venerdì 26 febbraio 2010

Il sonno della ragione genera mostri

I temi scelti da Giuseppe Cruciani per la Zanzara di ieri (la scarsa credibilità di un elemento come Daniela Santanché, e, a margine del caso Di Girolamo, l'assurdità dell'attuale legge sul voto degli italiani all'estero; personalmente condivido in entrambi i casi le posizioni del conduttore) passano decisamente in secondo piano di fronte alla vera notizia del giorno: il sipario calato sul processo Mills, conclusosi con una non-sentenza di prescrizione da parte della Corte di Cassazione.

Mills, in sostanza, anche se responsabile del reato a lui contestato, non può essere punito. Ma al di là dei formalismi giuridici, che pure sono importanti, viene da chiedersi: quale aspetto conta di più, l'impossibilità di comminare una sanzione penale, o il timbro definitivo e indelebile sul fatto che la corruzione di Mills ha avuto effettivamente luogo?

Per me la risposta è ovvia. Che l'esatto momento nel quale collocare l'effettiva corruzione in atti giudiziari abbia un'oggettiva rilevanza da un punto di vista dell'effetto penale, in termini di punibilità o non punibilità, è chiaro, ma la medesima rilevanza non dovrebbe sussistere quando si passa a ragionare su un diverso piano, quello del giudizio politico. Che importa se la corruzione ha avuto luogo tre mesi prima o tre mesi dopo? Sempre di corruzione di tratta.

Si dà il caso, però, che le leggi della politica non godono di quell'universalità propria di quelle della fisica, le quali vigono certe e invariabili in ogni angolo del globo terracqueo. Nel Belpaese le leggi della politica sono malleabili e manipolabili a piacimento, e nulla può scalfire quelle montagne di cinismo, di faziosità e di indifferenza che ormai sovrastano le sparute isole di assennatezza.

Per oggi mi fermo qui, perché di sproloquiare ulteriormente su questa vicenda io non ne ho più voglia. A beneficio di chi volesse approfondire il tema della conclusione della vicenda Mills ascoltando le diverse campane, qui di seguito vi riporto i link agli articoli dei vari caporali degli eserciti del bene e del male. A cominciare dall'editoriale d'apertura di Libero, il cui titolo, per usare un eufemismo, grida vendetta.

Maurizio Belpietro su Libero

Giuseppe D'Avanzo su Repubblica

Vittorio Feltri sul Giornale

Peter Gomez sul Fatto

Giuliano Ferrara sul Foglio

Concita De Gregorio sull'Unità


PS. Se dopo aver letto tutto vi viene il mal di pancia, mandate giù un sano bicchiere di Ferrarella, che per la digestione fa sempre bene.

Luigi Ferrarella sul Corriere

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Pink Floyd, "Stop" e "The trial" (1974)




I wanna go home
Take off this uniform
And leave the show
But I'm waiting in this cell
Because I have to know
Have I been guilty all this time?


giovedì 25 febbraio 2010

L'impero del male

E' dura da digerire, eh, Crux? Settimane, mesi, anni a costruirsi l'immagine dello strapazzatore di visionari, dello sfanculatore dei catastrofisti per cui la democrazia è compromessa, del paladino dell'anti-antiberlusconismo, e poi che succede? Succede che il bersaglio a cui Crux ha sempre fatto scudo, a protezione da cannonate dipietriste, travagliste, micromeghiste, ecc ecc, si trasforma egli stesso in cannone, in visionario, in emblema di tutto ciò che viene rimproverato a quegli altri.

Tanti sforzi per nulla. Siglette, musichine, radiolondre, ironie profuse a piene mani, e tutto per cosa? Per scoprire che colui che è stato accusato di essere un pericolo per la democrazia dice (ieri in occasione della presentazione dell'iniziativa "Promotori della libertà", della serie "arrivano i buoni") che l'Italia è “uno stato di Polizia”. Colui che è stato accostato a Videla, a Hitler, a Saddam, a Nosferatu dice che i suoi avversari sono “l'esercito del male”, e che sono “il partito dell'odio” opposto al partito dell'amore. Di qua i buoni e di là i cattivi, di qua i giusti e di là gli illiberali.

Che differenza c'è con chi sostiene che la cultura e l'onestà sono di sinistra e l'ignoranza e la corruzione sono di destra? Semplicemente nessuna. E no, Cruciani, l'essere in campagna elettorale non è una giustificazione, non si può sempre ridurre tutto alle esagerazioni dialettiche pre elezioni.

Ma andiamo avanti. Come se l'esercito del male non bastasse, il delirio del cavaliere è andato persin oltre. Secondo lui, la sinistra vuole “l'invasione degli immigrati” perché in tal modo conta di prevalere politicamente grazie ai loro voti. Chissà se il premier si rende conto della totale illogicità della sua affermazione. Secondo tale teoria, la sinistra può vincere solo con il voto degli immigrati. Ma solo con la sinistra al potere gli immigrati potranno avere il diritto di voto. Quindi affinché ciò avvenga la sinistra dovrebbe vincere le elezioni senza il voto degli immigrati. Siamo all'abc della logica, e al contempo all'abc della follia e del settarismo.

I primi cinque minuti della Zanzara di ieri, dedicati al sermone berlusconiano di cui sopra, sono stati da incorniciare, con Cruciani che a voce bassa, con tono biasimante, ripeteva le parole più pesanti. Ma già oggi sarà tutto dimenticato. Solo le radiolondrate restano. Le perle di Radio Arcore invece durano lo spazio di un battito di ciglia, e poi puf, come se non fosse successo nulla.

Ebbeno no, amici. Io a questo giro sfido Cruciani a fare un passo, un atto di coraggio, a dare dimostrazione di essere sul serio quel che dice di essere, una libera mente in uno libero stato. La sua colonnina su Panorama e lì che aspetta di essere riempita di onestà intellettuale e di coraggio, di sfrontatezza e di temerarietà. Per una volta, si provi a dire pane al pane e vino al vino, ma non nell'universo radiofonico del verba volant. Scriva, Crux, affinché resti, che il cavaliere ha detto una pletora di immani stronzate, e lo scriva proprio sul news magazine edito dalla casa editrice del cavaliere. Se siamo in paese libero, e lo siamo, tiriamola fuori questa libertà. Indossiamola, armiamoci di essa, rendiamola un ariete per abbattere i cancelli dell'ipocrisia. Ci posso contare, Crux? Resisterà alla tentazione di autocensurarsi?

Ovviamente no, lo so benissimo. Ma sperare nei miracoli ancora non costa nulla.

***

Prima di chiudere, solo due note brevi sugli ospiti "vip" intervenuti ieri.

L'intervista alla iena Enrico Lucci era, sulla carta, un bel colpo. Purtroppo per Cruciani, però, il Lucci dall'altra parte del microfono, quello che risponde e non quello che provoca, non somiglia affatto a quel giullare che conosciamo. Io, paradossalmente, al contrario di un Cruciani visibilmente deluso per la scarsa brillantezza dell'intervista, ho apprezzato molto questo Lucci serio, che ammette candidamente come la sue interviste pazze siano solo “fuffa”, spettacolo, e che le cose serie sono altre. Una tacca sul '+' per la iena.

Noiosissimo, invece, l'ennesimo intervento di Tinto Brass. La sua voce roca con la erre arrotolata sarà pure accattivante, ma una volta stabilito che ad egli piacciono i rotondi culi femminili, che “eros è liberazione, copula, copula!” e che chi tromba a capodanno tromba tutto l'anno, non pare che il personaggio abbia granché altro da offrire. Se Cruciani lo ascoltasse bene (ma lui per sua stessa ammissione, non lo ascolta; giuro, ha detto così), forse se ne renderebbe conto.

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Nell'album "Arrivano i buoni" (1974), di Edoardo Bennato, sono presenti ben due canzoni che si prestano ad essere un eccellente contributo multimediale. Sono "Arrivano i buoni" e la meravigliosa "Un giorno credi". Non riuscendo a scegliere, ve le propongo entrambe.




Arrivano i buoni, ed hanno le idee chiare
Ed hanno già fatto un elenco
Di tutti i cattivi da eliminar...






Un giorno credi di essere giusto
E di essere un grande uomo
In un altro ti svegli e devi
Cominciare da zero...



mercoledì 24 febbraio 2010

Life on Mars

E' una formidabile smagliatura nel racconto egemonico delle destre”. Sì, è decisamente nello stile di Cruciani prendere per il culo chi ricorre ad un linguaggio finto-aulico di tal natura, e ironie come queste costituiscono quelle ciliegine sulla torta che han fatto la fortuna della Zanzara. Purché, naturalmente, rimangano ciliegine e non diventino l'intera torta.

Per la cronaca, la frase in questione è stata pronunciata da Nichi Vendola, il quale ha ritenuto di collegare la contestazione dei terremotati abruzzesi contro una troupe del TG1 e la "rivolta" degli orchestrali di Sanremo contro - di fatto - Emanuele Filiberto (percepito in genere come soggetto di destra, come poi confermato in trasmissione anche da un giornalista di Avvenire intervenuto in trasmissione sulla fondamentale questione dei televoti forse truccati) riconducendo i due eventi ad una perdita di immagine, faticosamente costruita a suon di servizi di telegiornali amici dove si tende a dare una rappresentazione ovattata della realtà, da parte dell'attuale maggioranza.

