giovedì 7 gennaio 2010

L'uomo giusto

Che fine hanno fatto le primarie? Non dovevano diventare, nell'ambito del Partito Democratico, il simbolo del rinnovamento della politica, del coinvolgimento dei cittadini nella scelta dei candidati? O invece, di fatto, servono solo ad incoronare qualcuno, nelle circostanze in cui l'esito è scontato?

Più o meno con queste parole, che sottintendevano una nota di scherno non del tutto immotivata, Giuseppe Cruciani ha commentato i tormenti che il centrosinistra sta vivendo nella scelta dei candidati alla presidenza della Regione in Puglia, nel Lazio, e anche altrove.

Ora, possiamo anche dilettarci a prendere per i fondelli il PD, e – come ripeto – ci sono ampi motivi per farlo, ma magari con un piccolo sforzo in più si può anche arrivare a spiegare come ci si è arrivati a questa situazione di stallo decisionale, di primarie che si fanno forse-che-sì-e-forse-che-no.

Tutto nasce dalla svolta veltroniana. Walter Vetroni, da primo segretario del Partito Democratico, ha probabilmente commesso diversi errori, ma il suo sogno originale, quello del partito autosufficiente a vocazione maggioritaria era un sogno bellissimo, nel quale il concetto delle primarie si incastonava perfettamente in un quadro che vedeva il PD non più coinvolto in trattative con chicchessia (leggi altri partiti) per decidere alcunché (le canditure alle varie consultazioni elettorali che via via si affacciano, e la stesura dei programmi).

Nel momento in cui questo sogno è sfumato, vuoi perché era prematuro (lo scenario non era, e tutt'oggi non è, pronto per un sistema bipartitico), o male applicato (l'alleanza con l'IdV contraddiceva lipotizzata autosufficienza), o proprio scorretto alla radice (questione di opinioni, ma secondo me l'idea in sé è tutt'altro che scorretta), e il PD è tornato a prendere a praticare la strategia delle alleanze elettorali, inevitabilmente la meravigliosa ma fragile architettura politica basata sulla primarie e sulla democrazia diretta è caduta come un castello di carte.

Non ci possono essere primarie laddove il PD, per scegliere i candidati, è costretto ad intavolare complesse mediazioni con i potenziali alleati politici (UDC, IdV e sinistra radicale su tutti) che non si sentirebbero vincolati dall'esito delle primarie del PD. Primarie e alleanze sono due approcci in antitesi l'uno con l'altro, come chiunque in buona fede può realizzare.

Pertanto, avendo il PD oggi rinnegato la svolta veltroniana ritornando alla strategia delle alleanze, i vertici del partito farebbero bene a spiegare chiaramente che la conseguenza di tale scelta è l'accantonamento del sistema delle primarie. Capisco che sia imbarazzante, ma di sicuro che gli elettori prediligono di gran lunga la chiarezza all'ambiguità.

Ciò detto, anche nel momento in cui si opta per la strategia delle alleanze, non è detto che obbligatoriamente il PD debba farsi mettere i piedi in testa dai veti incrociati dei potenziali alleati.

Ad esempio, per il Lazio, pur nella consapevolezza che dopo il caso Marrazzo le possibilità che il centrosinistra possa mantenere la regione sono scarse, l'eventuale canditatura di una personalità stimata e apprezzata come Emma Bonino sarebbe comunque forte, coraggiosa, "di spessore", dal notevole valore aggiunto, e significativa quantomeno di una volontà di vendere cara la pelle.

E se la Bonino non piace all'UDC, pazienza. Tanto, la capacità dell'esponente radicale di attrarre un consenso trasversale è comunque indubbia, e con certe sue posizioni molto liberali e in un certo senso "destrorse" potrebbe fare perfettamente da contraltare alla sindacalista Renata Polverini, candidata per il PDL, la quale, al contrario, su alcuni temi ha posizioni "sinistroidi".


Emma


Sì, ricalcando uno slogan che nel 1999 venne usato per promuovere la canditatura di Emma Bonino alla presidenza della Repubblica, credo che Emma sia davvero l'uomo giusto su cui puntare per le elezioni regionali nel Lazio. Speriamo che il PD si decida presto, se non altro perché, in termini di contenuti, una campagna elettorale Polverini vs Bonino, come ha osservato questa mattina Alessandro Milan nella sua trasmissione su Radio 24, diventerebbe inaspettatamente interessante.

