giovedì 29 aprile 2010

Buono solo per incartare il pesce

[Avviso. Dopo i post di oggi il blog va in stand-by per alcuni giorni. Ci sentiamo il 5 maggio o giù di lì]


Questo qui sotto è il secondo articolo del giorno, di Authan. Non perdetevi il primo, un post di Paolo che merita una tripla A da Standard&Poor's :-)

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Gran parte della Zanzara di ieri è stata dedicata al nuovo scontro tra Vittorio Feltri e Gianfranco Fini.

Giusto due righe per ricapitolare gli eventi: Feltri ha sbattuto in prima pagina con titolone a nove colonne la notizia che una società riconducibile alla madre della compagna del presidente della Camera risulta titolare di un contratto con la Rai del valore di un milione di euro (sottintendendo, senza dirlo esplicitamente, che Fini possa avere esercitato in qualche modo la sua infuenza per favorire tale accordo). La risposta di Fini non è stata leggera: “Questo è giornalismo che sguazza nel fango, per non citare un'altra materia organica che ha reso celebre Cambronne”. Vale a dire, il quotidiano di Feltri sguazza nella merda.

Giuseppe Cruciani in sede di commento si è tenuto un po' nel limbo. Il suo ragionamento si può sintetizzare così: "Quella a cui il Giornale ha dato così tanta enfasi è una notizia tutto sommato di scarso interesse. Tuttavia, la reazione di Fini, che dà erroneamente per scontato il fatto che Feltri sia teleguidato, è esagerata. In fondo, che il Giornale tenga alto il livello di attenzione sul presidente della Camera rientra nelle sfera delle legittime linee editoriali, non dissimili da quelle di altri quotidiani quali Repubblica e Il Fatto, i quali tengono sempre Berlusconi nel centro del mirino".

Io a Crux do una risposta molto semplice, ribaltando il cannocchiale. Così come lui ha legittimamente un'opinione pessima (e ce l'ha, eccome se ce l'ha), di Repubblica e del Fatto, altri, possono ritenere, a ragion veduta, e non sulla base di preconcetti, che il Giornale sia un foglio "buono solo per incartare il pesce". Metafora, da non prendere alla lettera, per dire che il giornalismo di Feltri è cattivo giornalismo. Militare, peloso, facinoroso, picchiatore, e avvelenante.

E' così. E se Crux non vuole dare a retta a me - lo capisco - almeno ascolti e rifletta sulle parole di due suoi colleghi da lui parecchio stimati: Filippo Facci e Oscar Giannino. Qui di seguito ecco gli audio.














Cambiando completamente tema, visto che di questi tempi si parla di deriva plebiscitaria, suscitando le ironie del nostro conduttore preferito, vorrei far osservare un punto molto semplice, a partire da quello che sta succedendo in Grecia. Se il contagio greco dovesse espandersi a Portogallo e Spagna, bisognerebbe entrare nell'ordine delle idee che anche l'Italia è un paese a rischio.

Per evitare di finire sotto la spada di Damocle, potrebbe diventare necessario, nei prossimi anni, reperire risorse ingenti a sostegno dei conti pubblici, anche facendo ricorso a misure profondamente impopolari che un governo "plebiscitario", legato a filo doppio al consenso popolare senza mediazioni, potrebbe non riuscire a varare. Il consenso dell'elettorato ha sì un valore assoluto in una democrazia. Conta molto, moltissimo, quasi tutto. Solo che quel "quasi" è importante, fondamentale, e va salvaguardato come una specie animale in via di estinzione. Ecco perché l'ipotizzata "deriva plebiscitaria" è un qualcosa di serio, cari amici, e non una barzelletta.

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Pierre Cambronne fu un generale francese, che durante la celebre battaglia do Waterloo, nel 1815, all'ufficiale inglese che gli intimava la resa rispose in un modo - come dire - poco ortodosso...



Danzando sul ciglio del burrone

Oggi due articoli. Qui sotto un super post di Paolo, a parte Authan.

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Buongiorno,
secondo me ieri Giuseppe ruciani ha perso l'occasione di fare una trasmissione di vero interesse sulla crisi finanziaria europea, magari partendo dalla domanda semplicistica “Secondo voi la Germania fa bene a negare gli aiuti necessari ad evitare il default della Grecia? Se voi foste cittadini tedesci, cosa preferireste?” (èvero che per i temi economici c'è la trasmissione di Sebastiano Barisoni, ma questa non prevede il microfono aperto con gli ascoltatori).

Perché in questo momento ritirare fuori in trasmissione Alfredo Milioni e gli sgarbi tra Fini e Berlusconi è come guardarsi l'ombelico mentre si danza (sirtaki, fado, giga, flamenco, valzer e taranta) sul ciglio di un burrone, invece di guardare dove si mettono i piedi.

Tanti nodi stanno venendo al pettine tutti insieme, ma sembra che i politici europei non vogliano rendersi conto della gravità della situazione ed assumersi le proprie responsabilità rimuovendo le cause del disastro che si sta profilando.

L'errore storico più grosso sinora compiuto è di non aver voluto sviluppare l'Europa anche come reale unità politica, sacrificando ad interessi locali di breve termine quelli generali di lungo periodo.

Ed è, per certi aspetti, l'errore che sta facendo la Merkel, che sinora sembra aver guardato unicamente agli esiti delle imminenti elezioni regionali per il proprio partito, invece che al futuro del continente, ed è l'errore che continuano a fare tutti gli stati nazionali europei rifiutandosi di sottoporre i propri conti ad un serio controllo (ad esempio tutti gli stati stanno “occultando” una parte del proprio debito pubblico nelle S.p.a. statali. Quanto? Non è dato sapere, e questa opacità diventa uno strumento di semplice utilizzo per alterare i conti).

E così l'Europa è diventata il paradiso di finanzieri che possono spostare capitali senza problemi né costi da un punto all'altro del continente e delle imprese che possono vendere ovunque i loro prodotti ed attingere a basi sempre più ampie di lavoratori a basso costo e delocalizzare dove le condizioni socioeconomiche siano più convenienti.

Ma la politica ha rinunciato a tutelare gli abitanti del continente, cosa per la quale sarebbe stato necessario sviluppare reali politiche comuni e sistemi fiscali e di welfare compatibili se non sovranazionali.

E questa cosa non sembra essere cosa compresa dai nostri politici, se fino all'altroieri (metaforico) si è cercato di cooptare in Europa la Turchia e se ieri (si, proprio ieri) Frattini cercava di avvicinarvi anche Serbia e Kosovo.

Vi pare che una realtà in cui convivono stati tra loro apertamente ostili, anche militarmente, come Grecia e Tuchia, Serbia e Kosovo o totalmente aliene come Germani e Romania possa sviluppare una politica comune e tutelare i propri abitanti? E sulla base di quali interessi comuni?

Un secondo errore, più recente, è stato quello compiuto salvando un anno fa il sistema finanziario com'era, senza imporre serie regolamentazioni, limiti, paletti e pene. E così gli speculatori adesso stanno ringraziando del salvataggio accordandosi benefit e programmando di spolparsi un po' di stati uno alla volta, a partire dai più deboli e ben sapendo che ogni volta che hanno successo, invece di placare la loro voracità bulimica, diventano di volta in volta più forti ed efficaci per l'assalto successivo. E' inutile girarci intorno: in una realtà dove è facile spostare capitali enormi senza controllo, la speculazione è il male assoluto, e come tale va trattato. L'Europa farà bene a prenderne atto velocemente.

Infine un terzo errore è quello di cullare l'illusione di salvarsi da soli, perché il problema riguarda gli altri. Perché qui non si parla “solo” del possibile default dei PIGS, né dei PIIGS, né dei PIIGS + Austria, ma dell'abbandono e del crollo dell'Europa. Ogni stato che cade peggiora le condizioni finanziarie degli altri stati e rafforza quelle degli speculatori. Ogni volta che nel branco viene sbranato il più debole la tigre si rinforza, il branco si indebolisce e il posto del più debole viene preso da qualcun altro. E' ora di adottare la logica del too strong to be afforded: bisogna diventare più grossi, coesi e cattivi degli speculatori. Magari rinunciando a determinati aspetti delle nostre sovranità nazionali per delegarli in Europa. Magari tornando agli ideali primigenei di Europa da intendersi come Stato e non solo come mercato che si sono nel tempo abbandonati, con tutte le conseguenze del caso.

Saluti

Paolo

PS. Contributo multimediale: qualche sirtaki dal film "Zorba il greco".

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(Authan) Eccoti accontentato :-)



mercoledì 28 aprile 2010

Tutta la differenza del mondo

Quando Giuseppe Cruciani si mette in testa una cosa, non c'è verso di levargliela. Per carità, ognuno è padrone delle proprie opionioni, ci mancherebbe, ma una certa rigidità mentale, quella che a parole si dice sempre di voler rigettare, ma che poi nei fatti ogni tanto traspare, risulta un po' fastidiosa.

Prendiamo il caso della Lega. Crux un bel giorno ha deciso di “non avere alcun pregiudizio contro la Lega”. Il che va bene, anzi, fa onore, ma solo fino a quando questo approccio non si trasforma suo malgrado in anti-antileghismo, e cioè nel prendere posizione a difesa della Lega stimolato più dal desiderio di ribattere agli antileghisti che non dalle effettive valutazioni nel merito delle questioni portate all'attenzione. Un atteggiamento che poi è lo stesso che Crux adotta verso Berlusconi, in quello che il tenutario di questo blog ha battezzato anti-antiberlusconismo.

