mercoledì 30 settembre 2009

Nel centro del mirino

Ciao Ciccia! Sono appena tornato dalle vacanze, ma ora ho molto da fare, Ciccia. Telefono, mando messaggi, navigo col cellulare...

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Un tarlo mi rode, e no, non è Radio Londra, anche se Radio Londra c'entra lo stesso, in parte. Se il nostro compagno non di merende ma di cene Giuseppe Cruciani manifesta ogni sera tutta la sua noia malsopportando gli ascoltatori che sbrodolano antiberlusconismo, che ritornano sul trito e ritrito conflitto di interesse, che paventano vulnus alla democrazia, e che intravedono derive autoritarie, ebbene, perché li istiga?

Perché, cioè, Cruciani insiste provocatoriamente su Radio Londra (ieri è stato colpito Andrea Camilleri, come io avevo subdolamente preannunciato nel post precedente, basta contare gli asterischi), perché deplora con quel tono cosi altezzoso la povera Serena Dandini (sì, sì, lo conosciamo il suo stipendio, non "povera" in quel senso) e la sua mancanza di serenità?

Non so, non vorrei esere insultante ipotizzando disturbi dissociativi della personalità. Mi limito a osservare che Cruciani mi ricorda il vecchio Aldo Biscardi quando quest'ultimo con una mano faceva segno a tutti i suoi ospiti del Processo di calmarsi e con l'altra fomentava la discussione suggerendo, non inquadrato, di alzare i toni. Voi cosa ne dite? C'è o no contraddizione nel lamentarsi dell'antiberlusconismo e poi al contempo, provocarlo, istigarlo, indurlo?

Alla fine, a pensarci bene, credo che la verità sia semplice: disquisire su Berlusconi "tira" sempre, e, vista l'attenzione estrema di Radio 24 ai dati d'ascolto audiradio, l'ossessione vera o finta di Cruciani per l'anti-antiberlusconismo trova in ciò la sua giustificazione e il suo coronamento.

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Ciao Ciccia! Sono appena tornato dalle vacanze, ma ora ho molto da fare, Ciccia. Telefono, mando messaggi, navigo col cellulare...

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Poc'anzi ho nominato Serena Dandini... Cruciani l'ha biasimata perché costei ha osato far presente, ricalcando peraltro il pensiero espresso pochi giorni prima da Roberto Saviano (ex idolo di Cruciani, ora diventato ai suoi occhi un visionario), come, pur non essendo oggetto di censura, si senta comunque costantemente sotto esame, sotto osservazione, sotto tiro, e ciò le toglie serenità. Per questo motivo lei ha firmato il famoso appello di Repubblica sulla libertà di stampa.


Sotto tiro


A me sembra un'opinione equilibrata, sincera, e decisamente veritiera, come dimostra l'incredibile (anzi, per nulla incredibile...) prima pagina odierna dell'house organ berlusconiano (sì, quello buono solo per incartare il pesce, specie dopo il recente "cambio di gestione", vale sempre la pena ribadirlo).

No, caro Cruciani. La serenità nel poter fare il proprio lavoro senza mirini puntati addosso credo non sia una barzelletta di cui ridere e su cui far volare i “Ma scherziamo?”. Per maggiori informazioni, chiedere all'ex direttore di Radio 24 Giancarlo Santalmassi, del quale, a margine, segnalo un articolo mooooolto radiolondrabile apparso un paio di settimane fa sullo spagnolo El Pais, che se lo legge Cruciani sviene... (Bacio i piedi a chi mi ha passato il link, lui-sa-chi-è.)

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Ciao Ciccia! Sono appena tornato dalle vacanze, ma ora ho molto da fare, Ciccia. Telefono, mando messaggi, navigo col cellulare...

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Per chiudere, avviso che, se il tempo e la pazienza me lo consentiranno, inizierò una nuova rubrica a periodicità occasionale: "Gli incassellamenti di colui che odia gli incasellamenti".

Immagino abbiate intuito tutti... Cruciani odia essere incasellato, e dice che incasellare è sempre un errore. Però... però poi è lui stesso il primo a dedicarsi, spesso e volentieri, a questa arte così poco nobile, a suo dire. Ad esempio ieri ha incasellato lo show-man americano David Letterman: “E' un fan di Obama”.

E uno.

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Ciao Ciccia! Sono appena tornato dalle vacanze, ma ora ho molto da fare, Ciccia. Telefono, mando messaggi, navigo col cellulare...

Ah, Panariello, se avessi un martello, cosa ci farei col tuo cervello...

martedì 29 settembre 2009

Bandiera bianca

Era stato solo dimenticato, il povero Giorgio Bocca. Ma alla fine la maledizione di Radio Londra ha beccato pure lui. Avanti il prossimo! Io avrei un ****** ********* fresco fresco di giornata che magnifica l'appello di Repubblica e la manifestazione per la libertà di stampa, aggiungendo che “i pilastri della democrazia sono sotto attacco”. In audio, eh! Mica pizza e fichi senz'audio stile Saramago. Se interessa, Cruciani…

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Sono stati ben tre gli ascoltatori che ieri hanno telefonato alla Zanzara solo per dire che il conduttore non è obiettivo. Io penso che Cruciani dovrebbe riflettere un pochino su come mai un parte degli ascoltatori ha questa percezione.

La spiegazione, in fondo, è semplice: non bastano i violini messi sotto le voci di superberlusconiani prostrati in trip adorante per crearsi saldamente l'immagine del libero pensatore. Servono dei fatti, servono delle parole chiare, come quelle che, ad esempio, il conduttore della Zanzara ieri non ha pronunciato riguardo le ingiurie di Berlusconi contro "l'opposizione", che a suo dire brucerebbe la sagome dei soldati e le bandiere di USA e Israele, scriverebbe "-6" sui muri, ecc. ecc.

Diciamo la verità, sono parole, quelle del premier, demenziali, in un certo senso addirittura peggiori, perché dette seriamente e non come paradosso, di quelle di chi paragona il premier ai vari dittatori sparsi per il mondo. Casini ha chiesto l'intervento di Napolitano. Bersani, scherzosamente, quello del 118. Come si può dar loro torto?

Ebbene, Cruciani ha sì fatto sentire le incredibili parole di Berlusconi, ma chi si aspettava una reazione un po' forte tipo "ma di che sta parlando", "ma che follia è questa", o, nei sogni più reconditi, un "cosa ha fumato Berlusconi e come potrei averne un po' anch'io" è rimasto deluso. Il conduttore è beatamente passato sulle parole di Berlusconi con assoluta nonchalance riducendo il tutto al solito "teatrino della politica". Della serie "guanto di velluto".

No, mi spiace. Di fronte a queste clamorose omissioni il caro Cruciani non può non aspettarsi che qualche ascoltare se ne abbia a male.

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Il tema dominante, ieri, è stato comunque quello del canone RAI, contro il quale i due giornali di riferimento del centro destra, Libero e Il Giornale, hanno ingaggiato una battaglia a suon di "disdiciamo, disdiciamo, disdiciamo tutti".

Interessante... Ma quale sarà il meritorio motivo che sta dietro a questa martellante campagna stampa? Sarà forse che il canone, a rigor di logica, è incompatibile con la messa in onda di tonnellate di pubblicità? Nossignori. Allora, forse si vuole promuovere una forte iniziativa popolare finalizzata alla privatizzazione quei carrozzoni che sono le emittenti pubbliche. E' così? Neanche per sogno. Quindi l'iniziativa dei due quotidiani destrorsi non può che essere legata alla constatazione che l'aver trasformato, anni fa, il canone Rai in una tassa sul possesso di un qualsiasi apparecchio atto a ricevere trasmissioni televisive (ma i soldi raccolti però, son sempre destinati alla Rai) è una follia ipocrita, assurda e antistorica. Ma quando mai...

No, amici. Libero e il Giornale fanno campagna sul canone solo e unicamente per via della presenza su RaiDue di Michele Santoro e di AnnoZero.

Francamente, di fronte ad una follia del genere, non se neanche cosa ribattere. Alzo le mani, tenendo in vista un fazzoletto bianco, mi arrendo e consegno le armi che non ho. Alla fine aveva ragione Filippo Facci: di libertà di stampa ce n'è pure troppa.

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Provo a cercare nuove energie dall'ascolto di "White flag", by Dido (2003).




I will go down with this ship
And I won't put my hands up and surrender
There will be no white flag above my door
I’m in love and always will be


lunedì 28 settembre 2009

La polvere sotto al tappeto

Anche oggi inizio con Radio Londra… Scusate se sono noioso e ripetitivo, ma non è che la Zanzara di venerdì 25 settembre abbia offerto molto altro su cui discutere. Forse le quote rosa, tema legato alla vicenda dello scioglimento della provincia di Taranto, varrebbero un post, che però si ridurrebbe ad un semplice concetto: in teoria le quote rosa non hanno senso, in pratica sono necessarie.

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Non che ci sperassi davvero, però pensavo che Radio Londra, se non venir abolita, potesse per lo meno diventare un po' meno maniacale, concentrandosi su soggetti e dichiarazioni - possibilmente non dei soliti noti - che di volta in volta guadagnano autonomamente la ribalta, senza andarli a cercare con il lanternino.

Mi sono quindi cascate per l'ennesima volta le braccia, quando Giuseppe Cruciani, pur di non far passare due giorni di fila senza Radio Londra, se l'è presa con lo scrittore portoghese José Saramago per delle dichiarazioni, peraltro non disponibili in audio (ripeto, non disponibili in audio), rilasciate al Corriere della Sera e pubblicate nell'edizione di venerdì a pagina 15. Per la cronaca, Saramago definiva Berlusconi “vergogna per l'italia” e “incubo”. Dichiarazioni molto ostili, certo, ma dove non si fa cenno né a regimi, né a dittature, né al fascismo.

