venerdì 18 dicembre 2009

La lettera scarlatta

E' ufficiale: Curzio Maltese è il nuovo nemico numero uno di Cruciani, tra i colleghi opinionisti, e d'ora in poi ogni suo articolo, ogni sua comparsata in TV sarà messa sotto il microscopio dal conduttore della Zanzara. Va detto che tutta questa attenzione nasce non solo dalla disapprovazione per i ragionamenti proposti dal giornalista di Repubblica, ma anche dal risentimento per l'accusa pubblica rivolta da Maltese a Crux nel suo ultimo libro, di essere un “berlusconiano”. Il conduttore della Zanzara ha un po' il dente avvelenato. Ma veniamo alla critica di ieri: “Maltese non può sostenere che Fabrizio Cicchitto, in quanto ex iscritto alla P2, farebbe meglio, per coerenza, a non parlare di violenza nella politica. Essere stati iscritti alla P2 non può diventare un marchio d'infamia” ha tuonato Cruciani.

Nel merito, è una considerazione che, in riferimento al caso specifico di Cicchitto, il quale ha abiurato la sua affiliazione alla loggia massonica di Licio Gelli, trovo condivisibile. Per "altri" che, invece, hanno sempre fatto un po' gli gnorri su questo tema, beh, una piccola lettera scarlatta mi riesce difficile non vederla stampata non sul petto ma in fronte. Mi spiace, ma per quel che mi riguarda è così.

Detto ciò, e dopo aver puntualizzato che, indipendentemente dalla P2, la mia disistima per Cicchitto rimane totale, specie dopo quel che ha detto alla Camera qualche giorno fa, vorrei permettermi di consigliare a Cruciani di non farsi tentare dalla voglia di usare il suo microfono come un metaforico randello per prendersi qualche piccola soddisfazione personale, perché non è proprio il caso. Su, su, sia superiore.

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Dopo un certo numero di scontri dialettici, sereni ma decisi, ieri Giuseppe Cruciani e Luca Telese sono tornati a recitare il ruolo degli amiconi che si bevono la birra insieme al bar, con rutto libero.

E' stato facile. Dopo qualche edulcoratissimo reciproco distinguo sul tema della P2 (Crux: “essere stati iscritti alla P2 non significa nulla”; Telese: “Però la P2 non era un club di bocce”; inutile dire che per me ha ragione Telese-for-president), i due amigos sono passati ad un argomento su cui la pensavano allo stesso modo, e cioè la stupefacente dichiarazione del presidente del Senato Renato Schifani secondo il quale gli estremismi su Facebook sarebbero più pericolosi di quelli degli anni '70 (Crux: “ridicolo”; Telese: “Schifani è ubriaco”).

Sono stati sei-sette minuti di puro cabaret, conditi comunque da qualche riflessione interessante sull'assurdità dell'ipotesi di oscuramento di siti web "estremisti". Ciononostante, continuo a prediligere le volte in cui i due amigos si rintuzzano a vicenda, rispetto a quelle in cui tubano come due piccioncini.


Scarlet Letter


E sì, certo, l'ho sentito l'elogio in diretta all'Anti-Zanzara (audio). Ringrazio, naturalmente, anche se io l'opinione che del blog è stata espressa ieri dal conduttore e da Telese già la conoscevo. Spero solo che coloro che hanno sempre male interpretato il concetto del blog, magari basandosi unicamente sul fatto che il suo nome contiene il prefisso "anti", e senza mai averne letto il manifesto, si rendano finalmente conto di cosa si sta cercando di fare qui. Un po' di esegesi del Crux-pensiero, un po' di analisi, un po' di contro-commento, senza troppe pretese. Un piccolo scoglio che magari, come cantava qualcuno (no, non Bonaiuti...), non potrà arginare il mare, ma che può fungere da approdo per chi si trova in balia di certe onde.

E' tutto. Vado sul solito cubo a farmi una macarena. Ciao...

giovedì 17 dicembre 2009

La teoria del tiranno

Che Giuseppe Cruciani abbia sentito l'esigenza di dedicare, alla Zanzara di ieri, moltissimo spazio all'inverosimile teoria in base alla quale l'aggressione alla quale l'aggressione a Berlusconi sarebbe una gigantesca montatura mi fa un po' specie, visto che, a parte Gianni Vattimo, di cui conosciamo le varie stravagenze intellettuali, nessun esponente politico, nessun opinionista, nessuno organo di stampa dà il benché minimo credito a questi teoremi da romanzo d'azione.

