lunedì 2 agosto 2010

Nell'adempimento del proprio dovere

Ho un immenso rispetto per il tono commosso (audio qui di seguito) con cui Oscar Giannino, durante la sua trasmissione mattutina di venerdì scorso, ha voluto rendere omaggio al maresciallo Mauro Gigli, che il barbuto conduttore di Radio 24 conosceva personalmente, caduto in Afghanistan nell'adempimento del proprio dovere.



Il cinismo proprio di chi, con nonchalance, enuncia profondi concetti quali “E' la guerra, bellezza, e in guerra si muore. E' normale che succeda”, non mi appartiene. Sarò un debole, sarò ipersensibile, sarò persino ipocrita, ma ritengo che frasi del genere, anche quando sono vere, non andrebbero mai pronunciate ad alta voce. E' una questione di rispetto, di ossequio per chi è non c'è più e per chi è rimasto a piangerne la dipartita. Piuttosto che dar vita ad una simile dimostrazione di autoimposta impassibilità, viva la voce rotta dall'emozione, ma al contempo composta e austera, con cui Giannino ha omaggiato il suo amico.

E tuttavia c'è un tarlo che mi rode del quale ho bisogno di liberarmi, anche a costo di dimostrare tutta la mia umana incoerenza nel momento in cui mi accingo ad esprimere proprio uno di quei concetti che, come ho scritto poco fa, sarebbe meglio tenersi dentro in situazioni come queste. Devo dirlo. Lo dico.

Quando vedo una foto come questa, scattata ai funerali di stato dei militari caduti, con il figlio minore del maresciallo Gigli, Mauro, di sette anni, consolato dal presidente Napolitano, ...


Gigli Funerale


...quando vedo un bimbo di sette anni piangere disperato per la perdita del papà, non posso fare a meno di chiedermi quale sia il "dovere" principale al quale l'uomo Gigli, prima ancora del soldato Gigli, doveva adempiere.

Per me, il primo obbligo di un individuo è sempre verso i propri figli, a maggior ragione se in tenerà età. Non c'è patria, non c'è causa, non c'è ideale, non c'è missione-per-conto-di-dio che possa valere più della presenza costante della figura del padre nella realtà di un bimbo di sette anni.

Chi, pur essendo padre, mette scientemente a repentaglio la propria vita, non importa se partecipando da volontario a missioni militari dall'altissimo tasso di pericolosità, o più banalmente praticando sport estremi o comunque rischiosi, sarà anche un coraggioso, un temerario, un audace, ma per quel che mi riguarda è, prima di tutto, uno sconsiderato ed un irresponsabile.

E ora sputatemi pure addosso, se vi pare.

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Enzo Jannacci, "La sera che partì mio padre" (1968)




La sera che partì mio padre
noi s'era alla finestra a guardare
guardare per vederlo andare
neanche tanto lontano
e non muovere neanche una mano

La sera che partì mio padre
non c'erano canzoni da ascoltare
perché la radio continuava a parlare
e mio padre andava per non tornare più

La sera che partì soldato
gli dissero di non sparare
che era solo roba di leva militare
bastava soltanto dire: "altolà!"

La sera che arrivò mia madre
che lo vide bianco senza più respirare
aveva in mano il telegramma
medaglia d'oro per l'altolà

La sera che partirò anch'io
io spero solo che sia Natale
perché a Natale stanno tutti a casa
a mangiare, bere, ascoltarsi, parlare

La sera che me ne andrò via
diranno che dovevo andare
diranno che non vado poi a star male
ma io so già che non si sta così


15 commenti:

x ha detto...

E' la stessa storia ogni volta.

Piu' o meno da Nassirya in qua e io non riesco a considerarli eroi, mi dipiace tanto.
E non voglio vie, nè scuole a loro intitolate, nè medaglie, nè premi alla memoria e soprattutto detesto sentire figli che nel lutto dichiarano di voler partire a fare quello stessp che ha dato la morte al genitore!

Il dovere di un padre che mette al mondo un figlio che non chiede di nascere è la sua famiglia.
Oltretutto dovendo scegliere tra restare a casa ed un "lavoro" ingiustificabilmente rischioso, e per questo lautamente ricompensato, come quello di portare la democrazia a popoli che devono anzitutto maturare da sè il desiderio della convivenza civile e dunque lottare contro il terrorismo per il proprio paese.

Mi unisco quindi ad Authan, prendete la mira, il bersaglio è piu' grande adesso.

B ha detto...

Pur non conoscendo nel dettaglio la situazione specifica di cui parliamo scelgo di far la cosa sbagliata, cioè dire la mia.
Potrebbe essere che quel padre fosse in missione proprio per il figlio, cioè per garantire la sussitenza alla propria famiglia. Potrebbe essere che non avesse altro modo di farlo?
Non lo so, è solo un'ipotesi; è che non mi sento di giudicare questa situazione.