(Aperta parentesi, dopo aver ascoltate le ennesime intemerate di Berlusconi, alla chiusura del festa del PDL, sui “comunisti” e su l'opposizione “che brucia in piazza le sagome dei nostri soldati”, personalmente mi viene difficile non provare empatia per Saramago. Chiusa parentesi).

E pensare che, se proprio Radio Londra doveva essere, c'erano su un piatto d'argento le parole molto pesanti di Giorgio Bocca (“Una cosa è il regime, una cosa il desiderio di farlo. Noi stiamo assistendo al desiderio di trasformare la democrazia in democrazia autoritaria. […] C'è un tentativo di uccidere la democrazia.”) ad AnnoZero, perfettamente disponibili in audio, ascoltate da oltre 5 milioni di italiani, parole che, al contrario di quelle di Saramago, toccavano i concetti di regime e democrazia e pertanto erano molto più in tema Radio Londra

Pur rallegrandomene, ho trovato comunque davvero sorprendente che Cruciani abbia fatto finta di niente. Non so darmi una spiegazione, se non quella che iscrivere Bocca nel giochino di Radio Londra sarebbe stato un po' irriguardoso, tenendo in conto che lo scrittore piemontese alla lotta partigiana, ai tempi della seconda guerra mondiale, vi ha pertecipato per davvero. Ad ogni modo, questa omissione, ad opera di colui-che-non-guarda-in-faccia-nessuno, ha del clamoroso.


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Un aspetto molto atteso dell'ultima Zanzara era legato alla possibile reazione di Cruciani a quel micidiale “” pronunciato da Filippo Facci ad AnnoZero a seguito della domanda postagli da Corrado Formigli sull'esistenza di un restringimento degli spazi di libertà dell'informazione. L'avrebbe ignorato, o lo avrebbe approfondito? Né l'una né l'altra cosa: Cruciani ha sì mandato l'audio di Facci, ma poi si è affrettato a mettere la polvere sotto al tappeto, preferendo dedicarsi ad altro.

Nell'immaginario di Cruciani, in apparenza, esistono solo due categorie di persone. Quelle che dicono che in Italia c'è il regime mediatico e la dittatura (e giù sberleffi) e quelli che dicono che la libertà di stampa e di espressione c'è-punto-e-non-se-ne-parli-più. Non c'è spazio per le sfumature, per i distinguo.

Ebbene, su questo punto, io preferisco di gran lunga un Filippo Facci che nell'ammettere, pur a suo modo e con le sue motivazioni tutt'altro che sinistroidi, l'esistenza di un problema (definitomilitarizzazione dell'informazione”), rivendica la propria indipendenza, che non il negazionista Cruciani che la sua indipendenza pretende ed esige sia sempre data per scontata.

domenica 27 settembre 2009

Luca Telese vs Filippo Facci

Sul tema della libertà e della qualità dell'informazine, il duello/duetto tra Luca Telese e Filippo Facci, due personaggi molto ben noti agli aficionados della Zanzara, tenutosi venerdì 25 settembre nella trasmissione "Niente Di Personale", su LA7, condotta da Antonello Piroso, è imperdibile. Buona visione.

venerdì 25 settembre 2009

Violini e fisarmoniche

(Ogni tanto più che dire la mia sugli argomenti di politica/attualità discussi alla Zanzara, mi piace parlare della Zanzara stessa, di come è pensata, strutturata e realizzata. Oggi è uno di quei giorni.)

Quella di ieri è stata una delle puntate meno berlusconiane della storia della Zanzara crucianesca. Non so se avete contato il numero di volte in cui Giuseppe Cruciani ha messo i violini per sbeffeggiare servizi di telegiornali, ospiti e ascoltatori che parlavano di Berlusconi con toni eccessivamente trionfalistici o adulatori… In particolare gli ultimissimi minuti di trasmissione, con quell'ascoltatore che descriveva la figura del cavaliere come fosse Dio in terra, naturalmente con i violini i sottofondo, sono stati esilaranti (appena ho tempo campiono il frammento audio e lo aggiungo nelle perle).

Questa secondo me è la Zanzara che funziona, posto che uno si aspetti dalla trasmissione anche un po' di sana ironia. Una base sonora azzeccata da piazzare come sottofondo, di fronte a parole di un certo tipo, sono un'idea geniale, da replicare anche per altre situazioni, incluse magari certe tirate super super antiberlusconiane. Mi spiego meglio, perché altrimenti sembra una contraddizione con quel che dico da giorni sulla rubrichetta "Radio Londra".

Quello che io non sopporto in Cruciani è la ricerca col lanternino di qualcosa/qualcuno da mettere in croce sulla base della volontà di soddisfare non la brama di ironia del pubblico, ma la propria personale ossessione sull'anti-antiberlusconismo.

E' quello che succede con Radio Londra, una rubrichetta non occasionale ma quasi quotidiana, volta a colpire in modo sistematico, con scelte preventive, una legittima (che non significa necessariamente condivisibile) corrente di pensiero (per la cronaca, anche la corrente di pensiero degli adoranti accoliti del cavaliere è legittima). Quella non è ironia, quella è delegittimazione, è disconoscimento. E' una sentenza. Lo è nel momento in cui questo agire risulta quotidiano, precostituito, forzato in una misura assurda che, in molto casi, porta a dare a certe parole (semplici paradossi, metafore, modi di dire estrapolati da un contesto) un peso che in realtà non c'è neanche lontanamente.

Voglia Cruciani accettare un consiglio: abolisca Radio Londra, e tratti quelli che lui considera eccessi di antiberlusconismo (ma non dei paradossi o singole parole decontestualizzate, devono essere dei ragionamenti, dei discorsi. E non vanno cercati apposta con il lanternino, quando càpitano càpitano) alla stessa stregua dei pipponi adoranti pro Berlusconi come quelli di ieri. Ci metta una base sonora adeguata, che so, un "Bella Ciao" con la fisarmonica, o comunque strumentale, o un "Fischia il vento", un "Comandante Che Guevara", cose del genere.

Ad esempio, si potrebbe cominciare da quel che ha detto Giorgio Bocca ieri ad AnnoZero (video). E se Cruciani prende un bel respiro, e trova un po' di coraggio, si potrebbe proseguire con Filippo Facci (sempre AnnoZero di ieri, vedi sorprendente e inattesa parte finale del medesimo video), il quale peraltro sviscera ulteriormente la sua posizione nel suo pezzo in prima pagina sull'odierno Libero, e in un'intervista rilasciata al web magazine della fondazione Fare Futuro.

(Lo so, Cruciani, lo so, che Facci non parla di "restringimenti di libertà di stampa" nella stessa misura in cui ne parlano Santoro, o quelli di Repubblica e di MicroMega, però intanto certe cose lui le ha dette, al contrario di "qualcuno" che nega, nega, nega sempre tutto).

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Ho trovato un "Bella Ciao" in inglese, del 2005, ad opera dei mitici Chumbawamba. Fenomenale.



giovedì 24 settembre 2009

Nulla potrà più essere come prima

Da diverse ora mi sto grattando la testa... Su cosa farei meglio a soffermarmi riguardo gli argomenti trattati alla Zanzara di ieri?

- Forse sulle novità relative allo scudo fiscale, che se confermate alla Camera, dopo essere passate in Senato, garantiranno protezione ad una serie di reati tributari tra cui il falso in bilancio? Cruciani, dopo che nel luglio scorso, quando si cominciò a parlare dello scudo, sembrava privilegiare l'aspetto pragmatico del proveddimento (il recupero di fondi che diventa ossigeno per le asfittiche casse dello stato), ieri è diventato “molto perplesso”. Io ero già "molto perplesso" fin dall'inizio, quindi non posso che registrare con favore il passo indietro (o avanti?) del conduttore. Più di questo, e avendo già fatto a suo tempo la tirata indignata sulla scarsa eticità del provvedimento, non so cosa aggiungere. Mi limito a segnalare il bellissimo e stra-condivisibile commento di Bruno Tinti sul Fatto.

- Oppure su Massimo D'Alema, il quale dice che “l'antiberlusconismo sconfina in un sentimento anti-italiano”, dopo che lui stesso, come fatto notare ieri da Cruciani (ma curiosamente anche Marco Travaglio sulla prima pagina del Fatto di oggi) in innumerevoli passate occasioni sul cavaliere ne ha dette di cotte e di crude? La domanda di Cruciani “Qual è il vero D'Alema?” per me rimane senza risposta. Magari, considerando che non è neppure la prima volta che baffino accarezza il cavaliere, in questo alternar di bastone e carota, c'è una qualche strategia, un astuto piano da navigato giocatore di scacchi, ma come cantava qualcuno, "lo scopriremo solo vivendo".

- Su Radio Londra? Figurarsi, ieri è stato pizzicato uno che non ti aspetteresti mai, Antonio Di Pietro, per aver detto che in Italia c'è “il pensiero unico”, un concetto nuovo, molto rivoluzionario, che mai aveva espresso in precedenza. Ma facciamola finita…

- Cosa rimane? Rimane la canzoncina tormentone che funge un po' da inno per la candidatura di Silvio Berlusconi, ad opera di un comitato di accoliti, al premio Nobel per la pace. Cruciani ha definito il tutto “ridicolo”, frutto di “eccessiva adulazione”, e non ha potuto che metterla in burletta (ma una telefonatina ad Antonio Cornacchione poteva starci, visto l'andazzo della puntata), privandomi di ogni stimolo a ricamarci sopra anche solo un minimo di approfondimento serio. Pertanto mi fermo qui, ma lascio la parola a Paolo che su questa pazza idea del Nobel mi ha mandato un bel contributo (così diamo un senso a questo post, fin qui insulso).

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[Da qui in giù il testo è a firma di Paolo]

Dopo la giornata di ieri nulla potrà più essere come prima. No, non aspettatevi un post serio, è il risultato di una catena di coincidenze esilaranti.

Prima mi segnalano questo articolo fantastico sul non plus ultra della satira (vi suggerisco di leggerlo, inclusi i commenti), giunta al capolinea dopo essere stata travolta dalla realtà. Mi ero ovviamente rattristato per la morte della satira, ma poi inizia la Zanzara e Cruciani in trasmissione comincia a parlare del comitato per la canditatura di Berlusconi al Nobel per la pace.