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In chiusura una piccola nota: durante la conversazione di ieri in trasmissione tra Cruciani e Oliviero Toscani sul tema della canditura di quest'ultimo, da indipendente, alla regione Toscana, il fotografo ha ripetutamente detto che attualmente in Toscana c'è un “regime”, senza che Cruciani obiettasse alcunché. Che l'espressione fosse interpretabile come paradosso, come metafora, mi sta bene. Però mi dà un po' fastidio l'idea che certe parole diventino pietre se dette da qualcuno "nemico" del conduttore, e invece piume se pronunciate da un "amico". Spero non accada più.

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Mi è venuto da canticchiare una simpatica canzoncina, "What took you so long?", di un'altra Emma, l'ex spice girl Emma Bunton (2001).




What took you so long?
What took you all night?
What took you forever to see I'm right?
You know I'll treat you so good
I'll make you feel fine
You know I'll never give it up this time...


mercoledì 6 gennaio 2010

Il solipsista

Lo snobismo serve solo a qualche nascondimento solipsistico”.

Questa perla un po'... snobistica, se posso permettermi, pronunciata dal notista politico del TG1 Marco Frittella nell'ambito della sua querelle col critico televisivo del Corriere Aldo Grasso della quale si è dato conto ieri alla Zanzara, mi ha fatto tornare alla mentre un fantastico mini-racconto di fantascienza dello specialista Fredric Brown. Siccome oggi non ho né la voglia né il tempo di disquisire di polemiche politiche, di Feltri, di PD, di elezioni regionali, di Brunetta, e di tutte le altre solite miserie quotidiane, come divertessement per questo giorno della Befana procedo ad un bel copia&incolla del summenzionato delizioso racconto. Buona lettura :-)

Authan

PS. Chi, secondo voi, risponde al profilo del solipsista?


F.Brown C1


IL SOLIPSISTA
di Fredric Brown (1954)


Walter B. Jehovah (non ve la prendete con me, si chiamava davvero così) era stato un solipsista per tutta la vita. Un solipsista, nel caso non lo sappiate, è un tale che crede di essere la sola cosa veramente esistente, che l'altra gente e l'universo generale esistono solo nella sua immaginazione e che se lui smettesse di immaginarli cesserebbero d'esistere.

Un giorno, Walter B. Jehovah diventò solipsista militante. Nel giro di una settimana, sua moglie era scappata con un altro uomo, lui aveva perso il posto di magazziniere e si era rotto una gamba correndo dietro a un gatto nero per impedirgli di attraversargli la strada. Mentre era in ospedale, decise di farla finita.

Guardando fuori della finestra, fissò le stelle e volle che cessassero d'esistere. Le stelle sparirono.

Volle poi che tutta l'altra gente cessasse d'esistere, e l'ospedale si fece stranamente silenzioso, ancor più silenzioso del solito.

Passò poi al mondo, e si ritrovò sospeso nel vuoto.

Con la stessa facilità si liberò del proprio corpo, e poi giunse finalmente ad annullare se stesso.

Strano, pensò Walter B. Jehovah. Possibile che il solipsismo abbia dei limiti?

” disse una voce.

Chi sei?” chiese Walter B. Jehovah.

Sono quello che ha creato l'universo che tu hai appena fatto sparire, e adesso che hai preso il mio posto...”, ci fu un profondo sospiro, “posso finalmente cessare la mia stessa esistenza, trovare la pace e lasciare che sia tu a continuare.

Ma...come si fa a cessare d'esistere? E' proprio questo che sto cercando di fare!

Sì, lo so”, disse la voce. “Devi fare come ho fatto io: crea un universo, e aspetta finchè non verrà uno come te ad annullarlo, poi potrai andare in pensione e lasciare che sia lui a continuare. Bè, addio.

E la voce sparì.

Walter B. Jehovah era solo nel vuoto, e c'era una sola cosa che potesse fare. Creò il cielo e la terra. Gli ci vollero sette giorni.


