mercoledì 24 dicembre 2008

Forse, o forse no

[Salvo fatti eclatanti, il blog torna solo dopo l'Epifania. Buone feste!]

L'unico momento che ritengo degno di nota sulla Zanzara di ieri (martedì 23 dicembre) è stato quando Giuseppe Cruciani, parlando in generale di intercettazioni, ha detto: “C'è un numero cospicuo di opinion-leader, da Marco Travaglio in giù, che pensa che tutto sia pubblicabile. I piccoli problemi di privacy non sono nulla di fronte alla corruzione dilagante che c'è in Italia. Secondo me invece il concetto va un po' ribaltato

E' verissimo, va ammesso, che non ci sia una sufficiente selezione nel materiale che le procure allegano alle ordinanze e che i giornali poi pubblicano allegramente, a loro volta senza filtrare visto che latita un codice di autoregolamentazione, mettendo “nel tritacarne” (copyright Barbara Palombelli) anche soggetti del tutto estranei alle vicende.

Detto questo, però, io non credo affatto che la soluzione sia il divieto assoluto di pubblicazione delle intercettazioni, almeno fino all'apertura della fase dibattimentale, come Cruciani sostiene. A darmi manforte, in questa mia opinione (vedi in proposito anche il mio post del 3 luglio 2008), ho trovato uno splendido articolo, intitolato "Macché privacy", a firma dell'ex procuratore Bruno Tinti sulla Stampa di oggi. Volevo trascriverne dei frammenti significativi, ma tralascio di farlo perché l'articolo di Tinti va davvero letto per intero.

Per il resto, riguardo la Zanzara di ieri, va osservato come, dopo aver speso la maggior parte del tempo a stigmatizzare senza pietà (meritatamente, ammettiamolo) i dipendenti Alitalia presso Fiumicino che si sono astenuti dal servizio il 22 dicembre, lasciando a terra migliaia di passeggeri, e a resistere alla tentazione di sfanculare Antonio Di Piietro il cui figlio compare nelle intercettazioni dell'inchiesta napoletana sull'imprenditore Romeo, la puntata (l'ultima condotta in diretta per questa settimana) si sia chiusa in modo piuttosto sibillino.

In particolare, negli ultimi dieci secondi di trasmissione, Cruciani ha detto testualmente: “Ci ritroveremo forse nei prossimi giorni, o forse no. Appuntamento con Luca Telese in diretta lunedì prossimo” (29 dicembre).

C'è sotto un imminente addio? Chi vivrà vedrà.

Nel frattempo si constata come Cruciani sembra aver iniziato una collaborazione con il quotidiano online L'Occidentale, diretto da Giancarlo Loquenzi, un giornalista ex radicale e ora berlusconiano "de fero".

Il blog si prende un periodo di vacanza. A tutti voi, cari amici, rivolgo i miei migliori auguri di buone feste. Noi ci risentiamo dopo l'Epifania, forse. O forse no :-)

Ciao!

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A very merry Christmas
And a happy New Year
Let's hope it's a good one
Without any fear

(John Lennon)

martedì 23 dicembre 2008

Palingenesi

Ci sono termini non di uso comune che ogni tanto -chissa perché- diventano di moda, e per un certo periodo escono dalla bocca o dalla penna di chiunque. Da qualche tempo è il turno di "palingenesi", che significa rinnovamento, trasformazione, rigenerazione, purificazione.

Anche Giuseppe Cruciani, che solitamente non ama i paroloni, non si è sottratto a quest'ultima moda, e durante la Zanzara di ieri, parlando di Piercamillo Davigo, ha affermato, non senza un briciolo di sarcasmo, che secondo l'impostazione dell'ex PM del pool di Mani Pulite (ora giudice di cassazione) “la magistratura dovrebbe avere un ruolo importante nella palingenesi della società”.

Il riferimento era all'intervento di Davigo durante la trasmissione Viva Voce di ieri mattina, su Radio 24. Cruciani, nel ritrasmettere un paio di frammenti audio, ha in sostanza dipinto Davigo come il più classico dei giustizialisti, un inquisitore per il quale “le questioni fondamentali dell'Italia vanno risolte con il codice penale”.

Che il garantismo non sia, per Davigo, un elemento caratterizzante è poco ma sicuro, specie quando dice che la presunzione di innocenza vale per gli effetti di un processo penale, ma non nella vita di tutti i giorni. “I partiti”, dice Davigo, “dovrebbero cacciare via i disonesti di loro iniziativa, senza aspettare che i carabinieri si presentino alla porta”.

Il concetto espresso da Davigo è più che sensato, ma, a livello pratico, come si dovrebbe concretizzare esattamente? Se un comportamento illecito non viene scoperto in flagranza, in base a quale parametro un leader di partito dovrebbe sfiduciare un suo esponente sospettato di corruzione? Intuito? Fiuto? Impressioni personali? Voci di corridoio? Non è chiaro.

(Attenzione, non sto dicendo che una più attenta opera di selezione interna, da parte dei partiti, quando ci sono da presentare delle canditature, non vada adottata. Anzi! Dico solo che non mi è chiaro quali metodi suggerisce Davigo, in dettaglio, per accantonare le ipotetiche mele marce quando queste già occupano posizioni di responsabilità.)

Ciò premesso, ridurre Davigo ad un banale epigono di Torquemada mi sembra esagerato. L'ex PM, a modo suo, vuole solo il meglio per il paese. Non è un mostro, e non è un persecutore di anime innocenti. (Non che Cruciani abbia usato queste espressioni, sia chiaro. Sono io che sto sintetizzando la disapprovazione del conduttore per la forma mentis di Davigo, che è totale.)

A Viva Voce, e prima ancora in un'intervista al Sole 24 Ore del 18 dicembre, Davigo ha fatto anche altre osservazioni molto interessanti, non campate in aria, su cui è stato un peccato sorvolare alla Zanzara. Eccone alcune:

- Quasi mai un caso di corruzione viene denunciato da una delle parti coinvolte, e quindi solitamente un episodio di corruzione viene scoperta solo incidentalmente, mentre si sta indagando su qualcos'altro. (Mia nota: questo rivaluta le intercettazioni) Ne consegue che solo una minima parte dei fenomeni di corruzione viene scoperta.

- Nel distretto di corte di appello di Reggio Calabria risultano solo due condanne per corruzione negli ultimi 20 anni. O Reggio Calabria è un'isola felice, oppure in quel distretto la corruzione non viene scoperta. (Mia nota: mi chiedo, dovremmo forse esserne contenti?)

- La corruzione non si manifesta in casi singoli. E un sistema criminale che tende a diffondersi e a replicarsi e che va combattuto con mezzi adeguati. La custodia cautelare, ad esempio, è l'unica via per impedire agli indagati di comunicare con i correi. (Mi sta bene, a patto che sia davvero un'extrema ratio.)

- Nessuna delle cause che avevano portato alla stagione di Mani Pulite è stata rimossa. Ciò fa ritenere che i fenomeni di corruzione non siano mai cessati.

A proposito dell'ultimo punto, vorrei far notare una cosa. Non so cosa intenda di preciso Davigo, ma, ad esempio, un'ipotetica nuova legge, auspicata da Cruciani (e da me) sulla trasparenza dei rapporti tra imprenditoria e politica sarebbe utile per arginare un po' il fenomeno. Non che eliminerebbe la corruzione alla radice, sia chiaro, ma almeno ridimensionerebbe quell'humus su cui la corruzione prospera.

Morale: se il compito della magistratura è combattere la corruzione, il compito della politica dovrebbe essere quello di prevenirla. E tanto per sapere, in quest'opera di prevenzione a che punto stiamo, di grazia? Stiamo a zero, ecco dove.