Naturalmente, dire che quella di Vendola è una gigantesca forzatura è un eufemismo, ma la frase andava comunque sviscerata a beneficio di Cruciani, in quanto quest'ultimo ha ammesso esplicitamente di non averci capito nulla della dichiarazione del governatore della Puglia. Serviva riempire un vuoto in Cruciani e io sono sempre felice di iniettargli un pensiero nel cervello quando posso.

A proposito di vuoto, estrapolare dalla Zanzara di ieri una tematica da approfondire è come cercare la vita su Marte. Magari c'è, ma valla a trovare. Il massimo che mi viene in mente è il riferimento allo sciopero della sete di Emma Bonino e alla minaccia di ritirare la sua canditatura per la presidenza del Lazio. Cruciani, nell'esprimere una sua critica all'esponente radicale, ha citato, dichiarando di condividerlo, un articolo di don Peppino Caldarola sul Riformista.

La curiosità mi ha spinto a cercare tale articolo, me lo sono letto, e alla fine ho messo una X sul calendario, perché per la prima volta in vita mia devo sottoscrivere ogni parola uscita dalla penna di don Caldarola. La cara, e da me stimatissima, Emma Bonino deve mettersi in testa un concetto chiaro e semplice: nel momento in cui è diventata candidata per il Lazio a nome di tutto il centrosinistra si è assunta una responsabilità di fronte alla quale le battaglie radicali per gli spazi televisivi e per la complessità del sistema di raccolta firme pro presentazione delle liste, comprensibili, peraltro, solo dai militanti più duri e puri, vanno lasciate all'iniziativa di altri, non alla sua.

Nessuno dice che i radicali non hanno diritto alle loro battaglie. Anzi, sono sicuro che andando nel dettaglio Pannella e company hanno tutte le ragioni del mondo. Ma c'è modo e modo, e gli scioperi della sete c'è chi può farli e chi, per ragioni di opportunità, non può. Emma rappresenta oggi milioni di persone, non solo i suoi groupies. Si comporti di conseguenza e gliene saremo immensamente grati.

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David Bowie, "Life on Mars?" (1971)




Is there life on Mars?

martedì 23 febbraio 2010

Viva l'Italia, l'Italia che non muore

Nel saliscendi qualitativo della trasmissione a cui questo blog è dedicato ieri si è toccato un ennesimo picco minimo, visto che si sono trattati temi e personaggi che sarebbero degnissimi per un rotocalco dedicato ai fenomeni televisivi, ma non per un talk come la Zanzara, il cui conduttore sembra aver perso la tramontana, abbacinato dalla brama di fare quattro ascoltatori in più (di quelli occasionali, che vanno e vengono, a discapito dello zoccolo duro).

Uno dei rari spunti interessanti è venuto dal duro attacco di Giuseppe Cruciani a Michele Serra per un articolo su Repubblica, giudicato molto snob, dove in sostanza si dice che il pubblico che ha votato per una canzone di rara agghiacciante bruttezza (musica, testo, interpretazione, voci, è tutto orribilmente kitsch) come quella del principe Emanuele Filiberto è quello ammaestrato della TV, sempre sintonizzato su RaiUno o Canale 5, poco acculturato, che vive in simbiosi con il televisore, che non diversifica gli interessi e non ne nutre di nuovi. Allargando il discorso, secondo Serra l'intero show di Sanremo è costruito su misura per questa porzione di popolazione (mezzo paese, sottintendendo - secondo la mia personale e opinabile interpretazione - la metà berlusconiana) ed è espressione solo di quell'Italia “allevata in lunghi decenni a quella forma suprema di obbedienza che è la mediocrità”.

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate dell'articolo di Serra. Intanto dico la mia, e inizio con l'osservare che la dicotomia dell'Italia nella quale una parte politica rappresenta il lato migliore e l'altra quello peggiore non mi piace, non l'accetto e non l'accredito. Giusto quindi biasimare Serra su questo, anche se ci tengo a far notare come, benché si notino meno, anche a destra si fanno ragionamenti uguali ed opposti rispetto a quelli di Serra. Lo snobismo non è una prerogativa della sinistra come un Cruciani qualsiasi ama far credere. Se proprio serve un esempio, pensiamo al doppiatore di Goldrake intervenuto venerdì scorso alla Zanzara, autodefinitosi di destra, che si vantava di non avere la televisione e che dichiarava di disprezzare mezzo mondo.

C'è invece un fondo di verità quando Serra osserva che la televisione generalista è un enorme diffusore di mediocrità assuefante a cui non tutti hanno la capacità, la voglia, l'interesse di resistere, rimanendone, volenti o nolenti, succubi. Lungi da me vedere nella televisione uno strumento del demonio, ma negare l'esistenza di un impatto, di un'influenza di tale mezzo sulla vita delle persone, e non solo di quelle culturalmente più deboli, sarebbe ridicolo. La nostra civiltà (non parlo solo dell'Italia ma di tutto il mondo industrializzato) non sarebbe la stessa senza la TV, e forse non riusciremmo neppure a concepirne una diversa.

Ciò detto, tutto sta nel saper inquadrare questo scenario nei suoi giusti confini. La mediocrità è proposta ma non imposta, e gli antidoti, anche all'interno dello stesso mezzo televisivo, esistono, per chi vuole trovarli. E chi non vuole amen, affari suoi. Tra le mille liberà c'è anche quella di autotarparsi i propri neuroni.

Bisogna, insomma, saper fare i conti con la realtà di tutti i giorni ed accettare l'idea che anche il telepopolo di Sanremo ha una sua dignità meritevole di essere rispettata, anche se ci si sente profondamente distanti. Se proprio si vuole marcare le distanze con il gregge dei televotanti, compresi quelli che magari canticchiano sul serio, e con soddisfazione, il brano di Emanuele Filiberto, non è il disprezzo la via da seguire, ma l'indifferenza. Quell'indifferenza che ha spinto 30 milioni di italiani adulti e consapevoli (maggioranza stra-assoluta) durante la scorsa settimana, a fare (o vedere in TV) qualcosa di diverso.

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A trovare dichiarazioni (cantate) d'amore per l'Italia artisticamente più degne di quella del principe dei Savoia ci si impiega poco. Già solo "L'italiano vero" di Toto Cutugno, col senno di poi è un pezzo cult. Persin Mino Reitano buonanima seppe far di meglio. Ma salendo di un paio di gradini rampe, a meritare gli inchini è Francesco De Gregori, con la sua “Viva l'Italia” (1979).




Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre (*)
L'Italia con le bandiere, l'Italia nuda come sempre,
L'Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
Viva l'Italia, l'Italia che resiste...



(*) 1969, Piazza Fontana


lunedì 22 febbraio 2010

Le vie dello squallore sono infinite

Poche idee, oggi, ma confuse. Potrei fare un post sulla solita incoerenza di Giuseppe Cruciani, il quale solitamente rifugge e biasima le basse insinuazioni, tranne – e in quel caso partono gli osanna - quando a proporle è qualcuno che lui stima (diciamo Barbara Palombelli) e subirle è qualcuno o qualcosa che lui odia profondamente (il quotidiano Repubblica, il suo direttore e il fondatore). Ma il tutto - sia le parole della sig.ra Rutelli che la reazione del Crux - è talmente triste da farmi passare la voglia. Per citare un'espressione adoperata in un diverso contesto, oggi sul Giornale, da un Marcello Veneziani particolarmente catastrofista (un altro che vede i tappi lì lì per saltare, da leggere), “le vie dello squallore sono infinite”.

Potrei, allora, se non fosse che non ne posso più di Berlusconi (il solo pensare a lui mi dà la nausea, figuriamoci scriverne) buttar giù un pezzo sul cavaliere banderuola che dice tutto e il contrario di tutto a seconda di come gira il vento (o i sondaggi). Sentite questa: “Chi sbaglia e commette dei reati non può pretendere di restare in nessun movimento politico”. E poi: “abbiamo deciso che le persone sottoposte a indagini o processi in via di principio non debbano venire ricomprese nelle liste elettorali”. Prego? Abbiamo capito bene? Cruciani ha fatto passare questa faccenda in cavalleria, facendo lo gnorri, quando secondo me alla Zanzara ci si poteva giocare sopra (con musichine, canzonette, etc) e pure parecchio. La solita storia del guanto di velluto, un film già visto mille volte. Ad ogni modo, quel che c'era da dire lo ha detto Michele Brambilla sulla Stampa di sabato scorso. Consigliato.

Che alternativa rimane? Magari ci potrebbe stare un post sul blocco del traffico per il 28 febbraio deciso in modo coordinato da moltissimi comuni del nord più con obiettivi di sensibilizzazione sul tema dell'inquinamento che non per ottenere sul serio una riduzione dello stesso. Ma ahimé non saprei di preciso cosa scrivere, visto che al contrario di Cruciani, il quale venerdì scorso ha bollato il tutto, senza mezzi termini, come “una stronzata”, io non riesco a farmi un'idea precisa. Da un lato l'iniziativa mi sembra una specie di "sciopero", il cui disagio creato nei confronti della cittadinanza viene a prevalere sul messaggio positivo, ma dall'altro preferisco chi, su un tema serio come quello dell'inquinamento, fa poco rispetto a chi non fa nulla. Insomma, non so bene che pesci prendere, e a questo giro passo.

