo contributo che all'epoca non meritava di passare sotto silenzio.

Siamo alla fine, per oggi. Ma stavolta voglio chiudere alla maniera di don Fanzaga, con la "chicca finale", che il direttore di Radio Maria, a quanto mi raccontano, definisce "il caffé", e con la quale si chiudono le sue rassegne stampa. Eccovi dunque il mio caffé: a ridicolizzare un piccolo professore di provincia son capaci tutti. Tirare le orecchie al proprio guru quello sì che richiede coraggio.

sabato 20 giugno 2009

L'untore del pensiero greve

NOTA: dopo questo post, esigenze famigliari mi portano a dovermi allontanare per un altro po'. Il blog va in stand-by per una decina giorni, ma voi non fate mancare i vostri commenti, mi raccomando. A presto, Authan

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[Attenzione: la prima parte del post è a firma di Anna.]

Volevo commentare la trasmissione di ieri sera, venerdì 19 giugno, ed in particolare l'intervento di Vittorio Sgarbi, il quale, spalleggiato dal conduttore Giuseppe Cruciani, ha detto delle inaudite sconcezze riguardo la vicenda Berlusconi che mi hanno veramente irritata. Sembrava di assistere ad una conversazione tra due scaricatori di porto davanti a due grossi boccali di birra che tra un rutto e l'altro [stupenda metafora, nota di Authan] parlavano di una questione che riguardava il Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana.

La frase clou di Sgarbi era, in sostanza: "Berlusconi deve dire agli italiani che gli piace la gnocca e che nessuno deve rompergli i coglioni. Gli italiani capiranno". Concetto ripetuto ossessivamente più e più volte.

E poi: "A lui piace scopare con tante ragazze, e così governa meglio, mica come D'Alema che è fedele a sua moglie, alla stessa donna, da più di vent'anni ed è sempre triste ed incupito". Ovviamente risate del conduttore in sottofondo. E mi fermo qui...

Che dire, io non temo le parole grevi. Temo che il pensiero greve si diffonda come un virus. Se questo dovesse accadere, l'unica via di salvezza sarebbe quella di andar via da questo paese immobile.

Grazie per l'ospitalità.
Anna

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[Da qui in giù la risposta di Authan]

Guarda, Anna, su Vittorio "io so tutto e in me dimora la verità" Sgarbi, con me, per citare qualcuno, "sfondi una porta aperta". Il fatto è che Sgarbi fa audience, e inoltre a Cruciani sta simpatico, il che è singolare considerando come la saccenza e la boria che contraddistiguono il personaggio siano caratteristiche che solitamente Cruciani disdegna.

Alla fine, a far risaltare Sgarbi dalla massa dei professoroni e degli "esperti" che Cruciani, per sua stessa ammissione, odia, è solo e unicamente il torpiloquio. Se non fosse per le parolacce, Sgarbi non sarebbe nessuno. E in questo senso, il vecchio sketch di Roberto Benigni su Sgarbi, mandato in onda da Cruciani a fine trasmissione, è perfetto per come mette in luce la vacua essenza del personaggio.

(In calce al post riporto il video del summenzionato sketch, datato 1994, preso da YouTube. Non perdetelo, è esilarante.)

Per quel che riguarda il suo intervento di ieri, Sgarbi non ha fatto altro che recitare l'ormai ritrito ruolo del pensatore anticonformista, sapendo benissimo che Berlusconi non direbbe mai la frase suggeritagli, come lo stesso Cruciani ha del resto osservato. Insomma, abbiamo assistito ad una inutile boutade.

Possiamo anche pensare a Sgarbi come ad una sorta di untore del pensiero greve, ma non lo sopravvaluterei cosi tanto da ritenere che il virus sgarbiano possa davvero attecchire nel resto del paese. In fondo, dell'italiano medio Sgarbi non è rappresentativo per nulla.

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Chiudo proponendo un sondaggio. Su Berlusconi sbracherà presto anche Cruciani, così come Ferrara, Polito, Mughini e Pansa (vedi post precedenti)? Sì o no? Io sono per il sì. Le prime avvisaglie, le prime prese di distanza, le ho percepite.

A presto,
Authan

PS: ecco lo sketch di Benigni.


venerdì 19 giugno 2009

Tutti i sogni muoiono all'alba

Ancora il caso Patrizia D'Addario al centro dell'attenzione alla Zanzara di ieri. Giuseppe Cruciani è arrivato a dire che l'intervista alla ragazza pugliese ha portato più elementi concreti (anche se da verificare) che non tre mesi di campagne stampa di Repubblica. Insomma, anche per il conduttore della trasmissione le carte in tavola sono cambiate: se prima si vagheggiava sul puro gossip, ora invece siamo di fronte ad un reale problema di credibilità, sicurezza e dignità delle istituzioni.

Ad un ascoltatore che si lamentava di come si parli molto più delle feste di Berlusconi e delle sue frequentazioni private che non dei problemi seri del paese, Cruciani ha risposto che se da un lato la cosa è effettivamente triste, dall'altro “non ci si può mettere una benda sugli occhi”. Il caso è diventato politico (per me lo era anche prima, ma lasciamo perdere) e non ci si può esimersi dal dibatterne.

