giovedì 10 dicembre 2009

Potere alla parola

Cruciani ha iniziato la Zanzara di ieri all'insegna del sarcasmo prendendosela con gli ecologisti che, nel divulgare i presunti siti giudicati idonei da uno studio dell'Enel ad ospitare le nuove centrali nucleari di futura costruzione, hanno annunciato la "mobilitazione democratica" delle popolazioni. “Son tornati i verdi!”, ha tuonato il conduttore. “Per dire no al nucleare. Sai che novità”.

Ora, va bene tutto, ma non capisco bene il senso di questo sarcasmo. Aspettarsi che i verdi si convertano in favore del nucleare è un po' come pretendere che il Vaticano si schieri per l'amore libero e il sesso promiscuo. I verdi fanno i verdi, così come il Papa fa il Papa, e in tutto il mondo i movimenti ecologisti sono profondamente anti-nuclearisti. Solo uno che vive su Marte può avere aspettative differenti.

Sia chiaro, va benissimo essere in disaccordo coi verdi (io sono in disaccordo, per dirla tutta) ma il sarcasmo qui è fuori luogo. Il dibattito sul nucleare è molto acceso ma è anche molto aperto. Certezze assolute sui vantaggi e gli svantaggi di ributtarsi ora sull'energia dell'atomo non ce ne sono, e le posizioni antinucleariste (che personalmente da autentico "nuclearista non-convinto" non faccio mie) hanno piena dignità. Ridicolizzarle non è un modo sano di portare avanti un dibattito, esattamente come non lo sarebbe il canzonare il Papa per le sue posizioni sulla lotta all'AIDS.

Probabilmente Cruciani con la testa già si sta prefigurando una lotta ambientalista che anziché rimanere confinata sul terreno del dibattito si traduce in guerriglia urbana. Beh, se succederà, ne riparleremo. Certo che i rinvii e i tentennamenti del governo nel fare chiarezza sui siti per le centrali e quelli per le scorie in questo senso non aiutano. Si percepisce che c'è timore, e si preferisce eludere il tema fino a dopo lo svolgimento delle elezioni regionali. Questo non è un bel messaggio, ed è un punto che ieri in trasmissione, purtroppo, non è stato sottolineato.

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Lavorando di più in procura e senza le luci delle telecamere si arresta qualche latitante in più, con qualche convegno in meno e qualche latitante in più si fa il bene del Paese”. Più rileggo questa dichiarazione del ministro della giustizia Angelino Alfano e meno riesco a capirla. Ogni tanto succede che qualche PM venga ospitato in qualche salotto televisivo, ma mica tutti i giorni a tutte le ore. Che collegamento ci potrà mai essere tra le occasionali comparsate in TV di qualche PM e la produttività della lotta contro la malavita? Bah, per me è incomprensibile. A meno che non si volesse dare la solita stoccatina delegittimante nei confronti della magistratura di cui solo i berlusconiani più ciechi sentono il bisogno. Io sono senza parole.

Cruciani ha commentato a modo suo (non testuale ma quasi): “Quello di Alfano è uno slogan buono per conquistare le pagine dei giornali, ma è comunque giusto ritenere, non per le ragioni addotte dal ministro, ma più genericamente per questioni di opportunità, che i magistrati debbano astenersi dal rilasciare interviste”.

Potrei dilettarmi ad elencare le volte che Cruciani ha intervistato Giuseppe Ayala, Armando Spataro e altri magistrati, quando gli faceva comodo, ma non lo farò. Il punto è un altro: bisogna distinguere tra magistrati giudicanti, per cui la consegna al silenzio è effettivamente apprezzabile, e inquirenti, per i quali non si capisce il motivo per cui dovrebbero estraniarsi dal mondo. Chi meglio di un PM può diffondere la cultura della legalità? Chi meglio di un PM può spiegare ai cittadini cosa significa lottare contro la criminalità?

La lotta alla mafia si vince creando un forte contatto con la gente, ecco perché i magistrati partecipano a convegni e trasmissioni televisive. Ce l'hanno insegnato i nostri maestri, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E poi, se in TV vanno gli imputati a parlare dei loro processi, non possono andare i magistrati a parlare di legalità?”. Sono parole del procuratore di Palermo Antonio Ingroia, e per quel che mi riguarda non fanno una grinza.

