mercoledì 23 dicembre 2009

Canto di Natale

Era un uomo senza scrupoli. La sua vita era basata sul potere e il successo. Finché un proiettile non lo costrinse a riflettere.

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Qualche giorno fa Giuseppe Cruciani, conversando in diretta con Luca Telese, ad un certo punto ha esclamato qualcosa del tipo “come sarebbe bello poter parlare di storia e non delle miserie quotidiane”. Ecco, ieri mentre ascoltavo le sciocchezze (opportunamente stigmatizzate dal conduttore della Zanzara) pronunciate da Maurizio Gasparri e da Francesco Barbato, talmente immani che non ho neanche voglia di riportarle (seguite i link se non sapete cosa hanno detto), ho avuto una reazione di nausea. Basta con queste miserie quotidiane. Basta. Da qui all'epifania non voglio più saperne. Almeno a Natale voglio sollevare la testa da questa puzzolente fanghiglia amorfa.

Stavo quasi per spegnere la radio quando, per nulla inattesa a dire il vero, è arrivata la notizia, letta in tempo reale dal Crux, del supremo perdono. Il sommo cavaliere, Silvio Berlusconi, nella sua infinita indulgenza, ha perdonato il suo attentatore. Non che il Tartaglia per questo eviterà la scure della giustizia terrena, sia chiaro, ma potrà farlo scevro dei sensi di colpa, e forte della grazia cristiana della vittima.


Canto di Natale


Ora, non prendetemi sul serio, perché non sono certo un allocco. Che sia tutta una mossa studiata dal premier e dal suo staff, frutto del desiderio di imprimere nell'immagine del premier un'aura di semi-divinità, benevola e candida, da vero leader del "partito dell'amore", incapace di provare rancore, lo capisce anche un ragazzino di prima media. Tuttavia, almeno fino a quando non sentirò Berlusconi tornare a sproloquiare le solite enormità, e a produrre nuovi strappi istituzionali conditi da qualche barzelletta greve, voglio dare un senso a questa atmosfera natalizia sforzandomi di pensare/sognare/illudermi, come farebbe un bambino che ancora crede a Babbo Natale, che da tutta questa storia di violenza e di follia possa uscirne qualcosa di buono: un premier con una personalità tutta nuova, un uomo diverso, un individuo incredulo del suo passato.

Un po' come capitava al personaggio interpretato da Harrison Ford nel film "A proposito di Henry" (sì, lo so che sarà la terza volta che cito questa pellicola. Ao', mi è piaciuta, nun me rompete), un avvocato cinico, insensibile, e senza scrupoli, che dopo essere stato ferito gravemente da un colpo di pistola si risveglia dal coma senza memoria, ma con un temperamento generoso e altruista, radicalmente diverso dal precedente. Una trama che, se volete, riecheggia la conversione e il pentimento del tirchio ed egoista Scrooge nel "Canto di Natale" di Charles Dickens.


A proposito di Henry


Sì, sì, siiiiiì, lo so benissimo che tutto ciò è solo una pia illusione. Ma, ripeto, è Natale. Lasciatemi fantasticare in libertà. Anzi, fatelo pure voi, che una piccola fuga dalla realtà, qualche volta, è assolutamente salutare.

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La storia di un uomo che aveva tutto, ma che trovò qualcosa di più.

(Slogan promozionale del film "A proposito di Henry". Idem per la frase ad inizio post)

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Ci rivediamo dopo l'Epifania, cari amici. A tutti voi, Buon Natale e Felice Anno Nuovo.

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Metallica, "The Unforgiven" (1991)




What I've felt
What I've known
Never shined through in what I've shown
Never free
Never me
So I dub thee unforgiven...

martedì 22 dicembre 2009

The day after tomorrow

Poche righe veloci oggi perché difficoltà logistiche mi limitano tempi e spazi.

L'unico tema politico minimamente nuovo trattato ieri alla Zanzara, anche se da un altro punto di vista è in realtà vecchio e stravecchio, è quello dell'inciucio, o compromesso, o come cavolo lo si vuole chiamare, tra PDL e PD per fare le riforme, tornato in auge a seguito a recenti dichiarazioni di Massimo D'Alema.

Sappiamo bene che Cruciani, pur essendo uno di quelli che non avrebbe niente da ridire se le riforme venissero fatte a colpi di maggioranza, vedrebbe di buon occhio un tale scenario, come ha lasciato trapelare anche ieri. Quel titolo "Forza inciucio" sparato a nove colonne dal Riformista di domenica 20 dicembre credo che lo rappresenti benissimo.

Io la penso diversamente. Credo che finché Berlusconi sarà sulla scena di riforme serie non se ne vedranno perché le controversie, sensate o insensate che siano (per me sono sensatissime), legate al dubbio che Berlusconi cambi le regole del gioco non nell'unico interesse del paese, ma perché influenzato in parte dai suoi interessi personali e in parte da quelle sue malcelate tendenze cesaristiche, non consentiranno mai, neppure alla più moderata delle opposizioni, di arrivare al dunque, alla meta finale, alla firma indelebile sul compromesso. Nessun inciucio si consumerà.

Questo, signori miei, è il vero motivo numero uno per cui ha senso auspicare che Berlusconi vada in pensione alle Bermuda (non in conseguenza di atti illegali o violenti) il più presto possibile. Finché ci sarà lui, non ci saranno riforme. Possiamo discutere se ciò sia gusto o sbagliato, ma è così.

Attenzione: non si sta dicendo che le riforme magicamente troveranno un tappeto rosso loro innanzi un minuto dopo l'uscita di scena di Berlusconi, perché non v'è alcuna certezza che sarà così. Si sta dicendo che con Berlusconi in campo il tappeto rosso non ci sarà mai. L'uscita di scena di Berlusconi, che non sembra in vista né oggi, né domani, ma solo in un metaforico e lontano dopodomani, rimane condizione necessaria, anche se non sufficiente, affinché l'Italia possa per lo meno ipotizzare di fare un balzo in avanti.

E' un po' come avere per casa un cagnolino, scelto liberamente nel negozio di animali, amato e adorato da tre quarti della famiglia, che però impedisce di andare in vacanza perché quel quarto rimanente della famiglia pensa, a torto o a regione, che la bestiola rovinerebbe il viaggio. Amen, non si va in vacanza.

Avete voluto Berlusconi, cari italiani? Amen. Niente riforme. Lo sapevate che era cosi. Lamentarsene ora è patetico.

(Eh no, Cruciani, non ho paragonato Berlusconi a un cane. Era solo una metafora.)


Day After Tomorrow

lunedì 21 dicembre 2009

Parole in libertà

Sorvolo sulla Zanzara di venerdì 18 dicembre perchè altro non è stata se non un riecheggiare delle polemiche susseguite all'aggressione contro Berlusconi: dove sono le radici dell'odio, chi fomenta maggiormente il clima di violenza, le origini dell'antiberlusconismo, eccetera, eccetera, eccetera.

Quel che avevo da dire in merito io l'ho già detto e francamente comincio ad averne un po' le scatole piene. Si è fatto e si continua a fare una speculazione politica mortificante su quello che è successo, un futile parlarsi addosso fumoso e fazioso, senza neanche degnarsi di aspettare l'esito dell'inchiesta che si è aperta da parte della magistratura e che sperabilmente getterà un po' di luce sul movente dello sciagurato attentatore Tartaglia.

Tutto quello che sappiamo con certezza è che un tizio ha scaravantato una statuetta sulla faccia del premier. Nient'altro. A chi ci ha ricamato sopra di tutto e di più, a chi ha cercato mandanti morali, a chi ha additato alla pubblica opinione i presunti seminatori di odio (suscitanto poi reazioni a loro volta esagerate, va detto), tra cui purtroppo devo annoverare il nostro Cruciani, io vorrei ricordare un caso emblematico: il 30 marzo 1981, il neo presidente degli stati uniti Ronald Reagan venne raggiunto da un colpo d'arma da fuoco esploso da un certo John Hinckley. Movente: far colpo sull'attrice Jodie Foster della quale Hinckley era invaghito. Tutto vero. Meditare, gente, meditare...

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Oggi vi propongo solo due cosucce da poco.

La prima. Offro dieci euro via Paypal a chiunque stasera entri in diretta e dica la seguente frase: “non ho mai conosciuto uno che leggesse Libero” (o il Giornale, o Panorama, o un qualunque altro organo di stampa afferibile all'area berlusconiana) “che non mi sembrasse un perfetto cretino”. Poi, se volete, fingete di edulcorare un po' la cosa aggiungendo un “so di sbagliarmi”, senza omettere però un bel “la ricerca continua”.

Perché?, vi chiederete... Perché no?, ribatto. Così, per divertimento, per sentire la reazione di Cruciani di fronte ad un asserzione di tale stampo. Non lo trovate divertente? No? Beh, Filippo Facci, una provocazione analoga l'ha trovata irresistibile (vedi finale del suo pezzo su Libero di sabato 19 dicembre).


Facci


Secondo spunto. Piccolo sondaggio: come vi ponete nei confronti delle parole decisamente pesanti che Marco Travaglio ha rivolto a Cruciani nell'editoriale di ieri sul Fatto?


