Le notizie degli ultimi giorni hanno portato all’attenzione (anche durante la Zanzara di ieri) tre ministri in particolare, i quali, nel bene o nel male, si sono distinti nelle prime settimane del nuovo governo Berlusconi. Sto facendo riferimento a Renato Brunetta, Roberto Maroni e Giulio Tremonti, sui quali vorrei spendere due parole.
Su Brunetta, a dire il vero, di parola ne basta una sola: idolo.
In quale altro modo dovrei appellare un ministro cattivo e spietato che annuncia che “ci saranno licenziamenti per i dipendenti pubblici fannulloni, i finti malati, e quelli che non accetteranno trasferimenti in diversi uffici”?
Giustamente, Cruciani tira il freno: “siamo solo ai proclami, dobbiamo aspettare i fatti”. Mettiamola così: se in un breve-medio periodo, non cominciamo a vedere qualche effetto concreto, Brunetta va preso e esposto al pubblico ludibrio. Pertanto, teniamo l’occhio vigile e mettiamo qualche X sul calendario.
Passiamo ora a Maroni, ovvero dagli altari alla polvere.
Dopo essersi segnalato per il sua impalpabilità nel gestire le proteste di Chiaiano (provincia di Napoli… ah ecco), il ministro degli Interni si è preso un bello schiaffo virtuale dal suo capo, il presidente del consiglio, il quale non solo ha incredibilmente rinnegato il suo appoggio all’introduzione del nuovo reato di immigrazione clandestina (dopo che pochi giorni fa il consiglio dei ministri aveva votato il relativo DDL, da portare all’attenzione del Parlamento, all’unanimità) ma ha pure aggiunto che l’applicazione pratica del nuovo reato è di fatto impossibile.
Poi, Berlusconi ha ulteriormente peggiorato le cose, specificando che esprimeva solo un’opinione personale (ma chi è, un passante qualsiasi?) e beccandosi per questo il meritato biasimo di Cruciani (ma non le musichine irridenti che per un Prodi qualsiasi non sarebbero state lesinate), ma chi ne esce davvero con le ossa rotte è il povero Bobo, brutto anatroccolo, rimasto col due di picche in mano.
Chiudiamo con Tremonti. Lo si sospettava da qualche tempo, ma la sua recente proposta della Robin Hood Tax da applicare alle compagnie petrolifere, ne è la conferma: Giulio Tremonti è diventato buono.
In questo senso, il ministro dell’economia mi ricorda il personaggio interpretato da Harrison Ford nel film A proposito di Henry, un avvocato senza scrupoli che, a seguito di una ferita alla testa, finisce in coma per poi risvegliarsi con una nuova personalità, benevola e altruista.
La trasformazione di Tremonti “fa abbastanza impressione”, dice Cruciani. Verissimo, e mi permetto di aggiungere: tralasciando il discutibile atteggiamento nella vicenda Alitalia, se questa trasformazione vuole dire niente più condoni e niente più finanza creativa, l'unico auspicio che voglio formulare è che Tremonti non batta di nuovo la testa.
giovedì 5 giugno 2008
Il buono, il brutto, il cattivo
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