Quindi, qual era il punto? Che cosa voleva dimostrare il Crux? Lo sappiamo benissimo che c'è gente che pensa che l'11 settembre sia tutta una montatura, o che l'uomo non sia mai andato sulla Luna, o che giornalmente degli aerei diffondano "scie chimiche" per avvelenare la popolazione. Sono i complottisti di professione alla ricerca spasmodica di attenzione. A che pro dar loro soddisfazione? Lasciamo che si divertano, diamo un'alzatina di occhi al cielo, stendiamo un velo pietoso, e passiamo oltre. No?

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Negli ultimi giorni diversi editorialisti hanno sollevato quella che da qui in giù chiamerò "la teoria del tiranno", cioè il concetto in base al quale chi addita un leader come tiranno apre la strada al tirannicidio: il primo è stato Antonio Polito sul Riformista, seguito poi da Marcello Veneziani sul Giornale e dal ieri osannatissimo (com'era prevedibile) Luca Ricolfi sulla Stampa, sebbene il copyright sulla teoria del tiranno vada comunque assegnato al nostro Cruciani, visto che questi esprime lo stesso concetto già da parecchio tempo.

Con la teoria del tiranno si propone la tesi che un'aggressione o un attentato abbia responsabilità indirette in chi derubrica un legittimo avversario in "figura da abbattere" (che poi Cruciani dica di non apprezzare il concetto di mandante morale mi fa ridere, visto che nei fatti tale concetto lo fa suo eccome).

E' il caso di fare qualche osservazione su questo discorso. La teoria del tiranno, finché si rimane su un piano astratto, filosofico, dottrinale, fila liscia. Ma nel momento in cui si passa al piano del concreto, l'idea che nell'anno del signore 2009 una persona in possesso delle proprie facoltà mentali, abitante in una nazione dove vige una democrazia liberale, possa coscientemente decidere di attentare alla vita di un leader politico dopo aver inteso alla lettera le parole di chi sostiene (come metafora, come paradosso, come insulto, come voluta esagerazione) che tale leader è un tiranno, secondo me è totalmente irrealistica.

Se invece parliamo di persone psicolabili, beh, le cause di eventuali loro comportamenti aggressivi vanno cercate nei loro neuroni interrotti, perché ricostruire possibili catene causa/effetto in questi casi è impossibile.

Ma così, per gioco, prendiamo per buona la teoria del tiranno e vediamo cosa succede sostituendo la parola "tiranno" con "mostro", o "bestia", "assassino" o "stupratore", "babau", e vediamo cosa succede.

Pensiamo ad un cittadino che tutti i giorni, per mesi e mesi, ascolta sul TG5 e su Studio Aperto notizie di stupri, omicidi, rapine, violenze operate da immigrati. Mai una volta che siano gli italiani a delinquere, sono sempre gli stranieri. Poi sui quotidiani ogni giorno legge interviste di esponenti politici destrorsi e leghisti che associano continuamente l'insicurezza con l'immigrazione. Poi su Radio Padania sente quotidianamente che gli immigrati portano criminalità, malattie, disoccupazione, e che bisogna cacciarli, emarginarli, “ammazzarli” (lo disse una volta Piergianni Prosperini), “distruggerli” (Giancarlo Gentilini) . Finché un giorno un ragazzo di colore prova a rubargli dei biscotti dal negozio e lui lo prende a bastonate. Ebbene, applicando la "teoria del tiranno babau", perché non dovrei credere che ogni aggessione contro un immigrato non sia da imputare indirettamente a TG5, Studio Aperto, Radio Padania, e al centrodestra?

Magari molti mi diranno "infatti è così". Io invece non lo penso affatto (la xenofobia esiste indipendentemente da Tg5, Studio Aperto, Radio Padania e dalla politica), e di sicuro non lo pensa neppure Cruciani. Quindi mi chiedo: non c'è contraddizione tra l'avallare la teoria del tiranno e non la teoria del babau?

Oh sì che c'è. Ed è pure bella grossa.

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Ma chi è il tiranno? Ce lo dice Paolo Rossi, da "Parla con me" :-)




mercoledì 16 dicembre 2009

Il paese dei pugili guerci

Chiunque abbia ascoltato sia la Zanzara di lunedì che quella di ieri non può non aver percepito, in quest'ultima, un leggero smussamento nelle valutazioni di Giuseppe Cruciani sul presunto humus da cui sarebbe scaturito il gesto violento contro Berlusconi. Non che Crux abbia cambiato idea, sia chiaro. Però ieri ha sentito l'esigenza di prendere esplicitamente le distanze dallo sconcertante j'accuse di Fabrizio Cicchitto alla Camera contro i presunti mandanti morali dell'aggressione a Berlusconi, individuati nel gruppo Repubblica, nel Fatto Quotidiano, nel “terrorista mediatico Travaglio” , in Santoro e nel partito dell'Italia dei Valori.