F.Brown C2

martedì 5 gennaio 2010

L'alba dei morti viventi

"Anno nuovo, Zanzara vecchia" lo dico io. Come se tre puntate di fine 2009 già dedicate al medesimo tema non avessero contato nulla, magari solo perché le aveva condotte quell'altro, Maurizi, il 2010 della Zanzara targata Giuseppe Cruciani è cominciato continuando a battere il chiodo sulla notizia della prossima intitolazione di una strada milanese, per volontà del sindaco Letizia Moratti, a Bettino Craxi, in corrispondenza del decennale della scomparsa di quest'ultimo.

Se il buongiorno si vede dal mattino, vien da dire che siamo entrati in una nuova alba dei morti viventi. L'ultimo anno della prima decade del terzo millennio si preannuncia come l'ennesimo in cui gli echi del passato e le ombre dei non-morti, degli zombie, continueranno ad assillare senza sosta le anime e le menti di noi poveri stolti incapaci di guardare avanti ma sempre e solo indietro.

Craxi, quindi... Ovviamente è esplosa la dicotomia tra chi lo ritiene un ladro morto da latitante, e chi un grande statista vittima di fumus persecutionis. E ovviamente Cruciani non ha saputo/voluto/potuto prendere una posizione chiara tra questi estremi. Pur dichiarando di non ravvisare una reale necessità di omaggiare Craxi da un punto di vista toponomastico, il conduttore si è comunque trincerato dietro il suo solito linguaggio elusivo contraddistinto da quella che è una delle sue nuove frasi standard, di quelle che gli escono di continuo, ovvero “non vedo lo scandalo” (nell'intento della giunta di Letizia Moratti, s'intende).

Ma questa volta nel campo minato su cui Crux si è trovato a camminare c'erano talmente tanti ordigni che pretendere di arrivare dalla'altra parte con entrambe le gambe al loro posto era impossibile. Ad esempio, quando Cruciani ha detto che “non si può ridurre l'esistenza di Craxi ai suoi guai giudiziari”, citando un pezzo di Pierluigi Battista apparso sul Corriere di ieri, lì, metaforicamente, la parte bassa della gamba sinistra, dal ginocchio in giù, è saltata via.

Vede, Cruciani, se la base dei suoi ragionamenti e quella summenzionata, perché allora non dovremmo applicare la stessa considerazione anche, ad esempio, all'ex terrorista Cesare Battisti? Perché Battisti può essere ridotto (per me giustamente, sia chiaro) ai reati che ha commesso e Craxi no? Qual è la differenza? In fondo Battisti era un'altra persona prima di aderire alla lotta armata e un'altra persona lo è diventata dopo la sua fuga all'estero.

Troppo facile prevedere l'obiezione: Craxi non ha mica ucciso nessuno, al contrario di Battisti. C'è una scala di gravità nei reati di cui occorre tener conto.

Eh, no, Cruciani, non ci siamo proprio. Siamo d'accordo che l'ex leader del PSI non ha assassinato nessuno, ma neppure è stato condannato – che so – per aver malmenato un fotografo che violava la sua privacy, o per aver causato un incidente stradale mediante una condotta di guida incauta (per capirsi, violazioni non legate a filo doppio col suo ruolo istituzionale). Craxi è stato condannato in via definitiva per corruzione. Cor-ru-zio-ne. Il reato peggiore di cui un politico si possa macchiare. E' in un certo senso l'equivalente dell'omicidio o dello stupro per l'uomo comune, una volta che noi circoscriviamo l'universo intero al solo mondo della politica.

La stessa cosa vale, per portare un secondo esempio, per l'uso di sostanza dopanti da parte di sprinter, maratoneti, ciclisti, eccetera. E' barare, è la colpa che, nell'universo circoscritto al solo ambito dello sport, non ha eguali in termini di gravità.

Cosa sono le vittorie di Marco Pantani al Giro d'Italia e al Tour de France del 1998 di fronte a quel che è successo l'anno successivo, quando il "Pirata" venne squalificato per doping, iniziando quella parabola discendente che poi lo portò ad una precoce morte? Chi, oggi, in tutta coscienza, additerebbe Pantani come esempio positivo per i giovani che si avvicinano alla pratica del ciclismo?

Craxi potrà aver fatto anche diverse cose buone da statista, ma le colpe di cui si è macchiato pesano come un immenso macigno che non si può far finta di non vedere. Come ha spiegato benissimo il solito Luca-Telese-for-president, nuovamente ospite alla Zanzara di ieri, “non si può intitolare una via a Craxi perché era un amante di Garibaldi”. E' semplicemente umiliante.

