giovedì 20 novembre 2008

Come Rocky e Apollo

E' finita a tarallucci e vino la battaglia dialettica tra Cruciani e l'ascoltatore Giuseppe da Messina (vedi mio post precedente). I due avevano battibeccato vivacemente durante la Zanzara di martedì, ma ieri, a sorpresa, Giuseppe, che di cognome fa Ferrera e che è insegnante in una scuola superiore, è stato elevato al rango di commentatore in collegamento fisso per tutta la durata della trasmissione (stile Zapping, per chi conosce la trasmissione di Aldo Forbice).

Sarebbe divertente conoscere i retroscena di questo gioco di prestigio di Cruciani, ma ovviamente non li verremo a sapere mai. A meno che il professor Ferrera non sia, incidentalmente, un lettore di questo blog :-)

A margine, faccio notare come ieri, esprimendo serenamente e pacatamente le sue opinioni, Ferrera sia stato molto più efficace rispetto al giorno precedente. Ad esempio quando ha detto che “il terreno degli insulti è quello su cui Berlusconi gioca meglio. Lui è bravo a tirare schiaffi e poi nascondere la mano, ha poco da lamentarsi se ora altri fanno lo stesso con lui”. Inattaccabile.

Per il resto, riguardo la puntata di ieri, Cruciani ha provato all'inizio a lanciare due temi abbastanza interessanti, che poi però nessun ascoltatore si è filato, e cioè:

- Il ritorno o la permanenza in auge di tanti vegliardi. Io sono tra quelli convinti che la gerontocrazia e il mancato ricambio generazionale rappresentino una dei grandi palle al piede di questo paese.

- Il rinvio a giudizio per omicido volontario (volontario, e non colposo!) dei vertici della Thyssen Krupp. Reggerà al processo o si rivelerà controproducente, regalando un facile verdetto di assoluzione? Temo di non dominare a sufficienza la giurisprudenza per dare una risposta con cognizione di causa.

Il tema che gli ascoltatori, invece, hanno preferito dibattere è stato quello del bigliettino con cui il senatore PD Nicola Latorre, durante un dibattito televisivo, ha imbeccato quello che in teoria è un avversario politico, lo spaesato deputato PDL Italo Bocchino, manco fossero due scolari delle elementari. Le immagini non lasciano dubbi, e il tentavo puerile di Bocchino di negare l'evidenza (si veda la sua intervista sul Giornale di oggi) fa sorridere a dir poco.

Cruciani non ha trovato nulla di rilevante in questo episodio, ma io non sono d'accordo. E' stata una scena penosa dietro la quale, come tutti i quotidiani odierni osservano (a titolo d'esempio si veda il titolone del Riformista di oggi), si nasconde una devastante guerra intestina all'interno del PD, tra veltroniani e dalemiani.

A questo proposito, vorrei permettermi di dare a Veltroni e D'Alema un consiglio da amico oltre che da simpatizzante: chiudetevi in una stanza, da soli. Toglietevi la giacca, slacciatevi la cravatta, tirate su le maniche della camicia e, immedesimandovi in Rocky Balboa e Apollo Creed, cominciate a menarvi come due fabbri. Chi dei due, alla fine, rimarrà in piedi sarà il nuovo capo supremo del PD. Che rimane per terra, invece, si darà all'ippica.

O se preferite, giocatevela a bracco di ferro, o a scacchi, o a birra e salsicce. O magari, se tornate a pensare come due politici seri, organizzate un bel congresso, in cui, democraticamente, si stabilisca in maniera definitiva qual è la corrente maggioritaria che prende le decisioni, a qual è quella minoritaria, che, fino al congresso successivo, se ne deve stare buona ed ubbidiente.

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Il finale di Rocky II è epico e commovente allo stesso tempo. Meraviglioso, indimenticabile.




Rocky Balboa has shocked the world!
He is the new heavyweight champion of the world!


mercoledì 19 novembre 2008

Cirano

Dal punto di vista dei temi trattati, non si sono viste grandi novità durante la Zanzara di ieri: Alitalia, la commissione di Viglilanza Rai, i toni di Di Pietro, con la sua ultima uscita (“Berlusconi è un corruttore politico”)... Insomma, le solite cose. A vivacizzare la trasmissione, però, ci hanno pensato alcune telefonate che non sono passate inosservate.

Ve ne propongo due, di queste telefonate, in audio integrale, perché le trovo rappresentative di due metodi molto diversi di argomentare e di "contrastare" le tesi di Giuseppe Cruciani.

PRIMO METODO: Giuseppe da Messina (mp3)





SECONDO METODO: Roberto da Savona (mp3)




Voi quale metodo preferite? Quale trovate più efficace? Chi, tra i due, si è rivelato un buon spadaccino, novello Cyrano de Bergerac? Fatemi sapere. Io intanto vi do la mia opinione.

Giuseppe da Messina, a mio modo di vedere, è stato troppo aggressivo. Accecato dall'ira, non si è reso conto che gli esempi portati a supporto delle sue critiche a Cruciani erano clamorosamente sbagliati, e ciò ha di molto ridimensionato l'efficacia del suo intervento, che poi era un assalto frontale al conduttore. Solo quando è stato tirato in ballo Cossiga Cruciani è apparso in difficoltà, ma, di nuovo, l'eccessiva aggressività è stata, alla fine, controproducente.