E quindi, in conclusione, che faccio, vi lascio senza post? Ma naturalmente no, visto che il prode Paolo come sempre mi è venuto in soccorso. Mi inchino e cedo la parola.


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IL FANTASMA DELLA DEMOCRAZIA

Buongiorno,
voglio prendere spunto dall'intervista al candidato sindaco PD di Venezia Giorgio Orsoni andata in onda venerdì sera per alcune riflessioni.

Cruciani lo ha invitato in trasmissione, sottolineando come vi fosse un abisso tra lo spazio che i media dedicavano a lui e quello destinato al suo sovraesposto rivale, il ministro Renato Brunetta, e affermando che voleva contribuire a ridurre questo gap. Peccato che poi, con una disonestà intellettuale rimarcata anche dall'intervistato, Cruciani abbia rivolto all'ospite praticamente solo domande su Brunetta. In pratica, il conduttore della Zanzara, che già ci propina una incensatoria striscia quotidiana sul ministro della funzione pubblica (quello che nella pubblica amministrazione combatte con molta enfasi i fannulloni, ma la corruzione con molto meno impegno), ha approfittato anche di questo spazio per mantenere i riflettori sul suo idolo, millantando di fare il contrario. Ma la conduzione della Zanzara non è il punto del post.

In sintesi: Venezia sembra continui ad avere un unico candidato sindaco. Credo che molti (anche tra i veneziani) non sappiano nemmeno il nome del candidato del PD. E, in Veneto, si corre il rischio di non sapere chi il PD stia opponendo al ministro Zaia per la poltrona di governatore della regione: ieri ho fatto un giro tra le province di Venezia e Treviso: non ho visto una sola pubblicità elettorale del PD. Nemmeno una, non è un modo di dire. Sembra che stiano concorrendo solo PDL, Lega e UDC. E qui la mancanza mi pare ancora più grave, visto che è riconducibile direttamente alle scelte di uno dei partiti.

Come dicevo qualche giorno fa, una delle premesse minime della democrazia è il fatto di poter sapere chi si sta candidando e cosa propone. In Veneto ed a Venezia questo in realtà non sta succedendo. Intendiamoci, non sono un ingenuo: parlo del Veneto, perché ci vivo e tocco la situazione con mano, ma non mi meraviglierei se la stessa situazione si verificasse uguale o a parti invertite in regioni a maggioranza bulgara, come potrebbero essere Lombardia, Emilia, Toscana o Umbria (anzi, me lo aspetto), non ne faccio questione di parte.

Il problema è che, in questo modo, i partiti, invece di contendersi l'elettorato sulla base di migliori programmi e capacità dei candidati, sembra se lo stiano spartendo su base territoriale in maniera consociativa: io rinuncio a romperti le scatole qui, in cambio tu mi lasci tranquillo lì.

E questo alla democrazia non assomiglia nemmeno un po', in quanto risponde agli interessi dei partiti, ma non degli elettori.

Saluti

Paolo in bateo

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(Authan) La "Venice" citata dai Red Hot Chili Peppers nella lora splendida "Venice Queen" (2002) è in realtà Venice Beach, in California, ma chissenefrega. La canzone è meravigliosa, e ogni scusa per ascoltare i Red Hot è sempre buona.




We all want to tell her
Tell her that we love her
Venice gets a queen
Best I've ever seen
We all want to kiss her
Tell her that we miss her
Venice gets a queen
Best I've ever seen...



venerdì 19 febbraio 2010

Il dito e la luna

Le intercettazioni non rappresentano una prova e non autorizzano anatemi, giudizi sommari e sentenze mediatiche. Tuttavia sono parte integrante dell'indagine e hanno avuto la funzione non secondaria di raccontare una brutta commedia umana, con il suo bagaglio di miserie e di furberie. È chiaro che nelle registrazioni cosiddette «a strascico» tante persone perbene sono state citate senza che abbiano commesso colpe di alcun genere. Ma un dibattito sul sistema delle intercettazioni sarebbe oggi del tutto improprio, di fronte al marcio che è venuto a galla.

Dopo quello di Luca Ricolfi (vedi post precedente), oggi voglio elogiare sentitamente il "tuttavia" di Stefano Folli, sicuramente tra i migliori notisti politici nel momento in cui si tratta di separare fatti, opinioni e preferenze personali (tutto quello che Giuseppe Cruciani, ma probabilmente pure il sottoscritto, è completamente incapace di fare). Folli, nelle poche righe riportate qui sopra, tratte dal suo pezzo pubblicato sul Sole di oggi, ha sintetizzato un concetto assolutamente sacrosanto, inoppugnabile, da scolpire nella pietra.

La mega inchiesta sugli appalti legati alla Protezione Civile ai cui sviluppi stiamo assistendo in questi giorni, che fotografa (ancora Folli) “un'Italia opaca e ambigua, costruita intorno a una rete affaristica che cerca e trova complicità politiche”, ha una rilevanza talmente grande, talmente imponente, che mettersi a disquisire su fattori di contorno come la liceità delle intercettazioni, la loro presenza negli atti giudiziari e la pubblicazione dei giornali è semplicemente ridicolo. E' un guardar il dito anziché la luna.

Le intercettazioni sono uno strumento indispensabile a supporto di inchieste di questo tipo. Punto. La loro presenza negli atti giudiziari è ovviamente necessaria, a livello sia sostanzia;le che formale, trattandosi di elementi usati a sostegno della tesi accusatoria. Punto. La pubblicazione sui quotidiani è evitabile, ma è questione di scelte dei direttori di giornale, e pertanto l'ennesima vacua polemica sollevata ieri in piccolo da Cruciani, alla Zanzara, e in grande da Augusto Minzolini (ieri imbarazzante come non mai nel suo editoriale) al TG1, è in realtà una questione per lo più circoscritta al mondo del giornalismo, e che il mondo del giornalismo dovrebbe affrontare stimolando una discussione tutta interna che porti, magari, alla definizione di un codice di autoregolamentazione.

Cruciani, ribadendo un concetto espresso ieri in trasmissione, ribatterà che già a monte sarebbe auspicabile una più attenta selezione delle intercettazioni da inserire negli atti giudiziari basata sulla effettiva attinenza all'inchiesta. Come esempio, ha fatto riferimento ad soggetto intercettato (trascrizione apparsa su Repubblica) mentre si adoperava al fine di farsi cancellare una multa dal comando dei vigili urbani. Cosa c'entra questa scenetta, chiedeva Crux, con la storia degli appalti?

A parte il fatto che, secondo me, la scenetta in questione ha comunque una sua rilevanza, anche se marginale, in quanto tratteggia un modus operandi, un'attitudine di un soggetto all'uso di scorciatoie furbesche, io devo insistere sul fatto che porsi una questione del genere oggi, per quanto non irragionevole, significa mancare il bersaglio. Il grande tema aperto, in questo momento, è quello del malaffare e del malcostume nel gestire appalti pubblici anche ai massimi livelli. Quella è "la luna" verso cui bisogna volgere lo sguardo. Tutto il resto, in confronto, son quisquilie. O "diti".

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"Moondance" è un pezzo swing jazz scritto nel lontano 1970 dal nordirlandese Van Morrison, che il cantante canadese Michael Bublé, nel 2003, ha reinterpetato "alla Frank Sinatra", con esiti a dir poco sensazionali.




Can I just have one more moondance with you, my love
Can I just make some more romance with you, my love...



giovedì 18 febbraio 2010

Boia chi molla

Dopo due puntate inqualificabili e dedite al trash più assoluto che mi hanno instillato nel cervello l'idea di abbandonare per un po' o forse per sempre l'ascolto della Zanzara, aspettavo ieri quasi con serena rassegnazione di ricevere il colpo di grazia per mano del boia Giuseppe Cruciani. Tanto che nella mente già ballavano, e tuttora ballano, i titoli dei post (sono un appassionato di questa micro-arte, la titolazione) con cui questo blog è destinato prima o poi a trovare la pace eterna.

Per la cronaca, dovrete iniziare a preoccuparvi quando troverete un pezzo intitolato "Exit strategy". I fazzoletti, poi, dovranno comparire nelle le mani alla pubblicazione post "L'ora delle decisioni irrevocabili". Infine, le lacrime amare e gli addii si sprecheranno quando l'ultimo articolo, "Elvis has left the builiding", farà capolino in cima all'home page.

Non so di preciso quando questo processo di incamminamento verso il bordo del burrone inizierà per davvero, ma non è oggi. Perché, incredibile dictu, uno spunto interessante dalla trasmissione di ieri sono riuscito a ricavarlo, ed è la menzione della teoria espressa da Ernesto Galli della Loggia sul Corriere di ieri, la quale incidentalemente possedeva delle analogie con quanto dichiarato sempre ieri dal magistrato Carlo Nordio (peraltro ospite di Cruciani in trasmissione durante il fugace angolo della serietà annegato tra le mezzore di coriandoli e cotillons, quando dovrebbe essere esattamente il contrario) in un'intervista apparsa sul Riformista.