Il caso delle mense scolastiche è emblematico di quanto appena detto sopra. Sono giorni che Crux si affanna a segnalare casi di giunte comunali di sinistra che prendono provvedimenti contro i casi di morosità nel pagamento delle rette per la refezione assimilandoli a quelli di Adro e Montecchio Maggiore, per dimostrare che i casi del comune nel bresciano e di quello nel vicentino erano stati strumentalmente amplificati in un'ottica anti-leghista. Cosa che magari in parte è vera, ma ciò non implica che nelle scelte dei sindaci dei due summenzionati comuni non ci debba per forza essere nulla da obiettare.

Ieri, in particolare, è stato citato il caso di Padova, di cui nessun giornale parla (che ci sia un megacomplotto?) tranne il quotidiano locale Il Mattino (da non confondersi con quello di Napoli). Il comune di cui è sindaco l'esponente PD Flavio Zanonato ha deciso che dal prossimo anno scolastico potranno frequentare le mense del Comune solo gli alunni le cui famiglie abbiano pagato gli arretrati entro agosto. “Adesso voi potrete trovarci tutte le differenze di questo mondo”, ha detto Crux, “ma per me questo caso è identico a quello di Adro”. Ora, capite il mio imbarazzo: messa sul piano in cui l'ha messa Crux, se io mi metto a spiegare la difformità tra le diverse situazioni passo per essere quello che in un caso spalanca gli occhi e nell'altro caso ci mette davanti due fette di salame.

Peccato che per cogliere le differenze basti semplicemente leggere bene l'articolo del Mattino. A parte il fatto - quello sì marginale - che a Padova il tema non è la morosità nei pagamenti delle rette ma l'alto numero di domande di esenero dalle rette medesime senza averne titolo, e a parte il fatto - già più di rilievo - che il metodo repressivo adottato, in prima battuta, è quello della sanzione amministrativa, nel caso di Padova la sospensione del servizio non è prevista in modo tranchant da un giorno all'altro, ma solo a partire dal successivo anno scolastico. E guarda un po', questo, nella mia percezione, fa tutta la differenza di questo mondo.

E dire che di pregiudizi sulla Lega non ne ho neppure io. Solo che io non li ho neanche per i suoi oppositori.

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The Smiths, "What Difference Does It Make?" (1984)




So what difference does it make?
So what difference does it make?
It makes none, but now you have gone
And your prejudice won't keep you warm tonight...


martedì 27 aprile 2010

La fretta è una cattiva consigliera

Quando alcuni giorni fa Pier Luigi Bersani, pur sottolineando le difficoltà in cui versa l'attuale maggioranza di governo, ha definitouna pazzia” la possibilità di sciogliere anticipatamente le camere e di affidarsi al giudizio degli elettori, Giuseppe Cruciani ha un po' ironizzato, sottolineando come un capo dell'opposizione che non brama nuove elezioni non si era mai visto.

L'obiezione ha un senso, ed era inevitabile che prima o poi qualcuno tra gli altri esponenti di spicco nel centrosinistra sollevasse la medesima questione. E quel qualcuno, come abbiamo potuto ascoltare alla Zanzara di ieri, è stato Nichi Vendola: “Il centrosinistra non può andare nel panico nel momento in cui si prospettano le elezioni”, ha detto il governatore della Puglia. A chi dice che c'è la crisi rispondo che essendo le ricette di Berlusconi per affrontarla il contrario di quello che serve al Paese, non bisognerebbe avere paura, se si fosse capaci di essere un'alternativa”.

Ma il punto è proprio questo: l'essere capaci di presentarsi come valida alternativa in un momento delicato per la tenuta economica del paese. Bersani avrà pure mille difetti - è un generale bravo col pensiero ma non con le parole; timido, titubante, poco disinvolto, e per nulla carismatico - ma di certo non è un irresponsabile, e né è uno che fa il passo più lungo della gamba così, tanto per provare. Un'alternativa di centrosinistra oggi semplicemente non c'è, e improvvisarne una dall'oggi al domani non è facile come a un Vendola qualsiasi evidentemente piace pensare.

La stampa filo-berlusconiana può pure divertirsi ad infierire dando, in sostanza, del fifone a Bersani. Fa parte del gioco e non bisogna scandalizzarsi. Ma rimane il fatto che andare ad elezioni oggi mentre la crisi greca rischia di minare la stabilità dell'euro sarebbe davvero una pazzia. Serve al Paese una guida economica molto forte, una guida che per fortuna, bene o male, c'è (poi il lavoro di Giulio Tremonti lo si può giudicare in tanto modi e da diversi punti di vista, ma l'aver tenuto chiusi i cordoni della borsa e l'aver respinto quasi tutti gli assalti alla diligenza sono meriti di cui non si può non dargli atto).

Ma non sono solo ragioni di opportunità quelle che spingono a dar ragione a Bersani. Ad una analisi più attenta, anche in termini di strategia l'approccio del leader del PD appare corretto. Il consenso per il governo Berlusconi e per il suo leader è in costante calo già di suo e il trend ribassista verrà ulteriormente accentuato dalle insanabili divisioni nella maggioranza e dalle imminenti contrapposizioni nord/sud legate all'entrata in vigore del federalismo fiscale. Prima o poi, a meno di terremoti o di statuette, il cavaliere andrà "sotto soglia", e quello sì che sarà il momento buono per proporsi come alternativa. A patto, naturalmente, che nel frattempo le fondamenta di tale benedetta alternativa, alla luce del sole o sottotraccia, siano state costruite, a partire dal nome del candidato premier, quello dalle maggiori potenzialità, il cui nome io continuo a non fare, ma che tutti segretamente, nel proprio intimo, conoscono.

Insomma, c'è un pentolone sul fuoco, ma ciò che c'è dentro non è ancora cotto a puntino. Non che si debba rimanere inerti a rimirare il corso degli eventi, ma in guerra la fretta può rivelarsi la peggior consigliera. E' prerogativa dei bravi generali quella di saper aspettare il momento giusto per attaccare.

lunedì 26 aprile 2010

I ribelli della montagna

Estratto audio (trovato su YouTube) dalla Zanzara dì venerdì 23 aprile (si parla di questo manifesto e delle polemiche che ne sono susseguite):







Estratto dall'articolo "Com'è triste dover difendere la resistenza", a firma di Claudio Magris, pubblicato oggi sul Corriere della Sera:

Se la strumentalizzazione retorica della Resistenza nel dopoguerra era falsa e insopportabile, ora lo è - altrettanto e di più - non tanto la sua contestazione, quanto l'untuoso revisionismo col quale i politici oggi al potere cercano di falsificare la Resistenza per intaccare la Costituzione che è nata anche e soprattutto da essa. Proprio un ritocco dei punti ritoccabili della Costituzione, ossia un momento di necessari cambiamenti, esige quale premessa la forte coscienza di ciò che, nel mutamento, ha da restare intoccabile ossia di quei principi che senza la Resistenza non avrebbero potuto essere affermati.

Se c'è una cosa che non vorremmo, è dover ripetere parole d'ordine antifasciste, che speravamo mai più necessarie. Ma è possibile che, a malincuore, dovremo farlo.


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"I ribelli della montagna" (1944), nella versione degli Üstmamò (1995)




Siamo i ribelli della montagna
Viviam di stenti e di patimenti
Ma quella fede che ci accompagna
Sarà la legge dell'avvenir...



venerdì 23 aprile 2010

Il monolite nero

[Il post di oggi è di Paolo]


Ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione... E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser...


Ho visto Fini iniziare la sua carriera politica come nostalgico fascista per arrivare rivendicare il diritto al dissenso democratico nel PDL, ed ho visto Berlusconi, un tempo autodichiaratosi liberale e libertario, chiarire in pubblico quale sia l'unico modo di condividere qualcosa in sua presenza: alle condizioni da lui dettate.

Ho visto poi La Russa defilarsi davanti alla remota possibilità che qualcuno provasse ad imputargli qualche responsabilità nei contrasti tra i due padri del PDL.

Insomma, lo spettacolo valeva il prezzo del biglietto (infatti era gratis, in diretta su Rainews24…) ed è stato in molti aspetti chiarificatore della situazione. Da sempre è chiaro che Fini ha dovuto aderire al PDL con la pistola (o il predellino, se preferite) puntata alla tempia, temendo di perdere i “colonnelli” che lo avevano sino a quel momento seguito nel percorso da una destra nostalgica ed ex fascista verso una destra liberale moderna. Ed era anche chiaro come le due anime del partito non si fossero amalgamate (si sa, ai figli di due padri, qualche dubbio sulla famiglia rimane…).

Adesso è chiaro che quegli stessi colonnelli e la maggioranza del PDL ritengono di aver raggiunto e forse oltrepassato il punto di liberalità e modernità necessario. Che si debba arrivare a confrontarsi apertamente con un dissenso interno è un po' troppo per loro. Quindi con me o contro di me, e Vae victis. Berlusconi ha saputo comunque sottrarre i colonnelli a Fini, il cui cammino verso una destra diversa da quella che l'Italia ha sinora conosciuto non potrà svolgersi oltre nel PDL. La destra cui Fini sembrerebbe voler puntare è molto minoritaria. Perlomeno a destra, in quanto non escluderei che potrebbe rubare un po' di voti all'opposizione…

Adesso è chiaro inoltre che non si sta preparando alcun dopo SB: l'intero PDL è spalmato (forse sarebbe meglio dire plasmato) sulle posizioni dell'attuale premier, come se non esistesse nulla d'altro. Il che apre due scenari possibili per il dopo: quello di Berlusconi che si ritira lentamente designando il proprio successore (Tremonti?) se la situazione gli darà modo di farlo (il che manterrebbe per un certo periodo invariati i rapporti di forze interni ed esterni al PDL) oppure quello che qualcuno comincia a temere (vista anche l'età del cavaliere) di un precipitoso ritiro forzato che sarebbe un terremoto politico. Perché adesso la situazione è semplicissima: No Silvio? No Party(to).