Ebbene, a questo punto, però, credo che Cruciani farebbe bene a riannodare un po' i fili del suo pensiero, perché c'è qualcosa che non torna nei suoi ragionamenti. Se pensa che la violenza contro il premier sia figlia del clima d'odio (Crux: “Non sono sorpreso di quanto avvenuto a Milano”) e se ritiene che Di Pietro con i suoi riferimenti al Berlusconi "dittatore" abbia contributo a fomentare tale clima (Crux: “I dittatori vanno abbattuti con la forza”), la conclusione del sillogismo è la stessa a cui giunge Cicchitto. Quindi perché dissociarsene, se nella sostanza la si pensa allo stesso modo?

Una risposta a questa domanda non ce l'ho. Forse manca un po' di coraggio delle proprie idee, forse non si vuole apparire troppo di parte, o forse non si è poi così convinti di essere nel giusto. Non so, e in fondo di mettermi a psicanalizzare Cruciani francamente non è che poi ne abbia tutta 'sta voglia.

Il punto che secondo me Cruciani manca è questo. Che molte esternazioni di Di Pietro (Berlusconi come Videla, mafioso, fascista, ecc. ecc.) siano da stigmatizzare è giustissimo. Ma lo sono non perché tali esternazioni possano essere foriere di un inesistente clima violento da anni '70 (a questo proposito consiglio la lettura di un significativo post di Vittorio Zucconi sul suo blog), ma più banalmente perché la radicalizzazione estrema dello scontro politico (fomentata non dal solo Di Pietro, peraltro, visto che pure Berlusconi ci ha messo del suo, e alla grande, così come altri) impedisce un sereno dibattito tra le forze parlamentari, rende molto più accidentata la strada delle riforme e in ultima analisi danneggia e pone in stallo il paese. Stop. Il salto logico che porta a parlare del clima d'odio foriero di violenza è un'interpretazione soggettiva, opinabile, faziosa, catastrofista, nonché assolutamente non avallata da alcuna prova.

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Il mio contributo per oggi finirebbe qua, ma urge un'appendice. La commentatrice Francesca ha richiamato la mia attenzione su un articolo di Luca Ricolfi, apparso sulla Stampa di oggi, dove si critica l'antiberlusconismo viscerale e pregiudiziale, e si invoca un esame di coscienza, cosa che sicuramente farà gongolare il nostro Cruciani (toto-Zanzara: Ricolfi ospite, o, come minimo, lettura integrale o quasi del suo pezzo).

Che dire… Il pezzo è molto interessante e non è facile farselo scivolare addosso. Io non credo di rientrare in quel 5% di italiani (stima inclusa nel summenzionato articolo) visceralmente ostile al cavaliere e quindi non ritengo di avere alcun mea culpa da recitare (ammesso e non concesso che ci siano ragioni per farlo), e pur trovando condivisibili molte delle considerazioni di Ricolfi penso che qualche puntualizzazione sia necessaria. Ci torneremo magari domani, se, come credo, il sociologo torinese sarà la star della serata.

Quanto sopra doveva essere semplicemente un "cappello" al post vero e proprio, che oggi è ad opera di Paolo. Invece mi sono dilungato... Amen. Però ora mi metto nell'angolino e lascio la parola appunto a Paolo, che ci delizia col suo solito stile brillante e istrionico.

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[Da qui in giù il testo è a firma di Paolo]

Buongiorno.

Il coach mi raccomanda di gestire il match sino alla fine. Al gong gli lascio il centro del ring, cercando di tenere la distanza e di non farmi bloccare agli angoli. Accorcia e mi colpisce al corpo. Poi accompagno un suo diretto destro al fegato. Mi colpisce ancora, stavolta al viso. Paro con la guardia un gancio destro al corpo, ma non posso nulla contro il successivo colpo ancora al viso. Vado in clinch, l'arbitro ci separa. Devio il suo gancio destro al ventre in uscita. Cerco di guadagnare distanza ma lui si fa sotto. Paro con la guardia un diretto destro in allungo al viso. Poi mi finisce con un colpo che non vedo nemmeno partire. Nero. Vado giù. Nella nebbia vedo l'arbitro che conta ed i fari al soffitto.