Poi lo so benissimo che ci sono altre città dove vie e piazze dedicate a Craxi già esistono, e mi è chiaro che la Moratti può fare quel che vuole, dato che poi dovrà risponderne agli elettori. Mi sta bene tutto. Ma la banale sostanza delle cose non cambia: come ha spiegato meravigliosamente Massimo Gramellini sulla Stampa del 30 dicembre, “solo uno Stato barzelletta può rendere pubblico omaggio a un cittadino che lo stesso Stato aveva condannato in via definitiva al carcere”. Solo uno stato barzelletta, già. Il nostro.

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The Cranberries, "Zombie" (1994)




But you see, it's not me, it's not my family
In your head, in your head they are fighting
With their tanks and their bombs
And their bombs and their guns
In your head, in your head, they are crying

In your head, in your head
Zombie, zombie, zombie...

venerdì 1 gennaio 2010

Man of the year

[Piccola incursione nel blog, che comunque rimane in stand-by durante queste festività]


In riferimento al sondaggio proposto il 31 dicembre da Alessio Maurizi, conduttore supplente della Zanzara negli ultimi giorni del 2009, su chi sia stato il personaggio più significativo per quel che riguarda l'appena trascorso, la mia risposta non può che essere una sola: Gianfranco Fini.


Fini


Per motivare la scelta dovrei ripetere concetti che ho già espresso diverse volte (si veda ad esempio i post "A proposito di Fini" e "La destra dal volto umano"). Dopo una stagione interminabile di berlusconismo imperante, Fini è l'unico, - e sottilineo l'unico - soggetto dell'area politica cosiddetta "moderata" ad avere osato alzare la testa per far presente che un'altra destra è possibile. Scusate se è poco.

In tal senso, l'imperdibile articolo di Alessandro Campi, direttore del think tank finiano Farefuturo (peraltro ospite di Maurizi nei giorni scorsi), apparso sul Riformista del 30 dicembre, è emblematico, un raggio di luce in una notte senza luna. Ne cito un frammento a mio avviso memorabile, per quanto è lucido, uno di quelli che un Cruciani qualsiasi dovrebbe attaccare al monitor del PC come fosse un post-it, bene in vista, cosi da poterlo rileggere tutti i santi giorni.


Campi


Il tempo sarà galantuomo e generoso. Sì, ne sono straconvinto anch'io. E pertanto ribadisco: Gianfranco Fini Man of the Year. Paradossalmente, nonostante sia sulla breccia da almeno vent'anni, l'attuale presidente della Camera è il soggetto più nuovo, interessante e innovativo che il 2009 ci abbia regalato.

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U2, "New Year's Day" (1983)




All is quiet on New Year's Day
A world in white gets underway
I want to be with you
Be with you night and day
Nothing changes on New Year's Day
On New Year's Day

I will be with you again
I will be with you again...

mercoledì 23 dicembre 2009

Canto di Natale

Era un uomo senza scrupoli. La sua vita era basata sul potere e il successo. Finché un proiettile non lo costrinse a riflettere.

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Qualche giorno fa Giuseppe Cruciani, conversando in diretta con Luca Telese, ad un certo punto ha esclamato qualcosa del tipo “come sarebbe bello poter parlare di storia e non delle miserie quotidiane”. Ecco, ieri mentre ascoltavo le sciocchezze (opportunamente stigmatizzate dal conduttore della Zanzara) pronunciate da Maurizio Gasparri e da Francesco Barbato, talmente immani che non ho neanche voglia di riportarle (seguite i link se non sapete cosa hanno detto), ho avuto una reazione di nausea. Basta con queste miserie quotidiane. Basta. Da qui all'epifania non voglio più saperne. Almeno a Natale voglio sollevare la testa da questa puzzolente fanghiglia amorfa.

Stavo quasi per spegnere la radio quando, per nulla inattesa a dire il vero, è arrivata la notizia, letta in tempo reale dal Crux, del supremo perdono. Il sommo cavaliere, Silvio Berlusconi, nella sua infinita indulgenza, ha perdonato il suo attentatore. Non che il Tartaglia per questo eviterà la scure della giustizia terrena, sia chiaro, ma potrà farlo scevro dei sensi di colpa, e forte della grazia cristiana della vittima.