(Aperta parentesi. Stoccatina: per Crux i magistrati dovrebbero rispettare la consegna del silenzio. Tranne quelli a lui simpatici. Zac. Chiusa.)

Secondo la suddetta teoria, la corruzione in Italia è un cancro endemico, patologico, talmente radicato nel DNA di questa nazione da non essere più estirpabile. Non è, cioè, un fenomeno legato ad una classe politica viziata e ad una pubblica amministrazione marcia, ma all'intero sistema paese. Cambiare governo, cambiare maggioranza, cambiare amministratori non servirebbe a nulla, così come non serve a nulla l'azione di repressione della magistratura. I corrotti possono cadere, ma la corruzione rimane. L'onesto di oggi è il corrotto di domani. Inutile illudersi, l'Italia è questa qua.

Concentrando l'attenzione sul pezzo di Galli della Loggia, per quanto ragione egli possa avere quando sostiene che “è l'Italia la casua della corruzione italiana”, quello che non va bene è l'atteggiamento disfattista, sfiduciato, rassegnato che sembra trasparire dalla parole dell'editorialista del Corriere. Il problema viene spiattellato sulla faccia dei lettori, senza uno straccio di idea per trovare dei rimedi. Io lo colgo che in sottofondo di voleva promuovere un invito al realismo, ma il vero messaggio che se ne trae invece è quasi nichilista. L'articolo del Corriere è un apologia della rinuncia, della sottomissione, della resa, della sopportazione anche di ciò che è insopportabile.

Per fortuna che non tutti sbracano e si arrendono così. Ad esempio il sempre-sia-lodato Luca Ricolfi sulla Stampa di oggi, dopo aver elogiato per educazione l'analisi di Galli della Loggia, gli spara dritto sul muso un "tuttavia" di quelli che non passano inosservati, seguito da un elenco dei meccanismi, nei confronti dei quali occorre agire in un'ottica preventiva (anche per Carlo Nordio la prevenzione – più che la repressione – è la parola chiave), che scatenano i fenomeni corruttivi. Un approccio, quello di Ricolfi, nello stile problema/cause/soluzioni. Tutto l'opposto del disfattismo estremo di Galli della Loggia.

Questa del cinismo, dell'impassibilità e della totale assenza di indignazione è una spirale di sabbie mobili che rischia di risucchiarci tutti nell'abisso. Sta a noi tenere alta la testa, sta a noi tenere i piedi fuori dal fango. Sta a noi crederci. Sempre.

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Bruce Springsteen, "No surrender" (1984)




We made a promise we swore we'd always remember
No retreat, baby, no surrender
Like soldiers in the winter's night
With a vow to defend
No retreat, baby, no surrender...


mercoledì 17 febbraio 2010

Sciopero

Per i motivi che potete facilmente immaginare se avete ascoltato la trasmissione di ieri (in caso contrario leggetevi il post precedente), oggi L'Anti-Zanzara tiene chiusa la serranda...

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...tranne per il contributo multimediale, così gustoso "da leccarsi i baffi", che ho recuperato nei meandri della mia memoria.

La band americana degli Stray Cats ("gatti randagi"), ad inizio anni '80, seppe reinterpretare in modo avvincente il vecchio genere rockabilly. Tra le loro perle ce n'è una intitolata "Stray cat strut", cioè "l'atteggiarsi del gatto randagio". E' un pezzo velenoso, il cui motivetto si insinua nella testa e non ne esce più. Se lo ascoltate una volta, non canticchierete altro per il resto della giornata. Siete avvisati :-)

E dunque: Stray Cats, "Stray cat strut" (1981)




I wish I could be as carefree and wild,
But I got cat class and I got cat style...



martedì 16 febbraio 2010

Tappi che stanno per saltare

Si respira aria da primi anni '90: sta per saltare il tappo”, ha detto (video, minuto 5:40) giovedì scorso ad Annozero, riferendosi al connubio tra corruzione dilagante e produzione di debito pubblico, l'ex direttore del Corriere Paolo Mieli, non esattamente un passante qualsiasi. Questa del tappo lì lì sul punto di essere sparato in orbita, e non per festeggiare, è un'immagine che viene proposta di continuo, in modo esplicito o implicito, di questi tempi.

Pensiamo ad Antonio Di Pietro, che, intervistato da Lucia Annunziata, torna a presagire rivolte sociali dovute alla scarsa attenzione del governo verso le fasce deboli del paese.

E pensiamo inoltre ai disordini di Via Padova, a Milano. C'è esasperazione, c'è rabbia, c'è voglia, specie negli ambienti leghisti di cui è megafono l'assessore Matteo Salvini, di ribellarsi e di trovare soluzioni drastiche alla questione dei quartieri ghetto.

E' così, cari ascoltatori? Siamo tutti seduti su una polveriera? La misura è colma? Stanno per succedere fatti eclatanti? Il tappo sta davvero per saltare?

Ditemi cosa ne pensate. Otto zero zero ventiquattro zero zero ventiquattro. Ci sentiamo dopo il traffico.

***

Come dite? Non è andata esattamente così alla Zanzara di ieri? Ci si è concentrati su tutt'altro? Ma dai, non me n'ero accorto.

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Ringraziate gli Oasis se anche oggi avete avuto un post. E sappiate che c'è un altro tappo che sta per saltare. Il mio.

Oasis, "Champagne supernova" (1995)




How many special people change
How many lives are living strange
Where were you while we were getting high?


lunedì 15 febbraio 2010

La sberla

Pochissimo da dire sulla Zanzara di venerdì, quasi una fotocopia di quella del giorno precedente. Segnalo solo due cosine da poco.

La prima. Cruciani ha ritenuto di dare una pubblica lezione di diritto a Ezio Mauro, perché a suo dire quest'ultimo, nell'osservare che Guido Bertolaso dovrebbe “dimostrare di non essere colluso” avrebbe mancato all'elementare principio in base al quale l'onere della prova spetta sempre all'accusa.

A me sembra del tutto ovvio che la frase del direttore di Repubblica andava interpretata su un piano politico, sul rapporto "di immagine" tra il capo della protezione civile e gli italiani, e non su un piano penale e giudiziario. Far passare l'idea che Ezio Mauro non conosca l'abc del diritto equivale ad insultarne l'intelligenza, oltre a denotare, da parte di Cruciani, un chiaro pregiudizio negativo nei confronti del quotidiano di Eugenio Scalfari. Non che sia una novità, sia chiaro. Del resto, non si spiegherebbe altrimenti il silenzio di Crux nei confronti di Maurizio Belpietro, che, sempre venerdi scorso, sul concetto del "Bertolaso racconti tutto" ci ha costruito la prima pagina del quotidiano che dirige.

La seconda segnalazione riguarda l'agghiacciante intervista di Cruciani a Vladirmir Luxuria. Stenderei un velo pietoso e farei finta di nulla se non fosse per Giampiero Mughini, grande compagno di merende di Cruciani, anch'egli intervenuto in un secondo momento alla Zanzara, il quale, con grande sincerità, ha definito il colloquio tra il conduttore e Luxuria “roba da babbei”. Ecco, se serviva un ceffone amico per far entrare in zucca che la klausdavizzazione della Zanzara non è una buona idea, è arrivato. Speriamo serva a qualcosa.

Causa impegni, domani (martedì) niente post salvo contributi. Idem (forse) mercoledì. Sorry.

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A proposito di sberle, eccone una spassosa collezione, ad opera di Terence Hill, in una mi-ti-ca scena di "Lo chiamavano Trinità".





venerdì 12 febbraio 2010

So di non sapere

Perfetto. Nel commentare il caso Bertolaso, Giuseppe Cruciani è stato perfetto e ha detto quel che andava detto. E no, per essere chiari, questo non è l'occasionale obolo che ogni tanto gli devo elargire per tenermelo buono perché non me ne frega niente di niente di tenermi buono il conduttore della Zanzara. Se dico che è stato perfetto è perché lo penso, in quanto, banalmente, io avrei detto le stesse cose che ha detto lui.

In sostanza il concetto è questo: noi comuni mortali, sulla vicenda Bertolaso non sappiamo niente. Non abbiamo, cioè, alcun elemento certo su cui basare una ragionevole convinzione del coinvolgimento o, al contrario, dell'estraneità di Bertolaso rispetto alle condotte che gli vengono attribuite. Questo dividersi subito tra colpevolisti e innocentisti, questo trasformare delle impressioni in evidenze, magari neanche sulla base delle carte giudiziarie, ma solo sul curriculum del personaggio, e sul proprio alto o basso gradimento nei suoi confronti, non ha semplicemente alcun senso. Quel che si può fare è mettersi comodi, tranquilli, versarsi un drink, e aspettare gli sviluppi dell'inchiesta.