Cosa avete letto? La sconfitta contro un formidabile pugile dotato di un formidabile destro? No, è la descrizione che lo sconfitto pugile guercio fornisce dell'ultimo round contro un avversario normale. Ma l'occhio cieco gli impedisce di vedere e gestire i colpi tirati di sinistro. Quindi la descrizione dell'incontro, oltre che essere parziale, è limitata e sbagliata.

Mi pare una buona metafora della situazione attuale: siamo il paese dei pugili guerci, in quanto nella nostra gran parte vediamo e gestiamo solo una parte dell'odio in campo: chi ricorda l'epiteto “mafioso” non ricorda l'epiteto “coglione”. Chi ricorda il “vadano a morire ammazzati” non ricorda il “Videla”. E via discorrendo. Non vediamo e non capiamo le ragioni della parte avversaria.

La trasmissione di ieri è stata caratterizzata da questo andazzo.

E, signore e signori, all'angolo destro, per il titolo dei medio massimi, con i calzoncini azzurri - pardon, del SUO colore :-) - lo sfidante GIUUSEPPEEEE CRUUUCIANIIIII!!!!”. Anche lui pugile guercio.

Era abbastanza ovvio che gli interventi degli ascoltatori fossero segnati in questo senso. Cruciani ogni tanto prova a parlare di clima d'odio tout court, come sarebbe corretto, ma riprecipita subito (credo inconsciamente) nel solo odio contro Berlusconi. Non vede e non capisce i motivi dell'opposizione, ma solo quelli della sua parte. Arriva a fine trasmissione a valutazioni grottesche, parlando dell'anomalia italiana il cui parlamento sarebbe l'unico occidentale ad ospitare ex iscritti al Partito Comunista (senza faticare ricordo che la Francia ne ha, addirittura non ex, addirittura sotto le vecchie bandiere del PCF). Da buon guercio non si accorge di non considerare anomali i parlamentari ex REPUBBLICHINI altrettanto presenti nel parlamento italiano e che talvolta ha invitato in trasmissione.

Ma anche, sempre da guercio, all'inizio non riesce a distinguere un giornalista che riporta (tendenziosamente) fatti reali e documentati come Travaglio, da uno che diffama riportando falsità come Feltri

Da parte mia credo che piuttosto di dire fesserie e passare per stupidi o faziosi, sarebbe meglio regolarsi o tacere. Anche perché il pugile guercio, non vedendo partire metà dei colpi, finisce con l'incassarne troppi e soccombe. Guercio, sconfitto e suonato. Non è bello il futuro per l'abitante del paese dei pugili guerci.

Saluti

Paolo "Marvellous" Hagler

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Sigla (ottima scelta di Paolo): "The boxer", Simon & Garfunkel (1969)




Still a man hears what he wants to hear
And disregards the rest...


martedì 15 dicembre 2009

Radio 24, ore 18.35: Annozero

Ieri su Radio 24, dalle 18:35 alle 21 è andato in onda Annozero. Sì, Annozero. Un Annozero un po' particolare, diciamo un Annozero all'incontrario, ma il sapore, l'aroma, il profumo del giornalismo da processo mediatico era esattamente lo stesso. Uguale, identico, tale e quale.

Giuseppe Cruciani ha fatto il Michele Santoro, Filippo Facci, ospite non per i soliti 5 minuti ma per mezza puntata, ha recitato il ruolo di Marco Travaglio…

(Aperta parentesi. Metafore a parte, Filippo Facci sembra davvero un Marco Travaglio "dall'altra parte dello specchio". Filippo vive, sprecando – se posso permettermi - buona parte del suo grandissimo talento, di antidipietrismo almeno quanto Travaglio vive di antiberlusconismo. E quando dico "vive", parlo di soldi, quattrini, pecunia. E' un po' come per quegli attori dalle notevoli doti che però recitano solo nei cinepanettoni. Chiusa parentesi.)

…e Luca Telese è entrato nel ruolo di chi tiene alta la bandiera dell'altra parte, diciamo un Belpietro, o un Porro, per garantire un minimo di contraddittorio.

Annozero all'incontrario, sì, insisto, perché ciò che è andato in onda ieri è stato un colossale processo mediatico, tanto deprecato quando a condurlo sono "quegli altri", contro Antonio Di Pietro.