Peccato però che poi quando si è trattato di dire due parole su chi la benda sugli occhi l'ha messa per davvero, il TG1 (che ha dato poco spazio alla vicenda D'Addario, privilegiando peraltro le posizioni difensive del cavaliere), l'atteggiamento di Cruciani sia stato piuttosto snobistico, riassumibile, in sostanza, in un “chissenefrega del TG1”. Non è la prima volta che Cruciani sminuisce gli effettivi impatti dell'informazione televisiva. Per quanto legittima e degna di rispetto sia, questa opinione è, ai miei occhi, talmente disarmante, talmente in contrasto con l'evidenza e con il buon senso che non riesco neppure a trovare la voglia e la forza di controbattere. A questo giro passo oltre.

Vorrei tornare brevemente alla lamentela dell'ascoltatore menzionata sopra, ponendo una questione: se anziché dei problemi seri del paese, delle riforme, ecc. ecc. si parla invece di escort, festini, soldi, e "utilizzatori finali", dove stanno le responsabilità, in origine? Stanno nei mezzi di informazione che trattano temi magari pruriginosi ma che oggettivamente catturano l'interesse del pubblico (e la missione dei media, per definizione, è proprio quella di catturare l'interesse del pubblico), o in chi, pur suo malgrado ma comunque in seguito a libere scelte comportamentali non consone al ruolo anche se non necessariamente illecite, fornisce e crea l'oggetto del contendere, la "materia prima" che viene poi lavorata ed elaborata dai media?

C'è chi trova piacere o convenienza nell'alimentare il fuoco, certo, ma ad appiccare quel fuoco, volente o nolente, è stato lo stesso Silvio Berlusconi. E' sua, in origine, la colpa di tutto questo. Sua e solo sua. Chi è causa del suo mal, pianga se stesso.

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Nel frattempo, continuano gli sbracamenti degli anti-antiberlusconiani (cioè di coloro che sono soliti biasimare o dileggiare i detrattori di Berlusconi) dei quali ho già fatto menzione nel post precedente. Dopo Antonio Polito (che sul Riformista di oggi spara il titolone “Silvio, dimettiti!”) e l'elefante Giuliano Ferrara, oggi a calare le brache sono Giampaolo Pansa, sul Riformista, e Giampiero Mughini, su Libero.

Pansa chiede al cavaliere di sacrificarsi per il bene dell'umanità. Ecco un passaggio del suo pezzo: “Berlusconi è ancora in grado di essere questa guida, questo comandante, questo faro? La mia risposta è netta. Temo di no. Lo dico senza infilarmi nella giungla dei retroscena. E senza affrontare il tema se la colpa sia sua o di chi guida la campagna contro di lui. […] Berlusconi deve preparare l'inevitabile transizione. […] Il cavaliere deve lasciare Palazzo Chigi di sua volontà. Senza aspettare le calende greche. Soltanto così non distruggerà il Paese e il suo partito.”

Mughini, invece, nel suo articolo cita l'Amleto di Shakespeare e mette in luce alcune oggettive incongruenze: “C'è qualcosa di marcio nel regno di Danimarca, se il capo del governo può essere messo con le spalle al muro da una puttana barese. […] Io non ho nulla ma proprio nulla contro le puttane e lo dico da mane a sera, e anche se non le frequento. E' diverso se tu sei il capo politico di un governo che vanta la sua ultracattolicità, che difende "la vita" anche quando non è più vita, di un governo che si mette la mano alla bocca quando parla di gay, che toglie le prostitute dalla via Salaria di Roma. Allora non ci siamo più davvero non ci siamo più. Maledetto il regno di Danimarca e noi che ci viviamo dentro.”

Se siamo nel marcio regno di Danimarca, per dirla alla Mughini, l'unico modo per uscirne passa per la strada suggerita da Pansa: un ricambio nella leadership. Quello del super-leader simultaneamente moderno uomo di stato post-democratico e giocondo libertino sciupafemmine si è rivelato un sogno fragile e inconsistente, che come tutti i sogni era destinato a morire all'alba.


Fez


giovedì 18 giugno 2009

Enough is enough

Un po' come certi giudici che, nella totale indecisione tra l'assolvere un imputato per omicidio o il giudicarlo pienamente colpevole, optano per la via di mezzo all'italiana (cioè la condanna, sì, ma a pochissimi anni di carcere), la direzione del Corriere della Sera, trovandosi tra le mani una potenziale intervista bomba, ma senza effettivi riscontri, ad una ragazza, Patrizia D'Addario, la quale asserisce di aver passato, dietro pagamento, una notte a Palazzo Grazioli, tra il cassare la storia o, al contrario, costruirci il titolone d'apertura a nove colonne, ha deciso di pubblicarla, sì, ma relegata in una pagina interna senza espliciti richiami in prima.

Però la bomba non poteva che deflagrare. E infatti è deflagrata, monopolizzando tutte le discussioni incluse quelle alla Zanzara di ieri sera. Sicuramente tanti elementi necessitano ancora di verifica, ma che, quantomeno, ci si trovi di fronte, da parte Silvio Berlusconi, presunto “utilizzatore finale” (parole di "Mavalà" Ghedini) di corpi femminili, a comportamenti non consoni e imbarazzanti, anche se non illeciti, è ormai di tutta evidenza, e il punto di non ritorno potrebbe essere stato raggiunto.

Che sulla scena politica qualcosa sembri stare per cambiare non lo si percepisce solo dai pronostici di D'Alema. C'è un limite oltre cui non si può andare. Enough is enough. E difendere l'indifendibile diventa un problema anche per chi, senza eccedere nel servilismo, ha fatto dell'anti-antiberlusconismo (cioè dell'osteggiare energicamente gli energici osteggiatori di Berlusconi) un allegro sport da praticare, se non addirittura una professione.