Trav


Io seguo sempre con grande interesse i pezzi di Travaglio, ma quando penso che sbagli non mi faccio problemi a dirlo. E cosi è stavolta. Criticare si può e si deve, ma insultare senza mezze misure vuol dire solo recitare la parte dell'antieroe in occhiali scuri e giubbotto di pelle che come un carrarmato non si ferma davanti a nessuno. Il suo giornalismo al vetriolo non è molto più proficuo quando prende delle affermazioni altrui e le smonta pezzo per pezzo? Se lo fa così bene, perché, mannaggia, non si limita a fare quello?

venerdì 18 dicembre 2009

La lettera scarlatta

E' ufficiale: Curzio Maltese è il nuovo nemico numero uno di Cruciani, tra i colleghi opinionisti, e d'ora in poi ogni suo articolo, ogni sua comparsata in TV sarà messa sotto il microscopio dal conduttore della Zanzara. Va detto che tutta questa attenzione nasce non solo dalla disapprovazione per i ragionamenti proposti dal giornalista di Repubblica, ma anche dal risentimento per l'accusa pubblica rivolta da Maltese a Crux nel suo ultimo libro, di essere un “berlusconiano”. Il conduttore della Zanzara ha un po' il dente avvelenato. Ma veniamo alla critica di ieri: “Maltese non può sostenere che Fabrizio Cicchitto, in quanto ex iscritto alla P2, farebbe meglio, per coerenza, a non parlare di violenza nella politica. Essere stati iscritti alla P2 non può diventare un marchio d'infamia” ha tuonato Cruciani.

Nel merito, è una considerazione che, in riferimento al caso specifico di Cicchitto, il quale ha abiurato la sua affiliazione alla loggia massonica di Licio Gelli, trovo condivisibile. Per "altri" che, invece, hanno sempre fatto un po' gli gnorri su questo tema, beh, una piccola lettera scarlatta mi riesce difficile non vederla stampata non sul petto ma in fronte. Mi spiace, ma per quel che mi riguarda è così.

Detto ciò, e dopo aver puntualizzato che, indipendentemente dalla P2, la mia disistima per Cicchitto rimane totale, specie dopo quel che ha detto alla Camera qualche giorno fa, vorrei permettermi di consigliare a Cruciani di non farsi tentare dalla voglia di usare il suo microfono come un metaforico randello per prendersi qualche piccola soddisfazione personale, perché non è proprio il caso. Su, su, sia superiore.

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Dopo un certo numero di scontri dialettici, sereni ma decisi, ieri Giuseppe Cruciani e Luca Telese sono tornati a recitare il ruolo degli amiconi che si bevono la birra insieme al bar, con rutto libero.

E' stato facile. Dopo qualche edulcoratissimo reciproco distinguo sul tema della P2 (Crux: “essere stati iscritti alla P2 non significa nulla”; Telese: “Però la P2 non era un club di bocce”; inutile dire che per me ha ragione Telese-for-president), i due amigos sono passati ad un argomento su cui la pensavano allo stesso modo, e cioè la stupefacente dichiarazione del presidente del Senato Renato Schifani secondo il quale gli estremismi su Facebook sarebbero più pericolosi di quelli degli anni '70 (Crux: “ridicolo”; Telese: “Schifani è ubriaco”).

Sono stati sei-sette minuti di puro cabaret, conditi comunque da qualche riflessione interessante sull'assurdità dell'ipotesi di oscuramento di siti web "estremisti". Ciononostante, continuo a prediligere le volte in cui i due amigos si rintuzzano a vicenda, rispetto a quelle in cui tubano come due piccioncini.


Scarlet Letter


E sì, certo, l'ho sentito l'elogio in diretta all'Anti-Zanzara (audio). Ringrazio, naturalmente, anche se io l'opinione che del blog è stata espressa ieri dal conduttore e da Telese già la conoscevo. Spero solo che coloro che hanno sempre male interpretato il concetto del blog, magari basandosi unicamente sul fatto che il suo nome contiene il prefisso "anti", e senza mai averne letto il manifesto, si rendano finalmente conto di cosa si sta cercando di fare qui. Un po' di esegesi del Crux-pensiero, un po' di analisi, un po' di contro-commento, senza troppe pretese. Un piccolo scoglio che magari, come cantava qualcuno (no, non Bonaiuti...), non potrà arginare il mare, ma che può fungere da approdo per chi si trova in balia di certe onde.

E' tutto. Vado sul solito cubo a farmi una macarena. Ciao...

giovedì 17 dicembre 2009

La teoria del tiranno

Che Giuseppe Cruciani abbia sentito l'esigenza di dedicare, alla Zanzara di ieri, moltissimo spazio all'inverosimile teoria in base alla quale l'aggressione alla quale l'aggressione a Berlusconi sarebbe una gigantesca montatura mi fa un po' specie, visto che, a parte Gianni Vattimo, di cui conosciamo le varie stravagenze intellettuali, nessun esponente politico, nessun opinionista, nessuno organo di stampa dà il benché minimo credito a questi teoremi da romanzo d'azione.

Quindi, qual era il punto? Che cosa voleva dimostrare il Crux? Lo sappiamo benissimo che c'è gente che pensa che l'11 settembre sia tutta una montatura, o che l'uomo non sia mai andato sulla Luna, o che giornalmente degli aerei diffondano "scie chimiche" per avvelenare la popolazione. Sono i complottisti di professione alla ricerca spasmodica di attenzione. A che pro dar loro soddisfazione? Lasciamo che si divertano, diamo un'alzatina di occhi al cielo, stendiamo un velo pietoso, e passiamo oltre. No?

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Negli ultimi giorni diversi editorialisti hanno sollevato quella che da qui in giù chiamerò "la teoria del tiranno", cioè il concetto in base al quale chi addita un leader come tiranno apre la strada al tirannicidio: il primo è stato Antonio Polito sul Riformista, seguito poi da Marcello Veneziani sul Giornale e dal ieri osannatissimo (com'era prevedibile) Luca Ricolfi sulla Stampa, sebbene il copyright sulla teoria del tiranno vada comunque assegnato al nostro Cruciani, visto che questi esprime lo stesso concetto già da parecchio tempo.

Con la teoria del tiranno si propone la tesi che un'aggressione o un attentato abbia responsabilità indirette in chi derubrica un legittimo avversario in "figura da abbattere" (che poi Cruciani dica di non apprezzare il concetto di mandante morale mi fa ridere, visto che nei fatti tale concetto lo fa suo eccome).

E' il caso di fare qualche osservazione su questo discorso. La teoria del tiranno, finché si rimane su un piano astratto, filosofico, dottrinale, fila liscia. Ma nel momento in cui si passa al piano del concreto, l'idea che nell'anno del signore 2009 una persona in possesso delle proprie facoltà mentali, abitante in una nazione dove vige una democrazia liberale, possa coscientemente decidere di attentare alla vita di un leader politico dopo aver inteso alla lettera le parole di chi sostiene (come metafora, come paradosso, come insulto, come voluta esagerazione) che tale leader è un tiranno, secondo me è totalmente irrealistica.

Se invece parliamo di persone psicolabili, beh, le cause di eventuali loro comportamenti aggressivi vanno cercate nei loro neuroni interrotti, perché ricostruire possibili catene causa/effetto in questi casi è impossibile.

Ma così, per gioco, prendiamo per buona la teoria del tiranno e vediamo cosa succede sostituendo la parola "tiranno" con "mostro", o "bestia", "assassino" o "stupratore", "babau", e vediamo cosa succede.

Pensiamo ad un cittadino che tutti i giorni, per mesi e mesi, ascolta sul TG5 e su Studio Aperto notizie di stupri, omicidi, rapine, violenze operate da immigrati. Mai una volta che siano gli italiani a delinquere, sono sempre gli stranieri. Poi sui quotidiani ogni giorno legge interviste di esponenti politici destrorsi e leghisti che associano continuamente l'insicurezza con l'immigrazione. Poi su Radio Padania sente quotidianamente che gli immigrati portano criminalità, malattie, disoccupazione, e che bisogna cacciarli, emarginarli, “ammazzarli” (lo disse una volta Piergianni Prosperini), “distruggerli” (Giancarlo Gentilini) . Finché un giorno un ragazzo di colore prova a rubargli dei biscotti dal negozio e lui lo prende a bastonate. Ebbene, applicando la "teoria del tiranno babau", perché non dovrei credere che ogni aggessione contro un immigrato non sia da imputare indirettamente a TG5, Studio Aperto, Radio Padania, e al centrodestra?

Magari molti mi diranno "infatti è così". Io invece non lo penso affatto (la xenofobia esiste indipendentemente da Tg5, Studio Aperto, Radio Padania e dalla politica), e di sicuro non lo pensa neppure Cruciani. Quindi mi chiedo: non c'è contraddizione tra l'avallare la teoria del tiranno e non la teoria del babau?

Oh sì che c'è. Ed è pure bella grossa.

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Ma chi è il tiranno? Ce lo dice Paolo Rossi, da "Parla con me" :-)




mercoledì 16 dicembre 2009

Il paese dei pugili guerci

Chiunque abbia ascoltato sia la Zanzara di lunedì che quella di ieri non può non aver percepito, in quest'ultima, un leggero smussamento nelle valutazioni di Giuseppe Cruciani sul presunto humus da cui sarebbe scaturito il gesto violento contro Berlusconi. Non che Crux abbia cambiato idea, sia chiaro. Però ieri ha sentito l'esigenza di prendere esplicitamente le distanze dallo sconcertante j'accuse di Fabrizio Cicchitto alla Camera contro i presunti mandanti morali dell'aggressione a Berlusconi, individuati nel gruppo Repubblica, nel Fatto Quotidiano, nel “terrorista mediatico Travaglio” , in Santoro e nel partito dell'Italia dei Valori.