Vorlander ha detto...

Il cinismo di Cruciani (link che ha riportato Authan), sarà pure odioso, soprattutto perché quelle parole sono state dette a caldo, quando i militari erano appena morti, però... e però lo stesso cinismo nasconde una fredda realtà: se accetti di andare in guerra, sai che la morte è dietro l'angolo, e questo se lo devono ficcare in testa anche quelle migliaia di ragazzi che vi prendono parte solamente per ragioni pecuniarie. Ecco, questo mio pensiero credo possa fare un po' da pendant con quello di Authan, quando parla dei papà che DECIDONO di andare in guerra. Sono anch'io molto commosso per la morte del militare, ma sono d'accordo: è un atto di irresponsabilità.
A costo di sembrare una persona deplorevole, aggiungo che non escludo affatto che il fanatismo sia molto presente nell'esercito (così come nelle forze dell'ordine), e questo possa essere così forte in certi soggetti da trasformarsi in un senso di invincibilità che porta fino al limite della convinzione dell'assenza di rischi, malgrado le numerose perdite subite dimostrino il contrario.

winston ha detto...

non c'è oggi la percentuale del tasso di demagogia, che toccherebe il picco massimo del 100%.

Non sono d'accordo in nulla con il post di oggi. O meglio, potrei essere d'accordo sul piano personale ma sono faccende talmente grandi su cui, secondo me, si può ragionare solo a carattere generale.

"E' la guerra, bellezza, e in guerra si muore. E' normale che succeda", potrà essere cinico ma è drammaticamente vero.
Io mi rompo per il sentimento di commozione che bisogna provare ogni qual volta muore un italiano, in qualsiasi parte del mondo e per qualisasi causa.
Mi posso commuovere, come Oscar Giannino, se fosse un mio conoscente a mancare... ma non posso da esulare dal discorso cinico del "è la guerra bellezza..." in tutti gli altri casi, perchè ogni giorno proprio in quella guerra muoiono civili innocenti per i quali, mi sembra, almeno qui in Italia non piangono in troppi. E non vedo perchè devo commuovermi se a morire è un soldato italiano, anzi... semmai mi commuovo di più se a morire è un povero cristo che lì c'è nato e per questo motivo non ha avuto nè scampo nè via di fuga.

Riguardo al discorso dei figli... posso essere d'accordo personalmente, però chi siamo io o te Authan, per dire che la vicinanza ad un figlio sia il bene supremo?
Qualcuno ha già scritto che magari Mauro Gigli era lì per mantenerlo quel figlio, e io posso aggiungere che magari era lì perchè convinto che fosse l'unico modo per dare un futuro di serenità a quel figlio e a tanti figli non suoi ma di genitori afgani (l'impero del male, etc. etc.).
Giudicare il perchè di una scelta, senza conoscerla nel dettaglio ma soltanto per ragionamento generale di quello che è giusto o sbagliato mi sembra davvero una cosa assura.

Saluti

Pale ha detto...

In effetti il discorso è amaro e non se ne può parlare a cuor leggero. Io non direi mai "È la guerra, bellezza". O almeno non direi mai "bellezza" con quell'atteggiamento di chi ne sa tanto (me lo farei dire solo da un partigiano).

Eppure, pensare che in guerra non si muoia mi sembra un solenne prendersi in giro. Perchè la guerra è l'apoteosi della violenza fra esseri umani. È inaccettabile che civili muoiano, eppure succede. Che muoia un soldato, ossia il carattere prncipale della storia, beh, purtroppo ci sta. Altrimenti i rappresentanti economici, politici e religiosi risolverebbero le dispute giocando a scacchi, no?

Come dice Winston, il commuoversi lo lascio rispettosamente a chi conosceva quel soldato, come il commovente saluto di O.G.

Piuttosto io mi chiedo. A cosa è servita la sua morte?
I funerali di Stato sono una bella quanto inutile cosa. Se siamo convinti che una guerra sia giusta, allora ne dobbiamo sopportare le dure conseguenze. Se non siamo convinti, però, invece di andare solo al funerale e poi pensare che tutto sia a posto, andiamo a farci sentire là dove la decisione di entrare in guerra fu presa.

Ed il mio ragionamento si applica ad ogni guerra, e per ogni caduto.

francesco.caroselli ha detto...

Bello il tuo post Authan.
Sinceramente la guerra è giustificabile solo quando
bisogna difendere i proprio figli, la propria famiglia.
Invece questa guerra in Afganistan (ma anche quella in Iraq) non le riesco a capire. (ma questo si che sarebbe proprio off-topic)
Sulla foto che hai allegato di Napolitano mi viene solo da commentare che io non sarei capace di fare quella carezza. Vi giuro.