Ciò premesso, un paio di considerazioni a margine del caso Bertolaso sono invece possibili, e Cruciani non ha mancato di esplicitarle. Eccole:

- La separazione tra gestione di situazioni straordinarie e impreviste (a cui occorre reagire con celerità, come nei casi dei calamità naturali) a situazioni ordinarie e programmate (G8, mondiali di nuoto, etc.) è venuta meno, e ciò non va bene. Che l'eccesso di burocrazia e le lungaggini che caratterizzano le procedure amministrative ordinarie siano un problema si sa, ma la soluzione non può essere il derogare sistematicamente con modalità non trasparenti. Semmai la trasparenza, nelle procedure straordinarie, diventa un requisito ancor più prioritario.

- Che un funzionario pubblico avente potere decisionale su certi appalti intrattenga rapporti di natura personale o privata con gli imprenditori assegnatari degli appalti medesimi è profondamente inappropriato, al di là di qualsiasi considerazione di natura legale o penale. Sono particolarmente felice che Cruciani abbia "ammesso" questo. Ho scritto "ammesso" (tra virgolette) perché ritengo che in passato il Crux, in riferimento a casi diversi ma sotto certi aspetti assimilabili alla vicenda Bertolaso, avesse assunto un atteggiamento differente. Penso al caso Berlusconi/Saccà, al caso Moggi/arbitri, eccetera.

E questo è quanto, basandoci su quel che conosciamo ad oggi. Per il resto, come già osservato, non possiamo fare altre che metterci in una posizione d'attesa, aspettando che gli eventi facciano il loro corso e che su questa vicenda venga fatta piena luce senza dare nulla per scontato. Per citare Wittgenstein (non il blog di Luca Sofri ma proprio il pensatore austriaco; oggi son fissato coi filosofi, vedasi il titolo socratiano del post), quanto può dirsi, si può dir chiaro; su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.

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Neffa, "Aspettando il sole" (1996)




Non c'è più luce, solo buio che fa male
Non c'è più pace, solo rabbia che ogni giorno sale...


giovedì 11 febbraio 2010

Il pozzo degli off-topic

Tutti i commenti e le discussioni off-topic vanno relegati in calce a questo pseudo post.

Qui c'è libertà assoluta di cazzeggiare, di litigare furiosamente, di scrivere tomi sugli argomenti più disparati, di incollare articoli lunghi quanto un volume della Treccani, e di intavolare dialoghi interminabili su argomenti che interessano solo ai dialoganti.

Nota bene: se i commenti ad un post dovessero prendere pieghe troppo off-topic, inviterò gli utenti "colpevoli" a continuare le discussioni qui, nel "pozzo degli off-topic". Se lo riterrò opportuno, trasferirò a forza parte dei commenti (ahimé con copia e incolla a mano). Se mi girano i cojones, invece, si lavorerà direttamente di cesoie.

QUESTO LINK PORTA AL FONDO DELLA PAGINA
DOVE CI SONO I COMMENTI PIU' RECENTI

Il quotidiano che quando lo scuoti fa tin tin

Eh no, a questo giro non è Il Fatto...


Tin tin


L'immagine qui sopra è un frammento della prima pagina de Il Giornale di oggi, 11 febbraio 2010. La prossima volta che sento le parole "giustizialista", "manettaro" e "forcaiolo" mi metto a vomitare dal ridere.

Te ne vai o no te ne vai sì o no

Se il nostro Paolo, nel suo post di due giorni fa si paragonava ad un anziano che rimpiange i bei tempi andati, io oggi mi sento come una vecchia suocera che non è mai contenta di nulla. Ma perché, perché, percheeeeeé tutte le volte che c'è un'iniziativa giudiziaria contro un rappresentante delle istituzioni (in questo caso Guido Bertolaso) deve partire alla Zanzara il solito tormentone dimissioni-sì-dimissioni-no, sempre uguale a se stesso, con interventi demenziali di ascoltatori per cui un avviso di garanzia equivarrebbe ad una macchia indelebile pari a quella di una condanna definitiva in tribunale alternati ad interventi altrettanto demenziali di gente che vede sempre, immancabilmente, nell'azione dei magistrati, secondi fini di natura politica. Basta, baaaaasta! Piuttosto preferisco parlare di Morgan tutta la vita.

La maggior parte della colpa la assegno alle telefonate degli ascoltatori "tifosi", sia chiaro. Ma un rimproverino lo devo indirizzare anche a Giuseppe Cruciani, perché questi, nell'overture, ha introdotto il caso Bertolaso senza enfatizzare bene che le sue dimissioni (peraltro respinte da Berlusconi, il quale forse pensa di non poter sopravvivere senza il suo mister-Wolf-risolvo-problemi di fiducia) sono arrivate non in seguito a chissà quali pressioni, ma per spontanea e libera scelta dello stesso capo della protezione civile.

Ma di cosa stiamo parlando? Uno sarà pur libero di dimettersi se lo ritiene opportuno, no? Saranno ben fatti suoi! Ma di cosa discutiamo? Cruciani doveva sgombrare il campo dal potenziale rischio di aprire una discussione assurda sulle dimissioni di Bertolaso. Invece il campo lo ha preparato. E il risultato è stato di una noia mortale, con un sacco di chiamate acide, livorose e, almeno per me, pesantissime.

Un po' più interessante, invece, anche grazie all'ottimo contributo dell'ospite d'onore Lucia Annunziata (ah, gli ospiti di qualità…), è stato il dibattito sul provvedimento, adottato dalla commissione di vigilanza Rai, che porterà, pare, allo stop di tutti talk show politici della televisione pubblica durante il periodo pre-elettorale. La decisione è scaturita da un'iniziativa secondo me "idelogica" del radicale (in quota PD) Marco Beltrandi (che spera così di far ottenere più spazio in TV per il partito di Pannella) a cui tutti i membri in quota centro-destra si sono agganciati increduli della possibilità di chiudere temporaneamente AnnoZero e Ballarò senza assumersene una responsabilità diretta.

Oltre a stigmatizzare (giustissimamente) il perverso intreccio tra Rai e politica, Cruciani ha tirato in ballo, colpevolizzandola, la legge par condicio, prendendo secondo me un bel granchio. La par condicio in questo caso è stata solo clamorosamente strumentalizzata per meri secondi fini. La legge esiste da tanti anni, e mai ha portato a degenerazioni pari a quelle che si prospettano ora. Pertanto, il prendersela con la par condicio più che con chi, tramite interpretazioni capziose, l'adopera come una clava, significa, a mio avviso, mancare il vero bersaglio.

C'è poi da mettere in luce la grottesca e abissale contraddizione che traspare sul lato destro dello spettro politico laddove innumerevoli volte si è strillata la volontà di voler abrogare la par condicio in quanto liberticida, salvo poi, per mera convenienza, pretendere di applicarla alla lettera al fine di indurre alla chiusura temporanea trasmissioni giudicate nemiche.

Do atto a Cruciani di aver accennato alla presenza di tale contraddizione, ma chi sperava che essa venisse sviscerata ed esposta adeguatamente al pubblico ludibrio dovrà rivolgersi a qualcun altro. Diciamo Filippo Facci, per esempio.

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"Baby, please don't go" è una vecchissimo blues del 1935, che gli Aerosmith hanno reinterpretato in chiave rockettara nel 2004, con ottimi risultati.




Baby please don't go
Baby please don't go down to New Orleans
You know I love you so
Baby please don't go...



mercoledì 10 febbraio 2010

Comma 22

E' andata ieri in onda la terza Zanzara consecutiva dedicata prevalentemente all'intreccio tra congresso dell'IdV, elezioni regionali in Campania, canditatura per la sinistra del sindaco sceriffo di Salerno Vincenzo De Luca, e appoggio a quest'ultimo di Di Pietro.

Un'attenzione quasi spasmodica, ossessiva, da parte di Cruciani, che si può spiegare forse in un solo modo: siamo di fronte ad una sorta di psicodramma in miniatura, ad una piccola tragedia esistenziale, un conflitto di coscienza. Se Cruciani vivesse in Campania il suo candidato preferito sarebbe mille volte De Luca, ma De Luca è appoggiato da Di Pietro e votare una coalizione comprendente Di Pietro è proibito dalla sua morale. E' un paradosso da Comma 22, un labirinto senza uscita, un cercar l'angolo in una stanza circolare.

E così, come un innamorato che sfoglia la margherita, si passa in modo schizofrenico dall'incensare De Luca per il suo sceriffismo, al sotterrarlo quando insinua che se non vince lui vince la camorra, per poi esaltarlo di nuovo perché nel 2007 ha annichilito a parole il povero Alex Zanotelli (che tutto sommato, aperta parentesi, ha diritto di dire qualche fesseria come tutti gli altri, e che per il bene che ha portato nel mondo con la sua attività di missionario meriterebbe se non altro un po' più di rispetto, chiusa parentesi), e il “saltimbancoBeppe Grillo, e poi tornare a biasimarlo per aver accettato il supporto di Di Pietro ed aver parlato sul palco del congresso dell'IdV, e infine lodarlo per il “piglio”.