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A chi volesse approfondire la conoscenza di Piercamillo Davigo consiglio la visione della bella intervista da egli rilasciata, nel febbraio 2008, ad Antonello Piroso, su La7. (Link)

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Qui di seguito, invece, trovate un video esclusivo che mostra Piercamillo Davigo cimentarsi in uno dei suoi tipici interrogatori.




lunedì 22 dicembre 2008

Il grande orecchio

Quello delle intercettazioni è un tema che torna ciclicamente ad essere dibattuto sulle frequenze della Zanzara, ogniqualvolta certe inchieste prendono le luci della ribalta e ogniqualvolta Berlusconi preannuncia "la stretta" senza peraltro mai concretizzare il suo proposito.

Giuseppe Cruciani, in sostanza, sostiene le seguenti due tesi, ribadite anche durante la trasmissione di venerdì 19 dicembre:

1) Berlusconi sbaglia a voler limitare fortemente l'insieme dei reati per cui intercettazioni sono ammissibili come strumento d’indagine e di prova.

2) Ciò non toglie che in Italia si facciano in generale troppe intercettazioni, e che spesso le inchieste prendono il via unicamente da informazioni ottenute da intercettazioni relative ad inchieste preesistenti, le quali, a loro volta, erano nate da precedenti intercettazioni. Questa catena senza fine assomiglia ad una sorta di pesca a strascico, un "grande orecchio" che ascolta migliaia di intercettazioni indipendentemente dai motivi per cui esse erano state disposte in origine. Questo origliare incontrollato diventa, alla fine, l’unica sorgente di informazioni su cui costruire azioni investigative e giudiziarie.

Sul primo punto, sono ovviamente d'accordo. Sul secondo, avrei dei commenti da fare.


UNO

Il codice penale dice chiaramente che eventuali elementi probatori risultanti dalla intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti. Quindi se, incidentalmente, da un'intercettazione si preconfigura l'esistenza di un nuovo diverso reato, tale intercettazione non è utilizzabile in tribunale relativamente al nuovo reato, per perseguire il quale i magistrati dovranno, se necessario, disporre nuove intercettazioni, accompagnate dagli altri sistemi di indagine.

Questa osservazione, sebbene non elimini la fastidiosa sensazione dell'esistenza di un grande orecchio che veglia su di noi, va comunque a sfatare un falso mito: non è vero che qualunque intercettazione è buona per qualunque reato. Sì, esiste, evolvendosi di continuo, un fitto reticolo di intercettazioni, ma a ciascuna di esse, oltre a dover essere autorizzata da un giudice (punto che spesso viene omesso), è sempre associata e ed è sempre applicabile una singola ipotesi di reato.

Definire questo sistema "pesca a strascico", come se ci fosse una gigantesca rete trascinata sul fondale sperando che qualche pesce rimanga impigliato, è assurdo almeno quanto lo definire Berlusconi un dittatore sudamericano. Se il cavaliere non è Videla, neppure la magistratura italiana è la Stasi, la polizia segreta dell’ex Germania Est. Le intercettazioni esistono non per soddisfare le perversioni di un gruppo di potere, ma per reprimere il crimine. Se si fanno tante intercettazioni è perché si commettono tante illegalità. Il fenomeno A è figlio del fenomeno B, non vive di vita propria.


DUE

Fatemi capire: se i magistrati, ascoltando una bobina, scoprono un nuovo potenziale reato, cosa dovrebbero fare? Ignorarlo? Far finta di nulla, pur di non ammettere che una nuova inchiesta ha preso origine da un intercettazione che riguardava un'inchiesta diversa che magari con quella nuova non c'entra nulla? Mi sembra assurdo.


TRE


Supponiamo che si voglia comunque dare un taglio al grande orecchio. Posto che la draconiana soluzione berlusconiana non va bene, quale altro metodo d'indagine e quale diverso sistema per scoprire nuovi reati Cruciani suggerisce con l'intento salvaguardare maggiormente la privacy dei cittadini? Delazione? Perquisizioni continue? Pedinamenti a campione? Queste medicine alternative sono forse più morali, più etiche, più riguardosi dell'intimità dei cittadini? Ovviamente non è così.

Cruciani dice anche: certi reati, come la corruzione nella pubblica amministrazione, potrebbero subire una spontanea diminuzione se un'eventuale nuova legge favorisse la trasparenza tra politica e imprenditoria. Vero, lo sostengo anch'io, ma questo principio non è applicabile a tutti i reati e comunque non sposta di una virgola la conclusione del mio ragionamento: pur riconoscendo che le intercettazioni siano uno strumento invasivo, la formidabile potenza repressiva, nei confronti del crimine, di tale strumento è a irrinunciabile.

Le intercettazioni sono un male, sì, ma ad oggi sono, purtroppo, una piaga necessaria per combattere una piaga ancora peggiore.

venerdì 19 dicembre 2008

L'obiettore di coscienza

Ho trovato azzeccatissima la definizione, molto ironica, che l'ascoltatore Nicola da Ferrara, durante la Zanzara di ieri, ha dato di Maurizio Sacconi, ministro del Welfare e della Salute: obiettore di coscienza.

Il riferimento è alla vicenda di Eluana Englaro, che nei giorni scorsi avrebbe dovuto essere trasferita nella clinica friulana "Città di Udine", resasi disponibile ad accogliere la ragazza nel suo ultimo viaggio, così come autorizzato dalla Corte di Cassazione dopo una lunga battaglia giudiziaria.

Come noto, Sacconi, per bloccare il compimento delle operazioni, ha inviato a tutte le regioni un atto di indirizzo con il quale la sospensione dell'alimentazione artificiale dei pazienti in stato vegetativo permanente veniva giudicata non in linea con l'orientamento del servizio sanitario nazionale, ventilando "conseguenze" per chi avesse mancato di rispettare la direttiva.

L'ascoltatore Nicola era profondamente indignato con Sacconi, e a mio avviso ne aveva ben donde. Forse, però, Nicola ha commesso l'errore di concentrare troppo la sua disamina sul tema dell'insufficiente livello di laicità dello stato, un argomento che Giuseppe Cruciani, al contrario di me, non considera fondato. Come conseguenza, Cruciani, pur ritenendo che la sentenza della Cassazione debba trovare applicazione, e quindi, implicitamente, disapprovando l'iniziativa di Sacconi, alla fine si è ritrovato a difendere il ministro dall'idea che egli sia mosso da ideologie clericali.

Non ho gradito, lo voglio dire. Secondo me non c'è nulla da difendere. Sacconi è da prendere, metaforicamente parlando, a bastonate sulle gengive.

Va bene, lasciamo perdere l'ideologia clericale. Il punto è un altro: qui abbiamo un ministro della Repubblica, che, di fronte ad una sentenza definitiva e inoppugnabile della Corte di Cassazione, obietta, “resiste”, è approfitta del suo ruolo per frapporre ostacoli all'interruzione dell'alimentazione forzata. Non importa che Sacconi abbia agito in quanto fervente cattolico o in base al suo personale insieme di valori. Rimane il fatto che il comportamento del ministro Sacconi non è etico, non è professionale, non è istituzionale. Per non parlare dell'ipocrisia di inviare una direttiva a tutte le regioni, e non solo al Friuli, come se la sua iniziativa non fosse da collegare strettamente al caso Eluana.

Capiamoci. Io non discuto la legittimità delle idee e delle opinioni di Sacconi, così come quelle del mondo cattolico, di Giuliano Ferrara, e di molti altri cittadini. Ma se Sacconi voleva manifestare il suo dissenso, poteva scrivere una lettera aperta, poteva accendere un cero sul davanzale della sua finestra, poteva iniziare un simbolico sciopero della fame e della sete "stile Pannella", o poteva dar luogo ad un qualunque altro atto dimostrativo più o meno eclatante (ad esempio dimettersi) volto a "smuovere la coscienze".