E adesso è una volta di più chiaro quali possano essere i margini di condivisione politica con Berlusconi: quando si parla di riforme, queste potranno essere largamente condivise solo se alle sue condizioni (spero non sfugga l'ironia insita nell'affermazione). Mi auguro che l'opposizione capisca quindi se valga la pena investire energie nel cercare di condividere con il PDL qualche riforma istituzionale (visto che sono in vena di citazioni hollywoodiane: mission impossibile) oppure nello sviluppare una efficace politica di opposizione.

Infine, adesso è chiaro che, come La Russa ieri evidenziava bene in un intervento tutto teso a lavarsi le mani da eventuali responsabilità nella situazione, nel PDL ogni dissintonia con il capo è motivo di paura. Il partito è diventato un monolite. Nero. Credo quindi che i finiani dovranno organizzarsi in funzione delle prossime politiche, se vogliono portare avanti un progetto politico non Silvio-centrico perché è evidente che non vi sarà spazio per loro né per le loro idee nelle future liste del PDL.

Che tutto questo, come confermato anche dalle Zanzara di ieri, piaccia al nostro Giuseppe Cruciani più di quei partiti di una volta i cui noiosi ed obsoleti meccanismi interni garantivano una minima possibilità di rinnovamento delle idee e della democrazia, un po' sorprende, ma tant'è.

Per chiudere, trovo ironico che ad essere epurato e zittito sia Fini, che sinora era stato l'epuratore e l'imbavagliatore in AN, come molti ex del partito adesso gli rinfacciano. D'altra parte, prima o poi, a tutti capita di essere minoranza e di sperare di avere qualche diritto.

Saluti
Paolo

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(Authan) Con la celeberrima citazione cha fa da incipit al post, e con quel titolo, scelto sempre da Paolo, i contributi multimediali - due, chiaramente - sono obbligati e neanche sto a scrivere cosa sono, che tanto li riconoscete tutti. (Però il monologo di Rutger Hauer ve lo beccate in inglese, che è ancor più evocativo)




All those moments will be lost, in time
Like tears in rain
Time to die...






Pooooooo, pooooooo, poooooooooooo, po-pooooooooooooooo
Bum, bum, bum, bum, bum, bum, bum, bum...






giovedì 22 aprile 2010

Una più alta autorità

Uno dei titoli del TG3, mandati in onda ieri, come sempre, durante la Zanzara, riguardava ad una dichiarazione di Pier Luigi Bersani che prospettava l'idea di un “patto contro la deriva plebisicitaria”, nel Paese, in riferimento ovviamente a Berlusconi e alle ipotesi di riforme istituzionali che aleggiano nell'aria di questi tempi.

Quando Giuseppe Cruciani ha ripreso il microfono, lo ha fatto in modalità "voce stanca, bassa, annoiata e biasimante" con l'interruttore settato su 'max', uscendosene in questo modo: “La deriva plebiscitaria… Il pericolo populismo… A me queste cose fanno impazzire”. Insomma, per Crux trattasi di minchiate, seghe mentali, chiacchiere buone solo per i perditempo e per i parolai della politica.

Ora, l'idea originale per il post di oggi era quella di tirar giù un pippone infinito con le differenze tra le democrazie standard e quelle plebiscitarie (stringendo e semplificando, la presenza o meno di una subalternità del capo del governo eletto dal popolo ad una più alta autorità, data dalla Costituzione) perché in un angolino del mio subconscio si sta facendo strada sgomitando, indifferente alle resistenze del lato conscio, la teoria che il nostro conduttore preferito non sappia nemmeno cosa significhi "deriva plebiscitaria".

Ma poi mi è capitato di leggere, sul nuovo quotidiano online Il Post, un pezzo di Giovanni Floris il cui folgorante incipit è in effetti la miglior risposta possibile a tutti i borbottii e bofonchii di Cruciani.

Il Presidente del Consiglio italiano ha pochi poteri, Silvio Berlusconi ne ha troppi. Il paradosso delle riforme istituzionali è tutto qui. È vero, come dice il Premier, che il primo ministro italiano non ha il potere che i suoi omologhi hanno in giro per il mondo, ma è pur vero che nessuna parte del mondo un premier accentra in sé tutti i poteri che accentra Silvio Berlusconi.

Questo è l'impasse su cui è bloccata la Nazione, guidata da un uomo potentissimo ma da un premier debole. Un miliardario, un tycoon televisivo, un uomo molto potente, un primo ministro che però esercita il suo potere in un sistema obsoleto, complicato, bloccato da infiniti contrappesi che hanno ormai un'unica ragione di esistere: servono nel caso che a ricoprire il ruolo di primo ministro arrivi uno come lui.

Neanche nei miei sogni avrei saputo scrivere di meglio. E mai come questa volta non serve davvero aggiungere altro. Alla prossima.

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Patti Smith, "People have the power" (1988)




We can turn the world around
We can turn the earth's revolution
We have the power
People have the power...


mercoledì 21 aprile 2010

Il chiodo fisso

Poco tempo, oggi, che userò per qualche commento flash, a braccio, sulla Zanzara di ieri.

1) Dopo aver ascoltato ieri Filippo Facci spiegare in diretta perché lo strappo di Fini (che poi strappo alla fine non è, al più una scucitura) va guardato con simpatia e interesse mi verrebbe da dire "Crux, ascolta e impara", ma forse sarebbe troppo irrispettoso per quella che è la sua diversa e legittima opinione. Mi limiterò allora ad un "Crux, ascolta e rifletti".

2) Complimenti a Francesca da Varese (che poi è la nostra Francesca), rimasta a lungo in collegamento dopo che ha fatto presente il suo strenuo impegno a non farsi “contaminare” da qualunque cosa sia riconducibile a Berlusconi, non tanto per questa sua scelta (che a me sembra eccessiva), ma per aver accettato di stare al gioco anche quando quando Cruciani ha cominciato ad essere un po' troppo irridente verso di lei. Una rispostaccia ci poteva pure scappare. In fondo, caro Crux, ognuno ha diritto ai proprio chiodi fissi. C'è chi, come Francesca, per questioni di principio non si sintonizza sui canali Mediaset neanche quando viene trasmessa l'opera lirica preferita, e chi invece, pur apprezzandoli, non compra più i libri di Fred Vargas. Grosse differenze, amico mio, non ce ne sono.

3) Dopo l'uscita di scena di Pier Gianni Prosperini, quello del “camel, barcheta e te turnet a ca'”, a Crux serviva un nuovo show-man xenofobo della politica, a cui ricorrere alla bisogna per fare un po' di avanspettacolo. Trovato. E' Mario Borghezio. Non che il soggetto non fosse già un habitué alla Zanzara, ma l'intervista di ieri ha avuto tratti cabarettistici del tutto inediti. “Ma lei tiferà per l'Italia ai Mondiali?”, ha chiesto ad un certo punto Crux. Risposta: “Bisogna vedere cosa ci presentano in campo. Se, come la Francia, ci presentano una squadra di marocchini, certo la cosa non mi entusiasmerebbe”. E oplà.

Lo spazio che rimane, per il post di oggi, lo lascio a Paolo, per una sua valutazione sul "frazionismo" tanto esecrato nei giorni scorsi dal nostro conduttore preferito. Ciao.

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[Da qui in giù il testo è di Paolo]

ODE AL FRAZIONISMO

Buongiorno,
devo fare un po' di pallose premesse per contestare la presa di posizione di Giuseppe Cruciani contro quelle di Fini, definite "frazioniste".

E le premesse sono che considero un sistema bipolare il minore dei mali (è un sistema che sacrifica una parte della sua rappresentatività in favore della governabilità, mantenendo una possibilità di rinnovamento) e che ritengo necessario al suo funzionamento (specialmente in una realtà politica come quella italiana) l'esistenza di due schieramenti politici contrapposti sostanzialmente stabili (un terzo rilevante schieramento centrista compromette il funzionamento del sistema, riducendone la governabilità e le possibilità di rinnovamento: immaginatevi un Mastella al 15%, lui diventa inamovibile, ed i governi durano il tempo di incassare una offerta migliore da quella che è di volta in volta l’opposizione).

Aggiungo che continuo a considerare una sciagura l'ipotesi di poterci trovare senza un governo in questo periodo.

Su queste premesse sembrerebbe che uno debba essere sostanzialmente d'accordo con Cruciani nel considerare sfavorevolmente le iniziative "indipendentiste" dei finiani in corso in questi giorni.

Ragioniamo però da un altro punto di vista, e cioè da quello di chi all'interno di un partito creda sia necessario portare avanti una politica diversa da quella che il partito sta esprimendo (che su moltissimi argomenti è l'attuale situazione di Fini rispetto alla politica del PDL). Ha senso pensare di affrontare una battaglia politica contro gli avversari interni per poi presentarsi indeboliti ad affrontare quelli esterni? Ha senso restare fedeli a qualsiasi costo ad un progetto di cui vengono sistematicamente meno i punti per me qualificanti? In entrambi i casi credo di no, e credo anzi che questa situazione finisca per rendere più indefinito il contenuto politico dello schieramento. Per cui ben venga una iniziativa che dica "su questi punti contiamoci".

La situazione di Fini rispetto al PDL è per certi versi simile a quella che si verificò tra la sinistra radicale ed il primo governo Prodi: una minoranza dello schieramento vede sistematicamente eluse le proprie richieste e minaccia lo strappo.

Nel caso di Prodi e Rifondazione Comunista sappiamo che finì male per entrambi i contendenti, con il governo affondato e Rifondazione cancellata dal panorama politico.

Nel caso attuale però non mi aspetto una evoluzione verso una situazione così dannosa per entrambi i giocatori: sia perché per i finiani esistono alleanze politiche alternative in ottica centrista, (mentre Rifondazione non aveva alleanze alternative possibili), sia perché Berlusconi sinora si è dimostrato più intelligente dei dirigenti di sinistra e capace di rovesciare il gioco a proprio favore in ogni situazione.