A me gira la testa. Il tutto sembra un quadro di Munch. Qualcuno, per favore, aiuti quell'uomo. Salvate il soldato Cruciani, prigioniero di se stesso e del suo anti-antiberlusconismo. Una via d'uscita ci dovrà pur essere.

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"There must be some kind of way out of here" è il verso con cui comincia una dei brani più belli di tutti i tempi: "All Along The Watchtower". La canzone, datata 1968, è di Bob Dylan, ma nell'immaginario collettivo essa "appartiene" a Jimi Hendrix, l'artista che la scolpì nella leggenda.




There must be some kind of way out of here
Said the joker to the theif
There's too much confusion
I can't get no relief...


martedì 9 febbraio 2010

Il bue che dà del cornuto all'asino

Dopo una mattinata passata nel letto in uno stato di veglia precaria (ora va un po' meglio grazie a qualche pasticca miracolosa, ma non quelle di Morgan, eh!) devo dire che mi sono proprio goduto, per lo meno negli sporadici frammenti di lucidità, sia la trasmissione di Alessandro Milan che quella di Oscar Giannino.

E grazie a tali programmi, su quel che è successo al congresso dell'IdV ci ho capito infinitamente di più che non dall'ascolto della Zanzara “ridanciana” di ieri sera. Sì, per carità, grazie a Cruciani mi sono pure fatto due risate con l'audio dell'impazzimento di Francesco Barbato che sul palco urlava “io amo la libertaaaaaà”, ma, per il resto, la sensazione di vuoto assoluto è quella che più mi era rimasta addosso alla fine della trasmissione. Come detto, ho rimediato stamattina. Quasi quasi mi ammalo pure domani. Authan

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[Il post di oggi è del solito mitico Paolo]

Buongiorno.

La puntata è stata così insulsa da far ammalare persino Authan. Auguri, "tenutario"!

Non riesco proprio a credere che sostituire progressivamente ospiti più intelligenti, acuti e meno folkloristici con Buzzanca, Califano, Sgarbi, Brass ed ora il mago Otelma possa avere giovato all'audience. Comincio a sembrare uno di quegli anziani che rimpiangono i bei tempi andati.

Ricordate quando intervenivano Caldarola, Polito, Loquenzi, eccetera? Di quel gruppo di ospiti è sopravvissuto solo Telese. Cruciani non pensa che se ieri sera invece del mago Otelma avesse ospitato Pietro Ichino a fronte della sua interessante lettera pubblicata dal Corriere, segnalata ieri anche dalla nostra Francesca, la trasmissione sarebbe stata più interessante ed anche più partecipata dagli ascoltatori? (A margine, cosa ancora più seria, i radicali non avevano proprio nessuna proposta migliore per la Liguria del mago televisivo?)

Vabbè. L'unica cosa degna di nota mi sembra sia stata la sarcastica analisi fatta sul convegno dell'IDV. Doppiopesismi a parte, mi vedo costretto a dar ragione a Cruciani su gran parte delle sue osservazioni, a partire da quella sulla incoerenza sul caso De Luca, incoerenza rilevata ieri sera in trasmissione anche da Sonia Alfano e oggi sul Fatto Quotidiano.

Di Pietro, dopo aver per anni insistito sulla necessità di una totale illibatezza dei candidati, oggi appoggia il candidato del PD alla Regione Campania, De Luca, che è indagato per corruzione, condizione che ha sempre dichiarato essere moralmente inaccettabile per i suoi avversari.

Se la cosa non nascesse dall'oggi al domani con un ribaltone a 180° sotto elezioni saluterei questo fatto come una maturazione dell'IDV su posizioni più mediate e meno oltranziste (secondo me, e con buona pace di Cruciani, si dovrebbe essere candidabili sino alla eventuale condanna in primo grado), così ho invece l'impressione che si sia giunti a definire una linea politica "ad personam" per De Luca, invece di candidare De Luca dopo aver rivisto gli indirizzi politici. E questo, per me, non è un bene.

Non mi ha meravigliato sentir dare molto spazio a Genchi, Barbato, ed in generale alle posizioni più oltranziste e visceralmente antiberlusconiane dell'IDV, spazio che personalmente non credo meritassero, ma che ci poteva stare, specialmente se si vuole ironizzare sulla svolta moderata dell'IDV e sulla sua alleanza con il PD. Certo che se a rimproverare Genchi di complottismo era il conduttore della trasmissione "Complotti" e ad esecrare i toni di Barbato era l'amico di Salvini e Prosperini, di che stiamo parlando? Mi pare il bue che dà del cornuto all'asino.

Saluti

Paolo, grande mago!

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(Sempre Paolo) Parlando di maghi televisivi il contributo multimediale perfetto è questo:




More difficult!


Malato

Sono indisposto. Niente post salvo contributi. Authan

Posted via email from L'Anti-Zanzara posterous

lunedì 8 febbraio 2010

Fix It Again Tony

Sulla persona di Luca Di Montezemolo e sulla sua fraseDa quando ci sono io la Fiat non ha mai preso un euro dallo Stato” si sono sviluppate molte polemiche che hanno avuto una qualche eco anche alla Zanzara di venerdì 5 febbraio. Molti hanno obiettato ricordando gli incentivi per la rottamazione, ma giustamente Giuseppe Cruciani, e prima di lui anche il suo collega Sebastiano Barisoni durante Focus Economia, ha fatto presente che gli incentivi, essendo rivolti ai consumatori senza alcun legame con un particolare produttore, non sono assimilabili ad elargizioni statali per la fabbrica torinese.

Questa querelle è sorta a margine della vertenza di Termini Imerese. Come noto, i vertici della Fiat intendono chiudere lo stabilimento sicilano, in quanto giudicato improduttivo e antieconomico. Gli operai sono comprensibilmente in stato agitazione e temono per il proprio lavoro e il governo è venuto a trovarsi in una imbarazzante posizione a metà tra l'incudine e il martello. Da un lato c'è la consapevolezza di non poter interferire con le scelte di un'impresa privata, dall'altro lato, con il rischio di perdere consenso, non si vuole ignorare il dramma sociale.

Io ho un'idea abbastanza precisa sulla questione Termini, un'idea che coincide con certezza con quella di Barisoni (dico "con certezza" perché "The Voice" Barisoni l'ha enunciata a Focus Economia) e, immagino, pure quella di Cruciani (dico "immagino" perché come al solito sul tema il Crux non ha argomentato), e cioè: è impensabile ipotizzare che il governo possa imporre a Fiat "con la forza" (tra virgolette) di tenere aperta Termini in nome della salvaguardia sociale.

Sia chiaro, io ho a cuore il destino degli operai di Termini, e se lo fossi anch'io probabilmente ragionerei come loro. Ma avendo invece la fortuna di poter ragionare a mente fredda e senza coinvolgimento emotivo, mi rendo conto che un'intromissione dello Stato sarebbe inopportuna. Salvare una fabbrica improduttiva, magari sostenendola con soldi pubblici, significherebbe mettere in piedi una gigantesca finzione che è la stessa che porta ad avere 21000 dipendenti a libro paga della regione Sicilia (in Lombardia sono 3500).

Tutto ciò significa che Termini Imerese va abbandonata a se stessa, e chi s'è visto s'è visto? No. Molto si può fare a livello di pubblica amministrazione per favorire una riconversione dell'area di industriale e per incoraggiare l'arrivo di nuovi insediamenti di diversa natura. Ed è proprio su questo che il governo dovrebbe concentrare gli sforzi, più che sull'imbastire un braccio di ferro con la Fiat.

Come "compito a casa", per chi ne avesse tempo e voglia, lascio la lettura di un articolo molto interessante dell'economista Francesco Forte apparso sul Giornale del 5 febbraio, e che io trovo assolutamente condivisibile. (Ebbene sì, occasionalmente mi può capitare di apprezzare qualcosina pure sul quotidiano di Feltri...)

Attendo commenti. Tra un "servo dei padroni" qua e un "la radio di Confindustria ti ha bruciato il cervello" là, conto di leggere anche qualche bella analisi, meglio se di corrente opposta alla mia, o magari una semplice integrazione alle mie osservazioni, se condivise.

E tutto. Anzi, no, dimenticavo... Il significato del titolo è stato colto? "Fix It Again Tony" ("riparala ancora, Tony") è il modo scherzoso con cui gli americani fanno riferimento all'acronimo FIAT.

Passo e chiudo. Alla prossima.

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The Cars, "Drive" (1984)




You can't go on
Thinking nothing's wrong...



domenica 7 febbraio 2010

Linee guida per i commenti ai post

In questo blog i commenti ai post sono incoraggiati, apprezzati e benvenuti. Non c'è moderazione, nel senso che ciò che scrivete e inviate appare immediatamente in calce al post. Ogni contributo viene letto e tenuto in debita considerazione.

Eppur tuttavia, c'è commento e commento, e il tenutario, qui, non nega di gradirne alcuni più di altri, com'è umano che accada. Questo articolo ha la presunzione di rendere manifesta una specie di "scala di gradimento" per i contributi dei lettori, al fine di incoraggiare un (ho accennato alla presunzione, e presunzione sia) "livellamento verso l'alto" della qualità dei commenti in rapporto al numero degli stessi.