Ebbene, a questo punto, però, credo che Cruciani farebbe bene a riannodare un po' i fili del suo pensiero, perché c'è qualcosa che non torna nei suoi ragionamenti. Se pensa che la violenza contro il premier sia figlia del clima d'odio (Crux: “Non sono sorpreso di quanto avvenuto a Milano”) e se ritiene che Di Pietro con i suoi riferimenti al Berlusconi "dittatore" abbia contributo a fomentare tale clima (Crux: “I dittatori vanno abbattuti con la forza”), la conclusione del sillogismo è la stessa a cui giunge Cicchitto. Quindi perché dissociarsene, se nella sostanza la si pensa allo stesso modo?

Una risposta a questa domanda non ce l'ho. Forse manca un po' di coraggio delle proprie idee, forse non si vuole apparire troppo di parte, o forse non si è poi così convinti di essere nel giusto. Non so, e in fondo di mettermi a psicanalizzare Cruciani francamente non è che poi ne abbia tutta 'sta voglia.

Il punto che secondo me Cruciani manca è questo. Che molte esternazioni di Di Pietro (Berlusconi come Videla, mafioso, fascista, ecc. ecc.) siano da stigmatizzare è giustissimo. Ma lo sono non perché tali esternazioni possano essere foriere di un inesistente clima violento da anni '70 (a questo proposito consiglio la lettura di un significativo post di Vittorio Zucconi sul suo blog), ma più banalmente perché la radicalizzazione estrema dello scontro politico (fomentata non dal solo Di Pietro, peraltro, visto che pure Berlusconi ci ha messo del suo, e alla grande, così come altri) impedisce un sereno dibattito tra le forze parlamentari, rende molto più accidentata la strada delle riforme e in ultima analisi danneggia e pone in stallo il paese. Stop. Il salto logico che porta a parlare del clima d'odio foriero di violenza è un'interpretazione soggettiva, opinabile, faziosa, catastrofista, nonché assolutamente non avallata da alcuna prova.

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Il mio contributo per oggi finirebbe qua, ma urge un'appendice. La commentatrice Francesca ha richiamato la mia attenzione su un articolo di Luca Ricolfi, apparso sulla Stampa di oggi, dove si critica l'antiberlusconismo viscerale e pregiudiziale, e si invoca un esame di coscienza, cosa che sicuramente farà gongolare il nostro Cruciani (toto-Zanzara: Ricolfi ospite, o, come minimo, lettura integrale o quasi del suo pezzo).

Che dire… Il pezzo è molto interessante e non è facile farselo scivolare addosso. Io non credo di rientrare in quel 5% di italiani (stima inclusa nel summenzionato articolo) visceralmente ostile al cavaliere e quindi non ritengo di avere alcun mea culpa da recitare (ammesso e non concesso che ci siano ragioni per farlo), e pur trovando condivisibili molte delle considerazioni di Ricolfi penso che qualche puntualizzazione sia necessaria. Ci torneremo magari domani, se, come credo, il sociologo torinese sarà la star della serata.

Quanto sopra doveva essere semplicemente un "cappello" al post vero e proprio, che oggi è ad opera di Paolo. Invece mi sono dilungato... Amen. Però ora mi metto nell'angolino e lascio la parola appunto a Paolo, che ci delizia col suo solito stile brillante e istrionico.

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[Da qui in giù il testo è a firma di Paolo]

Buongiorno.

Il coach mi raccomanda di gestire il match sino alla fine. Al gong gli lascio il centro del ring, cercando di tenere la distanza e di non farmi bloccare agli angoli. Accorcia e mi colpisce al corpo. Poi accompagno un suo diretto destro al fegato. Mi colpisce ancora, stavolta al viso. Paro con la guardia un gancio destro al corpo, ma non posso nulla contro il successivo colpo ancora al viso. Vado in clinch, l'arbitro ci separa. Devio il suo gancio destro al ventre in uscita. Cerco di guadagnare distanza ma lui si fa sotto. Paro con la guardia un diretto destro in allungo al viso. Poi mi finisce con un colpo che non vedo nemmeno partire. Nero. Vado giù. Nella nebbia vedo l'arbitro che conta ed i fari al soffitto.

Cosa avete letto? La sconfitta contro un formidabile pugile dotato di un formidabile destro? No, è la descrizione che lo sconfitto pugile guercio fornisce dell'ultimo round contro un avversario normale. Ma l'occhio cieco gli impedisce di vedere e gestire i colpi tirati di sinistro. Quindi la descrizione dell'incontro, oltre che essere parziale, è limitata e sbagliata.

Mi pare una buona metafora della situazione attuale: siamo il paese dei pugili guerci, in quanto nella nostra gran parte vediamo e gestiamo solo una parte dell'odio in campo: chi ricorda l'epiteto “mafioso” non ricorda l'epiteto “coglione”. Chi ricorda il “vadano a morire ammazzati” non ricorda il “Videla”. E via discorrendo. Non vediamo e non capiamo le ragioni della parte avversaria.

La trasmissione di ieri è stata caratterizzata da questo andazzo.

E, signore e signori, all'angolo destro, per il titolo dei medio massimi, con i calzoncini azzurri - pardon, del SUO colore :-) - lo sfidante GIUUSEPPEEEE CRUUUCIANIIIII!!!!”. Anche lui pugile guercio.

Era abbastanza ovvio che gli interventi degli ascoltatori fossero segnati in questo senso. Cruciani ogni tanto prova a parlare di clima d'odio tout court, come sarebbe corretto, ma riprecipita subito (credo inconsciamente) nel solo odio contro Berlusconi. Non vede e non capisce i motivi dell'opposizione, ma solo quelli della sua parte. Arriva a fine trasmissione a valutazioni grottesche, parlando dell'anomalia italiana il cui parlamento sarebbe l'unico occidentale ad ospitare ex iscritti al Partito Comunista (senza faticare ricordo che la Francia ne ha, addirittura non ex, addirittura sotto le vecchie bandiere del PCF). Da buon guercio non si accorge di non considerare anomali i parlamentari ex REPUBBLICHINI altrettanto presenti nel parlamento italiano e che talvolta ha invitato in trasmissione.

Ma anche, sempre da guercio, all'inizio non riesce a distinguere un giornalista che riporta (tendenziosamente) fatti reali e documentati come Travaglio, da uno che diffama riportando falsità come Feltri

Da parte mia credo che piuttosto di dire fesserie e passare per stupidi o faziosi, sarebbe meglio regolarsi o tacere. Anche perché il pugile guercio, non vedendo partire metà dei colpi, finisce con l'incassarne troppi e soccombe. Guercio, sconfitto e suonato. Non è bello il futuro per l'abitante del paese dei pugili guerci.

Saluti

Paolo "Marvellous" Hagler

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Sigla (ottima scelta di Paolo): "The boxer", Simon & Garfunkel (1969)




Still a man hears what he wants to hear
And disregards the rest...


martedì 15 dicembre 2009

Radio 24, ore 18.35: Annozero

Ieri su Radio 24, dalle 18:35 alle 21 è andato in onda Annozero. Sì, Annozero. Un Annozero un po' particolare, diciamo un Annozero all'incontrario, ma il sapore, l'aroma, il profumo del giornalismo da processo mediatico era esattamente lo stesso. Uguale, identico, tale e quale.

Giuseppe Cruciani ha fatto il Michele Santoro, Filippo Facci, ospite non per i soliti 5 minuti ma per mezza puntata, ha recitato il ruolo di Marco Travaglio…

(Aperta parentesi. Metafore a parte, Filippo Facci sembra davvero un Marco Travaglio "dall'altra parte dello specchio". Filippo vive, sprecando – se posso permettermi - buona parte del suo grandissimo talento, di antidipietrismo almeno quanto Travaglio vive di antiberlusconismo. E quando dico "vive", parlo di soldi, quattrini, pecunia. E' un po' come per quegli attori dalle notevoli doti che però recitano solo nei cinepanettoni. Chiusa parentesi.)

…e Luca Telese è entrato nel ruolo di chi tiene alta la bandiera dell'altra parte, diciamo un Belpietro, o un Porro, per garantire un minimo di contraddittorio.

Annozero all'incontrario, sì, insisto, perché ciò che è andato in onda ieri è stato un colossale processo mediatico, tanto deprecato quando a condurlo sono "quegli altri", contro Antonio Di Pietro.

Ora, mettiamo qualche puntino sulle i. Ho già sostenuto ieri che Di Pietro ha sbagliato a rilasciare quella famigerata dichiarazione subito dopo l'aggressione a Berlusconi, ma non ho circostanziato il giudizio. Lo faccio ora. La parola scelta, “istigatore”, riferita ovviamente al premier, e con la quale in sostanza proprio a quest'ultimo viene affibbiata la colpa di quanto successo, annulla automaticamente tutto ciò che di potenzialmente condivisibile l'ex pm può aver detto a contorno (lo stesso vale per Rosy Bindi e per quel suo “non faccia la vittima”), con l'aggravante di aver scelto un timing clamorosamente inopportuno (pochi minuti dopo i fatti).