Saluti

Paolo frazionista

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(Authan) Il "vado via o resto, resto o vado via" di Fini e il contestuale "te ne vai o no, te ne vai sì o no" di Berlusconi mi han fatto ritornare alla mente un verso della "Canzone delle domande consuete" (1990), di Francesco Guccini, uno dei mille capolavori del cantautore emiliano:

Non andare... Vai... Non restare... Stai... Non parlare... Parlami di te...




Se ci sono non so cosa sono e se vuoi
Quel che sono o sarei, quel che sarò domani,
Non parlare non dire più niente, se puoi,
Lascia farlo ai tuoi occhi, alle mani...


martedì 20 aprile 2010

Il Parente povero

Ho ricevuto via mail un bel commento incentrato sul bizzarro intervento di ieri, alla Zanzara, del radical-chic destroide Massimiliano Parente, possessore della tessera numero uno del club anti-Saviano.

Nel mio post di oggi (hey, non perdetevelo, eh!), per non dilungarmi troppo avevo un po' sorvolato sul soggetto in questione. Ma in effetti un approfondimento ci stava tutto. Di questo ringrazio la new entry, tra gli autori ospiti, Giovanni Enrico.

(Nota: per una migliore comprensione del post forse è bene che chi ieri non ha ascoltato Parente lo faccia, scaricandosi il podcast della puntata. Il suo intervento è nella fase finale della trasmissione, all'incirca negli ultimi venti minuti.)

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[Il testo che segue è a firma di Giovanni Enrico]

Ho ascoltato con un certo imbarazzo l'intervento di Massimiliano Parente durante la puntata di ieri, dove mi è sembrato di essere ritornato a scuola, quando i genitori del pargolo meno dotato gridano al complotto degli insegnanti che al Gracco preferiscono altri a torto considerati più capaci.

Imbarazzato nel sentir tirare in ballo nientepopodimenoché Proust il quale - partito sfavorito dai contemporanei - ha ottenuto l'immortalità dai posteri. Imbarazzato non solo perché Proust è il più gettonato tra chi voglia darsi un'aura di intellettuale low-cost (soprattutto fra chi non lo ha letto) ma soprattutto perché rimproverare a un grande il non essere un genio è la facile consolazione dei mediocri worst-sellers delle patrie lettere.


Proust


A me pare che questo atteggiamento descriva bene una buona fetta dell'italietta berlusconiana: meritocratica a parole ma con un occhio di riguardo per il furbo che ce la fa non grazie al ma contro il merito. Il successo meritato è sempre stato guardato con sospetto in questo paese.

Possibile che nessuno si sia accorto che c'è una bella differenza tra il non apprezzare un libro (per come è scritto, per come è pubblicizzato, per come è presentato, per tutto quello che si vuole) e il considerarlo addirittura un veicolo promozionale per le mafie? Mi colpisce pensare che si è passati dalla "goliardata" delle corna alla "minchiata" del supporto alla mafia, sempre sfumando, contenendo, riducendo sistematicamente la portata delle uscite del Premier. Cosa dovrà dire Berlusconi perché finalmente Cruciani possa trovarlo semplicemente grave?

Se certamente è eccessivo scomodare Proust da contrapporre a Saviano (cosa che si può fare solo in malafede), certo non sfigurerebbe il confronto con il "J'accuse" di Zola, non un romanzo immortale, non un grande poema, "solo" una grande presa di posizione civile, che molto ha a che fare con "l'etica della parola" che Saviano considera un valore irrinunciabile. E se al piccolo antidreyfusardo o alla Cagoule di via Negri questo non piace, possono sempre consolarsi con i posteri.

Ad minchiam

Oggi due post. Qui sotto il mio (Authan), a parte quello della new entry Giovanni Enrico.

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Ecco, la Zanzara di ieri è emblematica. Emblematica di cosa? Emblematica di come il conduttore Giuseppe Cruciani è solito affrontare una dichiarazione stravagante di Silvio Berlusconi, la quale viene sì biasimata, ma sempre col "però" in fondo.

Berlusconi ha sbagliato, PERO' bla bla bla”. O addirittura, come è successo ieri, “Berlusconi ha detto una 'minchiata', PERO' bla bla bla”. Mai una volta che dopo la virgola venga un bel “punto e a capo”.

Allora lo scriverò io. Berlusconi, affermando che le fiction e la letteratura sulle mafie, tra cui "Gomorra", enfatizzano le organizzazioni criminali danneggiando indirettamente, in tal modo, l'immagine dell'Italia nel mondo è una grandissima, gigantesca, immane minchiata. Punto e a capo.

E se Roberto Saviano, a fronte di simili dichiarazioni, si inalbera, ne ha ben donde, perché ha ragione da vendere. Di più, a leggere il suo intervento del 17 aprile su Repubblica ci è pure andato leggero.

Ma non basta. Sempre alla Zanzara di ieri ha avuto luogo un'autentica mistificazione. E' stato detto ripetutamente in trasmissione che per Saviano il premier Berlusconi non avrebbe diritto di parlare e di esprimere le sue opinioni. Un'enormità senza il benché minimo fondamento, com'è di tutta evidenza, se non addirittura "una minchiata", giusto per insistere sulla parola del giorno. Saviano ha semplicemente reagito a delle accuse ribattendo nel merito alle considerazioni del premier. Che è cosa ben diversa dal negare l'altrui libertà di espressione.

Dicevo che Saviano ha ragione di vendere. Non sto neanche ad argomentare, visto che l'insensatezza della dichiarazione di Berlusconi è stata riconosciuta un po' da tutti. Ma c'è da sviscerare quel "però" di cui sopra. Oltre alla ridicola idea che Saviano neghi tout court l'altrui diritto di critica, il "però" di ieri riguardava la ritrita polemica (alimentata in particolar modo dal collaboratore del Giornale Masssimiliano Parente, ieri ospite in trasmissione, con argomentazioni che volendo potete leggere su questa pagina di Dagospia) sull'apparente contraddizione dell'antiberlusconiano che pubblica per la casa editrice - Mondadori - della famiglia Berlusconi (contraddizione inesistente se si tiene conto delle logiche commerciali, ma su questo ora non mi dilungo).

Intendiamoci, la scintilla che ha infiammato tale polemica è stata sprigionata proprio da Saviano, nel già citato intervento su Repubblica, al quale ha fatto seguito una replica di Marina Berlusconi, presidente di Mondadori (che si dichiara d'accordo col padre), e una controreplica dello stesso Saviano. Lo scrittore, in sostanza, si è domandato pubblicamente che cosa ne pensassero di questa vicenda i suoi referenti in Mondadori, perché - lo si legge tra le righe - se dovesse venir fuori che per la casa editrice Saviano è motivo di imbarazzo, piuttosto quest'ultimo toglie il disturbo. A guardar bene, Saviano voleva solo essere rassicurato. Contava che pure in Mondadori qualcuno potesse avere magari il fegato di battere un pugno sul tavolo pronunciando la parola "minchiata" e il nome "Berlusconi" nella stessa frase, e senza alcun "però" in fondo. Speranza legittima, ma inevitabilmente velleitaria, e in questa prospettiva il riferimento di Saviano a Mondadori nel suo primo articolo era superfluo.

Superfluo, sì, ma non scorretto. Il punto è che se davvero ci fosse un'insostenibile contraddizione nel rapporto Saviano/Mondadori (non c'è, ma facciamo finta), essa più che dal lato di Saviano sta da quello della casa editrice. Marina Berlusconi dovrebbe cioè spiegare come può essere d'accordo con suo padre (chi scrive di Mafia ne fa - cito dalla sua lettera a Repubblica - “una pubblicistica a senso unico” che “non è il sostegno più efficace per l'immagine del nostro Paese”) e simultaneamente pubblicare "Gomorra". Certo, ci sono le già citate logiche commerciali che giustificano tutto, ma rimane il fatto che dal lato della casa editrice pende in maggior misura il peso dell'incoerenza più ingente, data dall'evidenza di una proprietà che disconosce il valore (non commerciale, ma etico/morale) di una delle opere più di successo che pubblica.

Ci sarebbe poi, sempre su questa querelle Saviano, qualche altro "però" su cui dissertare, estrapolato dalle considerazioni avanzate ieri da Cruciani e da Parente. L'idea, ad esempio, che Saviano sia un totem intoccabile, e che chi prova a dire "beh" viene sbranato a prescindere. Ma si torna al punto di partenza. Il problema non è la bocca che si apre me le parole che ne vengono fuori. Se sono argomenti, si discute. Se sono minchiate, si reagisce.

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Tra gli eroi anti-camorra della fiction, come non ricordare "Piedone lo sbirro" (Bud Spencer)? Anno 1973, un mito. Incantevole la colonna sonora, specie nella versione eseguita col mandolino, che è quella che vi offro qui sotto.



lunedì 19 aprile 2010

La materia di cui son fatti i sogni

Sostiene Cruciani che lo strappo di Fini con Berlusconi nasce da una questione di potere, di posizionamento, di ambizione personale. Non è bella politica, ma solo un gran tramare e complottare. Questo il conduttore ha detto durante la Zanzara di venerdì e questo ha scritto commentando qui nel blog il post precedente. Non si spiega diversamente - ha anche aggiunto - perché si stia prospettando addirittura la costituzione di nuovi gruppi parlamentari quando invece dovrebbe essere sufficiente il dibattito interno al partito e la possibilità, che a nessuno è negata, di propugnare le proprie idee, presentare proposte, disegni di legge alla Camera e al Senato. Di tutto il Paese ha bisogno, ha concluso Cruciani, tranne che il ritorno in auge del frazionismo, del dividersi, del far nascere piccoli partiti dal consenso residuale, i quali possono mettere in pericolo la governabilità senza dare alcuna reale alternativa.