Scopriamo così che NON si tratta di un sequel di "Amici miei", ma di una iniziativa che vorrebbe essere seria. Per un breve momento mi domando chi potrebbe aderire ad una simile iniziativa, poi mi viene in mente uno dei frequentatori del blog: indovinate chi? :-))

Confesso che non sono riuscito a sentire le motivazioni addotte per la candidatura perché travolto dalle risate: nella mia testa vedo comunque un probabile motivo nelle (presunte) generose elargizioni d'amore nei dopo cena tra palazzo Grazioli e villa Certosa, non molto di più. Mi dite che sto equivocando? Forse è vero…

A coronare il tripudio arriva un ascoltatore immigrato rumeno che, memore degli anni bui al suo paese, ci informa che l'inno dell'iniziativa (nella nostra situazione sarebbe meglio dire il Jingle, forse) gli ricorda molto le canzoni che il regime costringeva a cantare nelle scuole a gloria di Ceausescu, mentre un imbarazzatissimo Cruciani si affrettava a contenere lo scomodo paragone tra leader più o meno diversamente democratici iniziando la litania “Da noi non è obbligatorio! Da noi non è obbligatorio!”.

Facevo fatica a impedire alle lacrime di uscire...

Ok, un altro piccolo passo è fatto. Adesso possiamo cominciare a lavorare per la candidatura al seggio di Pietro (Pietro, il primo papa, non Di Pietro, eh!), ed in prospettiva alla Santificazione (già immagino i cori "Santo subito"): una volta giunti lì non ho dubbi nel fatto che San Berlusconi riuscirà ad imbastire almeno una joint venture con il Capo.

Basterà dare un paio di limatine alle norme sul concubinato, ma sono ormai obsolete e Ghedini con i cavilli ci sa fare…

Saluti
Paolo l'ilare

mercoledì 23 settembre 2009

Quella sporca dozzina

Veloce aggiornamento body count post Radio Londra. Ieri lo sniper Giuseppe Cruciani ha preso di mira, di nuovo, il quasi ex magistrato Luigi De Magistris, dopo che questi, di nuovo, aveva parlato di “governo piduista”, di “golpe d'autunno con cui si vuole annichilire la magistratura, controllare l'informazione”, ecc. ecc. L'avesse detto qualcuno-che-non-ti-aspetti capirei, ma De Magistris... La stucchevole leziosità di Radio Londra sta anche e soprattutto in questo: nella ripetitività dei bersagli, sempre i soliti, facenti parte di quella che Cruciani considera una sorta di "sporca dozzina".

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C'è un solo vero concreto motivo per cui la trasmissione di Michele Santoro, AnnoZero deve continuare ad andare in onda, ed è questo: AnnoZero è una trasmissione di successo, una trasmissione che fa ascolti e che genera alti introiti pubblicitari. La Rai, con AnnoZero, guadagna soldi.

Non so se mi sono spiegato bene. Non ho parlato di libertà di stampa, di libertà di espressione, di democrazia, di regimi, di bavagli, ecc. ecc. Se guardiamo ai fatti da un'ottica commerciale, dal punto di vista del mercato, non c'è nessuna ragione al mondo per cui la messa in onda di AnnoZero, con gli stessi mezzi e gli stessi uomini che hanno fatto la fortuna della trasmissione in termini di share, debba essere osteggiata o anche solo messa in discussione.

Fosse per me, la polemica, nata in conseguenza della burrascosa conferenza stampa di presentazione di AnnoZero con protagonisti i due nuovi separati in casa, Michele Santoro e il direttore di Rai Due Massimo Liofredi, e sviluppatasi ieri sera alla Zanzara, si chiuderebbe qua. Però alcune osservazioni avanzate da Cruciani meritano qualche approfondimento.

Per il conduttore della Zanzara, il caso AnnoZero è emblematico di quel che è la situazione in Rai, con la politica che la fa da padrone, con le nomine, le poltrone, la lottizzazione, eccetera. Secondo me non è così. E' verissimo che la politica, purtroppo, controlla la Rai, ma Santoro, che è un cane sciolto, nel senso che non ha mandanti politici, rientra più nell'eccezione che non nella regola. Poi potrà anche essere "fazioso" se vogliamo usare questo termine abusato, ma è fazioso di suo. E' il suo essere, la sua persona, sono le sue scelte, le sue opinioni. Un po' come Cruciani, se mi è concesso il paragone.

(Sulla parola "fazioso", poi, ci sarebbe da discutere… Se l'essere dichiaratamente contro una parte o un leader politico - mettiamo Santoro/Berlusconi - basta a definire una persona "faziosa", allora anche Cruciani, che disprezza Di Pietro, è fazioso. No? Qual è la differenza, posto che ci sia? Non siamo tutti un po' faziosi? Cosa significa "fazioso" di preciso? Cosa bisogna fare per non esserlo? Mah… Secondo me, a voler essere precisi, "fazioso" è solo uno che prende ordini da un padrino politico. Giudicate voi se un Santoro può essere paragonato ad un Emilio Fede, in questo senso.)

Un altro concetto interessante espresso ieri da Cruciani è quello che ora vado a riassumere. Io (Cruciani) auspico che tutti contratti vengano firmati, e che AnnoZero vada in onda tutte le volte che vuole, anche tutti i giorni per quel che m'importa. A me la maniera urticante e feroce con cui viene portata avanti questa trasmissione piace anche, ogni tanto. Però mi rifiuto di pensare che la libertà di stampa e di informazione passi attraverso la conferma di AnnoZero e la presenza obbligata di Travaglio, e non mi piace il vittimismo e l'atteggiamento da martiri di Santoro e company.

Quel che dice Cruciani ha senso, non dico che non ce l'abbia. Però proviamo a ribaltare il concetto. Io, Authan, mi rifiuto di accettare che la presenza in palinsesto di una trasmissione come AnnoZero, che fa ascolti e genera introiti per la Rai, venga vista da qualcuno come un problema, un fastidio, un qualcosa per cui strapparsi i capelli. Se il vittimismo della band di AnnoZero dà fastidio, analogo fastidio lo dà chi continuamente, ogni santa settimana, con miopia intellettuale, si lagna dell'esistenza di AnnoZero, chiedendosi come sia possibile che uno come Santoro stia nella TV pubblica per non parlare di Travaglio, Vauro, e gli altri della... sporca dozzina.


Sporca dozzina


Torno da dove ero partito: al di là delle note sentenze di reintegro e di ogni questione giuridica, Santoro sta nella TV pubblica e ci sta bene perché la TV pubblica con Santoro guadagna dei soldi. Chi come Cruciani propugna la privatizzazione della Rai (propugno anch'io, per la cronaca) dovrebbe, per coerenza, smetterla di raccontare la favola del "servizio pubblico" e prendere atto che anche le reti Rai andrebbero guidate e giudicate secondo una logica prettamente commerciale.

Un direttore di rete (Liofredi) che dice “fosse per me AnnoZero non lo farei” è un direttore di rete che non ragiona in una logica commerciale, ma in una logica politica, e questo sì che, al contrario del vittimismo di Santoro, è un vero assoluto scandalo, da sottolineare e da additare ai cittadini come emblematico del totale disastro Rai.


martedì 22 settembre 2009

Si trasforma(va) in un razzo missile

[Attenzione: il post di oggi è a firma di Paolo]

Buongiorno.

Parto da una domanda: ma cosa sta succedendo a Cruciani? Dopo averci abituato a posizioni che potremmo definire arditamente ed acriticamente filogovernative, negli ultimi giorni sembra abbia riscoperto un maggior equilibrio, e, ieri, persino una vena autoironica.

Intendiamoci, nei giorni scorsi a me non dispiaceva la boutade di Radio Londra; mi infastidiva invece che ci fosse solo Radio Londra, perché sebbene gli allarmi e le esagerazioni in realtà non mancassero né a sinistra né a destra, in trasmissione passava l'allarmismo esagerato di una parte sola (e normalmente di una sua componente minoritaria: la rappresentatività del citatissimo Vattimo rasenta lo zero, per esempio).

Non posso che apprezzare quindi il fatto che, a sorpresa e con discreto risalto, Cruciani abbia sostanzialmente "sconfessato" le deliranti uscite di Renato Brunetta sulle presunte "élite che cercano il golpe", arrivando anche a prendersi in giro con l'abiura della tradizionale sigletta Ufo Robot.

E' un po' come se Giampaolo Pansa se ne uscisse con un "Però, ‘sti fascisti ne hanno combinate anche loro, neh?".

Sono invece rimasto perplesso e un po' scandalizzato (a me a volte capita, sono un cinico da quattro soldi) quando, durante il lungo stucchevole colloquio tra Cruciani e Don Giorgio De Capitani (il parroco lombardo diventato famoso per la sua pubblica ostilità verso Berlusconi e la Lega, chiamato ieri in trasmissione, con tanto di sigletta Radio Londra, affinché spiegasse la definizione di “mercenari” da egli affibbiata ai militari italiani) ho sentito dire a Cruciani, en passant, che in fondo anche il mestiere del mercenario avrebbe la sua dignità e che le attività delle Securities private non sarebbero da buttar via.

Non me la sento di fare excursus storici, ma queste guardie armate private si sono rese protagoniste troppo spesso di violazioni dei diritti umani e dei codici di guerra, anche se spesso con la connivenza di committenti che li usavano coscientemente per fare il lavoro sporco mascherando le proprie responsabilità, come avvenuto anche in Iraq. Da parte mia nessuna stima per loro ed il loro lavoro, nulla a che spartire con l'operato delle truppe regolari.