Ora, mettiamo qualche puntino sulle i. Ho già sostenuto ieri che Di Pietro ha sbagliato a rilasciare quella famigerata dichiarazione subito dopo l'aggressione a Berlusconi, ma non ho circostanziato il giudizio. Lo faccio ora. La parola scelta, “istigatore”, riferita ovviamente al premier, e con la quale in sostanza proprio a quest'ultimo viene affibbiata la colpa di quanto successo, annulla automaticamente tutto ciò che di potenzialmente condivisibile l'ex pm può aver detto a contorno (lo stesso vale per Rosy Bindi e per quel suo “non faccia la vittima”), con l'aggravante di aver scelto un timing clamorosamente inopportuno (pochi minuti dopo i fatti).

Detto ciò, il messaggio che è stato veicolato ieri in trasmissione, anche se non è stato mai detto esplicitamente (ma quasi... Cito Cruciani, non testuale ma è come se lo fosse: “non sono sorpreso da quello che è successo, sono due anni che mi batto per mettere in luce l'odio antiberlusconiano impersonificato da Di Pietro”), e cioè che a mettere la statuina del duomo nella mano dell'aggressore, Massimo Tartaglia, sia stato, "moralmente", Antonio Di Pietro, come se di colpo la responsabilità avesse smesso di essere un concetto individuale, è qualcosa di totalmente irricevibile. E lo è per i motivi che Luca Telese, sempre più "for president", ha spiegato benissimo (essendo, al contrario di Cruciani, pratico nell'arte dell'argomentare) nel suo intervento telefonico ad inizio trasmissione, ricalcando i concetti già espressi in un post apparso sul suo blog, riassumibili nella seguente frase:

“Se si parte dall'attentato contro Berlusconi per provare a delegittimare tutti quelli che non sono d'accordo con Berlusconi, si compie un gesto di violenza. Se si prova a dire che criticare Berlusconi significa armare la mano di un pazzo contro di lui, si sospende la possibilità di criticarlo.”

Non si possono fare i processi alle intenzioni, signori miei. Pagina uno del manuale della democrazia. Se si prende questa china poi diventa difficile tornare indietro. Incolpare gli antiberlusconiani per l'aggressione al premier è come dire che la colpa di una stupro commesso da un rumeno va attribuita a tutti i rumeni, in quanto etnia portata alla violenza. Mi spiace, ma è così, e il suo inevitabile “ma cosa c'entra!”, caro Crux, glielo rispedisco al mittente, perché l'analogia ci sta tutta.

Ieri la “compagnia di giro” Cruciani & Facci (per usare un'espressione simpatica cara al lungocrinito Filippo) hanno sostanzialmente sostenuto questo assioma: “l'odio in politica esiste, ed è unidirezionale da sinistra verso destra, concentrato in particolare verso Berlusconi” (di nuovo, non è mai stato detto esplicitamente, ma posso portare esempi di frasi dette da cui si trae limpidamente tale conclusione). Ebbene, è una cosa ridicola. Ri-di-co-la. L'odio (parlo sempre di odio politico, che potrà essere disdicevole quanto si vuole, ma che fa parte del gioco) è bidirezionale. La sola differenza è che nella direzione "inversa" l'odio non si focalizza contro una persona, bensì contro l'entità "sinistra" in generale. Ma non cambia nulla. Tanti elettori votano a destra spinti dall'odio politico per la sinistra esattamente quanti votano a sinistra perché disdegnano Berlusconi e il berlusconismo.

E se di odio in politica vogliamo proprio parlare, questo è il punto in cui dovrei tirare fuori quello rivolto a immigrati e omosessuali, quell'odio che, al contrario di quello per Berlusconi, Cruciani non vede nemmeno col binocolo. Ma su questo oggi preferisco sorvolare perché bisognerebbe fare dei distinguo e diventerebbe troppo lunga.

Proviamo, quindi, per concludere, a tirare le fila del discorso. Chi, secondo me sbagliando alla grande, minimizza il dato di fatto che l'aggressione al premier è avvenuta per opera della singola e spontanea iniziativa di uno psicolabile, non riconducibile ad alcun movimento politico, e va a cercare spiegazioni e risposte (ripeto: sbagliando alla grande) specificatamente nel cosiddetto "clima d'odio", deve rendersi conto che la responsabilità di tale clima va distribuita equamente di qua e di là. Berlusconi incluso, naturalmente (e più che mai Di Pietro).

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Il post finirebbe qua, ma non posso non segnalare quattro perle meravigliose udite ieri. Due cantonate galattiche, entrambe del Crux, e due carinerie da nulla, una di Crux e una di Facci.