Sempre molto pragmatico, il vecchio Crux, che pur condivide, per sua stessa ammissione, molte delle recenti prese di posizione (su immigrazione, temi etici, ecc.) dell'attuale presidente della Camera: un conto sono le preferenze personale sulle singole questioni, un conto è la direzione in cui va la maggioranza del consenso dell'elettorato, che oggi come oggi è molto chiara. Soluzioni per la guida del paese diverse da quelle dell'asse Berlusconi/Lega semplicemente non esistono.

E' un disamina plausibile, quella enunciata qui sopra. Ammettiamolo pure. Tuttavia in quest'analisi io ci trova qualcosa di sgradevole, di fastidioso, cha faccio fatica a tradurre in parole. In sostanza, anche se sembra un controsenso, io percepisco nel crucianesco "realismo totale" una sorta di estremismo. Sembra paradossale dirlo, ma trovo che ci sia qualcosa di ideologico in questa ricerca del pragmatismo assoluto, nell'autocastrazione di qualunque sogno per una politica migliore. Decidere di non sognare alcunché e di vivere ancorati alla quotidianità è quasi peggio che sognare tutto il tempo senza guardare in faccia la realtà manco per un istante.

Quello di una destra diversa (che lo stesso Crux sotto sotto gradirebbe, anche se il suo pragmatismo assoluto gli fa irridere tale prospettiva) è un sogno da alimentare, non da tarpare. E per alimentarlo bisogna provare a guardare il bicchiere mezzo pieno, piuttosto che mezzo vuoto. Ad esempio apprezzando chi nel centrodestra sta provando a battere un nuovo sentiero, e magari sforzandosi di comprendere che giocare sul mero piano el dibattito interno al partito è, per i finiani, una partita persa in partenza, in un movimento così spiccatamente personalistico e "proprietario" com'è quello di Berlusconi.

Ha scritto Antonio Polito sul Riformista del 17 aprile: “L'unica strada che Fini può dunque seguire è quella della grande politica. Giocata nel Paese più che in Parlamento, alla Sarkozy, e avendo come target tutto lo spettro dell'elettorato, compreso quello che oggi non vota per il Cavaliere o non vota affatto. Il che comporta non solo avere un grande coraggio, ma anche un'idea generale di che cosa si vuole fare dell'Italia e del suo sistema politico, un progetto che finora non è stato ancora disegnato fino in fondo da Fini. Si tratterebbe cioè di smettere di vivere di luce riflessa, seppur da oppositore, di Berlusconi. Di parlare di sé, più che di lui.

Poi magari scopriremo, questa "idea generale" non esiste, e che tutto può davvero essere ricondotto, come ipotizza Crux, ad una futile questione di potere. Ma adesso mi sembra ancora presto per dirlo. Chi non è soddisfatto della qualità dell'attuale centrodestra una chance a Fini la deve concedere. Qualche volta la materia di cui son fatti i sogni si rivela più solida di quella di cui è composta la realtà apparente.

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L'articolo di Polito citato sopra era, nel suo complesso, un lungo incitamento a Fini a dare un senso a quanto sta avvenendo. Il pezzo di conclude così: “Se il presidente della Camera ha fatto tutto quello che ha fatto per produrre questo scossone nella politica italiana, evviva. Se l'ha fatto per altri motivi minori e più futili, la pagherà. Ora bisogna dare un senso a questa storia, come canta Vasco Rossi. Perché, altrimenti, questa storia un senso non ce l'ha”.

E il contributo multimediale del giorno è servito.

Vasco Rossi, "Un senso" (2004)




Sai che cosa penso
Che se non ha un senso
Domani arriverà
Domani arriverà lo stesso...


venerdì 16 aprile 2010

La destra s'è desta

Alla faccia di chi si aspetta che un partito debba essere composto da una moltitudine di vagoni trainati da una locomotiva, unica, tra tutte le carrozze, ad essere dotata di motore, di energia, di vitalità, di intelletto e di giudizio, il treno si è spezzato. Un pugno di vagoni sembra aver deciso che la strada ferrata su cui si stava viaggiando non era senza alternative. Uscendo dalla metafora ferroviaria e entrando in quella astronomica, c'è vita su Marte.

Ci sono parecchi punti di vista da cui si può osservare la nuova rottura – non ancora formale ma, a quanto pare, non più ricomponibile, questa volta – che si è consumata ieri tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini.

Ci sono ad esempio i tifosi della sinistra, che godono delle beghe interne al PDL contando sull'eventualità che esse, magari culminando in una scissione vera e propria, si traducano in un calo di consensi per il nemico Berlusconi e in un futuro potenziale vantaggio elettorale per la propria parte politica.

Ci sono poi i tifosi della destra, che percepiscono Berlusconi come loro leader carismatico, quasi una guida spirituale, un vincente, in grado si suonarle ai nemici della sinistra, e che vedono di cattivissimo occhio chiunque metta i bastoni tra le ruote del loro timoniere. Non importano i motivi per cui ciò succede, neanche li approfondiscono. Berlusconi bisogna "lasciarlo lavorare". E basta.

Ma le categorie non sono finite. Ci sono quelli che invece, senza magari avere una particolare passione per una o l'altra fazione politica, ritenendo che la cosa più importante per un paese sia la presenza di un governo (come sulla carta potrebbe essere l'esecutivo Berlusconi) robusto, stabile, che abbia la forza e i numeri, per decidere, per decretare, per riformare, per risolvere, per fare, non gradiscono queste turbolenze "da vecchia repubblica" nella maggioranza, turbolenze che minano l'efficienza e l'efficacia dell'azione governativa, al di là dell'effettiva qualità della stessa registrata fino ad oggi. Il nostro Giuseppe Cruciani, come dimostrato dai suoi commenti tra l'ironico e l'indispettito durante la Zanzara di ieri, fa parte di questa categoria.

(Warning: per il prossimo paragrafo serve la bombola d'ossigeno)

E poi ci sono quelli che, come me, senza magari avere una particolare passione per una o l'altra fazione politica, ritenendo che finché il centrodestra rimane quello che è oggi, populista, plebiscitario, filo-clericale, legato a interessi privati del suo leader e invischiato in problematiche private del medesimo, in perenne contrasto con le altre istituzioni dello stato, fomentatore di odio politico (proprio e altrui) con ripercussioni anche sul centrosinistra (anch'esso fomentatore di odio politico, in una spirale, il cui punto d'origine è Berlusconi, che vede i peggiori sentimenti nutrirsi a vicenda), l'Italia non farà mai, mai, mai, un salto di qualità (in termini di riforme, economia, lavoro, ricerca, ecc) a dispetto dell'ampiezza del consenso e del divario tra parlamentari di maggioranza e di opposizione, e che pertanto interpretano il verificarsi di (lo dico alla Nichi Vendola) "una formidabile smagliatura nel racconto egemonico della destra berlusconiana" come un accendersi della fiammella della speranza.

Magari flebile, quasi sicuramente effimera. Ma pur sempre una speranza. La speranza che gradualmente, nel tempo, possa prender piede una destra tutta nuova, europea, liberale, laica, aperta, qualcosa che renda il berlusconismo solo un lontano ricordo. Niente più berlusconismo significa niente più antiberlusconismo. Una destra nuova significa anche una sinistra nuova. E una nuova politica significa (passatemi la retorica, per una volta) una nuova Italia. Uno scenario che ad oggi è ben lontano dal divenire realtà, intendiamoci. Quanto successo ieri può essere l'inizio di un percorso, o al contrario solo un falso allarme. Ma sognare, o illudersi, in fondo non costa nulla.

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Per commentare musicalmente la frattura tra Berlusconi e Fini mi sembra che cada a fagiuolo una nota canzone di Zucchero. Hey Crux, questa è buona anche per l'audience della radio! ^__-

Zucchero, "Non ti sopporto più" (1987)




Non ti sopporto più davvero
Perché mi hai rotto il blues a me
Non ti sopporto più sicuro
Perché mi hai preso il blu del ciel...



giovedì 15 aprile 2010

Cruciani - Telese 0-0

Abbiamo assistito, ieri alla Zanzara, ad un ennesimo match dialettico tra Giuseppe Cruciani e Luca Telese, fortunatamente senza troppi mielosi sbaciucchiamenti, sul tema, stavolta, del servizio mensa scolastica negato, ad Adro e Montecchio Maggiore, ai figli dei cittadini non in regola con il pagamento delle rette. Si sono scontrate due visioni contrapposte, inconciliabili, che mi hanno spinto a fare un po' da giudice di gara.

Chi ha vinto il duello? Secondo me a questo giro nessuno dei due. Ma se di pareggio vogliamo parlare, non può che trattarsi di uno zero a zero. Entrambi i contendenti, infatti, in base alla mia percezione si sono arroccati su posizioni preconcette ed estreme: da un lato per Telese siamo di fronte ad un razzismo strisciante (in molti casi le famiglie coinvolte erano di stranieri), mentre dall'altro, per Cruciani, nell'operato dei sindaci di Adro e di Montecchio non c'è nulla da biasimare, nemmeno una virgola.

Le argomentazioni di Luca Telese, secondo me, perdono consistenza nel momento in cui egli evoca la "grande teoria del complotto". L'idea cioè, che contro i bambini stranieri sia in corso, da parte di un aben definita area politica, una crociata studiata a tavolino al fine di colpire quei soggetti che più degli adulti hanno la possibilità di integrarsi, di diventare "come noi e parte di noi" perdendo quel segno distintivo di diversi, estranei, alieni, senza il quale viene meno la possibilità, da parte di una certa cultura, di identificare il nemico/babau da additare.