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Frankie HI-NRG, "Potere alla parola" (1994)



mercoledì 9 dicembre 2009

Fast and furious

Il rientro dal ponte è stato traumatico, dal punto di vista degli impegni. Oggi beccatevi questo post insulso e fatevelo bastare. Abbiate pazienza.

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Tutto come previsto il commento di Cruciani al No-B Day durante la puntata di lunedì 7 settembre. Il conduttore della Zanzara, che nel bisticciare con diversi ascoltatori ha in sostanza fatto suo l'editoriale di Ernesto Galli Della Loggia pubblicato dal corriere, dove si parla dell'assoluta inutilità di questo genere di manifestazioni.

Si sono a mio avviso fatte fin troppe elucubrazioni su questa manifestazione, che altro non era se un gigantesco "fuori dalle balle" al cavaliere. Personalmente, sulle scarse o nulle conseguenze pratiche del No-B Day personalmente sono d'accordo, purché sia chiaro che di validi motivi, anche escludendo quelli legati al cosiddetto giustizialismo, per sognare un italia senza Berlusconi, e di avendo voglia di urlarli al cielo, ne rimangono pur sempre a centinaia.

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Quello dell'innalzamento dei limiti di velocità su certi tratti di autostrada è un tema di quart'ordine, ma alla Zanzara di ieri si è parlato quasi solo di quello. E allora diciamo due parole, prendendola un po' alla lontana come fa certe volte Cruciani quando non vuole o non sa dire in modo chiaro come la pensa.

In Italia la cultura del limite di velocità semplicemente non esiste, essenzialmente per tre ragioni:

1) Una certa indisciplina di fondo è nel DNA degli italiani (e su questo c'è poco da fare).

2) L'assenza di una rete di controlli seria (e su questo si sarebbe molto da fare).

3) Il fatto che su moltissime strade i limiti sono sempre stati e sono tuttora talmente bassi da rasentare l'assurdo. Ciò fa sì che i guidatori non prestino nemmeno un briciolo di attenzione ai cartelli. Si viaggia come se i limiti non esistessero, regolandosi col buon senso, che però non tutti hanno.

A costo di sembrare un dannato "benaltrista", affermo che, con queste premesse, quello del limite dei 150 Km/h in autostrada (con le tre corsie, il sole, il tutor, ecc. ecc.) non è il vero punto centrale. Il punto centrale è mettere ovunque dei limiti sensati, e farli rispettare con severità. Se si ragionasse in tale prospettiva, allora non avrei nulla da ridire su 'sti benedetti 150 Km/h. Ma siccome così non è, questo mero voler dare soddisfazione a chi ama pestare il piede sull'acceleratore francamente non mi trova favorevole.

Credo di essermi spiegato malissimo, ma il tempo che oggi avevo a disposizione è finito. Sigla!

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Tracy Chapman, "Fast car" (1988)




You got a fast car
Is it fast enough so we can fly away
We gotta make a decision
We leave tonight or live and die this way


domenica 6 dicembre 2009

Al di là di ogni ragionevole dubbio

Giusto qualche riga sul famigerato Gaspare Spatuzza, perché poi c'è il ponte dell'Immacolata e mi prendo una piccola pausa, e comunque per la Zanzara di venerdì 4 dicembre, dedicata quasi integralmente ai commenti sulla deposizione del summenzionato collaboratore di giustizia, non rimane poi altro da dire.

Se l'Italia è uno stato di diritto, e lo è, il presidente del consiglio è da considerarsi innocente da accuse di collusione con la mafia fino a che prove certe, al di là di ogni ragionevole dubbio, e sentenze definitive non diranno il contrario. E le parole di Spatuzza, per quanta impressione possano destare, stante la probabile impossibilità, salvo sviluppi clamorosi, ad essere accompagnate da riscontri inoppugnabili, fanno avanzare solo di pochi millimetri lungo l'irta e lunghissima strada che porta alla dimostrazione del teorema in base al quale Berlusconi fu connivente con Cosa Nostra.

Quanto sopra vale a maggior ragione se si ricorda che Berlusconi non è neppure formalmente imputato per tali reati, al contrario di Marcello Dell'Utri, sebbene i rapporti tra quest'ultimo ed il cavaliere siano sempre stati talmente stretti, da "compagni di merende" (fa sempre bene ricordarlo, specie e certi conduttori radiofonici un po' propensi a negare, talvolta, solari evidenze), che un'eventuale conferma in appello della condanna per mafia a Dell'Utri non potrebbe considerarsi politicamente irrilevante.