Attenzione, intendiamoci. Non è di regole che si sta parlando, ma di linee guida, di tracciati, di orientamenti. Non di regole, ripeto, perché un piccolo blog non è uno stato dove servono leggi e norme formali, ma solo una minuscola comunità nella quale i più elementari principi di buon senso possono e devono bastare. Solo che a volte anche i principi di buon senso vanno spiegati e messi nero su bianco, e questo è uno di quei casi.

Okay, bando alle ciance e partiamo.


LINEE GUIDA SUI CONTENUTI DEI COMMENTI

Il concetto è semplice: un commento è tanto più apprezzato quanto più è in-topic. Un commento ad un post è in-topic quando almeno una delle seguenti condizioni è verificata:

- è inerente ai contenuti del post;

- è inerente ai temi trattati nell'ultima puntata della Zanzara o in quelle immediatamente precedenti, anche se tali temi non sono stati oggetto di analisi nel post;

- è inerente alla trasmissione La Zanzara in generale, o al suo conduttore, o a Radio 24 nel suo complesso.

Tutti gli altri commenti, anche se legati a temi importantissimi e serissimi, sono da considerarsi off-topic, cioè fuori tema, fuori contesto, fuori posto.

Ora, chiariamo, perché non vorrei dare un'immagine sbagliata. Non c'è nulla di tragico nell'immettere un occasionale commento fuori contesto. Se avete una battuta divertente in canna, sparatela. Se avete letto un articolo interessantissimo, segnalatelo pure anche se dovesse essere fuori tema (meglio se specificandone il link, anziché facendo copia&incolla di testi chilometrici). Anche occasionali thread off-topic possono essere funzionali ad un arricchimento del blog, nel caso contribuiscano a "cementare" la nostra piccola community.

L'importante è che l'off topic rimanga sempre più vicino all'eccezione che non alla regola. Questo è il punto. Qui è dove deve entrare in gioco il più elementare buon senso. Perché l'off-topic, nel momento in cui diventa preponderante, finisce con l'essere fastidioso, molesto, con l'effetto di allontanare dal blog quei lettori a cui giustamente preme solo e unicamente di leggere e di discutere di Cruciani, di Zanzara, e dei temi del giorno trattati in trasmissione.

UPDATE 12/02/2010. E' stata creata una sezione apposta per gli off-topic, "il pozzo degli off-topic". Lì c'è libertà assoluta di cazzeggiare, di litigare furiosamente, di scrivere tomi sugli argomenti più disparati, di incollare articoli lunghi quanto un volume della Treccani, e di intavolare dialoghi interminabili su argomenti che interessano solo ai dialoganti. Se i commenti ad un post dovessero prendere pieghe troppo off-topic, inviterò i "colpevoli" a continuare le discussioni nella sezione off-topic. Se lo riterrò opportuno, trasferirò a forza parte dei commenti (ahimé con copia e incolla a mano). Se mi girano i cojones, invece, si lavorerà direttamente di cesoie.


LINEE GUIDA SULLA FORMA DEI COMMENTI

L'invito che qui s'intende rivolgere è ad uno sforzo di trovare il miglior compromesso possibile tra chiarezza e concisione. Allenate la vostra capacità di sintesi. Sappiate che in base ad principio universale assoluto, più lungo è il vostro commento meno persone lo leggeranno e meno ancora saranno invogliate a rispondere. Ma al contempo, se i vostri commenti, pur brevi, sono incomprensibili, di nuovo verranno ignorati. Chiarezza e concisione, concisione e chiarezza. Cercare l'intersezione ottimale è sempre una bella sfida.

Importante: sempre armati di chiarezza e concisione, non tralasciate mai di argomentare le vostre dichiarazioni. Questo è un blog, non un cartellone pubblicitario.

E infine, tenete presente che gli insulti (chiunque ne sia il destinatario), le pesanti provocazioni, e il turpiloquio insistito non sono apprezzati. Anzi, di più, non sono tollerati.

E' tutto. Grazie per l'attenzione e grazie ancor di più se vorrete tenere presenti le linee guida testé indicate. Ciao.


UPDATE. Avviso: Blogger (la piattaforma di Google che ospita questo blog e milioni di altri) ha "abilitato il rilevamento automatico dello spam per i commenti". Se spedite un commento e questo non appare, al 99% è perché Blogger lo ha messo in quarantena nella zona Spam. Io posso sbloccare e pubblicare, ma non posso passare il mio tempo a controllare la cartella Spam ogni due per tre. Quindi magari fate prima a riscrivere il commento cercando di indovinare il motivo per cui è stato bloccato (non ho idea di quali siano i criteri).

venerdì 5 febbraio 2010

Il cavallo vincente

C'era una volta il Giuseppe Cruciani teorico fondamentalista del garantismo assoluto, senza se e senza ma. Avete presente? Il Cruciani del "dimissioni mai", quello dell'imputato innocente fino a condanna definitiva passata in giudicato, quello per cui le pendenze con la giustizia, nel curriculum di un politico, contano meno di zero. Tale e quale Vittorio Sgarbi, per capirsi.

Beh, quel Cruciani non ha cambiato pelle, e abita sempre allo stesso indirizzo. Solo che, a giudicare da quel che si è sentito ieri alla Zanzara, a margine della discussione sull'opportunità della canditatura, per il PD, di Vincenzo De Luca alla presidenza della ragione Campania, messa in discussione da Di Pietro che non ci dorme la notte per via del fatto che l'attuale sindaco di Salerno ha due rinvii a giudizio, la posizione del conduttore si è giusto un po' sfumata.

Garantista sì, sempre, che-il-cielo-mi-fulmini, ma (cito parole di Crucinai non testuali ma il senso è rigorosamente mantenuto) “in certe circostanze le dimissioni o la mancate candidature possono trovare giustificazione anche in assenza di sentenze, quando i reati ipotizzati sono di particolare gravità, o quando ci sono evidenze inoppugnabili. Ciò detto, stabilire delle regole fisse è impossibile, ogni situazione fa storia a sé, bisogna valutare caso per caso”.

Incidentalmente, questo ragionamento è del tutto analogo a quello che io ho proposto nel recente post sulla vicenda Delbono, e pertanto non posso che condividerlo. Così come condivido la difesa, che Cruciani ha avanzato, della validità della canditatura di De Luca, non sulla base di un iper-garantismo fondamentalista a cui, come accennato sopra, il conduttore sembra aver rinunciato, ma sulla base del semplice buon senso.

Non si può dire che De Luca è incandidabile perché ha due rinvii a giudizio e amen, come se tutto il contorno non contasse nulla. Il metodo dell'accetta che prescinde da tutto è privo di ragionevolezza. Ciò di cui è accusato De Luca (che per la cronaca si proclama innocente, ma questo è il meno) non è neanche lontanamente paragonabile alla vicenda Cosentino, per dirne una. Non si può far pesare ogni caso giudiziario allo stesso identico modo.

Il PD ha valutato che De Luca è il candidato con le maggiore chance per il centrosinistra in Campania, e che l'impatto sull'elettorato dei suoi due rinvii a giudizio, vista la natura delle accuse mosse al sindaco di Salerno, sia scarso. Altri nomi, magari senza pendenze giudiziarie, che garantiscano il medesimo consenso non ce ne sono. Stante questo scenario, perché mai il PD dovrebbe rinunciare al suo cavallo vincente? Non si capisce. Per una volta, quindi, do ragione a Cruciani "al 150%".

Nota finale: a scanso di equivoci, tutto quanto scritto qui sopra si applicherebbe nello stesso identico modo anche se De Luca fosse del PDL e Cosentino del PD. La stagione del tifo politico non fa più parte del mio essere ormai da un bel po'.

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Cambio completamente argomento e vi chiedo, anzi, cari lettori, vi imploro: qualcuno mi può spiegare che male ci sarà mai nel citare parole o comportamenti di un proprio figlio a supporto di un ragionamento che si sta proponendo? A costo di fare la figura del babbeo, giuro che io non lo capisco. Davvero. Per favore, chi ha un'idea me la spieghi.

Il motivo per cui mi domando ciò è legato al fatto che ieri Cruciani ha manifestato enorme fastidio dopo aver mandato in onda un clip audio nel quale Alessandra Mussolini, esprimendo una sua opinione relativamente al caso Morgan, ha citato la propria figlia di sette anni. “Non capisco questa fissazione di tirare in ballo i figli!”, ha tuonato furibondo il conduttore.

E non è certo la prima volta. Già in passato il Crux si era inalberato in diverse occasioni per lo stesso motivo: con Concita De Gregorio, Patrizio Bertelli (il cui figlio ha ventuno anni, quindi non è neppure un problema riconducibile alla strumentalizzazione di bambini inconsapevoli), e altri.

Non sarà invece che è lui, il nostro Cruciani, ad avere una fissazione?

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Cat Stevens, "Father and son" (1970)




It's not time to make a change
Just relax, take it easy
You're still young, that's your fault
There's so much you have to know...


giovedì 4 febbraio 2010

Il bohémien

Seconda Zanzara consecutiva dedicata al caso Morgan, quella di ieri, con però il merito di avere affrontato la questione in modo più organico, con ospiti validi (Roberto Cotroneo, Alessandro Cecchi Paone), e non alla rinfusa, o, come dicevano i latini, "ad fallum canis".