La sola cosa che Sacconi non poteva fare era sfruttare la sua posizione, il suo ruolo, per interferire con una sentenza inoppugnabile della Cassazione, arrivando addirittura, stando alle parole dell'amministratore della clinica "Città di Udine", a lanciare intimidazioni, minacciando velatamente la revoca della convenzione con il servizio sanitario nazionale. E' un'ingerenza inqualificabile, che non trova giustificazione alcuna. Non arrivo a definire, come hanno fatto i radicali, l'atteggiamento del ministro “violenza privata”. E non voglio parlare di "atto evesivo", come fanno i socialisti. Però una feroce critica per abuso di potere ci sta tutta.

Il nocciolo della questione, per concludere, è che un ministro, quale membro del governo, rappresenta il potere esecutivo. Il suo ruolo è far eseguire le leggi. Non può porsi come un'autorità in campo etico. Come scrive giustamente, sull'Unità di oggi, l'avvocato della famiglia Englaro Vittorio Angiolini, su temi etici l'opinione del ministro Sacconi vale come quella di qualunque altro cittadino, e nessun cittadino può arrogarsi la facoltà di tradurre il proprio codice etico in regole di diritto.

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Near, far, wherever you are
I believe that the heart does go on
Once more you open the door
And you're here in my heart
And my heart will go on and on

You're here, there's nothing i fear,
And i know that my heart will go on
We'll stay forever this way
You are safe in my heart
And my heart will go on and on


(Celine Dion - My Heart Will Go On)

giovedì 18 dicembre 2008

Quando piove, diluvia

Quando piove, diluvia. Questo sarebbe stato il titolo perfetto per la Zanzara di ieri, dopo il "piovono pietre" del giorno precedente, anziché l'oscuro "voci da un altro mondo" proposto da Giuseppe Cruciani.

Dopo gli ultimi arresti a Napoli, la giunta del sindaco Jervolino è di nuovo nella bufera. Cruciani ha ribadito il suo atteggiamento garantista, dicendo che il sindaco di Napoli, finché non è “personalmente e pesantemente” interessata dall’inchiesta, fa bene a “resistere” e a non dimettersi, portando a scadenza il suo mandato. Io non lo so ha ragione, non ho un'idea precisa in merito. Però di sicuro il Cruciani di questi giorni fa una miglior figura, in termini di coerenza, rispetto a tanti garantisti unidirezionali alla Maurizio Belpietro (intervenuto ieri, pro dimissioni).

Il conduttore della Zanzara ha poi ribadito anche un altro concetto, già espresso in precedenti occasioni, che man mano che ci rifletto trovo sempre più sensato. Gestire una città (o una provincia, o una regione, ecc) cercando, senza infrangere nessuna legge, di far qualcosa di più del minimo indispensabile e dell'ordinaria amministrazione, è praticamente impossibile. Se un sindaco giudica produttivo per la città (e non per le proprie tasche) stringere accordi con imprenditori privati perché non lo deve poter fare alla luce del sole, in modo trasparente? Perché si deve nascondere? Gli elettori, a fine mandato, saranno giudici del suo operato.

Un po' mi duole dirlo, ma devo confessare che Piero Ostellino, un solone con cui sono quasi sempre in disaccordo, a mio avviso ha parlato bene su questo tema nel suo intervento durante la Zanzara di martedì. Ci sono troppe leggi, e il ministro per la semplificazione normativa, Calderoli, anziché cancellare le norme desuete, non più applicate o applicabili, che paradossalmente non fanno danno proprio perché inutili, dovrebbe invece concentrarsi sulle norme che paralizzano gli enti locali intralciando una proficua amministrazione.

Attenzione, giusto per capirsi: qui non si sta parlando di legalizzare le tangenti, ci mancherebbe. Corruzione e concussione sono reati gravissimi che non vanno "sdoganati". Si sta invece parlando di trasparenza, si semplificazione, di snellimento della macchina amministrativa. Una di quelle riforme che il PD dovrebbe studiare e proporre nell'ambito di quell’opposizione costruttiva e riformista preannunciata a seguito delle elezioni politiche dello scorso aprile.

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Prima di chiudere, vorrei dire due parole sullo "sciopero dell'ananas" proposto dal ministro dell'agricoltura Luca Zaia, il quale desidera privilegiare i prodotti dell’agricoltura italiana. Cruciani l'ha messa sul ridere, ma io vorrei far notare che se tutti i paesi del mondo seguissero un approccio autarchico, l'Italia non esporterebbe più neanche una bottiglia di vino (o un paio di scarpe, o quel che vi pare).

Per ogni ananas importato in Italia, quanti chili di mele golden della Val di Non vengono esportati? Cosa penserebbe Zaia se, per ipotesi, il ministro dell'agricoltura di uno stato estero incoraggiasse uno sciopero contro le nostre mele del Trentino?

Quando la finiremo con questa mentalità provinciale?

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Di canzoni che parlano di pioggia ce n'è un'infinità, ma, come sigla finale del post di oggi, ho scelto un vecchio classico, "Have you ever seen the rain", dei Creedence Clearwater Revival.




I want to know, have you ever seen the rain?
I want to know, have you ever seen the rain
Comin down on a sunny day?

mercoledì 17 dicembre 2008

Piovono pietre

Piovono pietre” sul Partito Democratico, osservava Giuseppe Cruciani alla Zanzara di ieri. Inchieste giudiziarie, arresti, batoste elettorali. Non ne va dritta una al povero Veltroni, che ormai più che il leader del PD sembra un rapinatore asserragliato in una banca con un pugno di ostaggi, con Di Pietro che da fuori gli urla nel megafono “vieni fuori con le mani alzate”.

Cruciani ha anche ironizzato sulle lamentele di Veltroni relativamente al fatto che Berlusconi usa gli eccessi verbali Di Pietro per offrire all'elettorato l'immagine di u'’opposizione tutt'altro che riformista e socialdemocratica. Veltroni ha ragione, è la pura verità (e anche la Zanzara, che pur non è mossa dal cavaliere burattinaio, ha le sue "colpe" in tal senso), ma tutto sommato ciò fa parte del grande gioco della politica. Anche da sinistra si è sempre praticata la stessa arte, dando ogni volta grande rilevanza alle sparate di Bossi e degli altri leghisti.

Rimanendo sul tema del PD, le rassegne stampa di oggi sono stracolme di analisi sulla situazione del partito di Veltroni. Tre le più azzeccate, a mio avviso, c'è quella di Lucia Annunziata sulla Stampa. Ne cito un passo significativo.

Nulla di quello che il Pd ha fatto appare ancora sufficiente a recuperare la fiducia della base. Di questo si fa forte Di Pietro: della sua fedeltà ai magistrati, dei suoi modi e apparenze da leader totalmente fuori dalle modalità della classe dirigente, con la sua parlata grezza, le semplificazioni, i pronunciamenti senza mediazioni. E a questo deve stare attento il Pd: l’ex magistrato è un leader che il popolo della sinistra può condividere o meno, ma che capisce meglio di quanto capisca tutti loro.
Più che litigare su come liberarsene (o su come liberarsi dei propri nemici con la scusa di Di Pietro), i dirigenti del Partito democratico farebbero bene a chiarire innanzitutto a se stessi cosa intendono fare sui temi che Di Pietro rappresenta.

Gli stessi concetti sono espressi da Stefano Folli sul Sole 24 Ore. Cito:

Porre il nodo dell'alleanza con Di Pietro significa fermarsi solo un attimo prima della sfiducia al segretario. Forse la verità è semplice: quello che il Pd dovrebbe fare, prima di preoccuparsi di Di Pietro, è avere le idee chiare sull'economia, sulla giustizia, sul rinnovamento delle istituzioni. E perseguire una linea innovativa, non demagogica, con o senza l'apporto dell'ex magistrato.