Fatta questa premessa, io al giochino del "Spatuzza è un pluriomicia, che ha pure sciolto un bambino nell'acido, dovrebbe marcire in una cella buia e non gettare fango sulle istituzioni", praticato da molti esponenti del centrodestra, non ci partecipo. Non perché io sia in qualche modo "attratto" da Spatuzza (ci mancherebbe, sono il primo a provare totale disgusto per quello che ha fatto), ma perché è proprio il suo essere un mostro sanguinario, e non un passante qualsiasi, a rendere, in un certo senso, "interessanti" le sue dichiarazioni. Il suo passato orribile, la sua appartenenza a Cosa Nostra, diventa, paradossalmente, un motivo in più, e non in meno, per ponderare, con tutti i filtri del caso, quel che ha da dire.

Cruciani dice che non crede a una sola parola di quel che sostiene Spatuzza su Berlusconi. Liberissimo e padronissimo, e nulla da ridire. Se non che io vedo poche differenze tra chi, aprioristicamente, rifiuta di credere, perché non vuole credere, perché "non è immaginabile l'idea che un mafioso sia stato e sia tuttora alla guida dell'Italia", e chi, altrettanto aprioristicamente, crede a forza, perché vuole credere, perché ha come sogno ultimo il vedere il cavaliere dietro le sbarre. Sono due facce della stessa medaglia, che non è la mia.

La mia medaglia ha pure essa due facce, una per gli scettici, e una per i possibilisti, ma entrambe le facce concordano nel ritenere che il discernere tra verità e menzogna in ambito giudiziario sia un compito che spetta solo e unicamente alla magistratura, perché questa è la sua missione, questa è la ragione del suo esistere.

E' così che il meccanismo funziona, almeno fino a che non lo si cambierà. Non spetta al comune cittadino ergersi a giudice di chicchessia. Tale compito è delegato all'autorità giudiziaria. Questo concetto o lo si prende sempre per buono (non solo per Cesare Battisti, Annamaria Franzoni, ecc.) o mai. Non lo si può accettare o rigettare a seconda che faccia o meno comodo.

L'obiezione la conosco: chi ci assicura che una parte della magistratura, la quale, al contrario di chi detiene il potere esecutivo, non risponde agli elettori, non approfitti del suo ruolo per influire attivamente nella politica? Risposta: nessuno. Ma finché non avremo prove certe, al di là di ogni ragionevole dubbio, che ci sia davvero un progetto eversivo nei meandri del potere giudiziario, allora dovremo applicare anche in questo contesto la presunzione di innocenza. E di prove certe di un progetto eversivo messo in atto da una parte della magistratura, signori miei, mi spiace ma ad oggi non ce ne sono.

Non so se questa mia disamina sia tra quelle da considerarsi “banali” (Cruciani ha usato la parola “banale” per definire un po' tutte le opinioni espresse sulla vicenda Spatuzza, tranne la sua). Se, non lo è, bene. Se lo è, beh, che dirvi... accontentatevi.

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Prossimo post, salvo imprevisti, mercoledì 9 dicembre. Salterà, quindi il post dedicato alla prossima Zanzara che sicuramente tratterà ampiamente il No-B Day, con Crux che, super-incazzato per la sconfitta della Lazio nel derby capitolino, si sfogherà facendo una bella cernita degli slogan a suo dire peggiori, quelle più ostili al premier, quelle con le manette, la galera, il fascismo, eccetera, e sfoggerà il suo consueto petulante anti-antiberlusconismo. Un film già visto tante di quelle volte che a questo giro me lo risparmio e ve lo risparmio. Ad ogni modo, lo spazio nei commenti è sempre a vostra disposizione. Ciao...

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No Doubt, "Don't speak" (1995)




You and me
We used to be together
Everyday together, always
I really feel that I'm losing my best friend
I can't believe this could be the end


venerdì 4 dicembre 2009

Oggi non è giornata

A tutti capita di alzarsi con la luna storta, di umor nero, nervosi, irritabili. E' nella natura delle cose. Però, se ciò succede ad un conduttore radiofonico, per il tipo di lavoro che fa questi farebbe meglio a considerare l'idea di marcar visita per un giorno. Basta una telefonata: "Direttore, oggi non è giornata, è preferibile che io non vada in onda, potrei essere incapace di controllarmi, di ascoltare serenamente opinioni diverse dalle mie senza avere reazioni sopra le righe. Allerti Maurizi. Io torno domani". Non è la fine del mondo, nessuno se ne farebbe un cruccio.