Detto ciò, il messaggio che è stato veicolato ieri in trasmissione, anche se non è stato mai detto esplicitamente (ma quasi... Cito Cruciani, non testuale ma è come se lo fosse: “non sono sorpreso da quello che è successo, sono due anni che mi batto per mettere in luce l'odio antiberlusconiano impersonificato da Di Pietro”), e cioè che a mettere la statuina del duomo nella mano dell'aggressore, Massimo Tartaglia, sia stato, "moralmente", Antonio Di Pietro, come se di colpo la responsabilità avesse smesso di essere un concetto individuale, è qualcosa di totalmente irricevibile. E lo è per i motivi che Luca Telese, sempre più "for president", ha spiegato benissimo (essendo, al contrario di Cruciani, pratico nell'arte dell'argomentare) nel suo intervento telefonico ad inizio trasmissione, ricalcando i concetti già espressi in un post apparso sul suo blog, riassumibili nella seguente frase:

“Se si parte dall'attentato contro Berlusconi per provare a delegittimare tutti quelli che non sono d'accordo con Berlusconi, si compie un gesto di violenza. Se si prova a dire che criticare Berlusconi significa armare la mano di un pazzo contro di lui, si sospende la possibilità di criticarlo.”

Non si possono fare i processi alle intenzioni, signori miei. Pagina uno del manuale della democrazia. Se si prende questa china poi diventa difficile tornare indietro. Incolpare gli antiberlusconiani per l'aggressione al premier è come dire che la colpa di una stupro commesso da un rumeno va attribuita a tutti i rumeni, in quanto etnia portata alla violenza. Mi spiace, ma è così, e il suo inevitabile “ma cosa c'entra!”, caro Crux, glielo rispedisco al mittente, perché l'analogia ci sta tutta.

Ieri la “compagnia di giro” Cruciani & Facci (per usare un'espressione simpatica cara al lungocrinito Filippo) hanno sostanzialmente sostenuto questo assioma: “l'odio in politica esiste, ed è unidirezionale da sinistra verso destra, concentrato in particolare verso Berlusconi” (di nuovo, non è mai stato detto esplicitamente, ma posso portare esempi di frasi dette da cui si trae limpidamente tale conclusione). Ebbene, è una cosa ridicola. Ri-di-co-la. L'odio (parlo sempre di odio politico, che potrà essere disdicevole quanto si vuole, ma che fa parte del gioco) è bidirezionale. La sola differenza è che nella direzione "inversa" l'odio non si focalizza contro una persona, bensì contro l'entità "sinistra" in generale. Ma non cambia nulla. Tanti elettori votano a destra spinti dall'odio politico per la sinistra esattamente quanti votano a sinistra perché disdegnano Berlusconi e il berlusconismo.

E se di odio in politica vogliamo proprio parlare, questo è il punto in cui dovrei tirare fuori quello rivolto a immigrati e omosessuali, quell'odio che, al contrario di quello per Berlusconi, Cruciani non vede nemmeno col binocolo. Ma su questo oggi preferisco sorvolare perché bisognerebbe fare dei distinguo e diventerebbe troppo lunga.

Proviamo, quindi, per concludere, a tirare le fila del discorso. Chi, secondo me sbagliando alla grande, minimizza il dato di fatto che l'aggressione al premier è avvenuta per opera della singola e spontanea iniziativa di uno psicolabile, non riconducibile ad alcun movimento politico, e va a cercare spiegazioni e risposte (ripeto: sbagliando alla grande) specificatamente nel cosiddetto "clima d'odio", deve rendersi conto che la responsabilità di tale clima va distribuita equamente di qua e di là. Berlusconi incluso, naturalmente (e più che mai Di Pietro).

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Il post finirebbe qua, ma non posso non segnalare quattro perle meravigliose udite ieri. Due cantonate galattiche, entrambe del Crux, e due carinerie da nulla, una di Crux e una di Facci.

Prima cantonata è di Crux: “questo Tartaglia non era poi così squilibrato”. Cito da Repubblica (ma anche molte altre testate hanno la stessa notizia): “Nelle tasche e nella valigetta che Tartaglia portava con sé ieri gli agenti hanno trovato un bizzarro "armamentario": una bomboletta di spray urticante, una lastra in plexiglass di venti centimetri, un crocifisso in gesso lungo circa 30 centrimetri, un soprammobile in quarzo e un accendigas di grosse dimensioni”. Cosa gli manca per diventare squilibrato, una motosega portatile?

Seconda cantonata di Crux: “detesto quando qualcuno, per sostenere una tesi, tira in ballo i propri figli che fanno domande perché non capiscono, come fece una volta Concita De Gregorio con il proprio bambino di 10 o 11 anni. Nei giorni scorsi lo ha fatto Patrizio Bertelli, l'AD di Prada”. Parte l'audio (di un Bertelli particolarmente feroce con Berlusconi), e si scopre che il figlio ha 21 anni. VENTUNO! Grassa, grassissima risata. Un momento indimenticabile.

La carineria di Facci: “Di Pietro ha un certo fiuto nell'intercettare il pensiero degli psicolabili”. Wow…

La carineria di Crux: “Di Pietro mi fa schifo”. Il conduttore della Zanzara si riferiva ai concetti che l'ex PM esprime, non alla persona, ma secondo me "ai morsetti" cambia poco. Di cos'è già che si parlava ieri? Di odio?

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99 Posse, "Odio" (1993)




Io odio
Perché sfruttati si nasce magari ci si diventa
Però non lo si inventa
Io odio
E' un fatto di appartenenza...


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A causa di alcuni sgradevoli abusi, mi vedo costretto a dare un taglio definitivo ai commenti totalmente anonimi, vincolando la possibilità di commentare al possesso di un account Google (Gmail, Blogger, o un altro dei mille servizi Google). In altre parole, per lasciare un commento diventa necessario autenticarsi con le proprie credenziali Google. Questo, attenzione, non significa che bisogna necessariamente qualificarsi con nome e cognome. E' richiesto però farlo almeno con un nickname associato ad un profilo Google, così che in caso di reale necessità una qualche forma di rintracciabilità sia possibile.

Chi non ha un account Google può provvedere facilmente, bastano due minuti. Ci sono diversi modi per creare un account. Io qui di seguito consiglio quello che trovo più semplice. Ciò che serve è semplicemente un indirizzo e-mail già esistente (che assolutamente non comparirà mai nel blog), di qualunque dominio (libero, yahoo, hotmail, whatever), il quale sarà il vostro username dell'account Google. Non vi è necessità di creare un indirizzo nuovo.

Seguite questo link...

https://www.google.com/accounts/NewAccount

....e registratevi, scegliendo una password. Poi aspettate la mail di conferma, che contiene un link da cliccare per abilitare l'account.

Arrivati a questo punto, i vostri commenti qui nel blog sono già possibili. Appariranno con un nickname coincidente con la parte del vostro indirizzo e-mail che precede il simbolo '@'. Se per comprensibili motivi di privacy preferite che il nickname da visualizzare sia diverso, loggatevi in Google e modificate le impostazioni personali scegliendovi il nickname che volete. Se non trovate la pagina di configurazione giusta, copiaincollate il seguente link nel vostro browser (ovviamente sempre dopo esservi loggati in Google)...

https://www.google.com/accounts/EditUserInfo

...e valorizzate come desiderato il campo Nickname.

Se ritenete utile "fare una prova", procedete pure lasciando un commento a questo post. In caso di difficoltà, non esitate a contattarmi via e-mail.

E' tutto. Grazie per la comprensione.

Authan

UPDATE. Avviso: Blogger (la piattaforma di Google che ospita questo blog e milioni di altri) ha "abilitato il rilevamento automatico dello spam per i commenti". Se spedite un commento e questo non appare, al 99% è perché Blogger lo ha messo in quarantena nella zona Spam. Io posso sbloccare e pubblicare, ma non posso passare il mio tempo a controllare la cartella Spam ogni due per tre. Quindi magari fate prima a riscrivere il commento cercando di indovinare il motivo per cui è stato bloccato (non ho idea di quali siano i criteri).

lunedì 14 dicembre 2009

La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci

L'analisi più assennata che ho trovato stamattina in rassegna stampa, in riferimento all'aggressione subita ieri a Milano da Silvio Berlusconi, è quella di Mario Calabresi, direttore della Stampa, nonché figlio del commissario Luigi Calabresi, assassinato nel 1972. L'incipit del suo pezzo è questo: “Ci sono momenti in cui bisognerebbe abolire due parole: ma e però. L'aggressione di un uomo, in questo caso di un primo ministro, è uno di quelli.

Giustissimo. Se siamo persone civili, e non animali, al nostro premier deve andare la piena solidarietà, e la condanna per l'accaduto deve essere espressa senza distinguo. L'insinuazione che Berlusconi, in un certo senso, "se la sia cercata" è da respingere con fermezza, perché la violenza non si giustifica mai, e mai vuol dire mai. Come Isaac Asimov, grande autore di fantascienza, faceva dire ad un personaggio di uno dei suoi libri, "la violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci".

Detto ciò, siccome mai come in questi momenti la misura nelle parole è necessaria (e sono amareggiato nel constatare che Antonio Di Pietro, e in misura minore Rosy Bindi, abbiano sentito l'esigenza di distinguersi in tal senso), io mi limito ad osservare una sola cosa: coloro che si sono affrettati a stabilire che l'aggressione al cavaliere rappresenti il culmine di un "clima d'odio", marginalizzando gli aspetti legati al disagio psichico del responsabile del gesto (in cura da dieci anni), secondo me sbaglia. Se non altro perché chi si lancia in questo tipo di analisi sottintende che l'aver oltrepassato questo ipotetico punto di non ritorno sia frutto dell'atteggiamento di una sola parte verso l'altra, mentre qualunque osservatore onesto intellettualmente si rende conto che così non è. Se in Italia esiste un clima di contrapposizione esasperata (preferisco usare questa espressione, piuttosto che "odio") la responsabilità va ben spalmata lungo l'intero spettro politico.