Sulla puntata di ora:
Sono felice di pensarla come "il più grande scrittore italiano vivente", Busi : o Gianfranco Fini o Luigi De Magistris.
Perchè non facciamo tutti un coming out? "endorsement" per tutti? che ne dite?

Sulla domanda di Cruciani in trasmissione alla Serracchiani: "cose ne pensate degli articoli del "Giornale" sulla casa di Montecarlo di Fini?"
Io non lo so, ma mi sembra la solita storia della pagliuzza della trave.

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Stamattina la puntata di Nove in punto ha fatto proprio schifo. Pansa ha la profondità d'analisi di una pozzanghera...
L'unico momento di vitalità è stato il richiamo al pericolo di terrorismo.
E Giannino gli stà pure dietro.
Anzi, rincara la dose.
Ma per loro il terrorismo è SOLO rosso. (Giannino: "...e con certe parti del sindacato escluso dalle trattative....").
Vergognosi.

Sono felice che tu abbia riproposto un audio di Giannino cosi non sono nemmeno troppo fuori tema.

Se volete incazzarvi sentitevi pure il podcast.

francesco.caroselli ha detto...

Cruciani-pensiero sulle intercettazioni:

le intercettazioni sono immorali.
Sono immorali perchè gli intercettati non potevano pensare che quelle parole sarebbero poi diventate di dominio pubblico. Quando si valuta un uomo politico le intercettazioni SE NON HANNO UNA VALIDITA' GIUDIZIARIA non vanno considerate.
E come se non le avessimo mai sentite.

Questo è una sintesi non autorizzata del Crux-pensiero, altrimenti non si capisce come mai difficilmente e ce ne fa sentire.

Invece oggi è già 3-4 volte che ci fa sentire la voce di Grillo "captata" con il raggiro.

Scusa Cruciani quella voce di Grillo in cui il comico genovese la snobba ha valenza giudiziaria?

Altro doppiopesismo:
Avete notato come è insistente sulla casa di Fini?
Meraviglioso, come sputtanare anni e anni di negazione ogni approfondimento giornalistico...
ma quando si tratta di andare a traino di un'inchiesta di un giornale amico le cose invece cambiano?

francesco.caroselli ha detto...

Da Libero di Oggi:

La Shoah è stata roba di sinistra come lo è il divieto di fumare nei locali pubblici. [...] Diciamolo: c'è un nesso tra l'odio per ebrei e l'odio per i fumatori. HItler e Mussolini odiavano il fumo. E non per niente quelli che vogliono tramite lo Stato vietare ai cittadini il loro diritto di fumare, bere, mangiare il grasso, ecc., vengono definiti in America "health fascists", cioè: fascisti del salutismo. Da fumatore, ad esempio, io sono costretto ormai a vivere da cittadino di seconda classe per strada anche quando nevica come un cane randagio. Mi manca solo la stella gialla.

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Ecco Il Fatto Quotidiano è il mattinale delle procure.
Ma Libero non lo userei nemmeno per pulire il c**o al mio cane.

Gabriele, Monza ha detto...

Caro Authan,

non credo di riuscire a condividere in pieno il tuo pensiero, stavolta.

Quando muore un soldato, un poliziotto o un vigile del fuoco, il mio primo pensiero e' per i loro figli, spesso coetanei dei miei.

I loro papà svolgevano professioni pericolose, che tolgono dagli impicci noi - semplici impiegati o dirigenti, artisti o ragionieri, medici o insegnanti -, esentandoci da missioni senza ritorno.

Come faccio, io, a ritenerli degli sconsiderati? No, non posso.

Penso piuttosto che siano persone meno fortunate, che non hanno avuto "pari opportunità".

Eh sí, perché in questo paese di merda le pari opportunità si comprano, occorre solo essere dei Balducci, Anemone, Scajola, Verdini, Carboni, Gelli.
Ne ho dimenticato uno?

Clem ha detto...

Gabriele, tra un poliziotto o vigile del fuoco e un soldato volontario in missione "di pace" all'estero corre parecchia differenza, direi che cambia proprio la fondazione del ragionamento di Authan. Hai ragione, riguardo alle categorie che hai citato a dire che ci tolgono dagli impicci (in senso lato. in senso stretto nella mia esperienza personale i poliziotti sono boh, quelli che mettono le multe). Invece un soldato in Afghanistan a me personalmente cambia poco la vita. Non so, abbastanza d'accordo con quel che scrivi ma direi che e' proprio tutto un altro gioco.

Authan ha detto...