A me spiace scrivere queste cose, perché Cruciani è quasi uno di famiglia, in un certo senso (se lo legge mia moglie mi ammazza. Cara, ho scritto "in un certo senso"!), ma resistere all'ascolto di una Zanzara come quella di ieri è stato veramente pesante. Tra le varie personalità che albergano nell'animo del Crux, quella che ieri si è presentata davanti al microfono non era la solita, quella fatta di verve, brio, e ironia, ma quella più nera, chiusa, cattiva, feroce, rabbiosa, con poca voglia di ascoltare, e tanta di azzannare. Il Crux di ieri ricordava il King Kong che si batte i pugni sul petto in cima all'Empire State Building.

A fronte di trasmissioni del genere, dove la lucidità ha avuto poco spazio, mi vien persin difficile trovare spazi per del sano contro-commento. Comunque proviamoci. Trascrivo qui di seguito il riassunto di alcuni concetti espressi da Cruciani (non si tratta quindi di parole testuali, ma sono stato attento a non alterare il senso) e di seguito dico come la penso.


Non è vero che una manifestazione nata da Internet sia meglio di una organizzata da un partito. Semmai è vero il contrario, perché nella rete, più che il meglio della società civile, ci si trova il peggio, con tutti i massimi estremismi.

Al di là del fatto che, pur rispettando l'iniziativa, non sono un grande fan di questo No-B Day (la penso all'incirca come Luca Sofri e come Vittorio Zucconi), credo che, partendo dalla constatazione che è la prima volta che una manifestazione così grande nasca al di fuori di partiti e sindacati, sia il caso se non altro di aspettarne l'esito prima di esprimere un parere di quel tipo. Vediamo come va. Poi ne riparliamo.


Sul No-B Day il PD tentenna, vado non vado, vengo non vengo. Aaaaah, come tentenna il PD.

Ancora con questa storia! I vertici del PD han detto fin da subito che il partito non aderisce al No-B Day, e l'idea non è mai cambiata. Il PD non è il circolo del bridge di Busto Arsizio. Le manifestazioni oceaniche le organizza, non si accoda a quelle altrui. Punto. Detto ciò, ogni militante, esponente, dirigente, presidente, segretario, vicesegretario, galoppino, portaborse, portacandele e succhiaruote, nel ruolo di privato cittadino, potrà pur decidere come ***** passare il sabato pomeriggio, senza dover rendere conto a chicchessia, o no?


Com'è possibile che l'intera politica sia appesa alle imminenti dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza? Come dice Bruno Vespa, in quale altro paese civile ciò potrebbe succedere?

Aaah, ma allora il giochino del "se fossimo in un paese normale…" e del "in quale altro paese civile succede che…" non sono solo Travaglio e Flores D'Arcais a praticarlo. Quando fa comodo, lo tirano fuori tutti. Certo che non è normale essere appesi a Spatuzza, cari Vespa e Cruciani. E allora? E quindi? Per citare qualcuno, "con questo ragionamento dove si vuole arrivare?" Se si pensa che Berlusconi sia vittima di un gigantesco complotto delle "toghe rosse" (si parla di centinaia di magistrati, che devono essere tutti d'accordo nel seguire un progetto eversivo. Roba da far impallidire gli sceneggiatori di X-Files o di 24) lo si dica a chiare lettere, se se ne ha il coraggio.


Gli italiani sanno benissimo chi è Vittorio Mangano e conoscono bene la storia della sua permanenza presso la villa di Arcore.

Qualcuno ha visto il mio mento? Lo cerco da ieri sera... Battute a parte, visto com'è ridotto lo scenario politico italiano, dove il tifo calcistico prevale nettamente sull'analisi obiettiva, non escludo che se anche ciò fosse vero (che la vicenda Mangano sia arci-nota anche tra le casalinghe di Voghera, dico, cosa che ovviamente non è) non escludo, purtroppo, che Berlusconi prenderebbe quasi gli stessi voti. Quasi.


