lunedì 6 aprile 2009

Ogni creatura sulla terra quando muore è sola

Da due giorni avevo deciso che oggi avrei parlato di morte. Un brutto scherzo del destino ha fatto sì che il mio post esca in concomitanza con le sconvolgenti notizie delle decine di vite umane portate via dal terremoto in Abruzzo. Desidero esprimere la mia inutile ma sincera solidarietà a tutti coloro che in qualche modo sono coinvolti in questa tragedia.

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Della Zanzara di venerdì 3 aprile mi è rimasto impresso il momento in cui Giuseppe Cruciani ha letto alcuni stralci di un articolo tratto dal Secolo XIX del giorno stesso.

Il tema dell'articolo era il suicidio assistito, che in un paese molto vicino a noi, la Svizzera, è legale da alcuni anni, pur non essendo praticato in strutture pubbliche, ma solo da organizzazioni private, tra cui la Dignitas. La differenza tra suicidio assistito e eutanasia è piuttosto sottile, e si traduce nel semplice fatto che il gesto finale che porta al trapasso (di norma l'assunzione di un barbiturico) è compiuto autonomamente dal paziente. In realtà, essendoci una collaborazione preliminare da parte dell'accompagnatore nel rendere disponibile il barbiturico, la differenza di cui sopra è più che altro solo formale.

Se l'ammissibilità giuridica del suicidio assistito potrebbe essere già di per sé argomento per un ampio dibattito, i dubbi di natura etica schizzano all'estremo quando si viene a sapere che a chiedere di morire non sono solo persone molto malate, in preda ad atroci dolori fisici, ma anche persone clinicamente sane. L'articolo del Secolo XIX citato da Cruciani introduceva proprio questo aspetto, richiamando il caso di due coniugi canadesi che vorrebbero entrambi ricorrere ai servigi della Dignitas, con la particolarità che ad essere gravamente malato è solo il marito. La moglie, invece, è sana, ma ciononostante desidera assolutamente morire insieme al marito.

C'è “un salto di qualità”, ha osservato Cruciani, tale da far dubitare che l'esistenza di organizzazioni come la Dignitas possa essere tollerata. La conclusione a cui è arrivato il conduttore della Zanzara è che ad organizzazioni come la Dignitas non dovrebbe essere concesso di operare legalmente.

Per quanto eticamente complessa sia la questione, alla fine la domanda fondamentale che sta alla base di tutto è una sola: esiste un diritto di morire? In altri termini: al di là dei malati terminali, è facoltà di una persona darsi la morte?

Non esiste una risposta oggettiva e definitiva a questa domanda. Ognuno, soggettivamente, può esprimere la propria posizione sulla base dei propri principi etici, della propria fede religiosa, e più in generare del proprio modo di percepire il concetto di esistenza. Io, senza pretesa di voler convincere alcuno, penso che disporre della propria vita voglia dire anche disporre della propria morte.

Provo a spiegarmi meglio. Quando leggo la notizia relativa ad un suicidio, la mia reazione è di solito abbastanza fredda. Provo dispiacere, naturalmente, ma non vado oltre. Non analizzo, non scavo. Non condanno il gesto, né lo esalto. Insomma, non giudico. Non giudico perché non so, e perché credo che in questi casi la forma più alta di rispetto stia nel silenzio.

Io non ho idea di come operi la Dignitas di preciso. Voglio sperare che tale organizzazione non istighi in alcun modo al suicidio, che non faccia nulla per procacciarsi i "clienti", e che prima di accettare un caso faccia partecipare l'aspirante suicida a consulti psichiatrici qualificati. Per intendersi, voglio sperare che il ragazzo triste perché è stato mollato dalla fidanzata il giorno prima non venga neanche preso in considerazione.

Ciò premesso, io penso che di fronte ad una determinazione a morire costante, durevole, risoluta ed irrevocabile, ad un certo punto bisogna prendere atto di quella che è una scelta libera e ponderata, da non contrastare ulteriormente, ma da accettare e rispettare.

In tali estreme circostanze, dove la morte viene percepita come unico possibile sviluppo di un'esistenza, non trovo che ci sia nulla di malvagio nel dare sollievo a chi soffre così tanto dal ritenere insopportabile la permanenza in vita. Quando morire è l'unica via d'uscita, che almeno non si muoia soli.

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Il titolo del post di oggi, "Ogni creatura sulla terra quando muore è sola", è una frase che viene pronunciata nel film "Donnie Darko" (2001). Qui di seguito trovare la scena finale del film, accompagnata da una canzone incantevole: “Mad World”. Si tratta di una splendida reinterpretazione (2001) in chiave acustica, ad opera di Gary Jules, di un vecchio pezzo (1983) originariamente scritto, con arrangiamenti discotecari, dai Tears For Fears.




And I find it kind of funny
I find it kind of sad
The dreams in which I'm dying
Are the best I've ever had


3 commenti:

winston ha detto...

non potrebbe essere argomentato meglio il punto di vista laico sull'eutanasia.
aggiungo solo che quando nella visione cattolica si vuole negare il diritto alla morte c'è la volontè ferrea di limitare il "libero arbitrio" dell'individuo. e questo uno Stato laico non dovrebbe mai permetterlo.

Anonimo ha detto...

FINALMENTE UN BEL LEGGERE... complimenti con queste basi penso che si possa creare la legge perfetta per ogni nazione del mondo. 6 grande.!! ;))

Paolo il serio ha detto...

Buongiorno,
post molto bello e profondo. Ho idee più confuse delle tue in materia, fermo restando che ritengo che ognuno debba porter disporre della propria vita e della propria morte.
Le mie opinioni si confondono prevalentemente su due aspetti: ritengo doveroso adempiere nel migliore dei modi alle volontà di una persona che non possa più farlo autonomamente e per lo stretto indispensabile, trovo molto diversa la situazione di chi invece potrebbe farlo da solo.
Non credo infine che si possa permettere che le organizzazioni che gestiscono queste cose possano farlo a scopo di lucro (l'idea mi è talmente aliena che trovo più inconcepibile che incredibile la convinzione opposta espressa da Cruciani): trovo addirittura inopportuno che si creino strutture apposite, proprio per il rischio che queste, all'atto pratico, tendano ad autogiustificarsi e ad autoalimentarsi.

Saluti

Paolo il serio