Canto di Natale


Ora, non prendetemi sul serio, perché non sono certo un allocco. Che sia tutta una mossa studiata dal premier e dal suo staff, frutto del desiderio di imprimere nell'immagine del premier un'aura di semi-divinità, benevola e candida, da vero leader del "partito dell'amore", incapace di provare rancore, lo capisce anche un ragazzino di prima media. Tuttavia, almeno fino a quando non sentirò Berlusconi tornare a sproloquiare le solite enormità, e a produrre nuovi strappi istituzionali conditi da qualche barzelletta greve, voglio dare un senso a questa atmosfera natalizia sforzandomi di pensare/sognare/illudermi, come farebbe un bambino che ancora crede a Babbo Natale, che da tutta questa storia di violenza e di follia possa uscirne qualcosa di buono: un premier con una personalità tutta nuova, un uomo diverso, un individuo incredulo del suo passato.

Un po' come capitava al personaggio interpretato da Harrison Ford nel film "A proposito di Henry" (sì, lo so che sarà la terza volta che cito questa pellicola. Ao', mi è piaciuta, nun me rompete), un avvocato cinico, insensibile, e senza scrupoli, che dopo essere stato ferito gravemente da un colpo di pistola si risveglia dal coma senza memoria, ma con un temperamento generoso e altruista, radicalmente diverso dal precedente. Una trama che, se volete, riecheggia la conversione e il pentimento del tirchio ed egoista Scrooge nel "Canto di Natale" di Charles Dickens.


A proposito di Henry


Sì, sì, siiiiiì, lo so benissimo che tutto ciò è solo una pia illusione. Ma, ripeto, è Natale. Lasciatemi fantasticare in libertà. Anzi, fatelo pure voi, che una piccola fuga dalla realtà, qualche volta, è assolutamente salutare.

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La storia di un uomo che aveva tutto, ma che trovò qualcosa di più.

(Slogan promozionale del film "A proposito di Henry". Idem per la frase ad inizio post)

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Ci rivediamo dopo l'Epifania, cari amici. A tutti voi, Buon Natale e Felice Anno Nuovo.

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Metallica, "The Unforgiven" (1991)




What I've felt
What I've known
Never shined through in what I've shown
Never free
Never me
So I dub thee unforgiven...

martedì 22 dicembre 2009

The day after tomorrow

Poche righe veloci oggi perché difficoltà logistiche mi limitano tempi e spazi.

L'unico tema politico minimamente nuovo trattato ieri alla Zanzara, anche se da un altro punto di vista è in realtà vecchio e stravecchio, è quello dell'inciucio, o compromesso, o come cavolo lo si vuole chiamare, tra PDL e PD per fare le riforme, tornato in auge a seguito a recenti dichiarazioni di Massimo D'Alema.

Sappiamo bene che Cruciani, pur essendo uno di quelli che non avrebbe niente da ridire se le riforme venissero fatte a colpi di maggioranza, vedrebbe di buon occhio un tale scenario, come ha lasciato trapelare anche ieri. Quel titolo "Forza inciucio" sparato a nove colonne dal Riformista di domenica 20 dicembre credo che lo rappresenti benissimo.

Io la penso diversamente. Credo che finché Berlusconi sarà sulla scena di riforme serie non se ne vedranno perché le controversie, sensate o insensate che siano (per me sono sensatissime), legate al dubbio che Berlusconi cambi le regole del gioco non nell'unico interesse del paese, ma perché influenzato in parte dai suoi interessi personali e in parte da quelle sue malcelate tendenze cesaristiche, non consentiranno mai, neppure alla più moderata delle opposizioni, di arrivare al dunque, alla meta finale, alla firma indelebile sul compromesso. Nessun inciucio si consumerà.

Questo, signori miei, è il vero motivo numero uno per cui ha senso auspicare che Berlusconi vada in pensione alle Bermuda (non in conseguenza di atti illegali o violenti) il più presto possibile. Finché ci sarà lui, non ci saranno riforme. Possiamo discutere se ciò sia gusto o sbagliato, ma è così.