Chi, dunque, blatera di odio, intendendo sempre e solo quello degli altri e mai il proprio, farebbe bene a comprendere che in tal modo non fa altro che contribuire indirettamente ad alimentare ciò che a parole, e solo a parole, si biasima. Urge esame di coscienza, sì. Ma collettivo.

Termino il commento facendo mia anche la chiusura del già citato pezzo di Mario Calabresi sulla Stampa di oggi: “Il presidente del Consiglio, a cui va la nostra solidarietà sincera, speriamo sia così saggio da capire che proprio lui - l'aggredito - ora può fare la differenza: può abbassare i toni e aprire la strada per un confronto più civile e rispettoso. C'è da augurarsi che anche tutta l'opposizione lo capisca e sia capace di isolare chi delira”.

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I fatti di ieri mettono in secondo piano i temi trattati dalla Zanzara di venerdì 11 dicembre. Era nelle mie intenzioni appoggiare Giuseppe Cruciani nelle sue critiche ad Adriano Celentano, per via di un suo articolo anti-nuclearista di stampo catastrofista apparso su Repubblica. E' del tutto legittimo essere anti-nuclearisti, ma non in quel modo, e sono dispiaciuto che un giornale prestigioso come Repubblica scelga di dare un tale risalto ad una voce che per forza di cose non è quella di un esperto, né quella di un addetto ai lavori, o di uno che si esprime con assoluta cognizione di causa e senza pregiudizi.

In secondo luogo, avrei voluto sottolineare come l'unica cosa che viene dimostrata dalla testimonianza, al processo Dell'Utri, di Filippo Graviano, il quale, come noto, non ha confermato le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, è che contro Berlusconi e lo stesso Dell'Utri non esiste alcun complotto dei magistrati, com'è di tutta evidenza (sarebbe il complotto peggio organizzato della storia).

Poi, volevo far presente come magari il dibattito sulla futura nuova legge che sancirà il divieto per le minorenni di farsi operare al seno per motivi estetici sia un tema più da "La vita in diretta" che da "Zanzara". O sbaglio?

Infine, l'idea crucianiana che in Italia ci siano già troppe leggi (vero), e che prima di farne di nuove bisognerebbe pensarci dieci volte (eh no, non si può farla così semplice) mi era sembrata di stimolo per azzardare un'analisi sul curioso rapporto che il conduttore della Zanzara sembra avere con il potere legislativo.

Ma, come si suol dire, sarà per un'altra volta.

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Il contributo multimediale perfetto (ottima imbeccata del commentatore Leonardo) per oggi è rappresentato dalla mitica scena di "Taxi Driver" nella quale Robert De Niro fa pratica con la pistola e recita il ruolo del duro parlando allo specchio, mentre nella sua mente sconvolta si fa strada l'idea di assassinare un senatore.




You talkin' to me?

venerdì 11 dicembre 2009

Compos sui

Oggi post doppio, del solito dinamico duo, Authan & Paolo. Siamo meglio di Batman e Robin.

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AUTHAN

Viviamo in tempi interessanti, ma cupi. Piove sui giusti e sugli ingiusti, e la follia dilaga in questo nostro bizzarro paese. Follia, sì, perché solo in essa riesco a trovare spiegazioni per tutto quello che è successo ieri, e di cui è stato dato conto alla Zanzara.

Ma se lo sfogo pubblico di un personaggio insulso come Fabrizio Corona e quello di una mummia ambulante come Franco Zeffirelli mi passano attraverso stimolando al più un passeggero aggrottar di sopracciglia, ciò di cui il "purtroppo" nostro presidente del consiglio si è reso responsabile al congresso del PPE di Bonn, e cioè la devastazione, la delegittimazione, lo sputtanamento pubblico, in un contesto internazionale, delle nostre istituzioni, suscitando peraltro la sacrosanta reazione risentita di tutte le più alte cariche dello stato (tranne una, il mansueto e docile Renato Schifani, che deve essersi nascosto da qualche parte pur di non dover commentare), ha invece lasciato il segno in me, che pur mi considero ormai vaccinato contro (quasi) tutto.

Per quanto si possa avere avere la scorza dura, e le "palle quadre" (giusto per usare una terminologia à la page), stare a sentire quello-lì che, come un caterpillar, dice dell'Italia che “la sovranità è in mano al partito dei giudici di sinistra”, mi ha fatto accapponare la pelle e torcere le budella. Quell'uomo non sta bene, credo che ormai lo si possa dire. Mi spiace scendere ad un simile basso livello di dialettica, ma il dubbio che ci sia sotto un fattore psichiatrico decisamente viene. E non solo a me.

“Faccio fatica a commentare sortite così inqualificabili, che riflettono tempi molto tristi. Certo, ognuno è responsabi­le di ciò che fa e dice e, nel caso di un politico, sta ai cittadini esprimere un giudizio. Ma stavolta ci sarebbe quasi da valutare anche se chi lancia questo genere di accuse sia davvero 'compos sui', vale a dire pienamente padrone di sé.”

Sono parole di Carlo Azeglio Ciampi, apparse stamani su Corriere. Glisserà su di esse il nostro prode conduttore della Zanzara, così come fece in occasione di un'altra dura intervista rilasciata dal presidente emerito a fine novembre? Vedremo.

Già, Cruciani... Siamo quasi in fondo al post e ancora non l'ho nominato. Sul caso Berlusconi, l'unico tema davvero di un certo interesse tra quelli affrontati ieri, il Crux ha fatto il suo compitino, senza far mancare qualche vellutata parolina di biasimo per la sortita del cavaliere. Ma il giorno che il nostro eroe capirà che Berlusconi va randellato (metaforicamente) senza pietà, alla stessa stregua di Di Pietro, con le canzonette, le musichine, il sarcasmo estremo, il ghigno, la derisione, e lo sberleffo continuo non sarà mai troppo tardi. Solo allora avremo per davvero il vero ronzio molesto di una Zanzara indisciplinata, e non il moscio valzer di un moscerino semi-addomesticato che abbiamo invece oggi.

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PAOLO

Buongiorno.

E' con gran gioia che in data di oggi addì 11 dicembre 2009, nel nome di Sua Radiosità e Consenso il Cavaliere Silvio Magno con le Palle, l'Immortale ed Invincibile Unico, io qui proclamo solennemente

il Dottor Giuseppe Cruciani

Gran Difensore e Cruciato dell'Armata Brancaleone


per aver grandemente, prodemente (prodemente? cosa cXXXo scrivi, comunista!) coraggiosamente ed astutamente difeso la Sacra Causa del Berlusconismo, della Mistificazione e del Confondimento nell'esercizio delle sue funzioni di conduttore radiofonico.

Mi pregio di ricordare solo alcuni meritevoli atti del Gran Difensore e Cruciato dell'Armata Brancaleone compiuti durante la trasmissione di ieri, non volendo esser esaustivo né risalire pria nel tempo.

Mentre tutti i pennivendoli d'Italia discorrevano sull'ennesimo attacco portato da Silvio Magno alle istituzioni, dell'ennesima conseguente frattura tra Silvio Magno ed il suo passato fedele scudiero ora presidente della Camera, della difesa del Quirinale, il Gran Difensore e Cruciato dell'Armata Brancaleone Cruciani discettava del vacuo caso Corona, che a dispetto del nome di regale nulla ha, nella trasmissione che vorrebbe dedicata ai fatti del giorno, con ciò oscurando una nuova che in potenza avria danneggiato Silvio Magno per il di lui inusuale ed avventato comportarsi.

Ancora, più tardi, equiparava le esternazioni del Corona stesso occorse al momento della condanna per ricatto (“Mi vergogno di essere italiano”) a quelle precedentemente profferite da Pierluigi Celli, che provocatoriamente ma non troppo invitava il figlio e, per sineddoche, tutti i giovani italiani, ad andare a cercare realizzazione in posti migliori dalla asserita decadente Italia. In tal modo il il Gran Difensore e Cruciato dell'Armata Brancaleone Cruciani screditava queste ultime, benché proferite in scienza e coscienza da persona degna di rispetto, con il semplice ed assolutamente improprio accostamento a non altrettanto limpida persona (in situazione opposta lo stesso Cruciani normalmente detto avria “Checcentra? Di cosa stiamo parlando? Traffico!”).

Ulteriormente il Gran Difensore e Cruciato dell'Armata Brancaleone Cruciani si operava per sminuire la polemica tra regista, noto per isterie, oltre che per meriti artistici, ed una giornalista che ricordato avea all'artista le carnali e prezzolate frequentazioni di Silvio Magno, in risposta alla di lui citazione di quelle del laziale ex presidente Marrazzo. La dissimulazione fu condotta con somma abilità, ammettendo prestamente e brevemente l'inurbanità dei motti del regista (“Cretina”, “Stronza”, “Vai a fare in culo”), per dilungarsi molto a lungo invece sulla eventuale presunta provocazione della giornalista e su altre quisquilie riguardanti la stessa, con il risultato di mascherare il brutale e volgare comportamento dell'amico dichiarato del Cavaliere Silvio Magno con le Palle, l'Immortale ed Invincibile Unico.

Per tali motivi, a conferma di una pluriennale sopraccitata attività di difesa della Sacra Causa del Berlusconismo, della Mistificazione e del Confondimento perciò dispongo che da questo momento il Dott. Cruciani Giuseppe (visto mai che sia parente di Innocenzo? Ah, queste omonimie! Bah!) possa fregiarsi del titolo di Gran Difensore e Cruciato dell'Armata Brancaleone che che l'evento sia adeguatamente celebrato con festeggiamenti, libagioni ed orgette.