Merita invece una nota veloce l'intervento di ieri di Daniela Santanché, a seguito dei fatti avvenuti martedì 20 settembre a Milano alla festa per la fine del ramadan. Mi ha divertito come la Santanché abbia trattato Cruciani da ignorante presuntuoso. Il conduttore, poco abituato a ricevere un simile trattamento dagli ospiti, ha accusato il colpo... Ciononostante, e malgrado la mia personale avversità all’uso di veli , burqua, niqab e a tutto quanto possa essere imposto e in qualche modo neghi la persona, sono d'accordo con l;opinione che Cruciani lasciava trasparire: ci sono momenti e modi per far valere le proprie opinioni, e quelli scelti dalla Santanchè sono volti solo a radicalizzare lo scontro con gli immigrati islamici.

In ogni schieramento e in ogni comunità c'è chi è più o meno incline al dialogo ed a farsi portavoce presso il proprio fronte delle motivazioni altrui: di certo per quanto riguarda l'integrazione, UCOII (Unione delle comunità islamiche) e Movimento per l'Italia sono due tra gli attori meno titolati a discutere, e più votati allo scontro.

Saluti,

Paolo il mercenario

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Sondaggio da parte di Authan. A quale di questi personaggi (vedi immagine sotto) vi viene più spontaneo accostare Renato Brunetta?


Ufo Robot


lunedì 21 settembre 2009

Impiccalo più in alto

La Zanzara di venerdì 18 settembre non poteva che cominciare mettendo sotto i riflettori, in uno "speciale Radio Londra", Antonio Di Pietro, definito da Cruciani il “principe dei resistenti”, il “capo della resistenza antiberlusconiana”.

Motivo? L'ex PM, parlando al congresso nazionale dell'Italia dei Valori a Vasto, ha accostato Silvio Berlusconi a Saddam Hussein, in un modo un po' particolare: Berlusconi starebbe negando quella che, secondo Di Pietro, è l'evidenza di una decadenza, così come Saddam, nei giorni in cui gli americani stavano entrando a Baghdad (primavera del 2003), faceva dire al suo portavoce che non stava accadendo nulla e che tutto era sotto controllo. Questo è ciò che ha detto Di Pietro, le parole in audio sono molto chiare.

Molti giornali online, però, giocando sul fatto che Di Pietro (purtroppo, dico io) non si fa problemi ad usare toni molto forti, hanno ridotto le parole di Di Pietro al semplice concetto “Berlusconi finirà come Saddam”, che sfortunatamente si presta ad una cattiva (ma errata) interpretazione, visto che Saddam, alcuni anni dopo la sua caduta (per la precisione nel dicembre 2006), è stato addirittura impiccato.

E ovviamente questa dell'impiccagione, della brama di vedere il collo di Berlusconi dentro ad un cappio, è stata l'interpretazione che Cruciani, per mezzo di uno di quei commentini brucianti, che sembrano casuali, en-passant, ma che invece sono delle sentenze vere e proprie, studiate a tavolino, ha fatto sua.

Non c'è niente da fare, quando l'ossessione prevale sulla ragionevolezza, si tende a vedere il nero anche dove il nero non c'è. Questo vale per per gli anti-berlusconiani così come per gli anti-antiberlusconiani (cioè quelli osteggiano gli antiberlusconiani a prescindere). Dunque Di Pietro, per gli ascoltatori distratti che magari non hanno prestato attenzione alla parole esatte pronunciate dal palco di Vasto, è diventato, seriamente o come macchietta non conta, colui che vuole vedere Berlusconi appeso ad una trave.


Impiccalo


Per avvalorare questa visione, provate ad indovinare chi Cruciani ha chiamato per commentare le ultime esternazioni di Di Pietro? Lui. Filippo Facci.

Fatemela dire chiaramente: io – l'ho ripetuto mille volte – per tanti versi considero Facci uno degli osservatori più acuti e brillanti (dico sul serio) della scena giornalistica italiana. Non mi perdo un suo pezzo. Però la sua ossessione patologica per l'anti-antiberlusconismo (superiore persino a quella di Cruciani), su cui il neo collaboratore di Libero, grazie ad articoli, libri e apparizioni TV, ha di fatto costruito non dico la carriera ma almeno la sua altamente remunerante notorietà (un po' come Marco Travaglio con Berlusconi, in un certo senso), non lo rende ahimé un interlocutore obiettivo, lucido e razionale su temi come quelli affrontati venerdì scorso.

Come si fa a prendere sul serio uno (sempre Facci) che dice che Di Pietro è un “povero demente”, che fa dei “finti congressi molisani stile Kim-Il-Sung” (simpatico accostamento su cui ovviamente il nostro eroe Cruciani non ha avuto nulla da ridire, un mito), che “punta allo sfascio di ogni baluardo di riferimento, all'inasprimento di ogni conflitto istituzionale, alla delegittimazione progressiva di tutti i basamenti”, e che “alla fine quello che vuole fare assomiglia ad una rivoluzione, tenendo presente che lui ne ha già fatta una” (riferimento a Mani Pulite)?

Se questa è una lucida analisi sul fenomeno Di Pietro, tratteggiato a metà tra un carbonaro e un eversore (ma comunque "demente", mi raccomando), io sono una tartaruga zoppa.

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Ma il weekend appena trascorso ci ha donato su un piatto d'argento una nuova prelibatezza. Il ministro Renato Brunetta ha dichiarato che una parte della sinistra, composta da una “élite di merda”, sta “preparando un vero e proprio colpo di Stato” e per questo “deve andare a morire ammazzata”. A chi si è risentito, Brunetta ha poi controrisposto di non sentire bisogno alcuno di scusarsi per i toni forti, visto che “qui è in gioco la democrazia”.

Lo riscrivo perché va sottolineato: per Brunetta “è in gioco la democrazia”. Secondo voi, così, a naso, cosa ascolteremo stasera a contorno di queste parole? Radio Londra o Ufo Robot?

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Non conosco "Umberto D.", ma "Impiccalo più in alto" (titolo originale "Hang 'em high"), bel western con Clint Eastwood datato 1968, me lo ricordo bene.





venerdì 18 settembre 2009

Boys don't cry

NOTA. Lo strepitoso scambio di vedute tra Cruciani e l'ascoltatore Francesco da Pavia sull'ignoranza, "Umberto D.", Lino Banfi, e Rocco Siffredi, che ha avuto luogo ieri, giovedì 17 settembre intorno alle 20:35, è disponibile nella pagina delle Perle della Zanzara (è la perla numero 7). Buon ascolto.

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Il re dei cinici colpisce ancora. Ci arriveremo, ma prima...

AGGIORNAMENTO RADIO LONDRA! Olé!

(Usare l'espressione "body count" proprio oggi mi sembrava irriguardoso). Cruciani, ieri, dopo aver cercato pazientemente col lanternino, in ogni meandro dell'iperspazio mediatico, ha individuato i seguenti soggetti da spedire in montagna coi resistenti:

- Moni Ovadia, per aver detto che “stiamo attraversando il peggior momento della storia repubblicana” (un'opinione come un'altra, tutto sommato).

- Gianni Vattimo (di nuovo!) per aver detto che (paradossalmente, com'è ovvio), “l'Europa dovrebbe bombardare l'Italia, così come Bush ha fatto con l'Iraq, perché manca la libertà di stampa”.

Nel far presente che ancora una volta nessun ascoltatore ha dato seguito alle parole di Ovadia e alla boiata (perché è una boiata) di Vattimo, a dimostrazione che questo cecchinaggio crucianesco è fine a se stesso, ricordo a tutti come tre giorni fa Berlusconi abbia detto, a Porta a Porta, che se non ci fosse lui l'Italia precipiterebbe in una situazione da “stato di polizia giudiziaria”, senza che il nostro eroe Cruciani trovasse alcunché da ridire. Ridicolo.

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Io capisco il dolore delle famiglie, ma non il fatto che ogni volta che alcuni militari perdono la vita ciò venga trattato come qualcosa di eccezionale, come uno psicodramma nazional popolare, con conseguente assurdo dibattito ritiro sì ritiro no. Bisogna dire una cosa molto semplice: i soldati possono morire, e anzi, cinicamente, si può dire che è normale che muoiano. Fa parte del gioco.

Queste le parole pane-al-pane-vino-al-vino con cui Cruciani, senza alcuna traccia di perifrasi, ha commentato l'attentato di ieri, a Kabul, a causa del quale sei paracadutisti della Folgore hanno perso la vita.

Cosa ne pensate? Io sono combattuto. Uno dei miei due neuroni mi dice che Cruciani ha ragione, che i soldati conoscono i rischi, che il pericolo è il loro mestiere, e che la morte rientra nei possibili accadimenti di chi sceglie di svolgere quel tipo di professione. E' da ipocriti abbandonarsi ai piagnistei, e la retorica sugli "eroi" è melensa.

L'altro neurone, invece, non riesce a convivere con questo cinismo, E più le ore passano e più mi accorgo che a prevalere, per quel che mi riguarda, è proprio la componente più sensibile. Penso alle fidanzate, alle mogli, alle madri, e soprattutto a tutti i bimbi che hanno perso il loro papà. E non ce la faccio a mantenere questo totale distacco emotivo come fa Cruciani. Non ce la faccio.

Non siamo ai tempi della prima guerra mondiale. I componenti delle nostre forze armate non sono carne da cannone. Se un tempo la guerra poteva vedere nella morte una qualche componente di normalità, io credo che oggi non sia più così, almeno non allo stesso modo, non nella stessa misura.

I rischi che corre un militare non sono poi così diversi da quelli che corre un poliziotto impegnato sul territorio interno, che in qualunque momento può trovarsi coinvolto, ad esempio, in uno scontro a fuoco con dei rapinatori. E dubito che il concetto "è normale che un poliziotto possa morire" (se vale per i militari deve valere anche per i poliziotti) sia qualcosa di ripetibile ad alta voce così alla leggera.

Pertanto, le parole che Cruciani ha pronunciato ieri in trasmissione, anche se non nego nascondano un fondo di verità, secondo me, dette in quel modo così freddo e a così poca distanza dalla tragedia, si sono rivelate essere un inutile esercizio di cinismo che, al di là degli intenti, si è trasformato in una mancanza di rispetto per i familiari delle vittime.