Concordo totalmente con Folli e l'Annunziata. Può anche darsi che l'alleanza con l'IdV non sia più proponibile in future elezioni, ma rompere con Di Pietro non può essere la panacea di tutti i mali del PD, come alcuni sembrano voler credere (Follini, per dirne uno). Va bene, si molli pure Di Pietro. E poi?

C'è una inadeguatezza di fondo che sta uccidendo il neonato PD senza che questo sia mai sceso dalla culla. Serve un forte rinnovamento, è chiaro, ma, più di ogni altra cosa, al PD servono tante tante tante buone idee su come riformare questo paese. E quando parlo di idee intendo proposte precise, concrete, messe nero su bianco.

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"Piovono pietre" è il titolo di un bel film del regista inglese Ken Loach.


Piovono pietrew

martedì 16 dicembre 2008

Don't drink and drive

Due gli argomenti maggiormente dibattuti alla Zanzara di ieri: l'opinione di Brunetta secondo cui l'età pensionabile delle donne andrebbe equiparata a quella degli uomini, e la proposta di legge in esame alla Camera in base alla quale l'alcolemia consentita per chi è alla guida di un autoveicolo verrebbe ridotta ad un valore prossimo allo zero.

Giuseppe Cruciani, pur manifestando pessimismo sia sulla reale volontà di governo e parlamento di affrontare questi temi, sia sui tempi che saranno eventualmente necessari, ha dichiarato di vedere con favore entrambe le proposte, e io, in questa occasione, concordo in pieno.

Partiamo dalle pensioni. Quella di Brunetta è, per dirla alla Cruciani, “un'idea di buon senso”, non solo per eliminare una medievale diversificazione tra uomo e donna, ma soprattutto per una più mera questione di bilancio. La spesa pensionistica che lo stato italiano deve sostenere ogni anno è spaventosa, non del tutto sotto controllo, e non ci si può semplicemente voltare dall'altra parte e far finta di nulla. Se devo dirla tutta, io riprisitinerei seduta stante lo scalone Maroni.

Bisogna guardare in faccia la realtà: sul tema pensioni, senza che nessuno se ne accorga, è in corso un'autentica battaglia tra generazioni. Una battaglia che vede nettamente sconfitti coloro che oggi sono giovani, i quali non afferrano di rischiare seriamente di non vedersi garantita una pensione pubblica né per loro stessi, né per i loro futuri figli, né per i loro futuri nipoti.

E' vero che allungare l'età pensionabile può in parte ritardare l'ingresso nel lavoro dei giovani, ed è vero che le aziende oggi, in molti casi, non considerano i "veterani" come risorse proficue. Sono argomenti seri che vanno affrontati, ma che non possono diventare essere alibi per non toccare nulla nel sistema pensionistico, a danno delle generazioni future.

Passiamo ora al tema del tasso alcolico. Premesso che si sta parlando ovviamente di persone che devono mettersi alla guida di un veicolo, e non in termini assoluti, io la penso così: il confine che separa il bere un solo bicchiere di vino (o altro) dal berne due, o tre, o più, è labile; il confine che separa il bere dal non bere, invece, è forte.

Mi spiego meglio con un diverso esempio. Prendiamo le sigarette. Se la legge antifumo, anziché proibire il fumo nei ristoranti, autorizzasse, per assurdo, una sigaretta a testa, verrebbe rispettata? Sicuramente no. E' una questione psicologica: se una persona sa che la legge lo autorizza a bere "un po', ma non troppo", beve, e magari, senza rendersene conto, beve troppo. L'effetto dissuasivo è debole, sembra più un consiglio che una regola. Se invece uno sa che, per legge, prima di guidare non può bere neanche un goccio, non beve, punto e basta. L'effetto dissuasivo è forte.

Insomma, così come per il fumo nei locali pubblici, non ci si può seriamente aspettare che la cultura del "don't drink and drive" venga adottata spontaneamente dai cittadini a suon di consigli e pubblicità progresso. L'esperienza insegna che tale cultura va imposta. E' triste dirlo, perché tutto ciò ha un sapore vagamente reazionario, ma è così. E lo dico a malincuore, sia chiaro.

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E' morto l'attore Horst Tappert, il mitico Ispettore Derrick, che è stato per anni un mio appuntamento fisso su RaiDue, ogni giorno, dopo Sport Sera e prima del TG2 delle 19:45. Riposi in pace.




lunedì 15 dicembre 2008

Non può piovere per sempre

C'era un tempo in cui i fiumi straripavano. Un giorno, all'improvviso, cominciarono a tracimare. Ultimamente, invece, i fiumi esondano.

Questa nota linguistica è quanto di più interessante mia sia saltato alla mente mentre venerdì scorso ascoltavo, piuttosto annoiato, la Zanzara scivolare via indolente insieme alle acque del Tevere la cui piena, dovuta alle incessanti piogge, ha dominato la scena di tutti i telegiornali e giornali radio. Anche la trasmissione di Cruciani ha dedicato tantissimo spazio a questa vicenda, scontentando una buona parte di quegli ascoltatori non romani che non trovavano così interessate né conoscere il livello dell'acqua al ponte Milvio, né approfondire le beghe politiche locali tra Alemanno e Rutelli.

Rimarrebbe da commentare la dichiarazione di Berlusconi secondo il quale votare per Di Pietro sarebbe "un'abiezione morale" (testuale), ma ormai, per quel che mi riguarda è come sparare sulla croce rossa.

Cruciani se l'è cavata osservando che Berlusconi, con questa frase, si è messo sullo stesso piano di Di Pietro, ma a me sembra un po' poco. Come sempre con Berlusconi Cruciani ci è andato leggero. E' come se Bush, dopo aver schivato le scarpe che un giornalista iracheno gli ha lanciato addosso (video) durante una conferenza stampa ieri a Baghdad, le avesse raccolte e scaraventate indietro al mittente. Inconcepibile. Il ruolo istituzionale esige moderazione verbale, che lo statista per caso Berlusconi, schiavo del suo ego, non ha e non avrà mai.

Ma tutto questo un giorno dovrà pur finire. Non può piovere per sempre.

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"Non può piovere per sempre" è una famosa battuta del film "Il Corvo". Eccola.




venerdì 12 dicembre 2008

Corrispondenza d'amorosi sensi

Tre argomenti mi hanno colpito durante la Zanzara di ieri. Andiamo con ordine.

VESPA

Giuseppe Cruciani ci ha fatto sentire uno spezzone audio in cui Silvio Berlusconi e Bruno Vespa fanno comunella durante la presentazione del nuovo libro del conduttore di Porta a porta. Una "corrispondenza d'amorosi sensi", come l'ha definita ironicamente Cruciani, citando i Sepolcri del Foscolo.

Ma come può presentarsi al pubblico come libero e indipendente un anchorman che mantiene un tale rapporto di vicinanza con un leader politico? Magari poi lo è davvero, libero e indipendente, ma io cittadino che lo vedo flirtare con Berlusocni che cosa devo pensare? Non so, non capisco, a me non sembra normale. Non che Vespa infranga alcuna legge, sia chiaro, ma io ci vedo una clamorosa carenza di etica professionale.

Per capirsi: voi vi fidereste dei consigli di un critico culinario che accetta regali da un famoso ristoratore? Oppure comprereste una rivista di automobili avente stretti legami, slegati dalla semplice pubblicità, con una delle maggiori case automobilistiche?


SORU

Se davvero, come ha fatto notare ieri Cruciani leggendo stralci di articoli tratti da Libero e dal Riformista, esiste nello statuto del PD una norma che impedirebbe a Renato Soru, in quanto proprietario di una testata giornalistica, l'Unità, di candidarsi ad una carica pubblica, ebbene, ciò rappresenterebbe l'ennesima autolesioniostica follia del PD.