Io sono d'accordo con il conduttore di Tetris sul fatto che un partito come quello della Lega, al di là di certe dichiarazioni di facciata di esponenti vari, sia un soggetto politico che, in linea generale, i processi di integrazione li vuole tuttora semplicemente ostacolare, mettendosi di traverso (cosa che elettoralmente paga moltissimo) quando invece tali processi andrebbero governati, gestiti, incanalati nei corretti binari. Però da qui a dire che ci sia una macchinazione volta a colpire in particolar modo i bambini a me sembra un'esagerazione bella e buona, priva di fondamento, un modo sproporzionato di ribattere a questioni che sì esistono, ma non nella misura che Telese dipinge. A spararle così grosse si passa dalla parte del torto.

Dall'altra parte però, anche Giuseppe Cruciani (che ieri per la prima volta in oltre due anni ha omaggiato questo blog di un suo commento, speriamo non sia l'ultimo) ha denotato una chiusura mentale veramente irritante. Il suo ragionamento in sostanza è questo: quelli che criticano i sindaci di Adro e Montecchio sono, in ultima analisi, gli stessi che, in altre circostanze, hanno urlato al rispetto assoluto delle regole, come nel recente caso del caos liste nel Lazio. Quando però (riassumo sempre il Crux pensiero) spunta l'occasione per criticare la Lega, ecco che dalle regole, all'improvviso, si può beatamente derogare, aggrappandosi in modo strumentale all'immagine – a dire di Crux artefatta – dei poveri bambini affamati. Ai sindaci – è la conclusione di Crux – non si può imputare nulla. In questa storia i cattivi sono solo e unicamente i genitori.

L'approccio di Cruciani è per me inammissibile, perché è, a dir poco, tagliato con l'accetta. E' vero che i genitori meritano tutto il biasimo possibile, ma, ciò detto, il conduttore non tiene conto di altri dettagli e sfumature che sono importanti. Come ho spiegato in dettaglio nel mio post di lunedì scorso, c'è modo e modo di far rispettare le regole. Per rientrare del credito, i sindaci potevano seguire una strada diversa, senza innescare un coinvolgimento diretto dei bambini la cui tutela deve stare in cima alla lista delle priorità.

Non è necessario essere pregiudizialmente ostili alla Lega per ritenere che la soluzione scelta dai sindaci di Adro e Montecchio non fosse consona. Basta la logica, il buon senso, e quel sentimento di protezione che tutti bene o male percepiamo naturale verso i bambini, senza che ciò debba preconfigurare una strumentalizzazione degli stessi. Io non accetto che tutta la questione venga ricondotta alle solite diatribe politiche. Non posso parlare per altri, ma per me, lo posso garantire, non è cosi.

E se ancora non sono stato abbastanza convincente, ecco un esempio che vale più di mille parole. Far sì che ad uno scolaro sia negato il servizio mensa perché il genitore è moroso equivale a pretendere che un bambino, in seguito ad un controllo, sia fatto scendere, nel bel mezzo del viaggio, da un autobus sul quale un genitore poco scrupoloso lo aveva fatto salire senza biglietto. E' la stessa identica cosa. Buon appetito a tutti.

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Contributo musicale dedicato all'anonimo benefattore di Adro che mediante una sostanziosa donazione ha saldato il debito delle famiglie morose.

I don't know who you are but I
I'm with you
I'm with you....



Avril Lavigne, "I'm with you" (2002)




Isn't anyone tryin' to find me?
Won't somebody come take me home?

mercoledì 14 aprile 2010

Il coraggio, se uno non ce l'ha...

Secondo post del giorno, di Authan (qui sotto). Non perdetevi il primo, di Paolo.

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Il coraggio uno non se lo può dare” faceva dire Alessandro Manzoni nei suoi "Promessi Sposi" al personaggio di Don Abbondio. Se uno non ce l'ha, non ce l'ha. Che volete farci.

Questo è ciò che ieri ho pensato di Giuseppe Cruciani dopo che questi è passato sopra le dichiarazioni (audio) del cardinal Tarcisio Bertone in visita ufficiale in Cile, sul legame, a dire di quest'ultimo presente, tra pedofilia e omosessualità, come se nulla fosse, o poco più, limitandosi a biascicare a mezza bocca qualcosa del tipo “accostamento sbagliato”.

Quello stesso conduttore che si inalbera per delle sciocchezzuole come possono essere delle ironie (ineducate ma nulla più) per la statura di Brunetta, non ha fatto una piega di fronte a parole A-BER-RAN-TI come quelle del segretario di stato vaticano. Che – mi spiace – non sono derubricabili al ruolo di opinione "sconveniente", ma tutto sommato legittima, di quelle che in fondo da un uomo di Chiesa di vecchio stampo ci si può aspettare.

No, no, e no. Quelle parole hanno il marchio dell'infamia, e queste son cose che vanno dette non en-passant, ma battendo i pugni sul tavolo e magari accompagnandole da qualche colorito intercalare. “Accostamento sbagliato, ma passiamo all'esito del ballottaggio di Mantova” non è una reazione adeguata. È una reazione pavida, pusillanime, da persona senzapalle che di fronte all'alto funzionario vaticano di turno, chiunque sia e qualunque cosa dica, è solo capace di inchinarsi (e scrivo "inchinarsi" perché lo ha detto proprio lui, Cruciani: “[di fronte al segretario di stato] ci inchiniamo”). Pessimo, pessimo, pessimo. Delusione totale.

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Litfiba, "Santiago" (1988)




Dittatura e religione
Fanno l'orgia sul balcone...

Lasciate che i bambini vengano a me

Ennesimo doppio post del solito dinamico duo. Qui sotto Paolo, a parte Authan.

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[Il testo è di Paolo]

Buongiorno,
in questi giorni in trasmissione affiora periodicamente l'argomento dei preti pedofili e tutte le considerazioni accessorie e non. Si tratta di un tema serio e doloroso, sul quale mi pare Giuseppe Cruciani tenda a glissare, forse per idiosincrasie personali, forse perché in effetti troppo impegnativo per la trasmissione, e sul quale l'attuale approccio da tifosi mi pare controproducente. Provo quindi a fare ordine innanzitutto nella mia testa, ben sapendo di ragionare da laico.

Non penso che la Chiesa possa essere considerata responsabile per i comportamenti devianti (e da lei esplicitamente condannati) di alcuni suoi esponenti, quindi rifiuto l'idea di poter considerare l'accostamento tra Chiesa e pedofilia, in quanto mi è del tutto evidente come la responsabilità di questi atti sia eminentemente individuale.

E' inessenziale (in un senso e nell'altro) se i preti siano stati statisticamente più o meno spesso degli altri responsabili di tali atti per indicare una loro eventuale inclinazione a tale reato (e peccato), perché questa valutazione non riesce a tenere conto delle diverse opportunità che si offrono a persone diverse (per fare un esempio trovo ovvio che per i gestori di collegi, convitti, colonie, campeggi ed altre istituzioni cui giovani vengono affidati sia più facile poter abusare di una vittima rispetto a quanto potrebbe capitare ad un operaio metalmeccanico cui i giovani non vengono affidati).

Da questo punto in poi però emergono tutti i problemi legati secondo me al fatto che la Chiesa ha una visione del mondo ed una scala di valori sempre meno condivisa in un mondo occidentale culturalmente sempre più laico.

La Chiesa rivendica, pretende e spesso ottiene ruoli che vanno oltre quello spirituale, ad esempio come istituzione educatrice (spesso riconosciuta dallo stato). Conseguentemente, quando non è in grado di garantire gli standard minimi che dovrebbe (come accaduto negli istituti in cui gli studenti venivano abusati) qualcuno può pretendere di presentarle il conto. Ma lo chiede alla Chiesa quanto tale o all'istituzione educatrice? Il fatto che tali richieste di giustizia riguardino anche le analoghe istituzioni laiche in cui si verifichino fatti simili mi pare tagli la testa al toro.

E' poi ovvio che per un religioso la legge divina venga prima di quella terrena. Ma nel mondo laico è ormai spesso inconcepibile che l'ammenda per un reato sia sottratta alla legge terrena ed alle sue pene. Per cui le misure censorie interne alla Chiesa (quando anche siano andate oltre il semplice trasferimento ad altra sede), vengono sempre più spesso considerate insufficienti ed inadeguate se non conniventi.

Ed il dubbio della connivenza mi pare venga alimentato anche da un comportamento che si è spesso verificato in passato, di sostanziale negazione di quanto avvenuto, negazione che penso nascesse dal considerare interesse preminente della Chiesa la tutela della propria immagine (idea che mi pare confermata dal fatto che in alcuni casi le vittime che chiedevano il risarcimento dei danni sono state chiamate in giudizio per rispondere del danno di immagine!), rispetto a quella della dignità delle vittime.

Se la situazione è questa, devo dire che la Chiesa, nelle persone di alcuni suoi alti esponenti, sembra non aver capito che determinate dichiarazioni (che negano il problema “dirottandolo” invece senza alcuna evidenza scientifica ai gay, oppure ad un complotto sionista e/o massone e/o mediatico) sono lo specchio della voglia di negare l'esistenza del problema piuttosto che di affrontarlo, per di più rinfocolando beceri luoghi comuni razzisti e sessisti.

Credo che in questi due giorni vi siano state due notizie che vanno nella direzione di un reale affrontare il problema: quella del prete denunciato per quanto aveva fatto dai suoi superiori e quella del previsto incontro tra Benedetto XVI ed alcune vittime di abusi: in questi due fatti vedo finalmente chiaramente il riconoscimento del ruolo della giustizia terrena e secolare ed il riconoscimento dell'esistenza del problema anche per quanto riguarda le vittime.

