mercoledì 22 dicembre 2010

La metamorfosi di Marchionne

Oggi due fill-in di Paolo. Uno qui sotto, un altro a parte.

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[Paolo]

Buongiorno,

negli ultimi tempi mi sono chiesto spesso cosa sia successo a Marchionne, il manager in maglioncino che alcuni anni fa aveva preso le redini di Fiat ed aveva iniziato a risanarla con l'appoggio quasi unanime di tutte le parti sociali italiane (me compreso), e che ora invece si sta inimicando parti sempre più ampie della gente.

E forse mi sono risposto sul perché della perdita di simpatia del manager.

Inizialmente la sua strategia sembrava essere incentrata sulla valorizzazione del know-how interno, tanti saluti a fornitori che si erano sostituiti alla società nella gestione del core business bloccando lo sviluppo di Fiat, rinnovata attenzione al prodotto, pressione sulle vendite…

Poi la crisi spezza qualcosa, creando un problema e due opportunità. Il problema è ovviamente la contrazione del mercato di sbocco del prodotto. Si vendono meno auto, specialmente senza incentivi. Fiat, in un mercato che langue, sceglie di non uscire con nuovi modelli ed attendere tempi migliori, e si ferma.

Paradossalmente le opportunità nascono dalla crisi ed incrinano i rapporti tra Marchionne e l'Italia, sino a quel momento buoni. La crisi infatti permette a Marchionne di imporre la chiusura di stabilimenti poco produttivi come Termini Imerese. La giustificazione è che si vende meno e bisogna tagliare i rami secchi. La scelta non piace ma viene in qualche modo digerita.

Ma una volta ridimensionata Fiat, Marchionne approfitta della svendita di Chrysler per ricreare una struttura aziendale con una produzione eccedente la domanda del mercato. Solo inizialmente interviene sull'organizzazione aziendale (ad esempio chiedendo ai concessionari statunitensi di tenere aperto al sabato per incrementare le vendite). Poi, giocando sulla potenziale sovrapproduzione, impone agli altri stabilimenti (italiani ed esteri) condizioni contrattuali particolarmente pesanti. In Italia inizialmente solo a Pomigliano motivando i cambiamenti con la situazione molto particolare di quello stabilimento, ma poi coinvolgendo anche Mirafiori. Negli USA con condizioni economiche, specie per i neoassunti (magari ha pensato che esportare le pessime abitudini italiane poteva essere una buona idea) operosissime.

Il meccanismo resta lo stesso: abbiamo una capacità produttiva in eccesso per cui le alternative sono sempre ridurre le retribuzioni / garanzie dei lavoratori o chiudere.

Come ultimo passo si assiste alla prospettiva di vendere alcune parti del gruppo (Alfa Romeo, Magneti Marelli…) che potrebbero rappresentare un buon punto di partenza per la ricostruzione di un forte nucleo di rilancio. Si pensi che al marchio di Arese sono interessati i tedeschi di Volkswagen e che la Magneti Marelli è l'equivalente italiano di Bosch, cui il gruppo Fiat vende da tempo i brevetti (Il common rail per dirne uno )delle principali innovazioni motoristiche che mette a punto. Tanti saluti alla valorizzazione del know-how e del marchio.

Altri marchi mostrano come, malgrado un blasone privo di particolare appeal, sia possibile innovare, uscire con nuovi prodotti e trarne redditività (vedi ad esempio Dr o Dacia con il modello Duster). Mentre in Fiat il problema è stato spostato dal rendere efficiente ed innovativa l'azienda al ridurre il monte stipendi degli operai. Che però sul prodotto finale incide solo per il 6%. Come dire che stiamo lottando con i dipendenti per ridurre il costo di una utilitaria di cento euro. Non credo siano quelle le cifre che spostano i compratori, ma mandano in crisi i lavoratori.

Quando Marchionne ha preso in mano Fiat era un manager di scuola americana, ed ha iniziato a lavorare sull'azienda a tutto campo. Adesso è diventato un manager molto più italiano, limitato ad contenere il costo del lavoro. L'unica originalità e che non chiede contributi, ma, nel nome del mercato, di essere esentato dal rispetto di regole comuni e condivise. Cosa che tedeschi e francesi non fanno. Probabilmente è per questo che era più simpatico prima. E paradossalmente è per questo che otteneva migliori risultati prima.

Ciao

Paolo

9 commenti:

MS ha detto...

Se volessi sintetizzare al massimo la questione: combattere contro il sistema e' impossibile... prima o poi si entra a far parte dei sistema.
In altre parole da soli (o con sforzi isolati) non e' possibile modificare il sistema, indipendente dalla propria forza: il sistema e' sempre il piu' forte.
Al piu' il combattente riesce a scalfirlo, attraendo qualche simpatia. Ma per ottenere realmente risultati, seppur minimi, non resta che adeguarsi.

Saluti,
Mariano

Unknown ha detto...