Sì, una follia, perché il problema di insufficiente pluralismo non sorge dal possesso di un giornale o di una TV, ma dall'eventuale concentrazione. Se Berlusconi, dei sette network nazionali esitenti, ne possedesse uno solo, non ci sarebbe nulla da ridire. Invece ne ha tre, e di altre tre può potenzialmente esercitare forme di controllo e pressione. C'è una bella differenza con il detenere la proprietà di un solo giornale tra le decine e decine di testate nazionali esistenti.


CASCINI

Ieri Cruciani ha intervistato Giuseppe Cascini, segretario dell'ANM, sul tema delle intercettazioni telefoniche e ambientali, Cascini, che giudico persona estremamente seria e moderata, oltre che dotata di ragionevolezza e buon senso, ha spiegato in modo secondo me molto convincente che limitare la possibilità di intercettazione avrà effetti negativi sulla lotta alla mafia.

In realtà sarebbe stato più molto interessante parlare della riforma costituzionale dell'ordinamento giudiziario, ventilata da Berlusconi. In una bella intervista rilasciata da Cascini a Giuseppe D'Avanzo, pubblicata da Repubblica l'11 dicembre, Cascini spiega perché non vede di buon occhio le modifiche costituzionali pensate dal governo Berlusconi. Non è invece chiaro quali siano le sue proposte di riforma. Con D'Avanzo, Cascini sul tema è stato un po' vago. Cruciani ieri poteva sfruttare l’occasione per incalzare il segretario dell'ANM e verificarne l'eventuale reticenza.

Sempre sul tema riforma della giustizia, ho letto un po' di articoli nelle rassegna stampa. Mi ha colpito l'editoriale di Antonio Polito, sul Riformista di oggi. Polito sostiene che la riforma Berlusconi è pur sempre meglio di nessuna riforma, tenendo conto che se viene modificata la costituzione, l'ultima parola, in assenza di maggioranze qualificate in parlamento, spetterebbe comunque al popolo sovrano tramite referendum. Concetto interessante, anche se debole e non del tutto convincente: ragionando allo stesso modo, ma in senso inverso, si potrebbe facilmente replicare che nessuna riforma è meglio di una pessima riforma.

Mi ha invece convinto l'articolo del giurista Vittorio Grevi, sul Corriere di ieri. Grevi fa notare che la riforma Berlusconi intaccherebbe (non per forza in modo negativo) l'ordinamento giudiziario come potere, ma non andrebbe ad incidere seriamente sulle problematiche più immediate (durata dei processi in primis) legate al funzionamento della macchina processuale, problematiche che potrebbero benissimo essere affrontate con leggi ordinarie condivise nell'ambito di un sereno dibattito tra tutti gli attori coinvolti.

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Sigla! The Cure, "Love song".




However far away, I will always love you
However long I stay, I will always love you
Whatever words I say, I will always love you

I will always love you


giovedì 11 dicembre 2008

Cioccolatini

Se io fossi in Antonio Di Pietro, manderei a Cruciani dieci scatole di cioccolatini, per ringraziarlo di tutta la pubblicità che mi sta facendo, e di tutti i voti che fa guadagnare all'IdV (ovviamente trattasi di voti in uscita dal PD).

La Zanzara di ieri è stata praticamente monografica, dedicata integralmente all'ex PM per via di alcune dichiarazioni in piena indole dipietrista, poco formali nello stile ma molto efficaci da un punta di vista comunicativo, rilasciate da Di Pietro a Gian Antonio Stella durante un'intervista radiofonica.

Lo stesso Cruciani ha dato il voto massimo alle capacità comunicative di Di Pietro. In realtà, questi elogi, per quanto sinceri, non hanno fatto venir meno la patina canzonatoria (ormai è un cliché) con cui il conduttore della Zanzara è solito commentare qualunque cosa Di Pietro dica. Secondo Cruciani, Di Pietro più che un politico, è uno showman che fa cabaret: quello che dice importa poco (tanto son sempre stupidaggini), anche se lo dice benissimo. E vabbè.

Per la cronaca, Di Pietro, nell'intervista a Stella, tra una battuta e l'altra (geniale, però, il sussurro con cui ha risposto a Stella che gli chiedeva se i suoi toni non fossero troppo alti) ha fatto dei paragoni tra l'Italia e gli Usa riguardo all'atteggiamento della politica verso il potere giudiziario, citando il recente arresto del governatore dell'Illinois, avvenuto in seguito ad un'indagine basata anche su intercettazioni telefoniche. Il messaggio di Di Pietro in sostanza era: negli Usa il potere giudiziario è forte, ma nessuno si sogna di sospettare recondite finalità politiche nell'azione dei prosecutor americani.

Cruciani ha ovviamente disapprovato, osservando che ogni paragone tra Italia e Usa è improprio, essendo i sistemi giudiziari nei due paesi profondamente diversi tra loro. L'argomento era interessante, ed in parte è stato affrontato con l'intervento del corrispondente della Stampa Maurizio Molinari, ma non si è venuto a capo della vera questione: okay, il sistema americano è diverso, ma in cosa, esattamente è migliore quello italiano? In un'ipotetica riforma della giustizia, cosa potremmo copiare dagli americani per avere un sistema giudiziario efficiente e scevro da conflitti con il potere esecutivo? Non si è capito.

A occhio, i possibili cambiamenti principali sono due: separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti e gerarchizzazione del potere giudiziario rispetto al potere esecutivo. Io non domino abbastanza la materia per fare commenti con cognizione di causa, ma mi sento di dire che mentre il primo punto sembra avere molto senso, il secondo lascia perplessi. L'indipendenza tra i poteri dello stato, se è vero che da un lato può essere foriera di conflitti, dall’altro è un principio basilare che funge da scudo a difesa della democrazia. Non sono certo di volerci rinunciare, a tale scudo.

Un'ultima considerazione: che la giustizia vada riformata, se non altro per renderla più rapida, è poco ma sicuro. Quel che lascia perplessi è che a rendersi promotore della riforma sia Silvio Berlusconi, un personaggio che negli ultimi anni è stato coinvolto in numerose vicende giudiziare e che pertanto non garantisce di poter trattare la materia con la dovuta obiettività. Se volete, è una variante dell'eterno conflitto di interesse, una maledizione di cui spero l'Italia possa liberarsi per sempre nell'anno del signore 2013.

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Perché non accompagnare i cioccolatini con una bella canzone? Dido, "Thank you".




I want to thank you
for giving me the best day of my life
Oh just to be with you
is having the best day of my life


mercoledì 10 dicembre 2008

A volte ritornano

Avete presente l'opinione di Giuseppe Cruciani riguardo agli ex-terroristi che rilasciano allegramente interviste, che partecipano, in qualità di oratori, a convegni, che tengono discorsi e "danno lezione" nelle università, eccetera?

Se non l'avete presente, vi vengo io in soccorso. L'opinione di Cruciani si può riassumere così: “Ma se ne stessero zitti, almeno per dignità”.

Ecco, con le dovute proporzioni (non stiamo parlando di criminali violenti), questo è esattamente il sentimento che ho provato nell'ascoltare, sul tema della famigerata questione morale, l'intervento in diretta, alla Zanzara di ieri, di Gianni De Michelis e di alcuni stralci, letti da Cruciani, di un'intervista di Rino Formica.

A volte ritornano


A volte ritornano… Fantasmi di un passato, zombie, vampiri che sembrano non voler rassegnarsi al fatto di essere storia, rivendicando meriti e ragioni che esistono solo nel mondo immaginario che essi stessi si sono creati, una realtà virtuale dove si credono eroi incompresi e perseguitati, senza motivo, da un esercito di malvagi sanguinari.