Nei confronti di Renato Brunetta si leggono e sentono sempre più cose sgradevoli, legate alla sua statura. Sono atteggiamenti razzisti.

Mamma mia che problemone! Da farci su magari un pezzo da pubblicare su Panorama. Certo che, come già detto in altre occasioni, sentir parlare di razzismo contro i brevilinei (e insisto nel ritenere che l'uso della parola "razzismo" in questo contesto sia un'enormità) da uno che minimizza e smonta ogni discussione sugli episodi di intolleranza nei confronti di immigrati e omosessuali fa un po' ridere. Anzi, fa veramente ridere. Sempre per citare qualcuno, "è comica la cosa".


Basta così, che oggi non è giornata manco per me. Buon weekend!

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"Bad day", R.E.M. (2003)




It's been a bad day
Please don't take a picture
It's been a bad day
Please...


giovedì 3 dicembre 2009

Dedicato a tutti quelli che stanno scappando

Sì, d'accordo, l'uomo è fatto così, non è la prima volta e non sarà l'ultima, ormai bisognerebbe averci fatto il callo, e un alzar gli occhi al cielo dovrebbe bastare, e di solito basta. Ma qualche volta no.

La battuta a sfondo sessuale (video) rivolta da Berlusconi al presidente di Panama, Riccardo Martinelli, all'apertura della conferenza internazionale Italia-America Latina, sulle “attrattive panamensi che gli starebbero molto a cuore” mi ha fatto rivoltare lo stomaco. Non sempre le sensazioni di fastidio o di disgusto si possono controllare o reprimere, o addirittura combattere come è bravo a fare il re dei cinici Giuseppe Cruciani (che pur dando evidenza alla battuta, mandata in onda a ripetizione nell'arco della Zanzara di ieri, non ha ritenuto di pronunciare una sola parola esplicita di biasimo). A volte bisogna sfogarsi, e a questo giro il pugno sul tavolo io sento il bisogno irrefrenabile di batterlo. Pum! (ahia…)

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La capacità di Renato Brunetta di rendersi antipatico per le cose che dice e per come le dice sta ormai sconfinando oltre i limiti dell'umana capacità di comprensione. L'ultima sua uscita (deprecata da Cruciani, ma non abbastanza da fargli omettere la sigletta di Ufo Robot) sugli stipendi dei confuttori e giornalisti Rai, che dovrebbero essere elencati nei titoli di coda delle trasmissioni, dimostrano come la voglia di protagonismo del ministro e la sua componente populista abbiano definitivamente preso il sopravvento su tutte quelle che potevano essere le buone intenzioni di inizio legislatura.

E mi spiace che di fronte a questa evidenza, su cui si sarebbe molto da disquisire, Cruciani si perda dietro concetti sciocchi come “l'anti-brunettismo”, come se una certa ostilità nei confronti del ministro fosse solo frutto di livore personale preconcetto nei suoi confronti, e non invece di una fisiologica e normalissima reazione contro i suoi atteggiamenti.

Poi potranno pure esserci degli eccessi in certe prese di posizione, come forse è nel caso del pezzo al veleno di Lidia Ravera sull'Unità citato ieri da Cruciani, ma non creiamo un problema che non esiste, o che se esiste è marginale. Già il conduttore della Zanzara ci tritura gli zebedei con l'anti-antiberlusconismo. Se ci aggiungiamo pure l'anti-antibrunettismo siamo fritti.

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La recente lettera aperta di Pier Luigi Celli al figlio Mattia pubblicata su Repubblica continua a far parlare di sé, e alla Zanzara di ieri ha dato spunto per discutere dello scarso livello di meritocrazia presente in Italia. “Un problema che esiste”, ha detto in sostanza Cruciani, “ma che non giustifica l'invito al proprio figlio di abbandonare il paese”.

Più rileggo la lettera di Celli e più non mi capacito di come possa essere stata così male interpretata da un'infinità di persone. Io la trovo mostruosamente attuale, perfettamente attinente alla realtà, totalmente sincera, leale, schietta, onesta, autentica, dove l'invito al figlio ad andare all'estero, per quanto non finto, va inteso come uno stratagemma per lanciare un gigantesco j'accuse ad un paese che non sa cambiare e che non sa rimodellarsi a beneficio delle generazioni future. Un grido che dice "svegliati, Italia, o diventerai un paese per vecchi".