Saluti

Paolo

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Contributo multimediale scelto da Authan

«'7 seconds' parla dei primi 7 secondi di vita di un bambino appena nato che non conosce ancora i problemi e la violenza nel nostro mondo.»
(Neneh Cherry)

Youssou N'Dour & Neneh Cherry, "7 seconds" (1994)




And when a child is born into this world
It has no concept
Of the tone of the skin he's living in

It's not a second
7 seconds away
Just as long as I stay
I'll be waiting...


martedì 13 aprile 2010

Humor nero

Mai sentito parlare di humor nero, gente? E' quella branca della satira che porta che porta a fare dell'ironia, solitamente amara e non sguaiata, anche su eventi tragici. Può essere in certi casi fine a se stessa, denotando, in tal caso, cattivo gusto, ma più spesso è finalizzata ad una riflessione spiacevole o bruciante.

Un esempio? Il 29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles la Juventus vinse la sua prima coppa dei campioni in un clima surreale. Oltre 30 persone erano appena morte sugli spalti. A dispetto della sciagura, la partita si giocò lo stesso, e alla fine i giocatori festeggiarono la vittoria. Il giorno dopo sulla Stampa apparve una vignetta di Forattini che in tanti oggi ricordano, raffigurante uno scheletro che alzava la coppa al cielo (non la trovo su internet, sorry). Non era certo l'aperta risata ciò che si voleva suscitare, ma un amaro sogghigno a bocca storta, di disapprovazione. Quella partita non si doveva giocare come se nulla fosse.

Ecco, quello è humor nero al massimo livello. Servono altri esempi? C'è la famosa vignetta di Vauro sulle cubature dei cimiteri post terremoto di L'Aquila. Ma potrei citare mille opere del vignettista del Manifesto, il quale di questo sottogenere dell'arte della satira, è un maestro.

E nel filone dello humor nero a mio avviso rientra perfettamente anche la vignetta di Staino su cui in molti, specie tra esponenti e organi di informazione di area centrodestra (in prima fila il Giornale di Feltri, che sul caso ci ha costruito un titolo a nove colonne a dir poco demenziale), hanno espresso la loro indignazione.


Staino


A chi troppo e a chi niente” risponde Ilaria a Bobo che le annuncia la sparizione di 96 membri del governo polacco. Sull'eventuale cattivo gusto ognuno può farsi la propria idea, ma vorrei far notare come esso, se presente, si amplifica mille e mille volte quando a esercitarlo non è un comico. Ecco, questo è il punto in cui dovrei tirare fuori certe "barzellette" di Berlusconi, ma a questo giro lascio correre. Ciò detto, ad ogni modo, a mio avviso, nel caso specifico di Staino, solo una mente superficiale o una accecata dalla militanza può intravedere nella vignetta l'auspicio di una morte violenta per gli attuali membri del governo e una mancanza di rispetto per il popolo polacco. E' una cosa che non esiste.

Tra il "troppo" (parola che – lo spiego a beneficio delle menti superficiali o accecate di cui sopra – va letta in una chiave fortemente negativa, nel senso che per quanto si potesse disapprovare l'attuale classe dirigente polacca, le cose non dovevano andare in quel modo. E' stato – appunto – troppo) e il "niente" c'è un oceano di mezzo, che, nel modo più assoluto, non contempla solo la fine cruenta dell'attuale governo italiano, evento che sarebbe da barbari auspicare, e che Staino, come da lui stesso spiegato ieri alla Zanzara, senza perifrasi, non auspica affatto.

A me non ha fatto ridere” ha osservato Giuseppe Cruciani ieri in trasmissione, pur precisando che le polemiche sollevatesi contro Staino erano eccessive se non fuori luogo. Neanche a me ha fatto ridere, non nel senso gaio del termine. Però "l'amaro sogghigno a bocca storta" quello sì, è arrivato. In Polonia il fato è stato immensamente crudele, mentre da noi si sono susseguiti processi, scandali, intercettazioni e varie elezioni, e Berlusconi è sempre lì. Troppo e niente.

Ai miei occhi i confini dentro i quali va ricondotta la vignetta di Staino sono ben nitidi e chiari. Quelli che parlano di offese, di odio, di auspici di morte hanno semplicemente visto un altro film, proiettato nelle proprie gabbie mentali. Ma se il senso dell'umorismo non è prerogativa di tutti, quello per lo humor nero, a maggior ragione, è davvero per pochi.

lunedì 12 aprile 2010

Pane e acqua

Questo è il secondo post del giorno, opera mia (Authan). Non perdetevi il primo, di Paolo.

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Si è discusso molto, negli ultimi tempi, di come alcune amministrazioni comunali guidate dalla Lega hanno affrontato il problema dei mancati pagamenti della retta per il servizio mensa nelle locali scuole. Ai figli dei cittadini morosi di Montecchio Maggiore (provincia di Vicenza) sono stati serviti dei pasti alternativi, costituiti da panini imbottiti, mentre ad Adro (Brescia) agli inadempienti il refettorio è stato negato tout-court, costringendo i genitori dei bambini interessati a prelevarli dalla scuola.

E' giustificata questa estrema inflessibilità - come, o almeno così mi è parso, ha lasciato intendere Giuseppe Cruciani - se non altro a garanzia di chi le rette le ha sempre pagate puntualmente? Oppure - come scrive Luca Telese nel suo blog - in considerazione del fatto che molte delle famiglie coinvole sono di stranieri, siamo di fronte ad un “moderno razzismo dissimulato sotto i feticci del sorriso cortese e della buona amministrazione”?

Secondo me c'è un osservazione importante che non ho sentito avanzare da nessuno. Ma ci arriviamo. Prima è doverosa una premessa, che è questa: una famiglia può lesinare su tante cose: dall'abbonamento Sky, alle sigarette, alla marca delle scatolette di tonno, eccetera eccetera. Ma se c'è una cosa su cui non si può risparmiare è la mensa della scuola. Se si usufruisce del servizio, il servizio va pagato. Punto. Perché non farlo, per dei genitori, significa mancare di rispetto in primo luogo per i propri bambini, il che è riprovevole. Se non si può o non si vuole pagare lo si dichiara fin da subito e si rinuncia al servizio. Nel caso poi sussistano situazioni di grave indigenza e/o insuperabili problematiche logistiche, allora diventa indispensabile invocare l'aiuto dei servizi sociali del comune.

Ciò detto, secondo me nei provvedimenti intrapresi a Montecchio ed Adro c'è comunque qualcosa che non va e su cui non si può far finta di nulla, alla Cruciani, in nome di una cinica fiscalità. La ragione è ovvia: non si può far pagare a dei bambini le colpe dei propri genitori. E' immorale, è incivile, è disonorevole. E rischia pure di diventare psicologicamente traumatizzante per i piccoli. Su questo Crux farebbe bene a chiedere lumi al suo collega collaboratore di Radio 24 Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell'età evolutiva.

E quindi? Il comune deve tenersi le morosità e metterci una pietra sopra? Ma certo che no. Ed ecco l'osservazione importante da fare ma che nessuno fa. Oltre alla rette delle mense scolastiche, esistono molteplici altre potenziali situazioni di morosità, da parte di alcuni cittadini inadempienti, che i comuni devono affrontare. La tassa rifiuti, l'ICI (è stata abolita solo per le prime case), l'imposta di pubblicità e pubbliche affissioni, e altre. Domanda: in questi altri casi come reagiscono le amministrazioni di Montecchio e di Adro? Si affideranno, immagino, ad una società di recupero crediti che, seguendo un appropriato iter, perseguirà l'obiettivo del saldo delle somme dovute, coinvolgendo, se necessario, l'autorità giudiziaria e arrivando, al limite, al pignoramento di alcuni dei beni dei debitori.

Perché per i mancati pagamenti delle rette delle mense scolastiche non si può seguire questa stessa strada, anziché adottare la scorciatoia del rivalersi direttamente sui bambini? Questo è secondo me il punto. Questa è la domanda centrale a cui serve dare risposta. Sui mille e passa comuni d'Italia solo due hanno scelto la scorciatoia di cui sopra, e secondo me ciò vorrà pur dir qualcosa. Ma cosa? Beh, qualcuno dirà che i sindaci di Montecchio e di Adro sono i due più pragmatici. Qualcun altro, invece, che sono i due più razzisti. Secondo me, più banalmente, sono solo i due con le più grandi manie di protagonismo. E basta.

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Francesco De Gregori, "Pane e castagne" (1987)




Ci sta una terra di nessuno, da qualche parte del cuore
Come un miraggio incastrato tra la noia e il dolore
Domani ce lo diranno dove dovremo passare,
Ma c'è una terra di nessuno e ci si deve arrivare...


Tu, donna, abortirai con dolore

Oggi doppio post. Qui sotto quello di Paolo, a parte il mio (Authan). Entrambi non sono legati alla Zanzara di venerdì 9 aprile, che per la sua leggerezza è pressoché incommentabile. Ma si parla comunque di temi recentissimi di cui si è dissertato parecchio, al bar di Giuseppe Cruciani, nei giorni precedenti. Buona lettura.

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[Questo articolo è a firma di Paolo]

Buongiorno,
degli argomenti degli ultimi giorni mi interessa parlare un po' della questione relativa alle prese di posizione (smentite o forse no...) dei neo governatori leghisti rispetto alla pillola abortiva RU486.

Sia Cota che Zaia hanno annunciato che faranno il possibile per ostacolare l'utilizzo del farmaco in sostituzione delle procedura di aborto chirurgico, il che, per certi versi, evidenzia una posizione sorprendente da parte di chi, sino a non molto tempo fa aveva ostentato pragmatismo e, spesso, disprezzo per la Chiesa.