Di fronte a tutto ciò, non so davvero se ridere o piangere… Ma ad ogni modo credo sia il caso di cominciare a fabbricare qualche paletto di frassino. Appuntito.

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Prima di chiudere, giusto una considerazione sulle parole di Antonio Polito fatte ascoltare alla Zanzara di ieri. Polito ha detto che la vera questione morale è legata al fatto che i partiti, incredibilmente, non devono rendere conto a nessuno di come usano i generosi contributi in denaro elargiti dalla legge sul finanziamento pubblico.

Ma buongiorno, Polito! Ben svegliato! Caffé? Brioche? Lo sa che diversi suoi colleghi queste cose le dicono da anni?

martedì 9 dicembre 2008

Morale della favola

Interessante la valutazione che ha dato Giuseppe Cruciani, alla Zanzara di ieri, sulla cosiddetta questione morale della quale in questi giorni si fa un gran parlare, relativamente al Partito Democratico: per dirla con due parole, la questione morale “non esiste”.

Se a Firenze o altrove alcuni amministratori locali hanno infranto la legge, sarà la magistratura a verificarlo. Ma è un dato di fatto che in Italia (riassumo le parole di Cruciani) “ci sono difficoltà enormi ad amministrare le città. E complicatissimo dar via, in modo del tutto trasparente, ad importanti opere pubbliche. La burocrazia infinita ha come effetto che, per poter procedere, alcune regole debbano venire infrante”.

Quindi ammesso e non concesso che qualcosa di non trasparente sia avvenuto, ciò non implica necessariamente disonestà, avidità e malafede.

Credo che queste parole siano molto coerenti con l'atteggiamento iper-garantista che Cruciani ha sempre tenuto, facendone un proprio punto fermo. Altri pseudo-garantisti unilaterali da quattro soldi, invece, non hanno perso l'occasione per sfruttare politicamente la cosiddetta "Tangentopoli del PD".

Ciò detto, vorrei condividere con voi alcune considerazioni:

1) E' sicuramente vero in passato che la sinistra, tifando aprioristicamente per i giudici e dando per scontate colpe che poi non sono state accertate, ha marciato molto sulla (im)moralità delle altri parti politiche, senza curarsi molto della propria. Però, ciò non significa che quanto sta accadendo in questi giorni sia anche solo lontanamente paragonabile alla stagione di Mani Pulite dei primi anni '90. Come dalle vicende di questi giorni possa derivare l'obbligo di una riabilitazione morale di Craxi da parte della sinistra solo Capezzone lo sa.

2) Accettando l'assioma, non privo di senso, in base al quale a volte infrangere le regole è necessario per il bene comune, senza alcun intento provocatorio mi chiedo: dove va messa l’asticella? Chi decide se lo strappo alla regola è giusto o no? Io non so rispondere, se non banalmente, che prima di infrangere le regole bisognerebbe provare a cambiarle.

3) Come si concilia, esattamente, la recente apertura di inchieste a carico di amministratori del PD con l'ipotesi di una magistratura politicizzata e schierata che si concentra sistematicamente sul polo berlusconiano? Che fine ha fatto il famoso complotto?

4) Il quotidiano sinistroide Repubblica è quello più attivo sul fronte dell'inchiesta di Firenze. Il sindaco Leonardo Domenici (che è del PD) si è così risentito che, per protesta, si è incatenato ai cancelli della sede di Roma del quotidiano (gesto peraltro criticato da Cruciani per la sua incomprensibile platealità). Ora, io non so se Repubblica abbia o no calcato troppo la mano, ma trovo sia un punto forte della nostra democrazia che il quotidiano più venduto d'Italia non si sia trattenuto nel dare risalto ad un'inchiesta che tocca la parte politica ad esso più vicina. Riuscite anche solo ad immaginare il quotidiano "dell'altra sponda" di maggior successo (Il Giornale) fare lo stesso?

venerdì 5 dicembre 2008

Don't worry, be happy

Quiz: chi era quel simpatico vecchietto che, in uno spot televisivo di qualche anno fa, strillava in un telefonino “Gianni! L'ottimismo non può morire, è il profumo della vita”?

E' stata questa l'immagine che mi ha invaso la mente, mentre alla Zanzara Giuseppe Cruciani chiedeva agli ascoltatori di dire se a loro avviso Silvio Berlusconi facesse bene a sostenere che i media dovrebbero infondere più ottimismo nel paese, in modo che i cittadini non riducano i consumi originando un circolo vizioso a danno dell'economia del paese.

Risposta al quiz: era il poeta Tonino Guerra. Ma oggi, ad urlare quello stesso slogan, magari nelle orecchie del povero Gianni Letta, potrebbe benissimo essere il nostro beneamato cavaliere.

Ma vi rendete conto con chi abbiamo a che fare? Con un venditore di sogni, ecco con chi. Siete tristi? Temete per il posto di lavoro? Il valore dei vostri investimenti si è dimezzato? Compratevi un televisore al plasma (se siete uomini), o quattordici paia di scarpe (se siete donne), e starete subito meglio. Alla fine, la morale è questa.

Cruciani ha poi ironizzato sul fatto che Berlusconi farebbe bene a guardarsi, in prima battuta, dai suoi stessi ministri, in riferimento alla recente uscita di Maurizio Sacconi, incauta nei toni ma non del tutto priva di fondamento, su un potenziale rischio bancarotta stile Argentina.

In realtà, lo stesso Giulio Tremonti, colui che secondi alcuni è il vero burattinaio che tira i fili di questo governo, solo pochi mesi fa non ci andava tanto leggero con le sue esternazioni. Ad esempio, il 15 luglio il ministro dell'economia dichiarava: “Qui nessuno si rende conto di quello che sta succedendo. Siamo di fronte ad una crisi economica profonda. Metà del sistema bancario americano è stato nazionalizzato. Invece da noi c’è gente che ancora non vuole capire la gravità di quello che sta avvenendo.

Alla faccia dell'ottimismo… Ma sapete cosa vi dico? Io non desidero che la realtà mi venga addolcita con lo zucchero filato. Preferisco mille volte chi presenta le cose come stanno, senza indorarle con l'approccio "don't worry be happy".

Per capirsi: se in un mondo immaginario, senza voler augurare sciagure, Berlusconi magicamente "scomparisse", e Tremonti subentrasse come leader del governo, io proverei all'improvviso la sensazione di vivere in un paese un po' più normale.

Non fraintendete, non voglio fare l'apologia di Tremonti. Tanti suoi errori del passato rimangono imperdonabili, ma da quando è diventato un "superpentito" (stupenda definizione, non mia) l'immagine di lui come ipotetico leader del centro-destra non mi sembra così abominevole.

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Prima di chiudere, vorrei commentare anche l'intervento in diretta, ieri, del vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini. Egli ha fatto una considerazione interessante sul concetto di "democrazia illiberale": non è in discussione la legittimità e la democraticità dell’attuale presidente del consiglio, ma, secondo Giannini, ciò non toglie che Berlusconi abbia assunto “tendenze vagamente illiberali” che è giusto rilevare.

Si percepiva dai sospiri come Cruciani disapprovasse, ma le argomentazioni di Giannini erano talmente solide che, per il conduttore della Zanzara, replicare in modo convincente sarebbe stato particolarmente arduo (tanto che ci ha rinunciato!), a differenza di quanto accade con Di Pietro, ad esempio quando questi paragona Berlusconi a Videla.

Sì, mi è davvero piaciuto, Giannini. Tanto che ho deciso di pubblicare il frammento audio col suo intervento integrale.




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Scontatissimo il contributo multimediale del giorno. Bobby McFerrin, "Don't worry, be happy". Cominciate pure a fischiettare.