Prima cantonata è di Crux: “questo Tartaglia non era poi così squilibrato”. Cito da Repubblica (ma anche molte altre testate hanno la stessa notizia): “Nelle tasche e nella valigetta che Tartaglia portava con sé ieri gli agenti hanno trovato un bizzarro "armamentario": una bomboletta di spray urticante, una lastra in plexiglass di venti centimetri, un crocifisso in gesso lungo circa 30 centrimetri, un soprammobile in quarzo e un accendigas di grosse dimensioni”. Cosa gli manca per diventare squilibrato, una motosega portatile?

Seconda cantonata di Crux: “detesto quando qualcuno, per sostenere una tesi, tira in ballo i propri figli che fanno domande perché non capiscono, come fece una volta Concita De Gregorio con il proprio bambino di 10 o 11 anni. Nei giorni scorsi lo ha fatto Patrizio Bertelli, l'AD di Prada”. Parte l'audio (di un Bertelli particolarmente feroce con Berlusconi), e si scopre che il figlio ha 21 anni. VENTUNO! Grassa, grassissima risata. Un momento indimenticabile.

La carineria di Facci: “Di Pietro ha un certo fiuto nell'intercettare il pensiero degli psicolabili”. Wow…

La carineria di Crux: “Di Pietro mi fa schifo”. Il conduttore della Zanzara si riferiva ai concetti che l'ex PM esprime, non alla persona, ma secondo me "ai morsetti" cambia poco. Di cos'è già che si parlava ieri? Di odio?

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99 Posse, "Odio" (1993)




Io odio
Perché sfruttati si nasce magari ci si diventa
Però non lo si inventa
Io odio
E' un fatto di appartenenza...


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lunedì 14 dicembre 2009

La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci

L'analisi più assennata che ho trovato stamattina in rassegna stampa, in riferimento all'aggressione subita ieri a Milano da Silvio Berlusconi, è quella di Mario Calabresi, direttore della Stampa, nonché figlio del commissario Luigi Calabresi, assassinato nel 1972. L'incipit del suo pezzo è questo: “Ci sono momenti in cui bisognerebbe abolire due parole: ma e però. L'aggressione di un uomo, in questo caso di un primo ministro, è uno di quelli.

Giustissimo. Se siamo persone civili, e non animali, al nostro premier deve andare la piena solidarietà, e la condanna per l'accaduto deve essere espressa senza distinguo. L'insinuazione che Berlusconi, in un certo senso, "se la sia cercata" è da respingere con fermezza, perché la violenza non si giustifica mai, e mai vuol dire mai. Come Isaac Asimov, grande autore di fantascienza, faceva dire ad un personaggio di uno dei suoi libri, "la violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci".

Detto ciò, siccome mai come in questi momenti la misura nelle parole è necessaria (e sono amareggiato nel constatare che Antonio Di Pietro, e in misura minore Rosy Bindi, abbiano sentito l'esigenza di distinguersi in tal senso), io mi limito ad osservare una sola cosa: coloro che si sono affrettati a stabilire che l'aggressione al cavaliere rappresenti il culmine di un "clima d'odio", marginalizzando gli aspetti legati al disagio psichico del responsabile del gesto (in cura da dieci anni), secondo me sbaglia. Se non altro perché chi si lancia in questo tipo di analisi sottintende che l'aver oltrepassato questo ipotetico punto di non ritorno sia frutto dell'atteggiamento di una sola parte verso l'altra, mentre qualunque osservatore onesto intellettualmente si rende conto che così non è. Se in Italia esiste un clima di contrapposizione esasperata (preferisco usare questa espressione, piuttosto che "odio") la responsabilità va ben spalmata lungo l'intero spettro politico.

Chi, dunque, blatera di odio, intendendo sempre e solo quello degli altri e mai il proprio, farebbe bene a comprendere che in tal modo non fa altro che contribuire indirettamente ad alimentare ciò che a parole, e solo a parole, si biasima. Urge esame di coscienza, sì. Ma collettivo.

Termino il commento facendo mia anche la chiusura del già citato pezzo di Mario Calabresi sulla Stampa di oggi: “Il presidente del Consiglio, a cui va la nostra solidarietà sincera, speriamo sia così saggio da capire che proprio lui - l'aggredito - ora può fare la differenza: può abbassare i toni e aprire la strada per un confronto più civile e rispettoso. C'è da augurarsi che anche tutta l'opposizione lo capisca e sia capace di isolare chi delira”.