In Fede

Paolo l'araldo

P.S.: ringrazio Checco Zalone: ora e sempre viva la sineddoche!

giovedì 10 dicembre 2009

Potere alla parola

Cruciani ha iniziato la Zanzara di ieri all'insegna del sarcasmo prendendosela con gli ecologisti che, nel divulgare i presunti siti giudicati idonei da uno studio dell'Enel ad ospitare le nuove centrali nucleari di futura costruzione, hanno annunciato la "mobilitazione democratica" delle popolazioni. “Son tornati i verdi!”, ha tuonato il conduttore. “Per dire no al nucleare. Sai che novità”.

Ora, va bene tutto, ma non capisco bene il senso di questo sarcasmo. Aspettarsi che i verdi si convertano in favore del nucleare è un po' come pretendere che il Vaticano si schieri per l'amore libero e il sesso promiscuo. I verdi fanno i verdi, così come il Papa fa il Papa, e in tutto il mondo i movimenti ecologisti sono profondamente anti-nuclearisti. Solo uno che vive su Marte può avere aspettative differenti.

Sia chiaro, va benissimo essere in disaccordo coi verdi (io sono in disaccordo, per dirla tutta) ma il sarcasmo qui è fuori luogo. Il dibattito sul nucleare è molto acceso ma è anche molto aperto. Certezze assolute sui vantaggi e gli svantaggi di ributtarsi ora sull'energia dell'atomo non ce ne sono, e le posizioni antinucleariste (che personalmente da autentico "nuclearista non-convinto" non faccio mie) hanno piena dignità. Ridicolizzarle non è un modo sano di portare avanti un dibattito, esattamente come non lo sarebbe il canzonare il Papa per le sue posizioni sulla lotta all'AIDS.

Probabilmente Cruciani con la testa già si sta prefigurando una lotta ambientalista che anziché rimanere confinata sul terreno del dibattito si traduce in guerriglia urbana. Beh, se succederà, ne riparleremo. Certo che i rinvii e i tentennamenti del governo nel fare chiarezza sui siti per le centrali e quelli per le scorie in questo senso non aiutano. Si percepisce che c'è timore, e si preferisce eludere il tema fino a dopo lo svolgimento delle elezioni regionali. Questo non è un bel messaggio, ed è un punto che ieri in trasmissione, purtroppo, non è stato sottolineato.

***

Lavorando di più in procura e senza le luci delle telecamere si arresta qualche latitante in più, con qualche convegno in meno e qualche latitante in più si fa il bene del Paese”. Più rileggo questa dichiarazione del ministro della giustizia Angelino Alfano e meno riesco a capirla. Ogni tanto succede che qualche PM venga ospitato in qualche salotto televisivo, ma mica tutti i giorni a tutte le ore. Che collegamento ci potrà mai essere tra le occasionali comparsate in TV di qualche PM e la produttività della lotta contro la malavita? Bah, per me è incomprensibile. A meno che non si volesse dare la solita stoccatina delegittimante nei confronti della magistratura di cui solo i berlusconiani più ciechi sentono il bisogno. Io sono senza parole.

Cruciani ha commentato a modo suo (non testuale ma quasi): “Quello di Alfano è uno slogan buono per conquistare le pagine dei giornali, ma è comunque giusto ritenere, non per le ragioni addotte dal ministro, ma più genericamente per questioni di opportunità, che i magistrati debbano astenersi dal rilasciare interviste”.

Potrei dilettarmi ad elencare le volte che Cruciani ha intervistato Giuseppe Ayala, Armando Spataro e altri magistrati, quando gli faceva comodo, ma non lo farò. Il punto è un altro: bisogna distinguere tra magistrati giudicanti, per cui la consegna al silenzio è effettivamente apprezzabile, e inquirenti, per i quali non si capisce il motivo per cui dovrebbero estraniarsi dal mondo. Chi meglio di un PM può diffondere la cultura della legalità? Chi meglio di un PM può spiegare ai cittadini cosa significa lottare contro la criminalità?

La lotta alla mafia si vince creando un forte contatto con la gente, ecco perché i magistrati partecipano a convegni e trasmissioni televisive. Ce l'hanno insegnato i nostri maestri, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E poi, se in TV vanno gli imputati a parlare dei loro processi, non possono andare i magistrati a parlare di legalità?”. Sono parole del procuratore di Palermo Antonio Ingroia, e per quel che mi riguarda non fanno una grinza.

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Frankie HI-NRG, "Potere alla parola" (1994)



mercoledì 9 dicembre 2009

Fast and furious

Il rientro dal ponte è stato traumatico, dal punto di vista degli impegni. Oggi beccatevi questo post insulso e fatevelo bastare. Abbiate pazienza.

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Tutto come previsto il commento di Cruciani al No-B Day durante la puntata di lunedì 7 settembre. Il conduttore della Zanzara, che nel bisticciare con diversi ascoltatori ha in sostanza fatto suo l'editoriale di Ernesto Galli Della Loggia pubblicato dal corriere, dove si parla dell'assoluta inutilità di questo genere di manifestazioni.

Si sono a mio avviso fatte fin troppe elucubrazioni su questa manifestazione, che altro non era se un gigantesco "fuori dalle balle" al cavaliere. Personalmente, sulle scarse o nulle conseguenze pratiche del No-B Day personalmente sono d'accordo, purché sia chiaro che di validi motivi, anche escludendo quelli legati al cosiddetto giustizialismo, per sognare un italia senza Berlusconi, e di avendo voglia di urlarli al cielo, ne rimangono pur sempre a centinaia.

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Quello dell'innalzamento dei limiti di velocità su certi tratti di autostrada è un tema di quart'ordine, ma alla Zanzara di ieri si è parlato quasi solo di quello. E allora diciamo due parole, prendendola un po' alla lontana come fa certe volte Cruciani quando non vuole o non sa dire in modo chiaro come la pensa.

In Italia la cultura del limite di velocità semplicemente non esiste, essenzialmente per tre ragioni:

1) Una certa indisciplina di fondo è nel DNA degli italiani (e su questo c'è poco da fare).

2) L'assenza di una rete di controlli seria (e su questo si sarebbe molto da fare).

3) Il fatto che su moltissime strade i limiti sono sempre stati e sono tuttora talmente bassi da rasentare l'assurdo. Ciò fa sì che i guidatori non prestino nemmeno un briciolo di attenzione ai cartelli. Si viaggia come se i limiti non esistessero, regolandosi col buon senso, che però non tutti hanno.

A costo di sembrare un dannato "benaltrista", affermo che, con queste premesse, quello del limite dei 150 Km/h in autostrada (con le tre corsie, il sole, il tutor, ecc. ecc.) non è il vero punto centrale. Il punto centrale è mettere ovunque dei limiti sensati, e farli rispettare con severità. Se si ragionasse in tale prospettiva, allora non avrei nulla da ridire su 'sti benedetti 150 Km/h. Ma siccome così non è, questo mero voler dare soddisfazione a chi ama pestare il piede sull'acceleratore francamente non mi trova favorevole.

Credo di essermi spiegato malissimo, ma il tempo che oggi avevo a disposizione è finito. Sigla!

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Tracy Chapman, "Fast car" (1988)




You got a fast car
Is it fast enough so we can fly away
We gotta make a decision
We leave tonight or live and die this way


domenica 6 dicembre 2009

Al di là di ogni ragionevole dubbio

Giusto qualche riga sul famigerato Gaspare Spatuzza, perché poi c'è il ponte dell'Immacolata e mi prendo una piccola pausa, e comunque per la Zanzara di venerdì 4 dicembre, dedicata quasi integralmente ai commenti sulla deposizione del summenzionato collaboratore di giustizia, non rimane poi altro da dire.

Se l'Italia è uno stato di diritto, e lo è, il presidente del consiglio è da considerarsi innocente da accuse di collusione con la mafia fino a che prove certe, al di là di ogni ragionevole dubbio, e sentenze definitive non diranno il contrario. E le parole di Spatuzza, per quanta impressione possano destare, stante la probabile impossibilità, salvo sviluppi clamorosi, ad essere accompagnate da riscontri inoppugnabili, fanno avanzare solo di pochi millimetri lungo l'irta e lunghissima strada che porta alla dimostrazione del teorema in base al quale Berlusconi fu connivente con Cosa Nostra.

Quanto sopra vale a maggior ragione se si ricorda che Berlusconi non è neppure formalmente imputato per tali reati, al contrario di Marcello Dell'Utri, sebbene i rapporti tra quest'ultimo ed il cavaliere siano sempre stati talmente stretti, da "compagni di merende" (fa sempre bene ricordarlo, specie e certi conduttori radiofonici un po' propensi a negare, talvolta, solari evidenze), che un'eventuale conferma in appello della condanna per mafia a Dell'Utri non potrebbe considerarsi politicamente irrilevante.

Fatta questa premessa, io al giochino del "Spatuzza è un pluriomicia, che ha pure sciolto un bambino nell'acido, dovrebbe marcire in una cella buia e non gettare fango sulle istituzioni", praticato da molti esponenti del centrodestra, non ci partecipo. Non perché io sia in qualche modo "attratto" da Spatuzza (ci mancherebbe, sono il primo a provare totale disgusto per quello che ha fatto), ma perché è proprio il suo essere un mostro sanguinario, e non un passante qualsiasi, a rendere, in un certo senso, "interessanti" le sue dichiarazioni. Il suo passato orribile, la sua appartenenza a Cosa Nostra, diventa, paradossalmente, un motivo in più, e non in meno, per ponderare, con tutti i filtri del caso, quel che ha da dire.