Si prenda ad esempio l'editoriale di Giuliano Ferrara sul Foglio di oggi, che se non è uno sbracamento ci va molto vicino:

(...) Il presidente del Consiglio dei Ministri (...) non può comportarsi come un deputato di provincia preso con le mani nel vasetto della marmellata. (...) Berlusconi (...) deve decidersi: o accetta di naufragare in un lieto fine fatto di feste e belle ragazze oppure si mettere in testa di ridare, senza perdere più un solo colpo, il senso e la dignità di una grande avventura politica all'insieme della sua opera e delle sue funzioni. (...) Altrimenti si andrà avanti con questo 24 luglio permanente, in un clima di sospetti di palazzo arroventato da un establishment sempre pronto a tutte le incursioni corsare (...).
(...) La situazione si è fatta grave, e perfino seria.

Se Ferrara ci va solo vicino, Antonio Polito, nel suo pezzo apparso sull'odierno Riformista, sbraca al cento per cento:

(...) Se [Patrizia D'Addario] non mente, siamo di fronte a un salto di qualità molto pericoloso del velina-gate, e il prezzo lo pagherà Berlusconi. Le accuse che la D'Addario (non il Corriere, non la Procura, e nemmeno D'Alema) ha rivolto al premier rendono infatti il suo caso completamente diverso da quello di Noemi Letizia.
(...) Tutto fa prevedere una situazione politica molto più caotica e turbolenta e un governo molto meno efficiente di quello che si poteva immaginare appena qualche settimana fa. E non basterà non dirlo nei tg, per evitare che gli italiani se ne accorgano. Ci sbaglieremo, ma questa storia è molto peggio di ogni tempesta che finora il premier ha dovuto attraversare. Temiamo per lui e, se possiamo dirla tutta, temiamo anche per la tenuta democratica del Paese.

Sì, avete lette bene. Non è Paolo Flores D'Arcais, non è Antonio Tabucchi, non è Dario Fo. A scrivere “temiamo per la tenuta democratica del Paese” è il nostro amico Antonio Polito, il "polito della libertà", il principe dei frequent guests della Zanzara, colui che in passato ha fatto dire a Cruciani “condivido al 95% tutto quel che scrive il Riformista”.

E Cruciani? Credo che egli non sia ancora pronto per il grande passo, il suo tempo di cottura su questa vicenda è lungo. Sull'ipotesi che Berlusconi faccia più il male che il bene all'Italia, a dispetto dei milioni di voti, c'è ancora un atteggiamento negazionista.

Però ieri deve essere stato un bel colpo per lui quel “loro sono antropologicamente diversi da noi” pronunciato dal cavaliere ad un'emittente locale del frosinate (dove lo sprezzante "loro" sta ovviamente per "quelli di sinistra"). Tutto il castello di carte di Cruciani basato sul fatto che l'acredine politica sia unidirezionale (sinistra verso destra) è miseramente crollato.

Anche se ci sono volute le tenaglie, il conduttore è riuscito a definire la frase di Berlusconi una “baggianata” (la parola "stronzata" la riserva solo per le occasioni speciali), ma al contempo ha lasciato intendere che l'odio per Berlusconi rimanga comunque qualcosa di più specifico, un “filone” a sé stante.

Insomma, per Cruciani alcuni odiatori sono "più uguali" degli altri. Per me questa è la madre di tutte le "baggianate", ma su questo punto non nutro più speranze di un ravvedimento. Per Cruciani, ammettere che l'acrimonia politica tra i due poli e verso i rispettivi leader possa essere un sentimento reciproco e che tirare fuori i bilancini per sapere chi odia di più è ridicolo, è impossibile quanto lo era per Fonzie, quello di Happy Days, pronunciare le famigerate parole “I was wrong”.

mercoledì 17 giugno 2009

Signori si nasce

Il 13 giugno scorso, il tribunale di Milano, tra cori, urla, canti, e pugni chiusi alzati al cielo, ha condannato a pene durissime, in primo grado, alcuni affiliati alle cosiddette "nuove Brigate Rosse". Ad alcuni imputati, inoltre, è stato imposto di pagare un considerevole risarcimento in denaro nei confronti del giuslavorista Pietro Ichino, che i presunti neo-brigatisti avevano apparentemente messo nel mirino.

Alla Zanzara di ieri, Pietro Ichino, che detto per inciso io ammiro moltissimo, è intervenuto in qualità di ospite. Cruciani lo ha chiamato non tanto per discorrere della sentenza o della reazione plateale degli imputati e dei loro sodali, ma per via dell'anomalo commento di cui Ichino si è reso protagonista subito dopo che il tribunale ha emesso il verdetto. Il senatore del PD si è detto disposto a rinunciare all'indennizzo in cambio di un aperto confronto, vis-a-vis, armati solo delle proprie idee, tra lui e coloro che lo definiscono un "massacratore di operai" a fine di mettere in atto un reciproco riconoscimento ad esistere e a manifestare opinioni e pensieri.

Di fronte ad un tale atteggiamento ci si può porre in tre distinti modi:

1) Si può pensare che Ichino sia “una viscida figura, avida come sempre di propaganda sulla pelle altrui, che compare sui mass media il giorno dopo la sentenza per mostrare la sua magnanimità”. La frase è tratta dal sito del collettivo politico Gramigna, che difende a spada tratta i compagni sotto processo.