Ciò ha fatto sì che la trasmissione, sebbene la vicenda Morgan rimanga a mio avviso di secondo o terzo piano rispetto ai veri "fatti del giorno" (capisco che ci sia coinvolgimento nel pubblico, ma tale giustificazione non sempre è valida: l'alto interesse lo si avrebbe anche se si facesse una serie di puntate tutta incentrate sulle polemiche legate al campionato di calcio) sia stata un pochino più godibile, decisamente una spanna superiore alla precedente.

Anche se non lo ammetterà mai, Cruciani si è in parte pentito della difesa preventiva che ha fatto di Morgan nella puntata di martedì, e ieri si è dovuto un po' arrampicare sugli specchi per conciliare tale posizione con il suo dichiararsi d'accordo con gli opinionisti (ad esempio Aldo Grasso) che hanno sostenuto l'incompatibilità tra la vita (legittima e per certi versi anche affascinante) da poeta maledetto e quella del personaggio televisivo di una rete generalista, idolo di casalinghe disperate e adolescenti arrapati.

Stabilito che l'audience di Morgan di oggi è la moltitudine eterogenea dei telespettatori, e non la ristretta schiera di fan di una band underground, su che cosa si fonda l'incompatibilità di cui sopra se non sull'esempio negativo che Morgan, indirettamente, propone al suo pubblico? E' evidente, quindi, che c'è contraddizione nel momento in cui Cruciani dà ragione a Grasso quando poi dieci minuti dopo dice che il problema della cattiva influenza non esiste tout court.

Piccola chicca. Forse pochi lo ricorderanno, ma Morgan in tempi non lontani intervenne proprio alla Zanzara. Accadde il 19 agosto 2009 (audio, dal minuto 11:30 al minuto 23:10), quando l'artista venne intervistato da Luca Telese (in conduzione quel giorno) con il pretesto di fargli tracciare un ricordo dell'appena scomparsa Fernanda Pivano, della quale Morgan era diventato amico.

In realtà il dialogo Telese/Morgan in un attimo deragliò fuori dai binari finendo in un limbo tra surrealismo spinto e trash assoluto (con tanto di sottofondo di rumore di bibita aspirata con la cannuccia dal cantante). E ad un certo punto (minuto 17:45), chicca nella chicca, Morgan dice quanto segue: essere maudit non vuol dire essere tossici, vuol dire godersi la vita, vuol dire essere bohémien. Col senno di poi vien da dire "magari, caro Morgan, magari…".

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In realtà il prezzo del biglietto valeva la pena pagarlo ieri anche solo per ascoltare l'intervista di Cruciani all'avvocato Carlo Taormina, che su Berlusconi e sulle leggi ad personam ne ha dette di cotte e di crude, ribadendo quanto già dichiarato in una intervista pubblicata sul blog di Alessandro Gilioli.

Sia chiara una cosa. Non è che Taormina, con tutta la sua storia, deve diventare oggi un idolo a 70 anni suonati, guadagnando chissà quale autorevolezza, solo perché ha iniziato a parlare contro Berlusconi. Non è proprio il caso. Però neppure si può derubricare le sue parole a veleno puro da far ricondurre ad un sentimento di rivalsa per essere stato emarginato nell'ambiente del centro-destra, come ha suggerito Cruciani.

Siccome però non ho voglia di riassumere i punti principali del Taormina pensiero, pubblico direttamente il frammento audio integrale, che faccio prima.



Lasciando da parte il riferimento alla dittatura, avanzato da Taormina, che è sempre meglio evitare, le parole dell'avvocato sono molto molto molto interessanti. Il giudizio, poi, dato alla legge sul legittimo impedimento (“una grande vergogna per l'umanità”) strappa un bel sorriso, di quelli larghi, ma larghi proprio, da orecchio a orecchio :-)

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Queen, "Bohemian Rhapsody" (1975)




Goodbye, everybody
I've got to go
Gotta leave you all behind and face the truth
Mama, oooooooh (Anyway the wind blows)
I don't want to die
Sometimes wish I'd never been born at all...


mercoledì 3 febbraio 2010

Spleen

Se guarderai a lungo nell'abisso, anche l'abisso guarderà dentro di te.
(Friedrich Nietzsche)

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E' sicuramente un problema mio, una questione di false aspettative, ma voglio dirla tutta. Ieri potevo passare meglio due ore del mio tempo che non ad ascoltare la Zanzara, perché una trasmissione che parla quasi eclusivamente dei problemi di Morgan con la cocaina non rientra nei miei interessi. Detta brutalmente, ho altro da fare. E' un problema mio, ripeto, e sono certo che dal punto di vista degli ascolti la scelta di Cruciani è vincente.

Ma ad ogni modo, visto che sono qui, e che ho un blog - anche se in giorni come questi vorrei quasi non averlo - e visto che ci sono dei lettori affezionati che hanno anch'essi delle aspettative, provo a spendere due-parole-due.

Innanzi tutto fatemi costruire l'impalcatura del post, a beneficio di chi non ha seguito la trasmissione. Di cosa stiamo parlando? Ebbene, dalle anticipazioni dell'intervista di imminente pubblicazione che Morgan ha rilasciato alla rivista Max è emerso che il cantante ha candidamente ammesso, salvo poi smentire ieri in serata, di far uso regolare e giornaliero di cocaina. Non per cercare lo sballo, dice lui, ma per sconfiggere la depressione. La cocaina, cioè, è per Morgan niente più di un medicinale che egli si autoprescrive per placare il suo malessesere interiore, quello spleen che ai tempi andati era proprio di un poeta maledetto come Charles Baudelaire (chiedo scusa all'anima di Baudelaire per averlo accostato a Morgan).

In un attimo, contro Morgan si è scatenato un fuoco di fila un po' da tutto il fronte politico, che ne ha fatto un'icona della decadenza e un'emblema di quanto negativo possa essere un soggetto del genere per i giovani, dal punto di vista dell'esempio. A fronte di questa massa di indici puntati, poteva la nota indole da bastian contrario di Cruciani non portarlo a posizionarsi sul fronte meno scontato? Ovviamente no. “Sappiate! Io difendo a spada tratta Morgan!”, ha subito tuonato il conduttore come incipit della trasmissione.

In realtà non c'è stata una vera difesa di Morgan, quanto invece un prendere le distanze dall'ipocrisia di chi ha voluto buttare giù dalla torre l'ex giudice di X-Factor senza alcun tipo di attenuante. Diciamo che Cruciani ha un po' strumentalizzato Morgan, elogiandone furbescamente “la sincerità”, al solo fine di trovare l'ennesima occasione per elevarsi e distaccarsi dal perbenismo che pervade la società e la politica. Il solito giochino già praticato mille altre volte. O io almeno, magari sbagliando, l'ho percepita così.

Beh, ad ogni modo, pur condividendo l'idea che il tiro al Morgan è stato eccessivo, personalmente credo che della sincerità di Morgan ci sia poco di cui compiacersi. E' giusto dire che l'artista non va criminalizzato, ma nemmeno si può soprassedere sulla vicenda con gli “embè?” e gli “allora?”, come se tutto in fondo rientrasse nella normalità, nello standard di quel che è la vita dei protagonisti del mondo dello spettacolo, che è ciò che in sostanza ha fatto il Crux.

Certo, la vita di Morgan è sua e può farne quel che vuole, ma se penso a sua figlia di nove anni (avuta, per la cronaca, con Asia Argento) mi vien da condividere le parole di chi ha suggerito a Morgan di pensare più alla sua salute che non a Sanremo, e di farsi aiutare. Di sua iniziativa, spontaneamente, prima che la sua dipendenza possa degenerare ad uno stadio non più recuperabile.

Il mio non è tanto un discorso legato all'esempio per i giovani o roba simile, ma più banalmente trattasi di mera compassione. Perché diciamo la verita, un tizio che pur avendo successo e popolarità patisce comunque così tanto il male di vivere da dover cercare sollievo nelle droghe pesanti, in fondo in fondo, fa solo pena.

UPDATE. Chiarimento: ho scritto "fa pena" nel senso che "suscita commiserazione", non nel senso che "fa schifo".

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Confessione. Se ho scritto questo post, anziché scioperare, è solo perché mi dava l'occasione di mettere in linea ben due contributi multimediali uno più bello dell'altro (per non parlare della citazione di Nietzsche). Buon ascolto.

Neil Young, "The needle and the damage done" (1972)




I caught you knockin' at my cellar door
I love you baby can I have some more
Ooh, ooh, the damage done
I hit the city and I lost my band
I watched the needle take another man
Gone, gone, the damage done...




Francesco Guccini, "La canzone della bambina portoghese" (1972)



E capirai che la vera ambiguità è la vita che viviamo,
Il qualcosa che chiamiamo esser uomini
E poi, e poi, che quel vizio che ci ucciderà
Non sarà fumare o bere, ma il qualcosa che ti porti dentro,
Cioè vivere, vivere, e poi, e poi, vivere...