Così è come io la penso. Mi sforzo, ci provo, ma l'atteggiamento alla "i duri non piangono" proprio non riesco a farlo mio. E vi dirò, amici miei, che, sotto sotto, un po' ne vado pure fiero.

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The Cure, "Boys don't cry" (1979).




I try to laugh about it
Cover it all up with lies
I try and laugh about it
Hiding the tears in my eyes
Because boys don't cry
Boys don't cry

giovedì 17 settembre 2009

Provare per credere

Le ha dette talmente grosse Silvio Berlusconi da Bruno Vespa, l'altra sera, che almeno per un giorno, alla Zanzara, la menata di Radio Londra ce la siamo tolta dai piedi. E' comunque probabile che stasera il cecchinaggio anti-antiberlusconiano riprenderà. Nel caso, ritireremo fuori lo “stato di polizia giudiziaria” del cavaliere, no problem.

E' stata una puntata insolita quella di ieri, caratterizzata dalla mancanza della solita caramellina al miele per il cavaliere. Anzi, per il tono da vero piazzista nel raccontare la dotazione delle nuove case per i terremotati aquilani, le parole di Berlusconi, con un sarcasmo tutto sommato piuttosto feroce, e per questo inatteso, sono state accostate da Cruciani, lungo l'intero arco della trasmissione, alle vecchie pubblicità del mobilificio biellese "Aiazzone".

Tutto molto spassoso, nel solco di quell'ironia-che-funziona di cui già si accennava nel post di ieri a proposito dell'accostamento tra Dario Franceschini e il Nanni Moretti di "Ecce Bombo". Peccato che Cruciani non abbia pensato di farci sentire anche la voce del buonanima Guido Angeli, mitico testimonial Aiazzone per molti anni, col suo celebre slogan "Provare per credere!". Sarebbe stata l'apoteosi, considerando come nulla riesca a rappresentare la figura dell'attuale premier quanto il concetto di slogan. Berlusconi è uno slogan ambulante. Può sembrare un'insolenza, ma in realtà questa sua assenza di profondità è invece uno dei segreti nemmeno tanto reconditi del suo successo.






La trasmissione poi si è chiusa col siparietto su "Umberto D.". Durante il suo intervento sulla querelle relativa ai finanziamenti pubblici ai cineasti italiani, il regista Pasquale Squitieri ha menzionato il vecchio film "Umberto D", di Vittorio De Sica, che Cruciani ha candidamente ammesso di non aver mai sentito nominare. Né e nato un piccolo tormentone con gli ascoltatori, alimentato dallo stesso Cruciani, sulla gravità o sulla trascurabilità di questa lacuna intellettuale.

Faccio subito il mio coming out. Nemmeno io conoscevo "Umberto D.". E' grave? Non lo è? Non lo so, ma francamente al di là del cospargersi o meno il capo di cenere per l'ignoranza, io penso che il conoscere "Umberto D." non sia un elemento centrale nell'esprimere un'opinione sull'invettiva di Brunetta contro i cineasti parassiti. Rispetto alle parole un po' "astratte" di Squitieri, infatti, molto più interessante è stato venire a conoscenza dei dati concreti offerti ieri dal critico cinematorafico Michele Anselmi, anch'egli ospite alla Zanzara, che ha ribadito quanto da egli stesso scritto sul Riformista.

In sostanza, tenendo conto che i ricavi di una pellicola derivano non solo dagli incassi al botteghino, ma anche da altri elementi (vendite all'estero, diritti dalle pay tv, royalties sull'home video, ecc), secondo stime serie negli ultimi sei anni i proventi dei film nostrani superano l'ammontare dei finanziamenti. Punto, e a capo.

Due giorni fa mi domandavo se il Brunetta show poggiasse su solide basi. Ebbene, da ieri abbiamo la risposta. Sotto Brunetta c'è una botola traballante, e sotto la botola traballante c'è il vuoto assoluto.


mercoledì 16 settembre 2009

Goodbye Lenin

Perché gli italiani ci danno tanto consenso e diffidano della minoranza comunista e cattocomunista? Per il semplice motivo che sanno che fin quando ci saremo noi questo paese non potrà essere trasformato in uno stato di polizia giudiziaria”.

Da sola, questa semplice frase (ma potrei citarne anche altre, tipo “D'Alema è uno stalinista”), pronunciata da Silvio Berlusconi ieri a Porta a Porta, spazza via e ridicolizza giornate, settimane, mesi, anni di cecchinaggio anti-antiberluconiano da parte di Giuseppe Cruciani ogni santa sera alla Zanzara.

A casa mia, "stato di polizia giudiziaria" significa praticamente la Germania Est pre caduta del muro di Berlino, quella della Stasi. La parola "regime" il cavaliere non l'ha pronunciata, ma il concetto è assolutamente quello, non prendiamoci in giro.

Ora, se si prende alla lettera un Di Pietro, rimarcandone fino alla nausea certi eccessi verbali, come per l'ennesima volta è successo ieri (l'ex PM ha parlato di “dittatura mediatica di regime”, sai che novità, e per questo è finito tra gli "radiolondrini". Aggiungiamo l'ennesima tacca al body count), allora "per coerenza", lo stesso atteggiamento va adottato nei confronti dell'attuale presidente del consiglio. Altrimenti è una farsa, una presa in giro.

Intendiamoci, se fosse per me la frase di Berlusconi bisognerebbe lasciarsela scivolare addosso, senza starci troppo a pensare, perché i riferimenti al comunismo, al cattocomunismo, allo stato di polizia rientrano nel suo linguaggio, nel suo stile, nel suo modo di comunicare alla pancia dei suoi adoranti elettori. Insomma, "non te ne curar, ma guarda e passa" è per me l'approccio più appropriato. E lo stesso discorso vale, sul versante opposto, per Di Pietro.

Cruciani invece si è fissato con 'sta idea del biasimare, sfottere, sbertucciare chiunque faccia richiami più o meno velati e più o meno seri al concetto di regime. Ebbene, con tali presupposti, stasera, oltre alla solita immancabile orrenda (anzi, "leggermente schifosa") musichetta di Radio Londra per tutti coloro che avranno avuto da ridire sul Berlusconi-show di Porta a Porta, io, in conseguenza delle parole del cavaliere citate poc'anzi, mi aspetto analoga musichina e/o spezzone di film irridente. Propongo l'inno della vecchia Germania Est, se non addirittura quello sovietico, e/o qualche clip tratto dal bellissimo film, commovente e esilarante allo stesso tempo, “Goodbye Lenin”.


Goodbye Lenin


Un altro paio di note sulla trasmissione di ieri, per chiudere.

- L'accostamento tra la notizia del rifiuto di Dario Franceschini a partecipare a Porta a Porta con la mitica scena di "Ecce Bombo" (Nanni Moretti che dice “mi si nota di più se non vengo o se vengo e sto in disparte?”) è geniale. Questa sono le ironie giuste, quelle che funzionano, quelle che strappano il sorriso, al contrario di quelle originate dalle ridicole ossessioni e manie anti-antiberlusconiane, tipo Radio Londra.

- La truce metafora pronunciata ieri da Di Pietro, “Vespa e Minzolini stanno al giornalismo come la sedia elettrica alla vita umana”, mi ha fatto letteralmente ribaltare dal ridere. Frase dell'anno, altro che Brunetta. Ovviamente Cruciani ha voluto concentrasi sull'aspetto più tetro della metafora, ma se la stessa identica frase l'avesse pronunciata Brunetta (riferita, che so, a Placido o a chiunque altro stia sulle balle a Cruciani), sarebbe diventata il tormentone della puntata, ovviamente in positivo. Perché il nostro caro conduttore della Zanzara è fatto così, scontato e prevedibile come il finale di un thriller mal scritto.

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Non ricordavo che il vecchio inno della Germania Est fosse musicalmente così bello...




martedì 15 settembre 2009

Culturame parassitario

Aggiornamento body count. Officer down. Ieri alla Zanzara è stato colpito il segretario del PD Dario Franceschini per aver detto, riferendosi allo show mediatico di stampo nordcoreano (oh no! Che ho scritto! Ora devo andare anch'io in montagna coi resistenti!) della consegna delle prime case ai terremotati abruzzesi in procinto di andare in onda stasera nello speciale Porta a Porta, che “anche Ceausescu avrebbe avuto un po' di coraggio nel dire no a una rappresentazione così”.

Naturalmente anche un bambino capirebbe che quella di Franceschini è solo una metafora, un paradosso. Se la poteva risparmiare? Può darsi, ma in fondo anche Giulio Tremonti qualche giorno fa aveva paragonato fior di economisti al mago Otelma. E' la stessa identica tecnica comunicativa, fatta di accostamenti provocatori, volutamente esagerati per rendere meglio l'idea. Ma, come si suol dire, non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. E il sordo in questione non è né Franceschini, né Tremonti.

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Ma c'è un altro show che ieri in trasmissione l'ha fatta da padrone: quello del ministro Renato Brunetta (video) conto il “culturame parassitario” (“cineasti, finti orchestrali, finti cantanti, scenografi...”) che sopravvive solo perché mantenuto dallo stato.

Io non vivo nel mondo dello spettacolo e non ne ho sufficiente conoscenza per stabilire se gli stanziamenti pubblici per il FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) siano troppi o troppo pochi. Non voglio parlare di cose che non so. Aspetto di leggere e sentire qualche replica e controreplica delle parti in causa per aver maggiori elementi per capire se l'invettiva si Brunetta poggia su basi solide o se è solo dettata dalle sue ossessioni e dalle sue manie di protagonismo.

Ciò detto, il tema del finanziamento pubblico percepito quasi come male assoluto, specie se indirizzato a soggetti o entità incapaci poi di generare ricavi apprezzabili da un punto di vista economico, è interessante. Ma lo è solo a patto di ragionare a 360 gradi, senza limitarsi al mondo dello spettacolo. Se i denari pubblici dati a fondo perduto o quasi sono uno sbaglio, sono uno sbaglio sempre, non solo quando fa comodo dirlo a Brunetta per fare il suo show anti Placido.

