In una puntata impreziosita dall'intervento in qualità di ospite di Marco Travaglio (che però in pratica si è ridotto ad uno spot al suo libro "Se li conosci gli eviti"), speravo che la vicenda della conversione di Magdi Allam fosse stata archiviata definitivamente. Invece, c’è stato un colpo di coda provocato dalla lettera di Afef, pesantemente criticata da Cruciani, alla Stampa di Torino.
Ecco il passo più rilevante della lettera di Afef: “lui [Allam] vuole soltanto alimentare i conflitti, infiammare lo scontro di civiltà per cercare di passare alla storia come un simbolo e una vittima di queste crisi. E’ diabolico, ma non ci riuscirà.”.
Sostanzialmente, Afef dice che Allam incita all’odio. Cruciani ribatte che non è vero, che Allam ha pieno diritto di espressione, che è costretto a vivere sotto scorta, eccetera.
Ha ragione Afef o no? Ragioniamo.
Allam ha evidentemente pianificato con molta cura la sua pubblica ed eclatante conversione, e nella sua lettera al Corriere così come in tutte le interviste che ha rilasciato è stato mooooolto attento a soppesare le parole, al fine di evitare le accuse di estremismo alla rovescia.
La frase più forte che Allam è arrivato a dire è che “nell’Islam è insita la radice del male”, ma come ho già avuto modo di osservare in un post precedente, Allam ha omesso di specificare quali sono per lui le risposte, le soluzioni, i rimedi concreti al problema Islam da lui evidenziato.
Perché tale omissione? Risposta secondo me ovvia: la soluzione di Allam non può che essere la contrapposizione frontale con un’Islam violento e incapace di integrarsi. Ma se Allam avesse scritto ciò esplicitamente, i suoi detrattori avrebbero avuto facile appiglio per accusarlo di estremismo anti-islamico. E quindi questo aspetto (cioè come affontare concretamente il problema Islam) è rimasto nel vago.
L’effetto collaterale di questa scelta comunicativa, però, è stato che il suo messaggio è risultato ambiguo, non immediato, e, fatto più importante, soggetto ad interpretazione. Questo secondo me, col senno di poi, è stato un errore di valutazione.
Allam poteva scegliere di convertirsi nell’anonimato (ma in tal caso nessun messaggio urbi et orbi sarebbe trapelato), oppure poteva associare alla pubblica conversione un feroce ed esplicito pamphlet anti-islamico che includesse concreti e dettagliati rimedi al problema Islam, assumendosene coraggiosamente la responsabilità. Ha invece scelto la via di mezzo, portandosi dietro una bella dose di fastidiosa ambiguità.
Veniamo al dunque. Ha ragione o no Afef nel dire che Magdi Allam incita all’odio? Secondo me NO, ma non trovo inconcepibile che Afef ne dia tale interpretazione, proprio a causa della summenzionata ambiguità.
Per fare un metafora calcistica un po’ sciocca, è come un fuorigioco millimetrico sanzionato dall’arbitro. Magari alla moviola vedi che il fuorigioco non c’è, ma non ti stupisci del fatto che il guardalinee abbia alzato la bandierina.
Morale della favola: Afef è troppo severa con Magdi Allam, ma in compenso Cruciani è invece troppo indulgente e completamente acritico, come se avesse per Magdi Allam un "pregiudizio favorevole" paragonabile al mio verso Travaglio.
sabato 29 marzo 2008
La lettera di Afef
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