Attenzione: non si sta dicendo che le riforme magicamente troveranno un tappeto rosso loro innanzi un minuto dopo l'uscita di scena di Berlusconi, perché non v'è alcuna certezza che sarà così. Si sta dicendo che con Berlusconi in campo il tappeto rosso non ci sarà mai. L'uscita di scena di Berlusconi, che non sembra in vista né oggi, né domani, ma solo in un metaforico e lontano dopodomani, rimane condizione necessaria, anche se non sufficiente, affinché l'Italia possa per lo meno ipotizzare di fare un balzo in avanti.

E' un po' come avere per casa un cagnolino, scelto liberamente nel negozio di animali, amato e adorato da tre quarti della famiglia, che però impedisce di andare in vacanza perché quel quarto rimanente della famiglia pensa, a torto o a regione, che la bestiola rovinerebbe il viaggio. Amen, non si va in vacanza.

Avete voluto Berlusconi, cari italiani? Amen. Niente riforme. Lo sapevate che era cosi. Lamentarsene ora è patetico.

(Eh no, Cruciani, non ho paragonato Berlusconi a un cane. Era solo una metafora.)


Day After Tomorrow

lunedì 21 dicembre 2009

Parole in libertà

Sorvolo sulla Zanzara di venerdì 18 dicembre perchè altro non è stata se non un riecheggiare delle polemiche susseguite all'aggressione contro Berlusconi: dove sono le radici dell'odio, chi fomenta maggiormente il clima di violenza, le origini dell'antiberlusconismo, eccetera, eccetera, eccetera.

Quel che avevo da dire in merito io l'ho già detto e francamente comincio ad averne un po' le scatole piene. Si è fatto e si continua a fare una speculazione politica mortificante su quello che è successo, un futile parlarsi addosso fumoso e fazioso, senza neanche degnarsi di aspettare l'esito dell'inchiesta che si è aperta da parte della magistratura e che sperabilmente getterà un po' di luce sul movente dello sciagurato attentatore Tartaglia.

Tutto quello che sappiamo con certezza è che un tizio ha scaravantato una statuetta sulla faccia del premier. Nient'altro. A chi ci ha ricamato sopra di tutto e di più, a chi ha cercato mandanti morali, a chi ha additato alla pubblica opinione i presunti seminatori di odio (suscitanto poi reazioni a loro volta esagerate, va detto), tra cui purtroppo devo annoverare il nostro Cruciani, io vorrei ricordare un caso emblematico: il 30 marzo 1981, il neo presidente degli stati uniti Ronald Reagan venne raggiunto da un colpo d'arma da fuoco esploso da un certo John Hinckley. Movente: far colpo sull'attrice Jodie Foster della quale Hinckley era invaghito. Tutto vero. Meditare, gente, meditare...

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Oggi vi propongo solo due cosucce da poco.

La prima. Offro dieci euro via Paypal a chiunque stasera entri in diretta e dica la seguente frase: “non ho mai conosciuto uno che leggesse Libero” (o il Giornale, o Panorama, o un qualunque altro organo di stampa afferibile all'area berlusconiana) “che non mi sembrasse un perfetto cretino”. Poi, se volete, fingete di edulcorare un po' la cosa aggiungendo un “so di sbagliarmi”, senza omettere però un bel “la ricerca continua”.

Perché?, vi chiederete... Perché no?, ribatto. Così, per divertimento, per sentire la reazione di Cruciani di fronte ad un asserzione di tale stampo. Non lo trovate divertente? No? Beh, Filippo Facci, una provocazione analoga l'ha trovata irresistibile (vedi finale del suo pezzo su Libero di sabato 19 dicembre).


Facci


Secondo spunto. Piccolo sondaggio: come vi ponete nei confronti delle parole decisamente pesanti che Marco Travaglio ha rivolto a Cruciani nell'editoriale di ieri sul Fatto?


Trav


Io seguo sempre con grande interesse i pezzi di Travaglio, ma quando penso che sbagli non mi faccio problemi a dirlo. E cosi è stavolta. Criticare si può e si deve, ma insultare senza mezze misure vuol dire solo recitare la parte dell'antieroe in occhiali scuri e giubbotto di pelle che come un carrarmato non si ferma davanti a nessuno. Il suo giornalismo al vetriolo non è molto più proficuo quando prende delle affermazioni altrui e le smonta pezzo per pezzo? Se lo fa così bene, perché, mannaggia, non si limita a fare quello?