2) Si può pensare che Ichino soffra di una sorta di “deformazione professionale”, un “narcisismo professorale” a metà tra la sindrome del missionario e quella del buon samaritano, che lo porta a dover rieducare, con “la forza del logos”, chiunque abbia deviato dalla retta via, anche quando “l'evidenza dei fatti mostra come oltre un certo limite le parole non abbiano più potere”. E' l'opinione di Giancarlo Loquenzi (suoi quindi i virgolettati qui sopra), che ieri era appollaiato come un merlo indiano sulla spalla di Cruciani, dove è rimasto per gran parte della trasmissione. Insomma, al di là delle perifrasi, Ichino sarebbe, secondo Loquenzi (non si è colta invece l'opinione di Cruciani) un povero illuso, uno sciocco incapace di rassegnarsi al fatto che nel mondo esistano anche elementi irrecuperabili, manco fosse l'ultimo dei preti.

3) Oppure -ed è il mio caso- ci si toglie il cappello, e si manifesta, senza se e senza ma, la propria ammirazione di fronte ad una tale dimostrazione di apertura mentale e di bontà d'animo nei confronti di chi si nutre di nient'altro che cruda ideologia. "Signori si nasce", diceva Totò, e Ichino, decisamente, “lo nacque”. Disprezzare chi ti disprezza è fin troppo facile. Il vero coraggio, invece, sta nel mostrare, quando meno te l'aspetti, non il pugno chiuso, ma la mano aperta.

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I gemelli del gol, Loquenzi e Cruciani, se ne sono poi usciti, ieri, con una considerazione interessante sul rapporto tra privato e pubblico. Stimolati dall'intervento di un ascoltatore, si sono chiesti, in sostanza: "perché se uno -ad esempio- prova piacere sessuale nel farsi frustare, questo dovrebbe inficiare la sua capacità di svolgere le sue pubbliche mansioni, quali che siano?"

Infatti, di per sé, non la inficia. I gemelli del gol hanno ragione. Ciò non toglie, però, che agli occhi di molti elettori la figura del politico specchiato, trasparente, un libro aperto, possa risultare più appetibile. Non c'è nulla di male in questo. Criticare coloro che non giudicano irrilevante il comportamento tenuto nel privato da chi detiene pubblici incarichi di massima rilevanza è un atteggiamento molto snob, che, in altri casi, il Cruciani e il Loquenzi di turno non esiterebbero a definire, quasi con disprezzo, "di sinistra". Il che, se permettete, è a dir poco paradossale.

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La famosa battuta di Totò in "Signori si nasce".




martedì 16 giugno 2009

Due pesi e due misure

[Il post di oggi è a firma di Paolo]

Buongiorno,
sono da tempo un fedele ascoltatore del programma, che seguo con interesse, anche se quasi sempre in disaccordo con il conduttore, che trovo molto abile ad attirare ospiti ed ascoltatori normalmente interessanti e/o intelligenti nei loro interventi, ma troppo acriticamente di parte.

Ieri sera ho fatto un metaforico salto sulla sedia (a dire il vero no, ormai la conduzione ci ha abituato a quasi tutto):

dopo aver affermato che il giornalista è indipendente per definizione (nei casi di Rossella e Belpietro, dipendenti delle loro coscienza, come affermavano in TV, senza specificare che la coscienza non gli riempiva la panza),

dopo aver affermato che Franceschini era denigratorio nei loro confronti a ricordare di chi erano dipendenti (fatto ribadito ieri),

dopo aver usato questa cosa come refrain in più trasmissioni,

dopo tutto ciò ieri sera debbo sentir precisare che dietro agli attacchi della stampa estera al nostro premier potrebbero esserci gli interessi dell'editore straniero???

Nemmeno il nostro Premier cambia idea così rapidamente!

Fateci capire: perché Franceschini è offensivo a livello personale e Cruciani no? Da cosa si originano i due pesi e le due misure per cui le fesserie di Franceschini meritano siparietti e canzoncine del ventennio e le gaffes del premier solo un "Che ci volete fare, l'uomo è fatto così..."?

Perché nelle iniziative del governo non si vogliono vedere alcuni aspetti molto discutibili e spesso non secondari (la violazione del diritto d'asilo per i respingimenti, il moltiplicarsi di situazioni di conflitto di interessi, la raffica di gaffes diplomatiche - affaire Gheddafi buon ultimo -, ...), mentre per qualsiasi iniziativa di qualunque opposizione ci si sofferma solo su aspetti formali o di secondaria importanza? Chiedete a Segni o a Fini se sia più significativo aver raccolto 350.000 firme in due settimane oppure aver detto "zoccole" nello stesso parlamento in cui abbiamo visto parlamentari insultarsi con ben peggiori parole, sputarsi addosso, venire alle mani, ...).

Ecco, al di là delle legittime convinzioni e posizioni politiche, sarebbe bello sentire posizioni meno smaccatamente prone.

Saluti,
Paolo

lunedì 15 giugno 2009

La loggia del leopardo

Quando venerdì scorso il presidente della camera, Gianfranco Fini, nell'annullare la prevista cerimonia, ha messo la parola fine all'incredibile tragicomico show del colonnello Gheddafi, coi suoi atteggiamenti da divo, le sue vesti stravaganti, e le sue dichiarazioni demenziali, un'opinione che in me era già fortemente radicata si è ulteriormente rafforzata: ah, che mondo sarebbe se alla guida del centrodestra e del governo ci fosse proprio lui. No, non Gheddafi. Gianfranco Fini.