Nella contrattazione FIAT vs lavoratori Marchionne ha, purtroppo, ragione: nel mercato globale il prodotto italiano non è competitivo e vanno ridotti i costi e in un azienda tutti, compresi gli operai devono collaborare a questo fine.
In un mercato in declino è fondamentale fare efficienza e l'unico modo per ottenerla mantendendo invariata la capacità produttiva è aumentare la produttività delle linee. In FIAT le cose non andavano bene prima dell'arrivo del manager canadese, una politica simile era l'unica soluzione per evitare di chiudere.
Il braccio di ferro tra Marchionne e la Forza lavoro profuma di lotte di classe ma ci sono però due punti di novità che non vanno trascurati:
- l'incapacità dei sindacati di incidere minimamente nelle contrattazioni, e il governo che sembra stia a guardare senza prendere parte.
- l'atteggiamento battagliero di Marchionne ha trovato diversi sostenitori nell'opinione pubblica, un atteggiamento che non sarebbe mai stato perdonato se il manager fosse stato italiano.

PaoloVE ha detto...

@ MS:

al contrario: nella fase di razionalizzazione il titolo fiat era passato da circa 5 € per azione nel 2005 (quando assunse il comando di Fiat auto a spese di Demel) ad oltre 20 € nel 2007. In questo periodo ripartono i progetti 500 e grande punto. Poi la crisi ha riportato il titolo a valori molto bassi (5 € agli inizi del 2009) e la politica di tentate e riuscite aquisizioni (Opel, Chrysler,...) mancato rinnovo del prodotto e disinvestimenti ha fatto risalire il titolo agli attuali 15 €.

Per fare un confronto VW nel 2005 stava a 25€, è passata ad oltre 110 nel 2008 (anche per effetti speculativi) per poi scendere (crisi) a oltre 30€ ed ora è risalita ad oltre 120€. una performace un po' migliore senza tagli, ultimatum, e probabilmente di respiro un po' maggiore, visto che il gruppo sta continuando a proporre qualche nuovo modello sul mercato...

Ciao

Paolo

Unknown ha detto...

Paolo,

la tua è una tesi condivisibile.

Però ci può essere anche una lettura diversa dell'azione di Marchionne.
Forse ha già chiaro il futuro del mondo dell'industria automobilistica. Un mondo nel quale un paese che ragiona e si muove ancora con le logiche del secolo scorso non ha speranze.

Forse Marchionne è l'ultima chanche per la parte sana di questo paese che ha la possibilità di scegliere se si vuole giocare la partita con i francesi e i coreani (tedeschi e giapponesi sono un altro piano, come testimonia l'ennesima indagine TUV sull'affidabilità dei vari modelli in circolazione), oppure lasciare che chi ha ancora voglia di combattere su questo campo si scelga come compagni di strada americani e slavi.

Io non so se la tua visione è quella giusta, so che verrà adottata da molti perchè è la più facile da adottare. L'altra richiede uno sforzo di umiltà e un grosso sacrificio e non credo che in questa Italia troverà molti estimatori.

Saluti,

Fausto

PaoloVE ha detto...

@ Fausto:

è indubbio che Marchionne si stia muovendo con una sua visione del futuro del mercato dell'auto di lungo periodo, ed in questo gli va riconosciuta una statura di manager di valore rara in Italia.
Non sono però convinto che la mia visione sia quella più facile da adottare, visto che richiederebbe che il sindacato sviluppi rapidamente capacità manageriali tali da permettere di far pesare in azienda le problematiche dei lavoratori e tra i lavoratori quelle dell'azienda. Cosa che non sta avvenendo e che è la base della cogestione tedesca. In realtà mi pare più facile per tutti arroccarsi nelle posizioni in cui ognuno ha un ruolo predefinito rigido e schematico, (padrone, sindacalista o lavoratore che sia) come sta avvenendo adesso, secondo uno schema che tutte pa parti stanno riconoscendo come obsoleto, salvo poi rifiutarsi di fare la loro parte per renderlo più efficiente.

Ciao

Paolo

Ottodixit ha detto...

Molto lucidi i ragionamenti. Vorrei continuare a leggerli anche quando Authan si concedesse una lunga pausa di riflessione.

x ha detto...

due interessanti articoli da IL FOGLIO su Marpionne.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/articolo-21337.htm

Michele R. ha detto...

Al nostro Ex (sostituto dall'ottimo Maurizi) conduttore segnalo questo bel ritrattino di uno dei suoi eroi preferiti.

Quando avremo l'onore, in mezzo a tante ca..ate e inutile cabaret, di avere l'onore di ascoltare, con un lungo intervento, il mitico PGO alla zanzara?

Saluti.

x ha detto...

Marpionne non è credibile!
Soprattutto da quanto ostenta con assoluta nonchalance quella finestra in bocca e quando parla si vede benissimo il "dente davanti" che lo ha abbandonato.....
Ma una visitina dal dentista no??
Magari tra una briscola e l'altra con Chiamparino.... il tempo si trova!