Cruciani dice che non crede a una sola parola di quel che sostiene Spatuzza su Berlusconi. Liberissimo e padronissimo, e nulla da ridire. Se non che io vedo poche differenze tra chi, aprioristicamente, rifiuta di credere, perché non vuole credere, perché "non è immaginabile l'idea che un mafioso sia stato e sia tuttora alla guida dell'Italia", e chi, altrettanto aprioristicamente, crede a forza, perché vuole credere, perché ha come sogno ultimo il vedere il cavaliere dietro le sbarre. Sono due facce della stessa medaglia, che non è la mia.

La mia medaglia ha pure essa due facce, una per gli scettici, e una per i possibilisti, ma entrambe le facce concordano nel ritenere che il discernere tra verità e menzogna in ambito giudiziario sia un compito che spetta solo e unicamente alla magistratura, perché questa è la sua missione, questa è la ragione del suo esistere.

E' così che il meccanismo funziona, almeno fino a che non lo si cambierà. Non spetta al comune cittadino ergersi a giudice di chicchessia. Tale compito è delegato all'autorità giudiziaria. Questo concetto o lo si prende sempre per buono (non solo per Cesare Battisti, Annamaria Franzoni, ecc.) o mai. Non lo si può accettare o rigettare a seconda che faccia o meno comodo.

L'obiezione la conosco: chi ci assicura che una parte della magistratura, la quale, al contrario di chi detiene il potere esecutivo, non risponde agli elettori, non approfitti del suo ruolo per influire attivamente nella politica? Risposta: nessuno. Ma finché non avremo prove certe, al di là di ogni ragionevole dubbio, che ci sia davvero un progetto eversivo nei meandri del potere giudiziario, allora dovremo applicare anche in questo contesto la presunzione di innocenza. E di prove certe di un progetto eversivo messo in atto da una parte della magistratura, signori miei, mi spiace ma ad oggi non ce ne sono.

Non so se questa mia disamina sia tra quelle da considerarsi “banali” (Cruciani ha usato la parola “banale” per definire un po' tutte le opinioni espresse sulla vicenda Spatuzza, tranne la sua). Se, non lo è, bene. Se lo è, beh, che dirvi... accontentatevi.

***

Prossimo post, salvo imprevisti, mercoledì 9 dicembre. Salterà, quindi il post dedicato alla prossima Zanzara che sicuramente tratterà ampiamente il No-B Day, con Crux che, super-incazzato per la sconfitta della Lazio nel derby capitolino, si sfogherà facendo una bella cernita degli slogan a suo dire peggiori, quelle più ostili al premier, quelle con le manette, la galera, il fascismo, eccetera, e sfoggerà il suo consueto petulante anti-antiberlusconismo. Un film già visto tante di quelle volte che a questo giro me lo risparmio e ve lo risparmio. Ad ogni modo, lo spazio nei commenti è sempre a vostra disposizione. Ciao...

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No Doubt, "Don't speak" (1995)




You and me
We used to be together
Everyday together, always
I really feel that I'm losing my best friend
I can't believe this could be the end


venerdì 4 dicembre 2009

Oggi non è giornata

A tutti capita di alzarsi con la luna storta, di umor nero, nervosi, irritabili. E' nella natura delle cose. Però, se ciò succede ad un conduttore radiofonico, per il tipo di lavoro che fa questi farebbe meglio a considerare l'idea di marcar visita per un giorno. Basta una telefonata: "Direttore, oggi non è giornata, è preferibile che io non vada in onda, potrei essere incapace di controllarmi, di ascoltare serenamente opinioni diverse dalle mie senza avere reazioni sopra le righe. Allerti Maurizi. Io torno domani". Non è la fine del mondo, nessuno se ne farebbe un cruccio.

A me spiace scrivere queste cose, perché Cruciani è quasi uno di famiglia, in un certo senso (se lo legge mia moglie mi ammazza. Cara, ho scritto "in un certo senso"!), ma resistere all'ascolto di una Zanzara come quella di ieri è stato veramente pesante. Tra le varie personalità che albergano nell'animo del Crux, quella che ieri si è presentata davanti al microfono non era la solita, quella fatta di verve, brio, e ironia, ma quella più nera, chiusa, cattiva, feroce, rabbiosa, con poca voglia di ascoltare, e tanta di azzannare. Il Crux di ieri ricordava il King Kong che si batte i pugni sul petto in cima all'Empire State Building.

A fronte di trasmissioni del genere, dove la lucidità ha avuto poco spazio, mi vien persin difficile trovare spazi per del sano contro-commento. Comunque proviamoci. Trascrivo qui di seguito il riassunto di alcuni concetti espressi da Cruciani (non si tratta quindi di parole testuali, ma sono stato attento a non alterare il senso) e di seguito dico come la penso.


Non è vero che una manifestazione nata da Internet sia meglio di una organizzata da un partito. Semmai è vero il contrario, perché nella rete, più che il meglio della società civile, ci si trova il peggio, con tutti i massimi estremismi.

Al di là del fatto che, pur rispettando l'iniziativa, non sono un grande fan di questo No-B Day (la penso all'incirca come Luca Sofri e come Vittorio Zucconi), credo che, partendo dalla constatazione che è la prima volta che una manifestazione così grande nasca al di fuori di partiti e sindacati, sia il caso se non altro di aspettarne l'esito prima di esprimere un parere di quel tipo. Vediamo come va. Poi ne riparliamo.


Sul No-B Day il PD tentenna, vado non vado, vengo non vengo. Aaaaah, come tentenna il PD.

Ancora con questa storia! I vertici del PD han detto fin da subito che il partito non aderisce al No-B Day, e l'idea non è mai cambiata. Il PD non è il circolo del bridge di Busto Arsizio. Le manifestazioni oceaniche le organizza, non si accoda a quelle altrui. Punto. Detto ciò, ogni militante, esponente, dirigente, presidente, segretario, vicesegretario, galoppino, portaborse, portacandele e succhiaruote, nel ruolo di privato cittadino, potrà pur decidere come ***** passare il sabato pomeriggio, senza dover rendere conto a chicchessia, o no?


Com'è possibile che l'intera politica sia appesa alle imminenti dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza? Come dice Bruno Vespa, in quale altro paese civile ciò potrebbe succedere?

Aaah, ma allora il giochino del "se fossimo in un paese normale…" e del "in quale altro paese civile succede che…" non sono solo Travaglio e Flores D'Arcais a praticarlo. Quando fa comodo, lo tirano fuori tutti. Certo che non è normale essere appesi a Spatuzza, cari Vespa e Cruciani. E allora? E quindi? Per citare qualcuno, "con questo ragionamento dove si vuole arrivare?" Se si pensa che Berlusconi sia vittima di un gigantesco complotto delle "toghe rosse" (si parla di centinaia di magistrati, che devono essere tutti d'accordo nel seguire un progetto eversivo. Roba da far impallidire gli sceneggiatori di X-Files o di 24) lo si dica a chiare lettere, se se ne ha il coraggio.


Gli italiani sanno benissimo chi è Vittorio Mangano e conoscono bene la storia della sua permanenza presso la villa di Arcore.

Qualcuno ha visto il mio mento? Lo cerco da ieri sera... Battute a parte, visto com'è ridotto lo scenario politico italiano, dove il tifo calcistico prevale nettamente sull'analisi obiettiva, non escludo che se anche ciò fosse vero (che la vicenda Mangano sia arci-nota anche tra le casalinghe di Voghera, dico, cosa che ovviamente non è) non escludo, purtroppo, che Berlusconi prenderebbe quasi gli stessi voti. Quasi.


Nei confronti di Renato Brunetta si leggono e sentono sempre più cose sgradevoli, legate alla sua statura. Sono atteggiamenti razzisti.

Mamma mia che problemone! Da farci su magari un pezzo da pubblicare su Panorama. Certo che, come già detto in altre occasioni, sentir parlare di razzismo contro i brevilinei (e insisto nel ritenere che l'uso della parola "razzismo" in questo contesto sia un'enormità) da uno che minimizza e smonta ogni discussione sugli episodi di intolleranza nei confronti di immigrati e omosessuali fa un po' ridere. Anzi, fa veramente ridere. Sempre per citare qualcuno, "è comica la cosa".


Basta così, che oggi non è giornata manco per me. Buon weekend!

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"Bad day", R.E.M. (2003)




It's been a bad day
Please don't take a picture
It's been a bad day
Please...


giovedì 3 dicembre 2009

Dedicato a tutti quelli che stanno scappando

Sì, d'accordo, l'uomo è fatto così, non è la prima volta e non sarà l'ultima, ormai bisognerebbe averci fatto il callo, e un alzar gli occhi al cielo dovrebbe bastare, e di solito basta. Ma qualche volta no.