Niente più berlusconismo e antiberlusconismo (che poi –va ricordato– sono due facce della stessa medaglia). L'Italia, per la prima volta nella sua storia, diventerebbe un paese normale, con due fronti politici che si contrappongono unicamente sulla base dei progetti e dei programmi. Dopodiché chi vince vince, senza paturnie e pippe mentali.

Ciò di cui io non mi capacito è di come a destra non si rendano conto che da un'eventuale successione avrebbero tutto da guadagnare. Fini –lui sì– sarebbe capace di vincere (non che lo auspichi, ma sono davvero convinto sia così) tutte le elezioni possibili e immaginabili per quindici anni di fila. Non come Berlusconi che, nella realtà dei fatti, ne vince una sì e una no.

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La Zanzara di venerdì è stata abbastanza godibile, soprattutto grazie al duetto Cruciani-Telese che si è protratto per un'oretta buona, anche se in realtà il momento clou, l'intervista al fotografo/cecchino di Villa Certosa, Antonello Zappadu, non ha portato alcun elemento nuovo di particolare interesse.

Sono però curioso di ascoltare la trasmissione di stasera, perché una domanda da un paio di giorni mi frulla in testa. Considerato come Cruciani ironizza (non sempre a torto) su coloro che, riferendosi a Berlusconi, parlano di emergenza democratica, deriva autoritaria, regime, fascismo, dittatura, mi aspetto analoga ferocia, da parte del conduttore della Zanzara, nello stroncare la dichiarazione del cavaliere in base alla quale dietri ai casi “veline, Noemi, Mills e voli di stato” ci sarebbe un “progetto eversivo” contro di lui.

Quindi, Cruciani, mi raccomando. Di fronte ad un atteggiamento così patetico vogliamo le canzoncine, gli spezzoni di film, i documentari degli anni andati. Almeno stavolta il doppiopesismo lo metta da parte, mi raccomando.

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Hey! Sssshhh! Zitti! Vi devo fare una confessione! La cospirazione c'è davvero! Una specie di Loggia P2 alla rovescia, un circolo chiuso chiamato "Loggia del Leopardo", i cui membri, riconoscibili dal fez maculato in testa, si radunano in gran segreto ogni venerdì sera, sta oganizzando un golpe non violento. Io lo so. Lo so perché ne faccio parte! Ma non ditelo a nessuno! Ssshhhh!

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In questa minuscola foto, scattata a tradimento da Antonello Zappadu, appostato su un satellite geostazionario, si notano, da sinistra a destra, Dario Franceschini, Ezio Mauro (col fez) e Gianfranco Fini mentre congiurano.


Fez


venerdì 12 giugno 2009

Non può essere vero, quindi non è vero

Concetto espresso da Cruciani alla Zanzara di mercoledì 10 giugno: “Con Gheddafi facciamo affari, accordi economici e politici, non si capisce perché non lo si possa far parlare al Senato, non facciamo gli ipocriti”.

Concetto espresso da Cruciani alla Zanzara di ieri, giovedì 11 giugno, dopo che il leader libico nei suoi discorsi a Palazzo Giustiniani e alla Sapienza ne ha dette di tutti i colori: “Forse era meglio se questa visita fosse stata organizzata in modo un po' più sobrio…”.

Ecco, Cruciani, buona la due... Potrei spendere mezzo post a parlare di piroette e giravolte, o al contrario disquisire sul fatto che "solo i morti e i cretini non cambiano mai idea", ma a questo giro passiamo oltre.

(Però la frecciata agli studenti che hanno sì contestato l'arrivo del colonnello Gheddafi alla Sapienza, ma solo per via dei respingimenti dei clandestini e per la "militarizzazione dell'università" in occasione del suo arrivo, e non per il personaggio in sé, un dittatore che non conosce la democrazia e che non ha nessuna lezione da dare, è stata sacrosanta).

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Ieri è ricomparso Franco Califano, ospite in diretta. Che noia... E il bello è che quando qualche ascoltatore via SMS ha chiesto a Cruciani che senso avesse intervistare Califano sulla visita di Gheddafi (solo perché Califano è stato partorito su un aereo in volo sulla Libia! Incredibile...), il conduttore della Zanzara ha ribattuto che “gli interlocutori delle interviste non devono essere per forza degli esperti. A volte quel che si vuole è sentire gli umori, quello che viene fuori dalla pancia. Non c'è sempre bisogno del cosiddetto esperto. Odio gli esperti”.

(Ho inserito il frammento audio con le parole esatte di Cruciani nella pagina delle perle della Zanzara. Scripta manent.)

Il mio mento a quel punto ha toccato il pavimento ed è rimbalzato su. Per gli umori e i brontolii della pancia ci sono già le decine di interventi dei semplici radioascoltatori! Dagli ospiti è naturale chiedere qualcosa di più, mi sembra un principio solare. Comunque il concetto “io odio gli esperti” è straordinario. Che bello sarebbe se Cruciani lo ribadisse al prossimo collegamento con i frequent guests, e cioè Polito, Facci, Loquenzi, Sgarbi, Sansonetti, e don Caldarola.

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Ma il tema del giorno, affrontato ieri, non poteva che essere quello delle intercettazioni, peraltro già dibattuto in innumerevoli occasioni alla Zanzara. Qualche volta, tuttavia, vale la pena ripetersi, perché il DDL approvato ieri alla Camera (deve ancora passare in Senato) è qualcosa che francamente lascia sgomenti.

