giovedì 9 ottobre 2008

Acque limacciose di un'insulsa quotidianità

Ultimamente si è molto polemizzato a proposito del nostro Parlamento, dove fannulloni e ignoranti sembrano albergare allegramente.

"Fannulloni" perché le statistiche dicono che in molti, senza validi motivi, non si presentano alle votazioni. Per Giuseppe Cruciani, la colpa di ciò è in gran parte dovuto ad un calendario di lavori male organizzato; occorrerebbe concentrare le sedute in brevi periodi prefissati, anziché avere una sessione continua. Considerazione interssante, gliene do atto.

"Ignoranti" perché, come dimostra il servizio delle Iene ripreso ieri alla Zanzara, ci sono elmenti che non sanno neppure rispondere a domande elementari su chi sia il Dalai Lama o chi sia Olmert. E, su questo, anche Cruciani se la ride senza sforzarsi di pronunciare difese d'ufficio, se non il fatto che una legge elettorale diversa, magari con le preferenze, non cambierebbe di molto le cose.

A questa cornice, si aggiunge la querelle sul fatto che il governo, che detiene il potere esecutivo, sta di fatto esercitando in modo surrettizio anche il potere legislativo a colpi di decreti legge e a voti di fiducia, fiducia che non è mai in discussione data la maggioranza bulgara di yesmen di cui Berlusconi può godere.

Agli ascoltatori che sollevano una qualsiasi di queste questioni, o anche tutte, Cruciani risponde, in sostanza, che, pur ammettendo una certa qual mancanza di qualità, non ci sono seri motivi per scandalizzarsi. Un vero e impellente problema democratico/parlamentare non c'è, perché l'importante è avere un governo che governi e che prenda decisioni importanti in breve tempo, specie in questi tempi difficili.

Non bisogna inoltre dimenticare, aggiunge Cruciani, che anche nelle precedenti legislature le opposizioni, di qualunque colore fossero, gridavano allo scandalo del parlamento esautorato dai suoi compiti. Ormai è una litania.

Tutto questo discorso mi riporta alla mente l'articolo di Antonio Polito sul Riformista di qualche giorno fa (già citato in uno dei miei precedenti post), dove veniva introdotto il concetto di post-democrazia: per Polito, la democrazia parlamentare, per come la si conosceva fino ad oggi, è solo un ricordo. Siamo ora entrati in uno stadio successivo, dove sono i cittadini per primi, in larga maggioranza, a chiedere decisionismo e non "cazzeggio parlamentare" (definizione mia, non di Polito).

Ieri, in assenza di notizie di rilievo, slegate dalla crisi finanziaria, poteva essere l’occasione per provare a stimolare le opinioni degli ascoltatori, in merito a questa ipotetica post-democrazia, chiedendo quali sono le riforme istituzionali, volte a semplificare l'azione legislativa, maggiormente auspicabili.

Ma così non è stato. Cruciani ha preferito galleggiare nelle acque limacciose di un'insulsa quotidianità, portando a termine una Zanzara scialba che neppure l'intervista a Paolo Guzzanti (incazzato con Berlusconi per la sua amicizia con Putin) è riuscita a salvare.

D'accordo che la Zanzara è una trasmissione di commento veloce e non di approfondimento alla Vivavoce, ma porca miseria, ci sono delle volte che rimpiango davvero il gigione Luca Telese coi suoi argomenti imposti.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Vero che la democrazia parlamentare è morta, ma coloro che si stracciano ora le vesti farebbero meglio a tacere, specie s sono personaggi dell'attuale opposizione come il Veltrone nazionale.

riporto un articolo di Fausto Carioti x Libero di ven 3 ottobre 2008


Il problema dei decreti c'è sempre stato e la sinistra ha fatto ben di peggio
di Fausto Carioti

Difficile prendere sul serio Walter Veltroni che si atteggia a leader dell’opposizione di un Paese a democrazia limitata. Il segretario del Pd grida al golpe strisciante perché il governo lascia al parlamento solo le briciole dell’attività legislativa. In un’intervista all’Espresso, si spinge a negare a Silvio Berlusconi il diritto di farsi eleggere al Quirinale come ogni altro cittadino. Ma uno come lui, quando lancia simili allarmi non può essere credibile. Per almeno due motivi.