***

I fatti di ieri mettono in secondo piano i temi trattati dalla Zanzara di venerdì 11 dicembre. Era nelle mie intenzioni appoggiare Giuseppe Cruciani nelle sue critiche ad Adriano Celentano, per via di un suo articolo anti-nuclearista di stampo catastrofista apparso su Repubblica. E' del tutto legittimo essere anti-nuclearisti, ma non in quel modo, e sono dispiaciuto che un giornale prestigioso come Repubblica scelga di dare un tale risalto ad una voce che per forza di cose non è quella di un esperto, né quella di un addetto ai lavori, o di uno che si esprime con assoluta cognizione di causa e senza pregiudizi.

In secondo luogo, avrei voluto sottolineare come l'unica cosa che viene dimostrata dalla testimonianza, al processo Dell'Utri, di Filippo Graviano, il quale, come noto, non ha confermato le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, è che contro Berlusconi e lo stesso Dell'Utri non esiste alcun complotto dei magistrati, com'è di tutta evidenza (sarebbe il complotto peggio organizzato della storia).

Poi, volevo far presente come magari il dibattito sulla futura nuova legge che sancirà il divieto per le minorenni di farsi operare al seno per motivi estetici sia un tema più da "La vita in diretta" che da "Zanzara". O sbaglio?

Infine, l'idea crucianiana che in Italia ci siano già troppe leggi (vero), e che prima di farne di nuove bisognerebbe pensarci dieci volte (eh no, non si può farla così semplice) mi era sembrata di stimolo per azzardare un'analisi sul curioso rapporto che il conduttore della Zanzara sembra avere con il potere legislativo.

Ma, come si suol dire, sarà per un'altra volta.

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Il contributo multimediale perfetto (ottima imbeccata del commentatore Leonardo) per oggi è rappresentato dalla mitica scena di "Taxi Driver" nella quale Robert De Niro fa pratica con la pistola e recita il ruolo del duro parlando allo specchio, mentre nella sua mente sconvolta si fa strada l'idea di assassinare un senatore.




You talkin' to me?

venerdì 11 dicembre 2009

Compos sui

Oggi post doppio, del solito dinamico duo, Authan & Paolo. Siamo meglio di Batman e Robin.

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AUTHAN

Viviamo in tempi interessanti, ma cupi. Piove sui giusti e sugli ingiusti, e la follia dilaga in questo nostro bizzarro paese. Follia, sì, perché solo in essa riesco a trovare spiegazioni per tutto quello che è successo ieri, e di cui è stato dato conto alla Zanzara.

Ma se lo sfogo pubblico di un personaggio insulso come Fabrizio Corona e quello di una mummia ambulante come Franco Zeffirelli mi passano attraverso stimolando al più un passeggero aggrottar di sopracciglia, ciò di cui il "purtroppo" nostro presidente del consiglio si è reso responsabile al congresso del PPE di Bonn, e cioè la devastazione, la delegittimazione, lo sputtanamento pubblico, in un contesto internazionale, delle nostre istituzioni, suscitando peraltro la sacrosanta reazione risentita di tutte le più alte cariche dello stato (tranne una, il mansueto e docile Renato Schifani, che deve essersi nascosto da qualche parte pur di non dover commentare), ha invece lasciato il segno in me, che pur mi considero ormai vaccinato contro (quasi) tutto.

Per quanto si possa avere avere la scorza dura, e le "palle quadre" (giusto per usare una terminologia à la page), stare a sentire quello-lì che, come un caterpillar, dice dell'Italia che “la sovranità è in mano al partito dei giudici di sinistra”, mi ha fatto accapponare la pelle e torcere le budella. Quell'uomo non sta bene, credo che ormai lo si possa dire. Mi spiace scendere ad un simile basso livello di dialettica, ma il dubbio che ci sia sotto un fattore psichiatrico decisamente viene. E non solo a me.

“Faccio fatica a commentare sortite così inqualificabili, che riflettono tempi molto tristi. Certo, ognuno è responsabi­le di ciò che fa e dice e, nel caso di un politico, sta ai cittadini esprimere un giudizio. Ma stavolta ci sarebbe quasi da valutare anche se chi lancia questo genere di accuse sia davvero 'compos sui', vale a dire pienamente padrone di sé.”

Sono parole di Carlo Azeglio Ciampi, apparse stamani su Corriere. Glisserà su di esse il nostro prode conduttore della Zanzara, così come fece in occasione di un'altra dura intervista rilasciata dal presidente emerito a fine novembre? Vedremo.