Io non sono un grande estimatore dell'esponente dell'IdV Massimo Donadi (un soggetto sulla cui conformazione del cranio Cesare Lombroso avrebbe avuto molto da commentare), ma le parole durissime da egli lanciate contro il ministro Alfano (“Ogni morte che resterà impunita per colpa di questa legge lei la porterà sulla coscienza”), spiace dirlo, hanno un fondamento.

Anche in Cruciani, va detto, si percepisce un disagio provocato da questa legge (il conduttore della Zanzara contesta le intercettazioni non come valido strumento d'indagine, ma per via del fatto che troppo facilmente esse finiscono poi sui giornali), anche se come sempre sul governo Berlusconi il nostro eroe usa il guanto di velluto. Comunque le parole “provvedimento in gran parte completamente sbagliato e anche dannoso per quello che riguarda le indagini” è riuscito a farle uscire. Alleluja.

Ciò di cui Cruciani non riesce a darsi pace è come il governo possa davvero compromettere, in parte, la lotta al crimine. "Non può essere vero, quindi non è vero", è in sostanza il suo ragionamento. Eppure c'è una spiegazione molto semplice, che già gli fu espressa dall'ex magistrato Bruno Tinti alla Zanzara del 27 febbraio 2009, e che ieri gli è stata ribadita paro paro dal procuratore di Milano Armando Spataro.

L'intento recondito della stretta sulle intercettazioni è quello di ostacolare le indagini per i reati tipici della classe dirigente (politica, ma non solo): abuso d'ufficio, corruzione, concussione, frode fiscale, falso in bilancio, aggiotaggio, ecc. Tutti reati non "di sangue", ma egualmente gravissimi. Pur di raggiungere questa finalità, il governo, in quello che è un riprovevole baratto, accetta che pure l'efficacia della lotta alla criminalità comune venga messa a repentaglio.

Un baratto, quindi. Un baratto che, tristemente, viene approvato in segreto anche da una parte dell'opposizione. Se una ventina di franchi tiratori dei partiti non di governo hanno votato a favore del DDL, ieri alla Camera, non è un caso, a meno che non si voglia essere così allocchi da pensare che dietro a tutto ci sia davvero la mera volontà di proteggere il concetto di privacy.

Le cose stanno così, caro Cruciani, se ne faccia una ragione. Se non vuole dare retta a Tinti, a Spataro, ma anche a Cascini, Palamara, Scarpinato, Caselli, ecc. ecc. dia retta a quel suo vecchio compagno di scuola, ora magistrato in Calabria, che ogni tanto cita senza mai farne il nome. Gli parli ancora, si chiarisca i suoi dubbi, e poi torni in radio a pronunciare quella parolina di otto lettere che inizia con la V e finisce con la A che mai come oggi merita di essere pronunciata, se non urlata con tutto il fiato che si ha in corpo.

giovedì 11 giugno 2009

Che la pace sia con voi

Salam aleikum. Oggi vi saluto in arabo (significato: "che la pace sia con voi") in quanto sto per parlare del colonnello Gheddafi. Ma prima è necessario far volare qualche porcozzìo. Abbiate pazienza un attimo.

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Se dovessimo dar retta ad un ascoltatore intervenuto sul finale della Zanzara di ieri, al quale Giuseppe Cruciani incredibilmente ha dato pienamente ragione, gli elettori di sinistra sarebbero “fatti tutti con lo stampino” (tutti, eh! Nessuno escluso!), capaci solo di crogioloarsi nel loro complesso di superiorità verso i simpatizzanti di Berlusconi.

Visto che Cuciani ha sdoganato già diverse volte la parola "stronzata" in diretta radio, mi permetto di usarla anch'io. Non se ne può più di queste stronzate galattiche, porcozzìo, che oltretutto sono pure offensive. Di elementi che pensano di avere la verità in tasca, e che affibbiano l'etichetta dell'idiota mentecatto a chi non crede a tali verità, ce ne sono tanti a sinistra quanti a destra. E' veramente ora di piantarla con questo giochetto della superiorità morale, perché ha rotto il beeeeeeeeeeeep.

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Gheddafi, dicevamo… Fino a ieri sembrava che il leader libico, ricevuto con tutti gli onori, dovesse addirittura tenere un discorso in Senato. Poi in serata c'è stato un dietro-front, del quale Cruciani ha dato conto in diretta, ma nel frattempo in trasmissione si era già discusso ampiamente sull'opportunità di ospitare un dittatore nel tempio della nostra democrazia.

Secondo Cruciani, in considerazione del fatto che tra l'Italia e la Libia esistono forti relazioni commerciali (petrolio, gas), nonché accordi politici (anti-immigrazione), nel momento in cui Gheddafi viene comunque ricevuto con tutti gli onori dal presidente del consiglio e da quello della Repubblica sarebbe stato contradditorio e ipocrita negargli l'accesso al Senato. In sostanza, le polemiche degli ultimi giorni non sono giustificate.

Non sono d'accordo. Non discuto che dietro a tutta questa vicenda si nasconda una gigantesca ipocrisia, ma ciononostante ritengo che in certe circostanze almeno le apparenze vadano salvate.