In every life we have some trouble
When you worry you make it double
Don't worry, be happy...

giovedì 4 dicembre 2008

Piccoli passi avanti

Zanzara di ieri, ore 18:38.

Cruciani: “Tremonti ha eliminato la retroattività. Ciò non toglie che, per il futuro, rimane la stretta del governo che nel nostro piccolo riteniamo sbagliata, perché le detrazioni sulle ristrutturazione a risparmio energetico sono giuste, fanno bene all’economia, alle entrate, e, soprattutto, fanno bene all'ambiente.

Wow, il Cruciani ecologista ancora mi mancava. Segno una tacca a suo favore.

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Ore 18:41 e ore 19:25.

Ancora Cruciani, sulla vicenda Iva-Sky, come ha ben evidenziato Lucia Annunziata a Ballarò, il punto centrale, il punto vero, checché ne dica Berlusconi, è il conflitto di interesse”.

Mi è piaciuto quel "checché ne dica Berlusconi". Rispetto alle volte in cui Cruciani diceva che il conflitto di interesse è stato risolto dagli elettori e che dopo 15 anni e cinque tornate elettorali si può parlare d’altro, mi sembra un piccolo piccolo piccolo piccolissimo passo avanti. Niente tacca a favore però. Quella gliela darò quando Cruciani dirà senza perifrasi, chiaro e tondo, la seguente frase: come sarebbe bello, idealmente, avere un leader diverso per il polo conservatore; uno che possa svolgere l’azione di governo senza suscitare alcun sospetto.

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Ore 19:29.

Sempre Cruciani, sul tema Vaticano-Onu-omosessualità: “C’è un argomento molto forte contro la posizione della Santa Sede. Il Vaticano sarebbe d’accordo a introdurre il reato di omosessualità in paesi dove non c’è, come l’Italia? Ovviamente no, e allora non si vede perché la mozione francese non debba essere firmata anche dal Vaticano”.

Insomma, dopo un po' di tentennamenti Cruciani ha preso su questo tema una posizione definitiva che, inutile dirlo, è pienamente condivisa dall'autore di questo blog. Tacca a favore.

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Quanto sopra per me è stato sufficiente a farmi spegnere la radio alle 20:44 un po' più rilassato del solito.

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Contributo multimediale: se vi piacciono le favole ecologiste, vi consiglio lo straordinario film d'animazione Happy Feet. Qui di seguito travate la scena fantastica in cui i pinguini cantano Boogie Wonderland degli Earth Wind & Fire.




mercoledì 3 dicembre 2008

Vivere nel dubbio

Bella Zanzara corale, quella di ieri, con moltissimi temi e tutti interessanti. Non capita spesso. Su alcuni di tali temi ho voglia di dire due parole. Andiamo con ordine.


IVA SKY

Tremonti ha chiarito come l'innalzamento dell'Iva per SKY nasca in conseguenza di una richiesta dell'Unione Europea, a cui già il governo Prodi, poco prima di cadere, aveva risposto impegnandosi ad operare un allineamento delle aliquote per tutte le pay-tv.

Benissimo. Tuttavia, ciò non cambia di una virgola la questione di fondo. Come ho scritto ieri, sebbene non sia di per sé assurdo l'innalzamento dell’iva per Sky, è imbarazzante il fatto che sia Berlusconi a promulgarlo. E lo è ancora di più se si tiene conto che la richiesta dell'Unione Europea è stata stimolata da un esposto di Mediaset, cosa che Giuseppe Cruciani si è dimenticato di far presente, come se fosse un dettaglio da nulla.


BLOCCO DELLE DETRAZIONI AL 55% PER RISTRUTTURAZIONI A RISPARMIO ENERGETICO

Questo tema, già dalla puntata di lunedì, è stato sollevato a gran voce "dal basso". Cruciani probabilmente non lo avrebbe affrontato di sua iniziativa, giudicandolo troppo tecnico. Fatto sta che comunque Cruciani, così come il suo collega Sebastiano "the voice" Barisoni, conduttore di Focus Economia, non ha mancato di prendere una posizione fortemente contraria a questo provvedimento, in particolar modo per via della retroattività, che penalizzerà chi ha già investito molti soldi contando sul recupero fiscale.

Piccolo aneddoto: mi è capitato di ascoltare anche l'inizio di Zapping, su Radio 1. Quando un ascoltatore ha citato, per primo, questa questione, Aldo Forbice è cascato dalle nuvole, non sapeva assolutamente di cosa si stesse parlando. Giuro. Ascoltate il podcast se non ci credete. Incredibile.


SUICIDIO NUGNES. COSSIGA: “MAGISTRATI ASSASSINI”

Ve li ricordate i commenti di Cruciani quando un operaio che aveva perso il lavoro si suicidò? A coloro che associarono, in modo un po' forzato, l'insano gesto alle leggi sul lavoro flessibile (o precario, se preferite), Cruciani rispose che si trattava di una “vergognosa operazione di sciacallaggio”. A Cossiga, che sul caso Nugnes ha compiuto un'operazione del tutto analoga, neanche un buffetto, almeno non in modo esplicito. Coerenza saltami addosso.


NO DEL VATICANO A DEPENALIZZAZIONE OMOSESSUALITA'

Cruciani, pur dando il suo personale appoggio alla mozione francese presso l'Onu sulla depenalizzazione universale dell'omosessualità, ha difeso le ragioni del vaticano (magari non condividendole, ma giudicandole comunque ammissibili), citando stralci di un'intervista di padre Lombardi al Giornale.

Domanda: qualcuno sa dove posso trovare il testo la mozione francese? (EDIT: LINK) Credo che una lettura integrale sia l'unico modo per verificare se davvero tale mozione, come sostiene padre Lombardi, introduce una dichiarazione di valore politico in base alla quale il fatto di non porre esattamente sullo stesso piano ogni orientamento sessuale, da parte degli stati, potrebbe configurarsi come una violazione dei diritti dell'uomo.

A me sembra un'interpretazione del tutto inverosimile, ma, ripeto, bisognerebbe controllare (Cruciani, ci sei?). Se Lombardi ha ragione, la posizione della chiesa sarebbe, a mio avviso, "solo" discutibile. Se invece non è così, la posizione vaticana diventerebbe invece abominevole, perché di fatto, suo malgrado (lo sottolineo: suo malgrado), il Vaticano si porrebbe al fianco degli stati boia che prevedono la pena si morte per i gay. Inutile girarci intorno, è così, come ha spiegato benissimo un brillante Alessandro Cecchi Paone nel suo intervento in diretta.

E' da segnalare come Cruciani, al termine dello scambio di vedute con Cecchi Paone, si è detto “quasi convinto” delle ragioni di quest'ultimo. A un ascoltatore che ironizzava su ciò, Cruciani ha risposto asserendo di “vivere nel dubbio”, di “avere una mente aperta, senza pregiudizi e paraocchi”, e ricordando come gli capiti a volte, di cambiare idea, anche nel lasso di una singola trasmissione.

Questa ammissione di fallibilità è una delle cose più mirabili che ho sentito pronunciare da Cruciani in anni di ascolto. Ne sono rimasto colpito molto positivamente, lo voglio dire, perché quello di Cruciani è un approccio che coincide con il mio. Mi piace citare spesso il poeta e saggista americano James Russell Lowell: solo i morti e i cretini non cambiano mai idea.

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Come contributo multimediale, vi offro "Apapaia", una delle migliori canzoni dei Litfiba, tratta dall'album 17 Re, del 1986.




Si può vincere una guerra in due
E forse anche da solo
E si può estrarre il cuore anche al più nero assassino
Ma è più difficile cambiare un'idea...


martedì 2 dicembre 2008

Satellite of love

Nonostante l'attualità di ieri offrisse moltissimi temi di interesse, Giuseppe Cruciani, durante l'overture della Zanzara, si è concentrato in special modo sul raddoppio dell'iva per le pay-tv satellitari (cioè SKY) prevista nel pacchetto anti-crisi del governo, ancora da approvare in parlamento.