Tanto per dirne una, secondo me, "per coerenza", il nostro Brunetta dovrebbe scagliarsi con eguale intensità anche contro il finanziamento pubblico all'editoria. Di giornali che sopravvivono grazie ai finanziamenti pubblici, infatti, l'Italia è stracolma. Sono anche lì tutti dei parassiti, mantenuti, gente incapace di confrontarsi con il mercato? Sono individui che meritano di sentirsi dire “andate a la-vo-ra-re” (in miniera?). Così, solo per sapere…

Confesso. Questo mio tirare in ballo i finanziamenti all'editoria non è casuale. Il fatto è che il Brunetta mandato in onda ieri mi ha ricordato in tutto e per tutto un altro personaggio molto sanguigno, uno che contro i soldi pubblici elargiti, a suo dire, a sproposito ha picchiato e picchia sodo: Beppe Grillo. Avete presente Beppe Grillo quando urla, sbraita, si agita come un ossesso demolendo a parole l'attuale sistema di finanziamento pubblico all'editoria?

Cercate su YouTube qualche comizio di Grillo e poi confrontatelo con il Brunetta anti-Placido. Uguali. Identici. Spiaccicati. Le stesse parole (pensate a "parassiti"), gli stessi gesti, la stessa mimica, gli stessi occhi iniettati di sangue, lo stesso sguardo compiaciuto verso la platea adorante e osannante. Ci rifletta, su questo, il nostro caro Cruciani, prima di gongolare come un bambino in un negozio di dolci, mentre il suo mito rovina con le parole il 90% della bontà delle sue idee.

Un ultimo appunto: nel suo j'accuse, ad un certo punto, Brunetta, parlando di questo pezzo di Italia, quella fatta dai mantenuti dal FUS, la definisce “leggermente schifosa”, testuale. Ecco, la nonchalance con cui Cruciani ha accolto quell'espressione, francamente censurabile, mi ha colpito in un modo che ora come ora non riesco bene a descrivere. Nel frattempo, ad ogni modo, io prendo nota, non si sa mai.

"Leg-ger-men-te schi-fo-sa si può di-re". Voilà, scritto.

lunedì 14 settembre 2009

I cento passi

In apertura, aggiorniamo rapidamente il body count. Nell'ambito di quello che Cruciani chiama “cronache dall'esilio anti-fascista”, ma che invece è un cecchinaggio anti-antiberlusconiano, tra gli speaker di Radio Londra, nella metafora ironica partorita dalla mente vagabonda del conduttore della Zanzara, da venerdì scorso possiamo annoverare anche:

- Luigi De Magistris, colpevole di aver pronunciato l'espressione “disegno autoritario di derivazione piduista”.

- Miguel Mora, giornalista di El Pais, per aver detto che “Hugo Chavez è la figura politica più vicina al cavaliere in questo momento”.

Sono giudizi - come dire - un po' pesantucci? Può darsi, e tuttavia a mio avviso un fondo di verità a grattare bene ce la si può pure trovare. Ma, al di là del fatto di condividere o meno gli accostamenti di De Magistris e di Mora, quel che è incomprensibile è l'idea in base alla quale chi dice quelle cose, per coerenza, dovrebbe “prendere i fucili e andare in montagna”. Aaaaah, questa sì che si chiama apertura mentale.

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L'ironia di Cruciani, durante la Zanzara di venerdì, si è anche concentrata (anche se senza canzonette, musichine, ecc) sulla dichiarazione di Umberto Bossi, secondo cui dietro allo scandalo Berlusconi/escort ci sarebbe la mafia, nell'ambito di un complotto ordito da Cosa Nostra. “Fa ridere”, dice Cruciani, e ovviamente, visto che penso la stessa identica cosa, non ho nulla da aggiungere, per quanto la parola "svalvolato" sia lì che preme per uscire.

A questo punto desidero prevenire un'obiezione che sicuramente qualcuno avanzerà. Io sarei uno che si irrita sulle ironie anti-antiberlusconiane, mentre invece applaudo se Cruciani ridicolizza Bossi, e ciò mi renderebbe settario. Non è così. Io non ce l'ho tout-court con le ironie di Cruciani. Anzi, recentemente ho addirittura scritto un post elogiativo sul taglio sarcastico che il conduttore della Zanzara è solito dare alla sua trasmissione.

Ciò che gli rimprovero è solo quella sua ossessione che lo spinge a ridurre a macchietta chiunque si permetta di alzare un po' la voce su Berlusconi. Questo meccanismo automatico di difesa del cavaliere da parte di Cruciani secondo me riduce la sua capacità di giudicare e di commentare con distacco e con equilibrio le azioni e le parole dell'attuale premier. La sua fissa di non apparire mai nemico di Berlusconi inevitabilemente porta Cruciani a sembrarne amico al di là del reale, e ciò mina la credibilità sua e della trasmissione. E questo è un peccato.

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A proposito di mafia... Qualcosa mi dice che Cristiano Aldegani (ospite alla Zanzara di venerdì), sindaco di Ponteranica, in provincia di Bergamo, non conosce pienamente la storia e il coraggio del giovane attivista politico Peppino Impastato ucciso dalla mafia nel 1978. Perché se li conoscesse non posso credere che avrebbe avuto l'ardire di far rimuovere (scelta disapprovata da Cruciani, lo segnalo a titolo di cronaca) dalla biblioteca comunale la targa che la dedicava proprio ad Impastato, con la illuminante, e allo stesso tempo disarmante, motivazione, tipica di chi non vede oltre la punta del proprio naso, che quest'ultimo è “persona non legata al territorio locale”.

E dire che al nostro sindaco basterebbero due ore. Due sole ore. Giusto quelle necessarie a vedere il film "I cento passi", di Marco Tullio Giordana.

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Eccovi la scena simbolo del film "I cento passi", e poi la trascinante canzone omonima dei Modena City Ramblers.




"Contare e camminare insieme lo sai fare?"






1, 2, 3, 4, 5, 10, 100 passi!
1, 2, 3, 4, 5, 10, 100 passi!
1, 2, 3, 4, 5, 10, 100 passi!
1, 2, 3, 4, 5, 10, 100 passi!


venerdì 11 settembre 2009

Oltre il perdono

Quiz! Può rispondere solo chi NON ha ascoltato la Zanzara di ieri, giovedì 10 settembre. Chi ha pronunciato in trasmissione la seguente frase?

Fra i drammi della condizione italiana di questi anni c'è che la metà dei giornalisti italiani, e per orale e per iscritto, siano nel libro paga della famiglia Berlusconi.

Aiutino... E' stato uno dei tre ospiti illustri, e cioè: Clemente Mastella, Giampiero Mughini, Antonio Padellaro. A voi. (La soluzione è in fondo al post.)

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Citazione da un articolo apparso oggi sull'Unità:

«Scusami se ti prendo tempo...». «No Silvio, molto interessante...». L'espressione incredula stampata sulla faccia e l'imbarazzo. Poi, ancora, il sorriso ironico del compatimento quando Berlusconi prende ad esempio “la zia Marina che si diceva bella da sola” per proclamarsi “un recordman, il miglior presidente del Consiglio italiano degli ultimi 150 anni”. Bastava osservarlo, ieri, Josè Luis Zapatero per comprendere l'effetto dello show improvvisato da Berlusconi alla fine del vertice Italia-Spagna. Non è cosa di tutti i giorni, infatti, un capo di governo costretto a rispondere su “giri di veline e di prostituzione”. […]

Avete presente quando siete in pubblico e una persona che è insieme a voi fa una gaffe pazzesca, e allora voi istintivamente fate un passo indietro, guardate da un'altra parte facendo finta di nulla, come per dire "io quello non lo conosco"? Ecco, questa è la sensazione che ho provato ieri nel sentire Berlusconi straparlare delle sue beghe personali durante la conferenza stampa post meeting Italia/Spagna, con a fianco a sé un imbarazzato Zapatero. E do atto a Cruciani, pur con la solita delicatezza che sempre riserva al presidente del consiglio, di aver anch'egli riconosciuto, alla Zanzara di ieri, l'inopportunità della circostanza scelta da Berlusconi per dare la sua versione dei fatti.

Berlusconi”, ha aggiunto Cruciani, “dovrebbe andare in Parlamento, spiegare quel che c’è da spiegare e chiedere la fiducia”. Questo è ciò che farebbe un uomo di stato, rispettoso delle istituzioni. Ma ovviamente non succederà, perché come ha giustamente suggerito, nel suo intervento di ieri in diretta, Antonio Padellaro, direttore del nuovo quotidiano di imminente uscita, "il Fatto", il premier non accetterebbe mai di sottoporsi al dibattito parlamentare che si aprirebbe sulle sue imprese amatorie, dibattito che sarebbe peraltro (parole testuali di Padellaro) “uno dei più strepitosi nella storia dei parlamenti mondiali”.

Comunque, giusto per la cronaca, di vecchie zie prodighe di consigli sono fornito pure io. E tra le perle di saggezza di mia zia Esther, ad esempio, c'è n'è una in particolare che oggi cade a fagiuolo: "chi si loda s'imbroda".

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Soluzione al quiz: Giampiero Mughini.

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Il titolo del post non ha nulla a che vedere con Berlusconi. Riguarda invece quel che successe esattamente otto anni fa...


911


"Certe cose sono oltre le parole. Oltre la comprensione. Oltre il perdono."
J.M. Straczynski, The Amazing Spider-Man #36 (2001)


giovedì 10 settembre 2009

A letto con il nemico

Per prima cosa, partiamo con l'ultimo body count e poi passiamo ad altro. (Il body count nel gergo americano è la conta dei cadaveri dopo un conflitto a fuoco). Ebbene, tra i gli “speaker di Radio Londra”, da ieri, secondo Cruciani, possiamo iscrivere anche Bruno Tabacci (UDC) e Pier Luigi Bersani (PD) , con le seguenti motivazioni.

