Considerando la sua tendenza a concentrarsi sui problemi concreti, non avrei dato per scontato che Giuseppe Cruciani criticasse, come invece ha fatto durante la Zanzara di ieri, l’assenza dei ministri leghisti alla parata per la festa della Repubblica.
In effetti, credo che probabilmente avrebbe glissato se Roberto Calderoli non avesse rilasciato delle dichiarazioni alquanto bizzarre (definite “penose” ed etichettate come “corbellerie” da Cruciani) per giustificare l’assenza della Lega. In sostanza, il neo ministro per la semplificazione normativa ha detto che spendere soldi per queste parate è uno spreco di fronte alla crescente povertà degli italiani e alla piaga della fame nel mondo...
Sì, sì, avete letto bene. Chi ha fatto queste osservazioni non è né Diliberto, né Pecoraro Scanio, né Franco Giordano, ma il leghista Roberto Calderoli. Incredibile.
Detto che apprezzo la presa di posizione di Cruciani, avrei comunque piacere di aggiungere qualcosa.
Non so a voi, ma a me viene da paragonare l’atteggiamento dei ministri leghisti con quello (ancor peggiore) che, durante il governo Prodi, tennero alcuni membri dell'esecutivo appartenenti all’ala più radicale della sinistra, i quali, in varie occasioni, parteciparono a pubbliche manifestazioni anti-governative. Pur ammettendo che si parla di due diversi livelli di inopportunità, rimane ad ogni modo comune, nei due casi, l’approccio non istituzionale, fonte di sconcerto per una parte degli italiani.
Attenzione, non bisogna neanche esagerare arrivando a ritenere che ci sia stato qualcosa di eversivo nell’atteggiamento della Lega. Pensare questo sarebbe un’enorme assurdità. Rimane però evidente, visibile come una macchia d’inchiostro su un foglio bianco, l’anomalia, la stranezza di un partito di governo che non si riconosce al mille per mille nel concetto di nazione.
Insomma, quello della Lega è stato un clamoroso autogol. La partecipazione formale e ufficiale alla parata del 2 giugno poteva diventare per il Carroccio l’occasione di completare una volta per tutte l’opera di auto-legittimazione. Da un lato di sarebbe potuto far passare il messaggio che avere a cuore gli interessi di una parte specifica del territorio non significa avere sprezzo per la nazione nel suo complesso, e dall’altro si sarebbe potuto spazzare via definitivamente ogni possibile accostamento a concetti come secessione, guerra civile, ecc.
Ma come si fa, dico io, a lasciarsi sfuggire un’occasione così? In nome di cosa, poi? Di quale presunto ideale superiore?
La cosa peggiore di tutte è che, nel futuro prossimo, a causa del persistere di questa ambiguità nell’atteggiamento istituzionale della Lega, anziché concentrarsi sulle ben più interessanti proposte federaliste, continueremo a discutere di Padania libera, di Roma ladrona, dei fucili di Bossi e delle sciocchezze che dice Borghezio ogni volta che apre bocca.
martedì 3 giugno 2008
Come una macchia d’inchiostro su un foglio bianco
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