Già, Cruciani... Siamo quasi in fondo al post e ancora non l'ho nominato. Sul caso Berlusconi, l'unico tema davvero di un certo interesse tra quelli affrontati ieri, il Crux ha fatto il suo compitino, senza far mancare qualche vellutata parolina di biasimo per la sortita del cavaliere. Ma il giorno che il nostro eroe capirà che Berlusconi va randellato (metaforicamente) senza pietà, alla stessa stregua di Di Pietro, con le canzonette, le musichine, il sarcasmo estremo, il ghigno, la derisione, e lo sberleffo continuo non sarà mai troppo tardi. Solo allora avremo per davvero il vero ronzio molesto di una Zanzara indisciplinata, e non il moscio valzer di un moscerino semi-addomesticato che abbiamo invece oggi.

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PAOLO

Buongiorno.

E' con gran gioia che in data di oggi addì 11 dicembre 2009, nel nome di Sua Radiosità e Consenso il Cavaliere Silvio Magno con le Palle, l'Immortale ed Invincibile Unico, io qui proclamo solennemente

il Dottor Giuseppe Cruciani

Gran Difensore e Cruciato dell'Armata Brancaleone


per aver grandemente, prodemente (prodemente? cosa cXXXo scrivi, comunista!) coraggiosamente ed astutamente difeso la Sacra Causa del Berlusconismo, della Mistificazione e del Confondimento nell'esercizio delle sue funzioni di conduttore radiofonico.

Mi pregio di ricordare solo alcuni meritevoli atti del Gran Difensore e Cruciato dell'Armata Brancaleone compiuti durante la trasmissione di ieri, non volendo esser esaustivo né risalire pria nel tempo.

Mentre tutti i pennivendoli d'Italia discorrevano sull'ennesimo attacco portato da Silvio Magno alle istituzioni, dell'ennesima conseguente frattura tra Silvio Magno ed il suo passato fedele scudiero ora presidente della Camera, della difesa del Quirinale, il Gran Difensore e Cruciato dell'Armata Brancaleone Cruciani discettava del vacuo caso Corona, che a dispetto del nome di regale nulla ha, nella trasmissione che vorrebbe dedicata ai fatti del giorno, con ciò oscurando una nuova che in potenza avria danneggiato Silvio Magno per il di lui inusuale ed avventato comportarsi.

Ancora, più tardi, equiparava le esternazioni del Corona stesso occorse al momento della condanna per ricatto (“Mi vergogno di essere italiano”) a quelle precedentemente profferite da Pierluigi Celli, che provocatoriamente ma non troppo invitava il figlio e, per sineddoche, tutti i giovani italiani, ad andare a cercare realizzazione in posti migliori dalla asserita decadente Italia. In tal modo il il Gran Difensore e Cruciato dell'Armata Brancaleone Cruciani screditava queste ultime, benché proferite in scienza e coscienza da persona degna di rispetto, con il semplice ed assolutamente improprio accostamento a non altrettanto limpida persona (in situazione opposta lo stesso Cruciani normalmente detto avria “Checcentra? Di cosa stiamo parlando? Traffico!”).

Ulteriormente il Gran Difensore e Cruciato dell'Armata Brancaleone Cruciani si operava per sminuire la polemica tra regista, noto per isterie, oltre che per meriti artistici, ed una giornalista che ricordato avea all'artista le carnali e prezzolate frequentazioni di Silvio Magno, in risposta alla di lui citazione di quelle del laziale ex presidente Marrazzo. La dissimulazione fu condotta con somma abilità, ammettendo prestamente e brevemente l'inurbanità dei motti del regista (“Cretina”, “Stronza”, “Vai a fare in culo”), per dilungarsi molto a lungo invece sulla eventuale presunta provocazione della giornalista e su altre quisquilie riguardanti la stessa, con il risultato di mascherare il brutale e volgare comportamento dell'amico dichiarato del Cavaliere Silvio Magno con le Palle, l'Immortale ed Invincibile Unico.

Per tali motivi, a conferma di una pluriennale sopraccitata attività di difesa della Sacra Causa del Berlusconismo, della Mistificazione e del Confondimento perciò dispongo che da questo momento il Dott. Cruciani Giuseppe (visto mai che sia parente di Innocenzo? Ah, queste omonimie! Bah!) possa fregiarsi del titolo di Gran Difensore e Cruciato dell'Armata Brancaleone che che l'evento sia adeguatamente celebrato con festeggiamenti, libagioni ed orgette.

In Fede

Paolo l'araldo

P.S.: ringrazio Checco Zalone: ora e sempre viva la sineddoche!