Durante il bizzarro intervento di Luca Barbareschi durante la Zanzara di venerdì 18 aprile (già menzionato nel post precedente), Giuseppe Cruciani, en passant, si è espresso favorevolmente ad un’eventuale ipotesi di privatizzazione della RAI.
Nel dichiararmi d’accordo con il conduttore della Zanzara, vorrei cogliere l’occasione per spiegarne i motivi, approfondendo un poco il tema ma evitando di cadere nella trappola del fare una valutazione qualitativa della programmazione RAI. La qualità è un concetto soggettivo, e ciò che per me è "TV deficiente" per la casalinga di Voghera può essere invece arte allo stato puro.
Pertanto, la mia analisi sarà basata in primo luogo su elementi di natura economica.
Il numero di spettatori delle cosiddette TV generaliste sta scendendo di anno in anno, lentamente ma inesorabilmente, per via della costante erosione provocata da un lato da internet e dalle nuove tecnologie, e dell’altro dall’offerta sempre più ricca di canali monotematici disponibili sulle piattaforme del satellitare e del digitale terrestre.
Non credo ci siano dubbi sul fatto che, a lungo termine, il destino delle TV generaliste sia l’estinzione. Questo significa che il valore economico di una rete generalista ha imboccato una china discendente non interrompibile. Sotto questo punto di vista, quindi, prima si attua un’ipoteca privatizzazione e meglio è. Più la si ritarda e meno lo Stato incasserà.
In secondo luogo, privatizzando la RAI, verrà meno quello che per lo Stato è un costo enorme, ripagato (a fatica) in parte dalla fastidiosissima pubblicità e in parte dal canone. Scomparirebbe, di conseguenza, uno dei balzelli più odiati dagli italiani, non tanto per l’ammontare della tassa, quanto per la sua totale insensatezza.
Volendo poi spingersi oltre considerazioni meramente economiche, mi vengono in mente altri due buoni motivi per operare la privatizzazione.
Per prima cosa, senza reti pubbliche, scomparirebbe automaticamente il problema dell’invadente presenza della politica nella gestione della RAI. Finirebbero i penosi e insopportabili balletti delle nomine dei direttori di rete, dei direttori di telegiornale, del presidente e dei consiglieri di amministrazione.
Inoltre, con la RAI privatizzata, venendo meno la scusa che Mediaset deve avere tre reti per pareggiare quelle possedute dall’ente televisivo di Stato, diventerebbe più facile la definizione di una legge che risolva l’annoso problema del conflitto di interessi limitando ad uno il numero massimo di network televisivi nazionali facenti informazione.
Insomma, ci sarebbero un sacco di buone ragioni per operare la privatizzazione, mentre faccio fatica e trovarne anche una sola che mi faccia propendere per il mantenimento dell’attuale situazione. Neppure la presunta garanzia del pluralismo. A mio avviso, non è la RAI, oggigiorno, a garantire il pluralismo dell’informazione. Anzi, con le sue reti lottizzate ne è paradossalmente un freno.
Putroppo le mie sono solo vuote speranze, visto che è estremamente improbabile che qualcosa possa muoversi su questo fronte, almeno nei prossimi cinque annui.
E voi, cari lettori, su un’ipotetica privatizzazione della RAI cosa ne pensate? Sareste favorevoli? Aprite la finestra dei commenti e condividete la vostra opinione.
lunedì 21 aprile 2008
Non è la RAI
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