Qualche volta il motto di J. F. Kennedy ("non chiedetevi cosa l'America può fare per voi, ma cosa voi potete fare per l'America") va ribaltato, specie se il "voi" è rappresentato dai giovani. Non si può sempre pretendere che siano i giovani quelli che devono "rimboccarsi le maniche" (aaah, la retorica…) e risolvere tutto, come se avessero chissà quali mezzi, perché questo equivale ad un rinviare ad infinitum ogni seria ipotesi di soluzione dei problemi. Quel che succede è che i giovani, una volta "cresciuti" e assimilati dal sistema, scaricano a loro volta la responsabilità del cambiamento sui prossimi nuovi giovani, in una catena infinita.

No, signori. I problemi, e soprattutto quelli legati allo scarso livello di meritocrazia, vanno affrontati e risolti dalla classe dirigente vigente, non demandati a quella futura. E se una minaccia di fuga delle menti migliori può servire ad accendere qualche miccia, a svegliare qualche leader dal sonno della ragione, beh, allora viva la minaccia di fuga, se non la fuga vera e propria.

Quando il tempo diventa davvero duro, il veliero ha una sola possibilità: la fuga. Fuggire il tempo permette di salvare barca ed equipaggio, ma anche, forse, di scoprire terre nuove, lontano dalle rotte falsamente sicure delle crociere e dei mercantili”. Trovo splendido, e faccio mio, anche se forse un po' fuori contesto, questo pensiero del filosofo francese Henri Laborit, che accompagna il film capolavoro di Gabriele Salvatores, "Mediterraneo", e che ha ispirato anche la didascalia finale della pellicola: "Dedicato a tutti quelli che stanno scappando".




Non ci hanno lasciato cambiare niente...
E allora gli ho detto: avete vinto voi,
ma almeno non riuscirete a considerarmi vostro complice.

(Dal film "Mediterraneo")


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Ma la sigla finale vera e propria, oggi, è "Paname", dei Litfiba (1988).



Saremo tempesta, tempesta e calore
La ghigliottina di ogni legge morale


mercoledì 2 dicembre 2009

Ragione e sentimento

Ho sempre detto e pensato che Cruciani con Berlusconi sia solito usare il guanto di velluto, e lo ribadisco, ma che egli sia assimilabile ad un Emilio Fede qualsiasi l'ho invece sempre contestato. E in trasmissioni come quella di ieri trovo conferme di questa opinione.

Infatti, Cruciani, pur senza calcare troppo la mano, non è stato tenero con le parole di elogio (“Dai risultati elettorali si vede che la sua gente la ama”) che l'attuale nostro presidente del consiglio, durante la sua visita di stato in Bielorussia, ha ritenuto di pronunciare nei confronti dell'autocrate locale Aleksandr Lukashenko, considerato dall'intera comunità politica internazionale come l'ultimo dittatore d'Europa.

Sono parole piuttosto imbarazzanti”, ha detto il conduttore della Zanzara. “e toglierei pure quel 'piuttosto'”. Non mi sembra ci sia molto da aggiungere. Che la realpolitik spinga ad intrattenere rapporti istituzionali con personaggi ambigui ci può stare, ma di pubbliche parole al sapore di miele non se ne ravvede la minima necessità. Sarà psicologia da quattro soldi, ma leggendo tra le righe della dichiarazione di Berlusconi rivolta a Lukashenko, è fin troppo facile cogliere una punta d'invidia.

Altri momenti di ieri poco berlusconiani sono stati l'intero intervento di Paolo Guzzanti, che ha ribadito le sue note posizioni contrarie alla forte amicizia del cavaliere con Putin, e l'incredibile intervista al consigliere comunale di Roma Marco Siclari che ha proposto di intitolare una strada della capitale a Rosa Bossi, la madre di Berlusconi, scomparsa pochi mesi fa. Cruciani, incredulo, non sapeva se ridere o piangere di fronte ad un tale esercizio di adulazione basato sul nulla. Io preferisco non infierire oltre sul ruffianesco Siclari, e stendo il classico velo pietoso.