La battuta a sfondo sessuale (video) rivolta da Berlusconi al presidente di Panama, Riccardo Martinelli, all'apertura della conferenza internazionale Italia-America Latina, sulle “attrattive panamensi che gli starebbero molto a cuore” mi ha fatto rivoltare lo stomaco. Non sempre le sensazioni di fastidio o di disgusto si possono controllare o reprimere, o addirittura combattere come è bravo a fare il re dei cinici Giuseppe Cruciani (che pur dando evidenza alla battuta, mandata in onda a ripetizione nell'arco della Zanzara di ieri, non ha ritenuto di pronunciare una sola parola esplicita di biasimo). A volte bisogna sfogarsi, e a questo giro il pugno sul tavolo io sento il bisogno irrefrenabile di batterlo. Pum! (ahia…)

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La capacità di Renato Brunetta di rendersi antipatico per le cose che dice e per come le dice sta ormai sconfinando oltre i limiti dell'umana capacità di comprensione. L'ultima sua uscita (deprecata da Cruciani, ma non abbastanza da fargli omettere la sigletta di Ufo Robot) sugli stipendi dei confuttori e giornalisti Rai, che dovrebbero essere elencati nei titoli di coda delle trasmissioni, dimostrano come la voglia di protagonismo del ministro e la sua componente populista abbiano definitivamente preso il sopravvento su tutte quelle che potevano essere le buone intenzioni di inizio legislatura.

E mi spiace che di fronte a questa evidenza, su cui si sarebbe molto da disquisire, Cruciani si perda dietro concetti sciocchi come “l'anti-brunettismo”, come se una certa ostilità nei confronti del ministro fosse solo frutto di livore personale preconcetto nei suoi confronti, e non invece di una fisiologica e normalissima reazione contro i suoi atteggiamenti.

Poi potranno pure esserci degli eccessi in certe prese di posizione, come forse è nel caso del pezzo al veleno di Lidia Ravera sull'Unità citato ieri da Cruciani, ma non creiamo un problema che non esiste, o che se esiste è marginale. Già il conduttore della Zanzara ci tritura gli zebedei con l'anti-antiberlusconismo. Se ci aggiungiamo pure l'anti-antibrunettismo siamo fritti.

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La recente lettera aperta di Pier Luigi Celli al figlio Mattia pubblicata su Repubblica continua a far parlare di sé, e alla Zanzara di ieri ha dato spunto per discutere dello scarso livello di meritocrazia presente in Italia. “Un problema che esiste”, ha detto in sostanza Cruciani, “ma che non giustifica l'invito al proprio figlio di abbandonare il paese”.

Più rileggo la lettera di Celli e più non mi capacito di come possa essere stata così male interpretata da un'infinità di persone. Io la trovo mostruosamente attuale, perfettamente attinente alla realtà, totalmente sincera, leale, schietta, onesta, autentica, dove l'invito al figlio ad andare all'estero, per quanto non finto, va inteso come uno stratagemma per lanciare un gigantesco j'accuse ad un paese che non sa cambiare e che non sa rimodellarsi a beneficio delle generazioni future. Un grido che dice "svegliati, Italia, o diventerai un paese per vecchi".

Qualche volta il motto di J. F. Kennedy ("non chiedetevi cosa l'America può fare per voi, ma cosa voi potete fare per l'America") va ribaltato, specie se il "voi" è rappresentato dai giovani. Non si può sempre pretendere che siano i giovani quelli che devono "rimboccarsi le maniche" (aaah, la retorica…) e risolvere tutto, come se avessero chissà quali mezzi, perché questo equivale ad un rinviare ad infinitum ogni seria ipotesi di soluzione dei problemi. Quel che succede è che i giovani, una volta "cresciuti" e assimilati dal sistema, scaricano a loro volta la responsabilità del cambiamento sui prossimi nuovi giovani, in una catena infinita.

No, signori. I problemi, e soprattutto quelli legati allo scarso livello di meritocrazia, vanno affrontati e risolti dalla classe dirigente vigente, non demandati a quella futura. E se una minaccia di fuga delle menti migliori può servire ad accendere qualche miccia, a svegliare qualche leader dal sonno della ragione, beh, allora viva la minaccia di fuga, se non la fuga vera e propria.

Quando il tempo diventa davvero duro, il veliero ha una sola possibilità: la fuga. Fuggire il tempo permette di salvare barca ed equipaggio, ma anche, forse, di scoprire terre nuove, lontano dalle rotte falsamente sicure delle crociere e dei mercantili”. Trovo splendido, e faccio mio, anche se forse un po' fuori contesto, questo pensiero del filosofo francese Henri Laborit, che accompagna il film capolavoro di Gabriele Salvatores, "Mediterraneo", e che ha ispirato anche la didascalia finale della pellicola: "Dedicato a tutti quelli che stanno scappando".




Non ci hanno lasciato cambiare niente...
E allora gli ho detto: avete vinto voi,
ma almeno non riuscirete a considerarmi vostro complice.

(Dal film "Mediterraneo")


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Ma la sigla finale vera e propria, oggi, è "Paname", dei Litfiba (1988).



Saremo tempesta, tempesta e calore
La ghigliottina di ogni legge morale


mercoledì 2 dicembre 2009

Ragione e sentimento

Ho sempre detto e pensato che Cruciani con Berlusconi sia solito usare il guanto di velluto, e lo ribadisco, ma che egli sia assimilabile ad un Emilio Fede qualsiasi l'ho invece sempre contestato. E in trasmissioni come quella di ieri trovo conferme di questa opinione.

Infatti, Cruciani, pur senza calcare troppo la mano, non è stato tenero con le parole di elogio (“Dai risultati elettorali si vede che la sua gente la ama”) che l'attuale nostro presidente del consiglio, durante la sua visita di stato in Bielorussia, ha ritenuto di pronunciare nei confronti dell'autocrate locale Aleksandr Lukashenko, considerato dall'intera comunità politica internazionale come l'ultimo dittatore d'Europa.

Sono parole piuttosto imbarazzanti”, ha detto il conduttore della Zanzara. “e toglierei pure quel 'piuttosto'”. Non mi sembra ci sia molto da aggiungere. Che la realpolitik spinga ad intrattenere rapporti istituzionali con personaggi ambigui ci può stare, ma di pubbliche parole al sapore di miele non se ne ravvede la minima necessità. Sarà psicologia da quattro soldi, ma leggendo tra le righe della dichiarazione di Berlusconi rivolta a Lukashenko, è fin troppo facile cogliere una punta d'invidia.

Altri momenti di ieri poco berlusconiani sono stati l'intero intervento di Paolo Guzzanti, che ha ribadito le sue note posizioni contrarie alla forte amicizia del cavaliere con Putin, e l'incredibile intervista al consigliere comunale di Roma Marco Siclari che ha proposto di intitolare una strada della capitale a Rosa Bossi, la madre di Berlusconi, scomparsa pochi mesi fa. Cruciani, incredulo, non sapeva se ridere o piangere di fronte ad un tale esercizio di adulazione basato sul nulla. Io preferisco non infierire oltre sul ruffianesco Siclari, e stendo il classico velo pietoso.

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Ricordate il caso Berlusconi/Saccà e il loro dialogo telefonico intercettato e reso pubblico? Ricordate come Cruciani doveva quasi farsi violenza, scendendo a patti con la propria coscienza, per mandare in onda l'audio? Ricordate come era poi restio ad accettare commenti che entravano nel merito di ciò che il cavaliere e l'ex direttore di Rai Ficton si erano detti? “Quelle intercettazioni non dovevano essere divulgate”, tuonava Cruciani. “Per cui disquisire sui contenuti è sbagliato!”. Secondo me era una pretesa folle, ma lasciamo perdere, ora.

Domanda: qual è la differenza, in concreto, in termini di mancanza di riguardo per le persone interessate, tra il diffondere un'intercettazione telefonica e il diffondere un cosiddetto "fuorionda"? Ve lo dico io: nes-su-na. Non c'è alcuna differenza. In entrambe le situazioni si tratta di rendere pubbliche parole che pubbliche non erano destinate ad essere.

Pertanto, per coerenza, io mi sarei aspettato di sentire quantomeno qualche parola di imbarazzo (del tipo "vorrei evitare ma non posso esimermi"), da parte di Cruciani, ieri, nel momento in cui si accingeva a mandare in onda l'audio di Gianfranco Fini che bisbiglia al procuratore di Pescara Nicola Trifuoggi parole poco carine verso Berlusconi. E invece non solo l'audio è stato trasmesso, ma sui contenuti il Crux non ha esitato un microsecondo ad entrare nel merito.

Chiariamo: secondo me è stato giustissimo trasmettere il fuorionda e discuterne i contenuti. Quel che faccio notare è solo la palese contraddizione con altre prese di posizione fatte proprie da Cruciani in altre circostanze. Ma la coerenza, si sa, non è di questo mondo.

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Chiudo con due parole sulla vicenda dei minareti. Mi ha fatto piacere sentir dire a Cruciani che lui, fosse stato un cittadino svizzero, avrebbe votato contro la proposta di vietare la costruzione di nuove "torri islamiche". E sono d'accordo con lui quando dice che l'esito del referendum tenutosi nello stato elvetico non va né drammatizzato (non è un manifesto contro l'islam), né esaltato (non è l'inizio di un revanscismo cristiano, come pensa chi vorrebbe mettere la croce sulla bandiera italiana).

Disapprovo, invece, il conduttore della Zanzara quando critica Gianfranco Fini nel momento in cui quest'ultimo sostiene che il voto svizzero è stato “non ragionato”. L'esito di una votazione è un po' come il verdetto di un tribunale: lo si accetta, se ne prende atto, ma ciò non significa che non lo si possa criticare.

Non c'è nulla di male nell'osservare che la scelta degli svizzeri sia stata più di pancia che di testa, che il sentimento della paura abbia avuto il sopravvento sulla ragione. Perché la ragione ci dice che se l'occidente, in contrapposizione con il chiuso mondo islamico, ha la pretesa di presentarsi come un tempio di democrazia e tolleranza, allora non può fare a meno di darne piena dimostrazione, aprendosi alle culture diverse, e non sbarrando loro le porte.