Primo: quello che sta facendo il governo attuale sul piano legislativo lo hanno fatto tutti i governi degli ultimi decenni. Durante la scorsa legislatura, nei primi 365 giorni del governo Prodi, furono approvate in Parlamento solo 36 leggi: ben 22 di queste, cioè il 61%, erano conversioni di decreti legge fatti dal governo. Tanto che Gennaro Migliore, capogruppo rifondarolo alla Camera, a un anno dall’insediamento del governo lamentava «il ricorso esagerato alla decretazione d’urgenza». Lo stesso Giorgio Napolitano, in quei giorni, dovette intervenire (non era la prima volta) per chiedere «il rispetto dei limiti posti dall’articolo 77 della Costituzione», ovvero di quelle caratteristiche di straordinaria «necessità e urgenza» che i decreti legge in teoria dovrebbero avere sempre, ma che molto spesso non possiedono, poiché servono solo a legare le mani al Parlamento.

A dirla tutta, la scorsa legislatura si fece di molto peggio. Siccome ogni volta che a palazzo Madama si andava alla conta Romano Prodi rischiava di tornare a Bologna da disoccupato, si decise che il Senato doveva riunirsi, e soprattutto votare, il meno possibile. Così le leggi venivano fuori col contagocce. Quel parlamento, guarda caso, segnò il record negativo della produttività sia calcolando le leggi approvate, sia contando le sedute d’aula. E quando proprio non si poteva non votare, il provvedimento su cui l’aula di palazzo Madama era chiamata a decidere veniva blindato mediante la fiducia. Il parlamento, insomma, era davvero svuotato di potere e dignità, ma per Veltroni era tutto normale. Il secondo motivo per cui il segretario del Pd non è credibile è che il Pdl gli ha messo sul piatto un modo per ridurre i decreti del governo, limitandoli a quei «casi straordinari di necessità e d’urgenza» previsti dalla bibbia costituzionale. È una modifica del regolamento parlamentare, proposta dai senatori Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello. In sostanza, «la quota prevalente del tempo di lavoro» dell’assemblea sarebbe dedicata ai «disegni di legge segnalati dal governo, mantenendo una quota residuale a disposizione dell’opposizione»; i disegni di legge che costituiscono attuazione del programma di governo dovrebbero essere approvati o respinti entro sessanta giorni; per questi provvedimenti e quelli di natura finanziaria il governo sarebbe libero di chiedere il “voto bloccato”, rendendo così impossibile ogni emendamento.

In cambio, sarebbe istituzionalizzata la figura del capo dell’opposizione, che avrebbe poteri di controllo nei confronti del premier e potrebbe chiedere la diretta televisiva per una seduta parlamentare al mese; i “ministri ombra” avrebbero una posizione privilegiata nei lavori parlamentari; l’intera opposizione avrebbe maggiori risorse umane e finanziarie e più poteri di ispezione e controllo. Questa proposta di modifica dei regolamenti è frutto dell’incontro che Berlusconi e Veltroni ebbero prima che iniziasse la campagna elettorale e dei tanti colloqui che ne seguirono tra il costituzionalista di Veltroni, Salvatore Vassallo, e il plenipotenziario di Berlusconi, Quagliariello. Eppure, sino a oggi, dal Pd hanno respinto l’offerta di cambiare i regolamenti parlamentari.
La verità è che solo così Veltroni può ritorcere contro Berlusconi il suo decisionismo (la caratteristica che gli italiani più stanno apprezzando), presentarlo come una minaccia alla istituzioni e sostenere che uno come lui non potrà fare il presidente della Repubblica perché al Quirinale servono «figure che garantiscano la Costituzione». L’esatto contrario di quanto detto da Massimo D’Alema, il quale - bontà sua - aveva fatto sapere che «Berlusconi può candidarsi al Quirinale come chiunque». Ma Veltroni ha tutto l’interesse a mantenere alta la tensione. Almeno sino al 25 ottobre, quando è prevista la manifestazione di protesta del Pd contro il governo. Per portare in piazza quanta più gente possibile, dovrà mostrarsi intransigente su tutto e, almeno fino a quel momento, farà a gara con Antonio Di Pietro a chi la spara più grossa.

Intanto, eserciterà tutta la pressione possibile sul presidente della Repubblica e sui presidenti dei due rami del parlamento. Farà appello al loro orgoglio e alla costituzione per condizionare il loro comportamento e volgerlo contro Berlusconi. Veltroni può già sventolare l’impegno assunto ieri da Gianfranco Fini, terza carica dello Stato, di «far sentire la voce della Camera» se il governo farà un «abuso» di decreti legge. Ma al momento né lui né Napolitano, e tantomeno il forzista Renato Schifani, presidente del Senato, sentono la necessità di intervenire. Qualunque cosa possano pensare di Berlusconi, prima di prestarsi a un gioco così sfacciato come quello di Veltroni ci penseranno due volte.

Anonimo ha detto...