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Ricordate il caso Berlusconi/Saccà e il loro dialogo telefonico intercettato e reso pubblico? Ricordate come Cruciani doveva quasi farsi violenza, scendendo a patti con la propria coscienza, per mandare in onda l'audio? Ricordate come era poi restio ad accettare commenti che entravano nel merito di ciò che il cavaliere e l'ex direttore di Rai Ficton si erano detti? “Quelle intercettazioni non dovevano essere divulgate”, tuonava Cruciani. “Per cui disquisire sui contenuti è sbagliato!”. Secondo me era una pretesa folle, ma lasciamo perdere, ora.

Domanda: qual è la differenza, in concreto, in termini di mancanza di riguardo per le persone interessate, tra il diffondere un'intercettazione telefonica e il diffondere un cosiddetto "fuorionda"? Ve lo dico io: nes-su-na. Non c'è alcuna differenza. In entrambe le situazioni si tratta di rendere pubbliche parole che pubbliche non erano destinate ad essere.

Pertanto, per coerenza, io mi sarei aspettato di sentire quantomeno qualche parola di imbarazzo (del tipo "vorrei evitare ma non posso esimermi"), da parte di Cruciani, ieri, nel momento in cui si accingeva a mandare in onda l'audio di Gianfranco Fini che bisbiglia al procuratore di Pescara Nicola Trifuoggi parole poco carine verso Berlusconi. E invece non solo l'audio è stato trasmesso, ma sui contenuti il Crux non ha esitato un microsecondo ad entrare nel merito.

Chiariamo: secondo me è stato giustissimo trasmettere il fuorionda e discuterne i contenuti. Quel che faccio notare è solo la palese contraddizione con altre prese di posizione fatte proprie da Cruciani in altre circostanze. Ma la coerenza, si sa, non è di questo mondo.

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Chiudo con due parole sulla vicenda dei minareti. Mi ha fatto piacere sentir dire a Cruciani che lui, fosse stato un cittadino svizzero, avrebbe votato contro la proposta di vietare la costruzione di nuove "torri islamiche". E sono d'accordo con lui quando dice che l'esito del referendum tenutosi nello stato elvetico non va né drammatizzato (non è un manifesto contro l'islam), né esaltato (non è l'inizio di un revanscismo cristiano, come pensa chi vorrebbe mettere la croce sulla bandiera italiana).

Disapprovo, invece, il conduttore della Zanzara quando critica Gianfranco Fini nel momento in cui quest'ultimo sostiene che il voto svizzero è stato “non ragionato”. L'esito di una votazione è un po' come il verdetto di un tribunale: lo si accetta, se ne prende atto, ma ciò non significa che non lo si possa criticare.

Non c'è nulla di male nell'osservare che la scelta degli svizzeri sia stata più di pancia che di testa, che il sentimento della paura abbia avuto il sopravvento sulla ragione. Perché la ragione ci dice che se l'occidente, in contrapposizione con il chiuso mondo islamico, ha la pretesa di presentarsi come un tempio di democrazia e tolleranza, allora non può fare a meno di darne piena dimostrazione, aprendosi alle culture diverse, e non sbarrando loro le porte.

martedì 1 dicembre 2009

Saltarci dentro a piedi pari

Zanzara estremamente eterogenea, quella di ieri, su cui ci sarebbe molto da dire. Berlusconi che strozzerebbe chi scrive e fa film sulla mafia, l'esito del referendum in Svizzera sui minareti vinto dall'estrema destra, la posizione di Fini su tale referendum, la proposta della Lega di inserire la croce sulla bandiera italiana, l'intervento di Mario Borghezio (Giuseppe Cruciani ci ha litigato di brutto. La metto io la croce, ma sul calendario), la dichiarazione di ignoranza del conduttore relativamente all'ultima intervista di Paolo Borsellino prima che questi saltasse in aria (consiglio a Crux di scambiare due parole sul tema col suo collega Roberto Galullo), eccetera.

Ma forse il momento in cui la trasmissione è maggiormente uscita dai soliti canoni e dalle solite diatribe è stato quello relativo all'intervento di Pier Luigi Celli, a proposito del quale il nostro Paolo mi ha mandato un ottimo pezzo.

Sugli altri temi, magari, ci risentiamo nei commenti. Ciao da Authan.

PS: Anch'io mi schiero "al 150%" con Celli.