Boyz, ogni tanto dovete concedermi un post 100% emotività e 0% logica. Molto alla Bones e per nulla alla Spock, per chi coglie il riferimento.

Volutamente non ho messo la riga finale sul tasso di demagogia, perché questo post era speciale, diverso, frutto di sentimento e non di ragionamento. Un grido non di odio ma di rabbia, che solo con estrema difficoltà sono riuscito a tradurre in parole.

Ho letto e apprezzato moltissimo i commenti che mi avete lasciato, sia quelli favorevoli che quelli contrari al senso del mio testo. Ho assimilato le opinioni di tutti, nessuno escluso. Vi ringrazio molto per aver messo in circolo i vostri pensieri su un tema così particolare, che per una volta esulava dalle miserie quotidiane della politica.

Unknown ha detto...

Authan, il tuo è un nobile pensiero.
Forse dovremmo trovarci nella situazione specifica per valutare il nostro comportamento.

Non fa differenza, secondo me, se si parla di poliziotti o soldati o vigili del fuoco, chiunque fa un mestiere cosi' pericoloso lo fa perchè ci crede.
Sono certo che chi ha fatto una tale scelta di vita è assolutamente da rispettare, probabilmente in costoro ha prevalso il ragionamento sull'emotività.
Il ragionamento si potrebbe espandere includendo pubblici ministeri o magistrati che lottano contro la mafia, per esempio.

Io credo, ma dovrei trovarmici per capire cosa farei, che a volte ci sono alcuni buoni motivi (pochi), di importanza collettiva, che potrebbero spingermi a rischiare di lasciare mia figlia senza un papà.

Ciao, Bernard.

Unknown ha detto...

Ha detto bene: certe cose sarebbe meglio tenersele per sé.
In situazioni come queste è facile essere incoerenti, soprattutto quando si sta' dall'altra parte della barricata, quella di chi guarda,critica e giudica anche il dolore degli altri.
Io non Le sputo addosso; la sentenza l'ha già sputata Lei, sputando addosso alla memoria dell'uomo Gigli a cui tutta l'Italia ha reso omaggio. L'uomo Gigli era un impasto inscindibile di soldato, marito, padre, figlio, fratello e amico che in tutto ciò conciliava ogni proprio dovere e responsabilità senza mai, dico MAI, trascurare nessuno di questi buoni ingredienti.
Ma capire veramente le profonde ragioni che spingono un uomo cosiffatto ad adoperarsi così tanto e con così tanto amore e coraggio da mettere a coscientemente a repentaglio la propria vita per salvare quella degli altri, non è cosa facile.
Esiste una terribile e inguaribile malattia che si chiama ignoranza di cuore; chi ne è colpito non può capire.
Le auguro un miracolo.
E nel frattempo goda pure di questo Suo misero coraggio per aver avuto l'ardire di scrivere la Sua costi-quel-che-costi, e in un momento così delicato.
L'uomo Gigli è già stato fatto a pezzi. Si risparmi ulteriori commenti soprattutto se non ha avuto mai il privilegio di conoscerlo. La cognata di Mauro.

Authan ha detto...

Gentile signora,

la ringrazio molto per la sua testimonianza. Mi spiaccio della pessima opinione che si è fatta di me, ma capisco le ragioni per cui ciò è successo. Incasso la sua reprimenda come un pugile suonato e torno a capo chino nel mio angolo.

Mi lasci solo chiarire che non era nelle mie intenzioni mancare di rispetto nei confronti del dolore provocato della sua famiglia. Se è successo, e credo sia successo, me ne scuso. Ho grande ammirazione per il coraggio del maresciallo Gigli nel suo ruolo di militare e ne piango la dipartita. Non godo di nulla, nel modo più assoluto. Da padre, però, avrei fatto scelte diverse, per le ragioni che ho spiegato.

Mi disprezzi pure per i miei pensieri, forse me lo merito. Ma sono i miei pensieri, spontanei, puri, dettati non da odio, ma dall'amore paterno.

La saluto e la ringrazio ancora.

Gabriele, Monza ha detto...

Caro Authan,

il tema che hai affrontato e' ancora caldo e tocca sensibilita' scosse dal dolore.

E' difficile parlare di questi temi senza suscitare reazioni forti.

Per darti un ulteriore esempio su come certe scelte in realta' siano non-scelte ti racconto il caso di un poliziotto che una volta mi disse: "io, uomo del sud, nella vita avevo due opzioni, fare la guardia oppure il ladro. Aver scelto la prima e' stato un puro caso".

Questo per dire che spesso le persone si trovano di fronte ad un bivio, alla fine del quale puo' esservi lo stesso tragico destino.

Non e' questione di cuore ne' di cervello. Si tratta di Liberta', un uomo e' libero quando non e' sempre costretto d un bivio.