Il conduttore della Zanzara ha fatto notare come, delle possibili critiche a questa iniziativa, ce ne siano in sostanza una piuttosto debole (la possibile penalizzazione per le famiglie) e una particolarmente forte (conflitto di interesse per Berlusconi).

Questa distinzione mi trova abbastanza d’accordo. Tuttavia, in base alla mia percezione, lo sforzo che Cruciani ha profuso per sminuire l'argomentazione debole è stato molto più intenso rispetto a quello per approfondire l'argomentazione forte, mentre secondo me si doveva procedere all'inverso.

Cruciani in sostanza ha detto: sì, c'è conflitto di interesse, però parlare di "attacco al reddito dele famiglie" è esagerato. La pay-tv non è un bene di prima necessità come può esserlo il pane. Certi commenti da parte dell'azienda SKY e da parte degli esponenti politici dell'opposizione sono strumentali, blah blah blah, ecc. ecc.

Il tema forte è stato di fatto occultato dal tema debole. "Occultato" non nel senso che è stato omesso, ma nel senso che non è stato approfondito, non è stato sviscerato. E' stato solo citato en passant, come uno scontato dettaglio marginale, di scarsa rilevanza per quanto effettivo.

Come dicevo poc'anzi, io avrei impostato il commento con un approccio esattamente opposto, e cioè: non è con l'aumento dell'iva per SKY che si mandano sul lastrico le famiglie, ma una volta stabilito ciò, che il proprietario del principale gruppo televisivo privato legiferi sul suo principale concorrente (RAI esclusa), andando oggettivamente ad intaccarne il fatturato, è inaudito. Inaudito.

Magari alzare l'iva per SKY può anche essere sensato (secondo me di questi tempi non lo è, ma non è questo il punto), ma non è ammissibile che sia Berlusconi a farlo. E' una questione di opportunità, se non di decenza.

Attenzione: io non voglio ergermi a paladino in difesa di SKY e del suo proprietario, l'iper-conservatore Rupert Murdoch. Direi lo stesso se stessimo parlando di aziende che producono automobili o scarpe. Però il fatto che l'ambito televisivo coinvolga materie così delicate come l'informazione e la raccolta pubblicitaria rende il tutto ancora più grave.

In una situazione del genere, parlare di "conflitto di interesse", quello che secondo Cruciani sarebbe stato “risolto dagli elettori”, è persino riduttivo. Qui c'è una (ennesima) dimostrazione empirica di come il cavaliere risulti "unfit to lead Italy", e che l'anomalia cagionata dal conflitto di interesse non può considerarsi neanche lontanamente "laterale", laddove viene meno la fiducia che il presidente del consiglio agisca unicamente per il bene comune.

Prevedo la facile risposta a questa osservazione: la maggioranza degli italiani dice che va bene così. Certo, m'inchino di fronte a ciò, riconosco in Silvio Berlusconi il mio presidente del consiglio e non ne discuto la formale legittimità. Però rivendico con forza il diritto ad urlare il mio fastidio, il mio disagio, il mio avvilimento, nell'avere alla guida del mio paese un personaggio che in innumerevoli circostanze ha dimostrato di essere mosso prevalentemente da questioni personali e al quale mi è impossibile concedere la benché minima fiducia.

- Fatto?

- Sì, ho fatto, si figuri.

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Essendomi giocato pochi giorni fa, senza volere, il titolo perfetto per questo post ("Above us only Sky"), ho ripiegato su "Satellite of Love", splendida canzone di Lou Reed, datata 1972.




Satellite's gone
up to the skies
Things like that drive me
out of my mind

I watched it for a little while
I like to watch things on TV

Satellite of love...
Satellite of love...


lunedì 1 dicembre 2008

In memoriam: Tiziano Terzani

Visto che la Zanzara di venerdì 28 novembre, nonostante sia durata un'ora più del normale, non mi ha offerto nulla di rilevante da commentare o controcommentare, oggi, in via eccezionale, pubblico un post diverso dal solito.

Alcuni mesi fa ho letto "La fine è il mio inizio", libro-testamento di Tiziano Terzani, il giornalista e scrittore toscano, scomparso nel luglio del 2004, per il quale ho sempre nutrito una grande ammirazione. Ricordo che rimasi molto impressionato da un passo del libro nel quale Terzani esprimeva alcune riflessioni sul modo di fare giornalismo, un tempo e oggi. Desidero condividere con voi tali riflessioni, che a me sembrano particolarmente profonde, e chiedere il vostro parere. Buona lettura.


Tiziano Terzani

Tiziano Terzani


Tratto dal libro "La fine è il mio inizio", pagine 116-118. Tiziano Terzani, conversando con il figlio Folco, cita alcuni grandi reporter che ha conosciuto durante la sua carriera, per poi aggiungere quanto segue.


C'era sempre da imparare e questo per me è stato importante, perché ha determinato il modo con cui in seguito ho lavorato. Poi ho trovato la mia formula, ma questi sono stati i miei stimoli. Essere giornalista mi pareva una grande e importante funzione e secondo me lo sarebbe ancora se si riuscisse a fare del vero giornalismo.

Ma il problema è che tutto si è inquinato. La vicinanza al potere, la necessità della protezione del potere hanno creato una situazione che non era quella di un tempo, in cui la forza del giornalismo era la sua indipendenza. Sai, una indipendenza anche economica. Quando i giornali dipendono dalla pubblicità, come succede in Italia, e la pubblicità è in mano a chi ha il potere politico, come puoi essere libero? Quando i giornali sono posseduti dalle grandi aziende contro le quali non potrai mai scrivere e che hanno i loro interessi politici, come fai a fare del vero giornalismo?

Pensa invece che Le Monde è posseduto dai giornalisti, che il New York Times è posseduto da una vecchia famiglia che tiene moltissimo alla sua indipendenza, che il Washington Post era posseduto da una signora di una grande famiglia, di grande tradizione. Be', questo cambia molto le cose. Molto. Infatti, sarebbe stato impossibile il Watergate se il Washington Post non fosse stato posseduto da Martha Graham, perché ci sarebbero stati subito legami politici che rendevano necessaria la soppressione della storia. Ed è vero che gli americani hanno perso la guerra in Vietnam anche a causa della stampa. Perché allora c'era una stampa libera, una stampa che guardava, che vedeva, che andava a grattare.

Quando ho cominciato a scrivere, in Vietnam e in Cina, c'era ancora l'idea di fare del "giornalismo investigativo". Per esempio, c'era al comando militare di Saigon quella che chiamavamo The five o’clock folly, la follia delle cinque del pomeriggio. Ogni giorno, alle cinque si presentava un generale americano che raccontava quel che era successo nella giornata: un attacco lì, un attacco là, una battaglia in cui erano state uccise tante persone. Avevi due scelte: potevi, specialmente se lavoravi per un quotidiano, andare in camera e riscrivere quel che il generale aveva detto; poi passavi la serata al bar e avevi fatto il tuo lavoro. Oppure, curioso, prendevi il nome del villaggio, uscivi dalla conferenza stampa e andavi a vedere se quella storia era vera.

E dove lo si fa oggi? Non lo fa più nessuno, non c'è tempo, non interessa. E questo vuol dire tanto.

Il giornalista deve essere uno che è, a suo modo, arrogante, uno che sente di essere libero, di non dipendere dal potere. Qualsiasi cosa mi succedesse, anche quando fui arrestato in Cina, io ho sempre detto: “Fate quel che volete! Poi io scrivo”. E questo senso che hai un diritto quasi divino a raccontare la tua verità, be', sai, ti dà una grande forza.

Tiziano Terzani (1938-2004)