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[Il post di oggi è a firma di Paolo]

Buongiorno,
ogni tanto succede che qualche cane indisciplinato defechi sul marciapiede e che qualche pedone distratto la calpesti. E' però raro vedere qualcuno che ci salta sopra a piè pari come ha fatto ieri sera Cruciani con l'intervento di Celli.

La trasmissione filava via liscia e tranquilla sui divieti svizzeri ai minareti (per me fanno il paio con l'obbligo di crocifisso di cui avevo scritto nel primo commento ad un post di qualche giorno fa). Un solo ascoltatore aveva accennato, sostanzialmente inascoltato, alla lettera aperta, pubblicata su Repubblica, con cui il rettore della LUISS invita suo figlio, laureando in ingegneria meccanica, ad andarsene dall'Italia per avere un futuro.

Personalmente rimprovero a Celli di scoprire l'ovvio, in ritardo, e solo perché ci sbatte il naso in termini personali, pur essendo da sempre per gli incarichi che ha rivestito un osservatore privilegiato dell'Italia, del mondo giovanile e del mercato del lavoro. Trovo tremendo che una persona nella sua posizione riaccorga adesso delle cose che hanno da anni portato me e molti miei amici a cercare di preparare i propri figli ad andar via dall'Italia quando sarà loro possibile.

I motivi per abbandonare l'Italia sono tanti e triti, ne elenco solo alcuni:

a) l'assenza di meritocrazia e mobilità sociale, che preclude a chi non goda di privilegi familiari la possibilità di migliorare la propria posizione indipendentemente dai suoi meriti;

b) un mercato del lavoro selvaggio e vessatorio (checché ne dicano gli imprenditori cui la cosa non sembra bastare, se trovano ingegneri disposti a lavorare nelle loro aziende in stage o con contratti che non permettono di arrivare alla fine del mese, vuol dire che l'offerta supera la domanda);

c) una società che ha scelto di precludersi lae maggiori possibilità di crescita percorrendo la strada della deindustrializzazione, comprimendo la presenza della grande industria a favore delle PMI, rinunciando a competere con i paesi più avanzati attraverso l'R&D e puntando solo sull'abbassamento dei costi del lavoro (cosa scoveremo di più ricattabile di lavoratori precari e immigrati clandestini?) e sulle delocalizzazioni;

d) una società che da decenni ha deliberatamente scelto di sperperare indebitando i figli e i nipoti degli altri;

e) una società che tuttora non riesce a riconoscere alle competenze ad alla cultura tecnica e scientifica un ruolo sociale adeguato;

personalmente credo di dover operare perché questo cambi, ma non voglio imporre ai miei figli dei sacrifici irragionevoli dipendenti unicamente dalle scelte personalistiche ed interessate di altri. Se vorranno potranno fare quello che vogliono, ma voglio possano scegliere sapendo che si tratterebbe di passare la vita remando controcorrente. I dati sulla disoccupazione forniti in un articolo apparso oggi sul Corriere vanno ad ulteriore conferma di questa mia preoccupazione.

Cruciani ha chiamato in trasmissione Celli, secondo me, con l'intenzione di sconfessarlo dipingendolo come un intellettuale snob, fuori del mondo e, in fondo parte ipocrita dello stesso establishment che stava contestando. Ma l'intervento gli è esploso in mano: Celli dimostra di conoscere il mercato del lavoro italiano ed estero, di conoscere le retribuzioni di cui parla meglio di un presuntuoso Cruciani che le sopravvaluta moltissimo (“Se va bene ed al lordo!” gli risponde l'ospite), porta dati concreti e numeri: in sintesi a fare la figura dello snob è Cruciani che per sottrarsi alla veemenza dialettica ed alla preparazione dell'ospite ammette di non avere idea di quanto siano pagate le sue collaboratrici (questo si è molto snob, caro Crux!).

Una catastrofe per l'editore di riferimento della radio, non recuperata nemmeno dall'ascoltatrice intervenuta successivamente per dire che Celli sbagliava e che bisogna impegnarsi per cambiare la situazione. Cosa vera, ma che impegna ognuno a farlo personalmente, mentre qui, come sempre in Italia, si parla di impegnare gli altri.

Auf wiedersehen

Paolo esterofilo

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Sigla finale (scelta da authan): Sheryl Crow, "Run baby run" (1993)




From the old familiar faces and
Their old familiar ways
To the comfort of the strangers
Slipping out before they say
So long