E qualche giorno fa Cruciani ci ha anche fatto sentire l'alta opinione di Italo Bocchino in materia: “Il sesso è bello, ma si può anche evitare di rimamere incinta…”. Sono solo io a leggerci un'ottica che vuole l'aborto un problema unicamente femminile, e per di più spesso solo delle donne un po' "leggere"?.

In sintesi, da quanto sinora evidenziato l'uso della RU486 sembra essersi dimostrato più sicuro per la donna della pratica chirurgica (le complicanze in sala operatoria sono un dato statistico più significativo di quello legato all'utilizzo della pillola), meno pesante dal punto di vista psicologico ed economicamente meno gravoso per le casse delle Regioni (tenete presente che, sul piano pratico, un intervento chirurgico impegna una equipe composta almeno da chirurgo, anestesista, ferrista ed infermiere, nonché una struttura economicamente dispendiosa come è una sala operatoria).

A fronte di questi elementi favorevoli all'utilizzo della RU486, mi chiedo se il cercare di rendere l'aborto più traumatico, crudele e pericoloso per chi rifiuti la gravidanza possa essere un aiuto alla vita (che mi pare sia il risultato che si vorrebbe ottenere) e, personalmente, ne dubito.

Penso infatti che chi arriva all’aborto lo faccia molto raramente a cuor leggero, e che, poiché i soldi pubblici sono sempre una risorsa scarsa, sarebbe intelligente reinvestire quelli risparmiati utilizzando la RU486 in luogo della pratica chirurgica per ottenere servizi che rendano più facile gestire una gravidanza (prima, durante e dopo). Magari distribuendo latte artificiale importato dall'Austria, dove costa un terzo che in Italia (invece di fare finta di fare inutili pressioni sui produttori), o attrezzando migliori servizi sociali sul territorio.

Saluti

Paolo abortista

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"Postfazione" di Authan. C'ho un rospo lì sulla punta della lingua che non vedo l'ora di sputare. L'uso dell'espressione "difesa della vita," su cui gli esponenti del no ideologico ad ogni forma di aborto sembrano aver messo il copyright, mi dà un fastidio immenso. Come se costoro avessero il pedigree della purezza e della moralità e tutti gli altri fossero invece degli adoratori di Thanatos. Da non crederci. Se penso che c'è chi dello snobismo di un Michele Serra qualsiasi ne fa una questione di stato, mi vien da ridere, o da piangere. Qui siamo ben oltre. Ma di brutto.

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(Authan) Evanescence, "Bring me to life" (2003)




Now that I know what I'm without
You can't just leave me
Breathe into me and make me real
Bring me to life...

venerdì 9 aprile 2010

Non è la stessa cosa

Dopo aver cordialmente battibeccato con Filippo Facci, avrei voluto (sull'onda della Zanzara di ieri) scrivere un pezzo su Calciopoli, ma... non ci riesco. Non mi sento in grado. Nel senso che, sulla base delle mie simpatie calcistiche, non giudico sufficientemente alto il mio livello di obiettività. Per questo ho apprezzato che il nostro amico francesco.caroselli dalla profonda Calabbbria mi abbia proposto un pezzo (anche se ho dovuto lavorare un po' – un bel po' - di taglia e cuci e aggiungi e collega e smussa per renderlo pubblicabile secondo i miei insindacabili e presuntuosissimi standard), scaricandomi di questa responsabilità.

Prima di cedere la parola, però, ci tengo a far sapere che io sul tema la penso esattamente come l'opinionista del Corriere della Sera e di Sky Sport Mario Sconcerti, di cui linko un suo recentissimo articolo. Le sue parole (messe una in fila all'altra molto meglio di come saprei fare io) sono le mie. Ciao, Authan

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[L'articolo di oggi è di francesco.caroselli]

Si può affermare che le intercettazioni di Moratti uscite in questi giorni siano “addirittura più gravi di quelle ormai celeberrime di Moggi”? come ha osservato ieri Giuseppe Cruciani alla Zanzara? Le nuove intercettazioni Moratti sono la prova dei "cosi facevan tutti", o del "tutti colpevoli, nessun colpevole"? Calciopoli fu (ancora Cruciani) “una bufala”? Parliamone.

Dall'inchiesta Calciopoli, quella del 2006, cosa sappiamo di Luciano Moggi? Innanzi tutto, Moggi decideva i sorteggi (un ossimoro in piena regola) degli arbitri al telefono con il designatore Paolo Bergamo. Già questo di per sé sarebbe abbastanza, ma la quantità di altre schifezze che ha commesso quell'uomo è talmente grande che c'è solo l'imbarazzo della scelta, se si vuole provare ad elencarle. Ve ne citerò qualcuna.

Moggi chiuse l'arbitro Paparesta nello spogliatoio dopo la partita Reggina-Juve (2-1). Si portò via la chiave. Ovviamente Paparesta rimase in silenzio. Aveva paura. Perché chi non garbava a Moggi poteva dire addio alla carriera. Due giorni dopo Paparesta chiama Moggi, come per chiedere pietà o perdono, e Moggi lo strapazza come se l'arbitro fosse un suo sottoposto.

Moggi forniva agli arbitri, e non solo, del suo sistema delle schede SIM svizzere, per non essere intercettato. E' provato che tali schede furono usate e che Moggi persino le ricaricava. Proprio come fanno le associazioni per delinquere, come gli ricorda nell'interrogatorio il PM. E non c'erano solo gli arbitri e i designatori che avevano schede svizzere fornite da Moggi. Ce l'avevano anche dirigenti della FIGC, giudici sportivi, etc.

Cosa diceva Moggi agli arbitri? Di tutto, comprese intimazioni di ammonire i giocatori diffidati delle squadre che poi avrebbero incontrato la Juve.

Non c'era ambito sportivo nel quale Moggi non facesse pressioni o comunque manovrasse nell'ombra. Moggi chiamava Cannavaro (quando questi era un giocatore dell'Inter) per dirgli di giocare male cosi Moratti l'avrebbe venduto. Gli consiglia persino come muoversi e cosa dire ai dirigenti dell’Inter per svincolarsi. Veramente sportivo.

Moggi influiva pure sul calciomercato. Ovviamente come dirigente juventino, ma anche come amorevole padre che voleva solo il bene di suo figlio, procuratore della scuderia GEA. Chi si rifiutava di passare nella GEA veniva minacciato e ostacolato nella carriera (vedere i casi di Miccoli e Maresca). Per queste intimidazioni Moggi e il figlio sono stati condannati.

Con tutto il potere di influenza che aveva sugli organi di governo del calcio, se in Italia un giocatore era richiesto dalla Juventus le altre squadre dovevano mettersi il cuore in pace perché infastidire Lucky Luciano è cosa pericolosa. Come scoprì la Fiorentina, la quale, rea di volersi ribellare al sistema di potere, fu vittima di incredibile e osceni arbitraggi che la sospinsero sull'orlo della serie B. Quando alla fine i fratelli Della Valle si piegarono al volere del Deus Ex Manchina del calcio italiano, la Fiorentina si salvò per il rotto della cuffia e in maniera rocambolesca. Ora sappiamo che non furono casualità.

Per la missione di salvataggio della Fiorentina la cupola Moggi si affidò al fidato arbitro De Santis che deve garantire che il Parma non vinca a Lecce. Finirà con un incredibile 3-3. Innocenzo Mazzini (uno dei dirigenti FIGC che della cupola faceva parte) commentò così, parlando con il patron viola Della Valle: "l'operazione chirurgica è stata perfetta".

E mi fermo qua per carità di patria. Ora, in tutta onestà, con la mano sul cuore, come si può affermare che le telefonate di Moratti e di Facchetti rese note in questi giorni, pur sconvenienti, abbiano qualcosa in comune con il sistema Moggi? Per favore, cerchiamo di non infilare tutto nel medesimo tritacarne e di percepire i livelli smisuratamente diversi di gravità tra le diverse situazioni.

Solo Dio poi, insieme a Piero Ostellino (ospite ieri in trasmissione), può sapere che ci azzecca l'eredità Agnelli con Calciopoli. [Da qui inserto di Authan. Scusate, non resisto] Non c'entra nulla. Gli avvocati della Juve patteggiarono la retrocessione perché la proprietà, nella persona di quel bravo ragazzo di John Elkann, si vergognava, se non altro per questioni di immagine, di quel che Moggi aveva messo in piedi, e temeva che la punizione potesse essere ben peggiore di un anno di purgatorio in B, cosa che - quella sì - avrebbe rappresentato un disastro economico irrecuperabile. [Fine inserto]

Ora mi lascio andare ad una provocazione, che però in molti pensano. Le intercettazioni sono cominciate nel 2004. E prima? Vogliamo sorvolare su tutto quello che è successo prima, alla luce di tutto quello che Calciopoli ha svelato? Dal 1994 (primo anno di Moggi in bianconero) al 2006 (anno dello scandalo) la Juventus ha vinto 7 campionati su 12 che potevano diventare 8 su 12 se uno non fosse sfuggito nell'acquazzone di Perugia. Numeri invidiabili, impressionanti, ma che col senno di poi portano ad insinuare il germe del dubbio anche nelle menti meno smaliziate.

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(Sempre francesco) Ed ora ecco i contributi multimediali che ho scelto. Ben due. Il primo è un Elio d'annata, tratto dalla puntata finale di "Mai dire gol" del maggio 1998. Ben 8 anni prima di calciopoli. E' da notare che molti degli arbitri che sbagliarono in quell'infausto campionato erano ancora sulla breccia nel 2006, e facevano parte degli arbitri nelle disponibilità della cupola Moggi.






Il secondo contributo video, sempre datato 1998, è un magistrale Claudio Bisio nella sua riuscitissima parodia di Luciano Moggi, il quale nell'ambiente era chiamato semplicemente Licio, e da qui Bisio ha tirato fuori Micio.