- Tabacci. Riferimento, en passant, assolutamente metaforico, al “comitato di liberazione nazionale” (da Berlusconi, s'intende).

- Bersani. Boh! Non c'è nessuna motivazione plausibile. Nel clip audio trasmesso ieri, Bersani non ha fatto alcun riferimento a fascismo, Mussolini, o a qualunque cosa collegabile al ventennio. Misteri di una mente vagabonda (e non è quella di Bersani).

Insomma, per capirsi, nelle parole di Tabacci e Bersani non c'è nulla di neanche lontanamente riconducibile ai razzismo-nazismo-fascismo-regime-dittatura di un Di Pietro. Giudicate voi... Io intanto continuerò il body count anche nei prossimi giorni, giusto come divertessement, fino a che cesserà questo cecchinaggio. Se Cruciani non concepisce le metafore, i paradossi (però quelli di Sgarbi e Cossiga li coglie benissimo) e gli accostamenti provocatori tra il fascismo vecchio stampo e l'autoritarismo amichevole del terzo millennio è un problema suo e solo suo.

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Dove andiamo, dove andiamo... Michele Placido! Questo l'argomento di oggi. Che ha combinato l'ex commissario degli sceneggiati sulla Piovra, ora regista di successo? Si è incazzato come una iena, dando quasi in escandescenze (video), quando, durante una conferenza stampa al festival del cinema di Venezia, una giornalista spagnola gli ha chiesto di spiegare perché un regista "di sinistra" si fa finanziare un film da Medusa, società posseduta dal presidente del Consiglio Berlusconi. “E con chi li dovrei fare i film allora? Io manco so chi è Berlusconi!”, ha tuonato il regista.

Premessa: Placido farebbe bene a prendere un po' di bromuro e a imparare il concetto di self-control. Chiedere è sempre lecito e in una conferenza stampa bisogna saper tenere i nervi saldi gestendo anche i quesiti più fastidiosi senza alterarsi e soprattutto senza biascicare frasi semi-incomprensibili e paragoni insensati.

Ciò detto, venendo al nocciolo della questione, io penso che un fondo di ragione Placido ce l'abbia. Checché ne dica Cruciani, il quale ogni tanto, colto dalle sue epilessie anti-antiberlusconiane, perde il contatto con la realtà, in Italia un regista che ambisce a fare un film non di nicchia, con un'adeguata promozione e distribuzione, non di quelli, cioè, che spariscono come neve al sole dopo essere stati proiettati per pochi giorni in sale marginali, puoi farti produrre solo o dalla Rai o da Medusa. Di fronte a questi due elefanti, tutte le altre case di distribuzione sono dei piccoli e insignificanti moscerini.

Per quanti conflitti di coscienza possa ingenerare il prendere soldi da Berlusconi, se di fatto non c'è scelta, non c'è scelta. Tra il non fare film (si parla sempre di film non di nicchia, attenzione) e il farli con Berlsuconi, io comprendo che un regista, per quanto ostile possa essere a Berlusconi, possa accettare il compromesso di fare "patti col diavolo".


Sleeping with the enemy


Ma allora”, dice Cruciani”, “Placido non firmi l'appello di Repubblica sulla libertà di stampa. Chi firma l'appello, chi pensa che in Italia non c'è una piena libertà di stampa per colpa del mostro Berlusconi, poi, per coerenza, dovrebbe tenersi alla larga dal mostro”.

Secondo me il ragionamento di Cruciani è sbagliato. Basta estenderlo un po' per notarne la capziosità. Pensiamo alle decine di migliaia di dipendenti Mediaset. Possibile che siano tutti berlusconiani doc? Sicuramente no, qualcuno che disistima il cavaliere e che magari ha pure firmato l'appello di Repubblica ci sarà pure. Cosa dovrebbero fare costoro? Licenziarsi "per coerenza"? E' ridicolo.

Di più, l'idea che per prendere uno stipendio o un finanziamento da Berlusconi bisogna essere politicamente allineati a lui, o al limite non allineati ma – come dire – "con garbo" (non si possono firmare appelli contro il boss) è spaventosa, e in un certo senso, giustifica quell'epiteto "dipendente" che tempo fa Franceschini affibbiò a Belpietro e Rossella. Chi prende soldi da Berlusconi (magari perché non ha reali alternative, come per Placido), secondo la teoria di Cruciani, se non condivide parole e azioni del premier dovrebbe starsene muto e rassegnato.

Qui ancora una volta bisogna rovesciare il cannocchiale. Come diavolo è possibile che in Italia un regista con certe idee politiche se vuole fare un film non di nicchia debba per forza rivolgersi ad una casa di produzione posseduta da leader dello schieramento politico opposto?

E' questa la vera origine del problema. E' la solita vecchia, triste, infinita storia del conflitto di interessi, che avrà il sapore di una ricotta stantia, che sarà trita e ritrita da 15 anni, che farà gridare "ebbasta-non-se-ne-può-più-che-due-palle", e tutto quel che vi pare, ma se tale conflitto nessuno lo ha mai risolto mica è colpa di Placido. No?


mercoledì 9 settembre 2009

Radio Londra

Cruciani: “Dove andiamo, dove andiamo? Andiamo ai nuovi resistenti, la resistenza contro il dispotismo, l'assolutismo, il fascismo di Berlusconi.

[clip audio] Parla Londra. Trasmettiamo alcuni messaggi speciali. Felice non è felice. E' cessata la pioggia. La mia barba è bionda. Parla Londra.

Cruciani: “E beh, oggi nella categoria della resistenza contro Berlusconi di chi grida al fascismo, insomma, tra gli speaker di Radio Londra c'è addirittura Matteo Colaninno, chi l'avrebbe mai detto.

[clip audio] Matteo Colannino, ospite in una trasmissione TV, osserva che se il direttore dell'Avvenire non avesse trattato, peraltro timidamente, la questione dei comportamenti privati del premier sarebbe ancora al suo posto, e Vittorio Feltri non si sarebbe occupato di lui. L'esponente PD, inoltre, aggiunge, non di sua iniziativa ma in risposta ad un impulso di un interlocutore, che ciò ricorda i tempi del fascismo.

Cruciani: “E poi, tra gli speaker di Radio Londra, tra le voci della nuova resistenza contro Berlusconi (la resistenza a casa sul divano, eh, non in montagna con i fucili), ecco Gianni Vattimo!

[clip audio] Vattimo ricorda com'era l'informazione ai tempi del fascismo e dice che oggi la situazione è preoccupante.

[clip audio] La mucca non dà latte. Giacomone bacia Maometto. Parla Londra. Abbiamo trasmesso alcuni messaggi speciali.

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Quanto sopra è un estratto dalla Zanzara di ieri.

Non se avete capito... Il semplice fatto di aver pronunciato la parola "fascismo" rende Matteo Colaninno una sorta di partigiano che per coerenza dovrebbe andare in montagna a preparare la rivoluzione, con la radiolina sintonizzata su Radio Londra, come ai tempi della seconda guerra mondiale. Discorso del tutto analogo per Vattimo: decontestualizzando l'uso della parola "fascismo", il filosofo (di cui peraltro, come anche per Colaninno, io sono tutt'altro che un fan) diventa un guerrigliero da salotto.

Questo è il livello. Radio Londra... Insomma, riprendendo un po' il filo del post di ieri, c'è una specie di automatismo alla Zanzara di Cruciani che porta a ridurre a macchietta chiunque parli contro il cavaliere, e questo a me dà enormemente fastidio perché con questo atteggiamento si lancia un messaggio sbagliato e pericoloso (magari al di là delle reali intenzioni): osteggiare Berlusconi non si deve e non si può.

Chi pensa che il cavaliere non faccia il bene dell'Italia, chi disapprova le sue parole, i suoi metodi, la sua gestione del potere, la sua influenza sui media, chi pensa che un altro mondo è possibile, alla Zanzara viene maltrattato, assurdamente tacciato di avere pregiudizi, di esprimere cieco odio. E' una cosa senza senso, e io penso che questo sia il principale difetto di una trasmissione che per molti altri versi potrebbe diventare il talk show del decennio.

Alla fine la questione che pongo è di equilibrio (equilibrio, non equidistanza) nel commentare i temi che alla Zanzara tante volte c'è, ma che su Berlusconi, misteriosamente, viene sempre sempre sempre a mancare. Verso il cavaliere è d'ordinanza il guanto di velluto, mentre per i suoi oppositori è costantemente pronto il colpo di sciabola. Tutto ciò mi deprime, mi rattrista, e mi irrita quanto un caffé senza zucchero, o la birra senz'alcool.

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PS: avete presente quando Cruciani due giorni fa, intervistando Rocco Buttiglione, ha detto che la figura del Papa gli mette soggezione? Non vorrei che fosse questo il problema. La soggezione.

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The Clash, "London calling" (1979).




London calling to the faraway towns
Now that war is declared, and battle come down
London calling to the underworld
Come out of the cupboard, all you boys and girls


martedì 8 settembre 2009

Svegliatemi quando settembre finisce

Con la trasmissione di ieri, alla conduzione della Zanzara è tornato, particolarmente baldanzoso e garrulo, Giuseppe Cruciani, dopo che questi per diverse settimane si era dato alla macchia. Ma, in un certo senso, è come se non se ne fosse mai andato.

Non erano ancora finiti i titoli del TG2, manco il tempo di pronunciare qualche parola di circostanza per celebrare l'avvio di una nuova stagione zanzaresca, che lui, Cruciani, sempre più vecchio, sempre più uguale, già scatenava la sia ironia sul “clima berlusconiano oppppppprimente per la libertà”. Madonna santa che spreco di fantasia. Siamo sempre lì, fermi, inchiodati sulla linea del piave negazionista, sempre lì con l'elmetto a difendere la tesi dell'insignificante anomalia laterale, scambiando un più che legittimo disagio per lo scarso pluralismo dell'informazione televisiva e l'inquietudine per l'inasprirsi dei rapporti tra il cavaliere e la stampa non amica come l'effetto di un irreale delirio collettivo.