Finché si tratta di ricevere un capo di stato straniero, stringergli la mano, offrirgli il caffé, mi sta bene, anche se il capo di stato in questione ha un curriculum decisamente poco raccomandabile. L'umana educazione e la realpolitik hanno il loro peso, e lo capisco. Ma lasciargli tenere un discorso dal nostro principale palcoscenico istituzionale è un altro paio di maniche. Equivale a sdoganarlo anche da un punto di vista formale. Gheddafi e Parlamento sono due concetti in contraddizione, e tale contraddizione è talmente gravosa da risultare insopportabile. C'è un limite alla decenza. Sennò tanto vale invitare pure il presidente iraniano Ahmadinejad (che peraltro non è un dittatore) per farci raccontare cosa ne pensa dell'olocausto.

Qualcuno (Massimo D'Alema, ma anche altri) ha osservato che se in passato il parlamento ha ospitato Arafat con tanto di pistola legata alla cintola, oggi possiamo tranquillamente ospitare Gheddafi. Mi sfugge la logica di questo ragionamento. L'aver fatto una stronzata in passato non autorizza a farne un'altra oggi. A meno di non pensare che sia normale che un uomo armato tenga un solenne discorso in parlamento.

Insomma, vedere Gheddafi pontificare in Senato mi avrebbe fatto tremendamente male, ed è stato un sollievo per me venire a sapere che questo stupro non avrebbe avuto luogo. Sarò pure ipocrita, lo ammetto, ma mai quanto chi nega di esserlo.

mercoledì 10 giugno 2009

Cariatidi

Prendi questa mano, zingara, dimmi pure che destino avrò…

Per accompagnare il tema delle mummie che sono riuscite a farsi eleggere o rieleggere al parlamento europeo, Giuseppe Cruciani, alla Zanzara di ieri, ha mandato ripetutamente in onda, a mo' di tormentone, un frammento della canzone più celebre ("Zingara", appunto), di Iva Zanicchi, la madre di tutte le mummie, che si accinge a (ri)mettere piede a Strasburgo, così come peraltro stanno per fare Ciriaco De Mita, Clemente Mastella e altre cariatidi.

L'Italia, a parte qualche eccezione, non cambia mai”, ha chiosato il conduttore, per poi agganciarsi a una delle "Dieci domande qualunque" pubblicate da Massimo Gramellini sulla Stampa di ieri e chiedere agli ascoltatori: “vi sembra normale che tutti sputino addosso alla Casta e poi Mastella prenda ancora 112 mila voti di preferenza?

Il fatto è che, come si diceva a scuola, "il problema è mal posto". Innanzi tutto non si capisce perche debba esserci per forza un nesso tra il disagio verso i privilegi dei politici ("sputare" mi sembra un termine un po' forte) e l'esercizio del diritto di voto. Se io penso che le diarie dei politici siano troppo alte, dovrei non andare a votare o non esprimere nessuna preferenza? E' ridicolo.

Inoltre, il disagio di cui sopra, per quanto diffuso, non pervade in modo integrale l'intero elettorato. Che un 0,1% degli aventi diritto al voto possa sentirsi rappresentato da Mastella non mi sembra un dato così eccezionale. Pertanto, per citare il motto della Zanzara, di cosa stiamo parlando?

Va poi anche precisato che una buona quota delle 112 mila preferenze registrate da Mastella è spiegabile con un fisiologico effetto trascinamento legato alla sua presenza nelle liste del PDL. Se si fosse presentato col vecchio simbolo Udeur, col cavolo che l'ex ministro della giustizia raggiungeva quei traguardi.

Ciò premesso, tornando alla domanda di Gramellini rilanciata da Cruciani, se statisticamente parlando 112 mila preferenze per Mastella possono essere normali, io comunque non me ne capacito. Per me se i voti presi da Mastella fossero stati anche solo due sarebbero comunque già troppi. Non in quanto membro della Casta, ma perchè Mastella per me è la vera anti-politica (altro che Grillo).

Badate, non è nel mio stile sparare ad alzo zero in questo modo, ma del resto, se Casini e tanti altri non si facevano premura di demonizzare Vladimir Luxuria senza suscitare reazioni indignate, io posso permettermi di demonizzare Mastella. Ognuno demonizza chi gli pare.

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Gramellini, a dire il vero, nella sua lista di domande si è dimenticato quella più importante di tutte: è normale che un partito che conta il 10% dei voti imponga scelte ad uno che ne conta il 35%?

Parto da questo per commentare la bizzarra idiosincrasia di Cruciani, esplicitamente dichiarata ieri in trasmissione, per la parola "ricatto" quando usata in politica. Il conduttore della Zanzara, riferendosi alle analisi di questi giorni, non sopporta che si dica che Berlusconi sia sempre più soggetto al ricatto della Lega, forte, quest'ultima, di un ottimo risultato elettorale alle europee.

Vorrei capire… Qual è il problema della parola "ricatto"? Non piace come suona? Troppe t? Chiamiamolo "influsso", allora, o "ascendenza", o "condizionamento", ma il concetto rimane il medesimo. C’è un grande partito (numericamente parlando) che di fatto si fa imporre delle scelte da un partito molto più piccolo, e questo normale non lo è neanche un po'.

A questo proposito, il 21 giugno, con il referendum elettorale, ci sarebbe l'occasione di dare un taglio definitivo a questo infinito teatrino. Ma vedrete che anche questa meravigliosa occasione andrà persa. Perché, in fondo ad essere accostabili ad una cariatide (cioè una statua immobile, uguale a se stessa da qui all'eternita) non sono solo Mastella, De Mita e la Zanicchi, ma la nazione intera. L'Italia, a parte qualche eccezione, non cambia mai.