Basiliskov,
sarebbe meglio postare solo i link agli articoli, e magari copiare solo alcuni frammenti siginificativi.

Cmq Carioti gira un po' la frittata. Prodi usava decreti e fiducia A CAUSA della maggiornaza risicata. Non c'era da andarne fieri, ma era una questione di sopravvivenza.

Berlusconi usa decreti e fiducia NONOSTANTE una maggioranza bulgara. E allora davvero viene da chiedersi questi parlamentari a che cappero servono.

A questo punto si facciano con urgenza le riforme istituzionali e si smetta di fare le cose per finta.

Ciao,
authan (autore del blog)

Anonimo ha detto...

Il "decisionismo" di questo governo sta diventando un po' l'angolo del tappeto sotto cui nascondere lo sporco...quello che dici a proposito dei decreti è giusto: berlusconi ha i numeri per permettersi riforme "coraggiose"lasciando fare al parlamento il proprio mestiere. O forse no, aggiungo. E' vero che i tempi previsti dai regolamenti vigenti sono enormi, ma mi sembra l'ennesima banalissima scusa. Le riforme in quanto tali mal si addicono a decisioni frettolose. O forse no... forse qualcuno vorrebbe approfittare del clima attuale (grande fiducia del popolo nell'esecutivo e insussistenza dell'opposizione)per propinarci qualche sorsata di olio di ricino... (in senso lato).

Anonimo ha detto...

Quello che dici è vero,ma va a sfavore di Prodi:costui pretendeva di governare SENZA una vera maggioranza politica che non fosse quella che si reggeva sui sen. a vita, SENZA aver vinto le elezioni (penso che adesso se ne sia convinto anche lui, il supponente e ridanciano teorico della maggioranza sexy, " per un voto"). Più che questione di sopravvivenza io parlerei di una superbia ed un'ottusità politiche che mai hanno difettato al rancoroso prof. bolognese. Ti ricordo inoltre che la variopinta compagnia dell'Unione l'ha messa insieme lui, e sempre lui, immemore dell'autunno 1998, ha scelto di guidarla, esclusivamente in nome dell'antiberlusconismo, sapendo perfettamente di non poter governare. Troppo comodo mettersi alla testa di una coalizione eterogenea da Dini a Caruso, vincere( ?) di straforo le elezioni, fare finta di nulla e poi governare a colpi di decreto stile Pinochet o Musharraf. Se questo è il modus operandi di un politico occidentale ... Ci vorrebbero anni per descrivere l'assoluta stoltezza di Prodi, altrochè " è bravo,ma non sa comunicare" ...
Anche a prescindere da questa mia valutazione di natura politica, l'appunto tecnico di Carioti rimane, come testimonia il fastidio bipartisan,chiamiamolo così, del Presidente Napolitano verso questa pratica. Il tuo discorso invece legittima il ricorso all'alluvione di decreti in assenza di una maggioranza politica, il che mi pare più grave che il ricorrervi come fa il Cavaliere, che comunque i numeri li ha.
Personalmente anche io sono un po' allergico alla democrazia parlamentare che in Italia ha sempre fatto rima con consociativismo e PUSP assolutamente trasversale ed extraparlamentare ( Partito Unico della Spesa Pubblica che vedeva uniti partiti, confindustria e sindacati predoni, l'unico vero partito che ha governato in Italia, diversamente il debito pubblico non si spiegherebbe; gli emedemanti dell'ex PCI sono sempre andati in direzione di un maggior allentamento dei cordoni della borsam vedi baby pensioni anni 80), ma le soluzioni proposte es. quella alla tedesca di D'Alema che sa di essere impresentabile in un suffragio diretto e che, da politico amante della politica politicienne, ama l'intermediazione dei partiti) non mi esaltano.
Abbiamo un presidenzialismo senza presidente eletto dal popolo, anzi uno presidenzialismo bicefalo, tenendo conto anche delle esternazioni, oggi per fortuna ridotte, del Quirinale ( messaggi alla Camere paiono brutti ?).E' la dimostrazione che la Costituzione che tutti dicono di voler difendere, è carta straccia, prima se ne prende atto e meglio è.

Anonimo ha detto...

Caro Authan, non ricordo di aver sentito, in questo giorni, Cruciani parlare della questione sollevata da Report dell'articolo salva manager (http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/economia/parmalat-richiesta-pm/ricerca-mandante/ricerca-mandante.html) ma io non riesco sempre ad ascoltare tutta la trasmissione, puoi confermarmelo? grazie!

Anonimo ha detto...

Mirolo,
il 90% della trasmissione di ieri, giovedì 9 ottobre, è stato dedicato al tema che citi.

Ciao,
authan (autore del blog)