Che noia, che barba, che barba che noia... Mai un passo avanti, mai un passo indietro, mai un passo in una qualsiasi direzione. La Zanzara rimane sempre imbullonata alla linea dell'anti-antiberlusconismo che ormai aleggia nell'etere come un vessillo di guerra, filo conduttore e collante tra tutti i temi, unico faro in un mare di incertezze.

Non importa quello che Berlusconi può dire o fare. Non importa neppure se supera abbondantemente la soglia del ridicolo nel momento in cui dice (è successo ieri) di “non aver mai usato il potere per scopi personali”. No, l'importante è tenere alta la bandiera: io, Giuseppe Cruciani, non sono berlusconiano, ma soprattutto, è questa è la sola che conta, non sono antiberlusconiano, e non passerà giorno senza che manchi di dimostrarlo.

Questa sì che è un'ossessione. Anzi di più, è quasi un tic ossessivo compulsivo. E' un bisogno, una dipendenza, una necessità, quella di non essere mai scambiato per antiberlusconiano, che raggiunge livelli tali da sfiorare il ridicolo. Ieri, ad esempio, la scontata, inevitabile, inesorabile equiparazione tra il "giornalismo all'olio di ricino" (definizione di Antonio Polito, solitamente citatissimo da Cruciani, tranne quando non gli fa comodo) di Vittorio Feltri, relativamente al caso Boffo, e la campagna di Repubblica sui vari scandali di Berlusconi è stata un insulto all'intelligenza di chiunque abbia due occhi per guardare, due orecchie per sentire, due mani per toccare, e due neuroni per pensare.

Ma l'apice, ieri, lo si è raggiunto quando Cruciani, quale dimostrazione che in Italia non c'è nessuna “opppppprimente cappppppppa berlusconiana”, ha ricordato come il regista Michael Moore, e il caudillo venezuelano Hugo Chavez siano stati accolti con tutti gli onori e applauditi al festival del cinema di Venezia. Già solo il fatto di mettere sullo stesso piano Michael Moore e Hugo Chavez è imbarazzante, da mettersi le mani nei capelli. Ma poi cosa c'entrano quei due con la concentrazione di potere di Berlusconi e con il suo modo di rapportarsi con la stampa, perché la loro presenza al Lido dovrebbe in qualche modo incidere sulla percezione dell'impatto di Berlusconi sulla vita pubblica. Ma di cosa stiamo parlando…

E poi, sempre riguardo la puntata si ieri, a rendere il tutto ancora più indigesto è pure arrivato il solito molesto Vittorio Sgarbi, con le sue fesserie sulla pale eoliche, con il suo turpiloquio (che non essendo inserito in un contesto sarcastico risulta solo sgradevole), e con tutte quelle considerazioni sproporzionate (che oggi francamente non ho neanche la voglia di approfondire), tra il delirante e il demenziale, che ti portano a chiedere come possa una mente in apparenza così brillante partorire dei pensieri così grevi.

Io non lo so... Ho sempre pensato che la Zanzara fosse una trasmissione stimolante, ideale per raffrontare i miei pensieri con quelli degli altri. Ma quando la fissazione per l'anti-antiberlusconismo diventa così prevalente, così imperante, così acritica, in ogni parola, in ogni domanda, in ogni risposta, in ogni ridacchiatina, in ogni bah e in ogni mah, io mi chiedo se tutto questo impegno, questa passione, questa voglia di esserci e di esprimersi abbiano ancora un senso.

Ma forse la colpa è anche mia o soprattutto mia... In queste ultime settimane senza Cruciani mi sono adagiato un po' troppo, ho abbassato la guardia, e mi sono lasciato trovare psicologicamente scoperto. Fatto sta che la puntata di ieri ha riaperto ferite talmente grandi che non so quanto tempo mi ci vorrà per vederle nuovamente riassorbite.

Se tutto questo assomigli più ad una fine piuttosto che ad un nuovo inizio ancora non so dirlo. Quello che so è che ora non ho voglia di pensarci, né di farmi venire il mal di pancia o il sangue agli occhi. Ciò che desidero ora è solo fiondarmi in un letto, sotto un lenzuolo di seta, e dormire ininterrottamente per un mesetto o giù di lì. Svegliatemi quando settembre finisce.

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Green Day, "Wake me up when September ends" (2004).




Summer has come and passed
The innocent can never last
Wake me up when September ends


lunedì 7 settembre 2009

La manutenzione in montagna

Nell'ultima puntata del suo ciclo bisettimanale, Alessio Maurizi non mi ha dato spunti per approfondire ulteriormente i temi principali degli ultimi tempi senza essere ripetitivo. In attesa del ritorno di Giuseppe Cruciani, pubblico un "fill-in" (del tutto slegato dalla Zanzara ma comunque molto interessante) a firma di Paolo, stimolato dalle notizie di frane, nubifragi e allagamenti avvenuti alcuni giorni fa in Friuli.

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[Questo post è a firma di Paolo]

Nei bar che Cruciani non frequenta gli avventori spesso non hanno il tacco dodici e la minigonna, ma jeans e scarpe da ginnastica, e può capitare di sentir parlare de:

LA MANUTENZIONE IN MONTAGNA

Sono un frequentatore delle montagne del Nord Est e, negli ultimi anni, ho notato come, in particolar modo nell'alto Friuli, ma non solo, si stiano effettuando molti lavori su torrenti e boschi. Tali interventi immagino debbano essere almeno parte della risposta ad eventi anche catastrofici verificatisi in queste zone in un passato recente (alluvioni ed incendi boschivi).

Nessuno di questi interventi ha la dignità di una grande opera, ma, complessivamente, si percepisce una dimensione dell'impegno di tutto rispetto. Anche in questo caso, però, la vena polemica che mi contraddistingue mi porta a prestare attenzione a come vengono effettuati i lavori, alla loro utilità e, conseguentemente, al cui prodest.

La premessa indispensabile al ragionamento è la seguente: vi sono zone di montagna in cui, per vari motivi (non ultimo una politica poco avveduta di taglio di servizi) ha contribuito allo spopolamento delle valli. L'effetto collaterale è che è venuta meno gran parte della manutenzione del bosco e della pulizia del sottobosco che gli abitanti effettuavano, ricavandone legname per i propri usi. Questo legname attualmente rimane spesso sul terreno ed è mezzo di propagazione di incendi se secco, di intralcio allo scorrere delle acque nei greti dei torrenti dove può accumularsi.

Le conseguenze si sono già viste nel passato recente con il manifestarsi di alluvioni ed incendi con frequenza e proporzioni superiori al passato "storico". Da qui l'esigenza di intervenire per ovviare al problema, mettendo mano ai corsi d'acqua ed ai boschi.

L'intervento sui torrenti viene normalmente realizzato creando delle strutture che rallentano la corsa delle acque in caso di piena: un tempo si usavano le briglie, sorta di grossi e larghi gradini in cui l'acqua perdeva velocità precipitando nella cascata che vi veniva realizzata e dove era semplice asportare detriti e ramaglie nei punti di minore profondità. Adesso si preferisce invece realizzare dei piccoli invasi normalmente asciutti, chiusi a valle da una diga che presenta un "taglio" centrale a tutta altezza per il deflusso dell'acqua.

La diga ha l'effetto di limitare il flusso dell'acqua, in caso di grosse precipitazioni, trattenendone una parte nel proprio invaso, ma è meno semplice da mantenere pulita e inoltre, in caso vi siano ramaglie o sporcizia nel greto, può diventare pericolosa in maniera evidente, in quanto il taglio tende ad ostruirsi, favorendo il riempimento dell'invaso, salvo sbloccarsi rovinosamente quando la pressione riesce a spezzare i rami, creando una valanga d'acqua. Che potrebbe ripetersi a catena negli invasi a valle… Gli esiti possono essere catastrofici: la frana di Borca di Cadore di quest'estate pare possa avere avuto una simile origine almeno come concausa.

L'intervento sui boschi viene invece realizzato attraverso la messa in opera di nuove strade sterrate in funzione tagliafuoco e per facilitare il veloce raggiungimento di eventuali incendi. In alcuni casi queste strade corrono in prossimità o parallele ai vecchi percorsi delle carrarecce create negli anni '30 per supportare la logistica delle fortificazioni del vallo littorio (opere spesso notevoli e che, ben lungi da ogni nostalgia, meriterebbero un restauro ed una valorizzazione) o ad altre carrarecce che avrebbero molto beneficiato di adeguata manutenzione, risultandone un inutile doppione meglio percorribile. In altri casi sono state intagliate in pendii molto scoscesi, dove le radici degli alberi (tagliati e portati via nella realizzazione) hanno una grande valenza nel mantenere consolidato il terreno e compromettendone quindi realisticamente la stabilità.

Perché non si è riutilizzato, consolidandolo, il vecchio sedime stradale, dove ne esisteva uno? Perché si sono abbandonate le vecchie briglie? Vorrei sbagliarmi, ma, come ho già detto sono (diventato) tendenzioso.

Le nuove soluzioni tecniche, che non mi paiono né le più economiche, né ottimali per la soluzione dei problemi che dovrebbero affrontare ed addirittura potenzialmente pericolose, sono invece probabilmente quelle che permettono al realizzatore di ottenere il maggior beneficio economico: dallo scavo degli invasi è possibile ricavare ghiaia ormai preziosa per i cementieri, dal taglio degli alberi legname spesso pregiato. Inoltre, la presenza delle nuove strade, vietate al traffico ma non sbarrate e poco sorvegliate, è sicuramente gradito ai proprietari delle baite ed ai loro clienti che così vi possono accedere più facilmente in macchina. Tutti obiettivi che poco hanno a che vedere con la sicurezza ambientale, e che vengono invece perseguiti molto più di questa.