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"Running to stand still" (cioè "correre per rimanere fermi", metafora perfetta per il nostro paese) è una straordinaria canzone degli U2, datata 1987. Buon ascolto.




You got to cry without weeping
Talk without speaking
Scream without raising your voice


martedì 9 giugno 2009

Could be worse, could be raining

Rieccomi! Avevo bisogno di staccare per una settimana da tutto e tutti, Zanzara e Cruciani compresi. Non ho acceso la radio neppure per un minuto. Ne avevo bisogno in parte per ricaricare le pile e in parte per elaborare il mio ennesimo lutto calcistico. Ma ora sono tornato.

(In realtà tra due settimane mi assenterò nuovamente per un po'… Siete avvisati.)

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La Zanzara di ieri, che per giunta è durata un'ora in più, è stata più piatta delle pianure del Kansas, completamente monopolizzata dai soliti ritriti commenti sui risultati elettorali. Ho tuttavia qualche puntino sulle i da mettere riguardo a certe considerazioni crucianesche. Poca roba, ma ne vale la pena.


LIDIA RAVERA E I MANIPOLATI

La scrittrice e giornalista Lidia Ravera, nel commentare il calo di consenso del PDL, si è rallegrata del fatto che “gli italiani non sono del tutto manipolabili”. Cruciani ne ha ironizzato ravvisando maliziosamente nelle parole della Ravera l'idea sottintesa in base alla quale gli elettori del PDL siano manipolati.

Al di là della scelta di parole, oggettivamente infelice, a me è sembrato che la Ravera intendesse solo far rilevare come il potere di persuasione (questo era il termine giusto da usare, in quanto neutro, e non "manipolazione" che ha un'accezione iper-negativa) non è illimitato. Io non posso entrare nella testa della Ravera, ma mi rifiuto di credere all'intento di additare gli elettori del centrodestra come dei burattini senza cervello. Magari mi sbaglio, eh, però il beneficio del dubbio, per indole, sono sempre portato a concederlo.


MINORANZA NEL PAESE

Cruciani, inoltre, ha anche ironizzato sia sull'osservazione di Dario Franceschini, secondo il quale la coalizione di governo, non raggiungendo il 50% dei voti, “è minoranza nel Paese”, che su quella più o meno analoga del direttore di Radio Capital, Vittorio Zucconi.

Al conduttore della Zanzara chiedo: se la soglia del 50% fosse stata raggiunta, ciò non sarebbe stato salutato con grande enfasi da tutti gli esponenti di PDL e Lega e dai media destrorsi? Sicuramente sì. Quindi che c'è di strano se Franceschini e i commentatori non "fedeli alla linea" compiono la stessa operazione nel verso opposto? Bah.


NIENTE DA FESTEGGIARE

Tra un commento e l'altro, Cruciani ha poi retoricamente domandato agli ascoltatori: “Ha senso in casa PD essere soddisfatti di un esito elettorale che ha visto il PD scendere del 7% rispetto a un anno fa?”

(Nota linguistico-matematica. E' sbagliatissimo dire "del 7%". Si deve dire "di sette punti percentuali". Un partito che, ad esempio, passa dal 4% al 2% perde il 50% dei voti, e non il 2%.)

Ecco la mia risposta. Innanzi tutto, nessuno tiene conto del fatto che la percentuale del PD ottenuta nel 2008 includeva i voti dei sostenitori del partito radicale (che alle europee si è invece presentato a parte, prendendo il 2,4%). Quindi il "tracollo", se vogliamo chiamarlo così, va un filo ridimensionato (giusto un filo, eh!).

Inoltre, appare evidente che i voti in uscita siano finiti, oltre che a Emma Bonino, a Di Pietro, ai Comunisti, a Sinistra e Libertà e nel mare magnum dell'astensionismo. Poco o nulla è andato a PDL e Lega. Quel che voglio rimarcare è che i voti persi, essendo rimasti sotto l'ombrello del centro-sinistra, sono più facilmente recuperabili.

Ciò premesso, se ai leader del PD, alla vigilia delle europee, avessero chiesto "firmereste per un PD al 26% se in cambio il PDL si ferma al 35%?", sono certo che tutti sarebbero corsi a cercare una penna. Quindi sì, tutto sommato, fermo restando che non c'è nulla da festeggiare, c'è comunque da tirare un bel sospiro di sollievo in casa PD. Per parafrasare la celebre battuta di un film, "poteva esser peggio, poteva piovere".


TG5

E in ultimo, lasciatemi dire una cosa sul cosiddetto "audio del giorno", come lo ha definito il conduttore della Zanzara, ovvero l'incredibile fuori-onda del TG5, registrato tra domenica e lunedì scorso, in cui l'inviato al Viminale, Gioacchino Bonsignore, si cruccia del fatto che il PDL ha perso voti, e dichiara di non voler fare menzione di ciò quando entrerà in diretta. Cruciani, “che non fa sconti a nessuno”, l'ha buttata sul ridere.

Ecco, Cruciani… Rida, rida pure. Rido anch'io. Però poi una riflessione, piccola piccola, la faccia. Su cosa era il TG5 ai tempi di Mentana e su cosa è oggi, e se il fantozziano "ma sì, in fondo, chi se ne frega" è davvero la sola conclusione a cui ha senso arrivare.

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Il film di cui sopra ho citato una battuta è il mitico "Frankenstein junior". Eccovi il relativo spezzone video, sia in italiano che in lingua originale.






"What a filthy job"
"Could be worse"
"How?"
"Could be raining"
KRAKOOM