La mancata presa di distanza, da parte di Cruciani, rispetto le turpi dichiarazioni di Cossiga è qualcosa che neanch'io gli perdono, ma far passare l'idea che Cruciani godrebbe nel vedere le maestre picchiate dalla polizia è semplicemente ridicolo.

Roberto da Savona, invece, con grande pacatezza, ha fatto notare come, a pescare bene nelle dichiarazioni del passato, non ci sia poi tutta questa gran differenza tra i toni di Pietro e quelli di Berlusconi. Cruciani non ha potuto che dargli ragione, facendo così emergere, pur in modo implicito, una certa incoerenza nel suo modo di porsi, talvolta, verso le diverse parti politiche: discreta indulgenza da un lato, assoluta severità dall'altro.

In definitiva, io che detesto i litigi, le urla, le voci sovrapposte, ho trovato decisamente più persuasivo ed efficace l'intervento di Roberto da Savona. A pungere in punta di fioretto, spesso, si fa più male che non menando fendenti con una scimitarra.

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Mentre scrivevo questo post, canticchiavo Cirano di Francesco Guccini. Buon ascolto :-)







Infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio
perchè con questa spada vi uccido quando voglio.


martedì 18 novembre 2008

Il collaborazionista

Puntata leggera, "alla Telese", quella di ieri della Zanzara, durante la quale si è discusso per la maggior parte del tempo sulla teoria, espressa dal ministro Renato Brunetta, che i fannulloni siano in prevalenza orientati politicamente a sinistra.

Trovo imbarazzante anche solo l'idea di prendere in considerazione un simile tema, per quanto è demenziale. Potrei citare la risposta semi-seria di Pietro Ichino, ma credo che non ne valga neppure la pena. Lo stesso Giuseppe Cruciani non ha potuto fare a meno di definire la dichiarazione del ministro nulla più di “una sciocchezza, uno scivolone”.

Brunetta, a mio avviso, con queste sue sparate rischia di giocarsi una fetta della credibilità che aveva radunato attorno a sé, anche da parte dei cittadini che in generale non vedono di buon occhio l'attuale governo.

Personalmente, ribadisco quanto espresso nel mio post del 3 novembre: Brunetta soffre della "sindrome del giudice di De Andrè": trovandosi, per la prima volta nella sua vita, su uno degli scranni più alti, gode nel dispensare sentenze. E' però netta l'impressione che la brama di protagonismo lo stia divorando.

Ciò detto, io continuo a pensare che il lavoro di bonifica nella pubblica amministrazione sia sacrosanto, e pertanto vorrei permettermi di insistere con il consiglio che già in precedenza ho rivolto a Brunetta: mantenga un basso profilo (no pun intended) e dia un taglio netto alle apparizioni TV.

Cambiando argomento, il momento migliore della trasmissione di ieri si è registrato con l'intervento di Franco Bassanini, esponente del PD ed ex ministro della funzione pubblica nei governi Prodi e D’Alema (legislatura 1996-2001). Bassanini ha rispedito al mittente le accuse di collaborazionismo piovutegli addosso in seguito alla sua nomina alla presidenza della Cassa Depositi e Prestiti, e in seguito alla controversa intervista, da egli rilasciata ad Aldo Cazzullo, apparsa sul Corriere della Sera del 16 novembre.

Ho sempre avuto una predilizione per Bassanini, lo voglio dire. Il fatto è che io detesto questo scenario da guerra fredda tra destra e sinistra (di cui Silvio Berlusconi, detto per inciso, è il principale responsabile) che si è venuto a creare negli ultimi anni, e, al contempo, amo quegli elementi che sanno fare da trait d'union tra le due anime del paese. Penso che Bassanini, persona dalle larghe vedute e dalla notevoli competenze, sia uno di questi elementi. Non un politicante attaccato alla poltrona, ma un serio professionista al servizio dello stato. Avercene, di persone così!

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Contributo multimediale: quando si accinge a parlare di Brunetta, Cruciani è solito far suonare la sigla di Goldrake ("Ufo Robot! Ufo Robot! Si trasforma in un razzo missile..."). Ebbene, con un'ironia gioviale in stile Crozza, e non con quella irrispettosa in stile D'Alema, vorrei suggerire al conduttore della Zanzara di utilizzare la sigla di un diverso cartone animato il cui protagonista, secondo me, è accostabile a Brunetta molto più di Goldrake. Parlo di Gigi la Trottola :-)




Tutta la tua classe punta su di te,
nella squadra tu sei grande re.
La tua città ti chiama già Gigi la trottola.

Gigi però, fermati un po',
alle ragazze di un po' no


lunedì 17 novembre 2008

Responsabilità oggettiva

Alla Zanzara di venerdì 14 novembre si è parlato soprattutto della vicende relative alla commissione parlamentare di vigilanza Rai e della sentenza sulle violenze perpetrate dalla polizia alla scuola Diaz durante il G8 di Genova, nel 2001.

Sul primo tema soprassiedo. Come Giuseppe Cruciani, anch'io penso che la commissione di vigilanza RAI è assolutamente inutile. Secondo me non era quello il terreno su cui l’opposizione doveva alzare il livello dello scontro.

Mi preme invece parlare della sentenza sui fatti della scuola Diaz. Su questo argomento, Cruciani ha preferito non esprimere un’opinione forte in un senso o nell’altro. In sostanza ha detto che bisogna aver fiducia sul fatto che i giudici abbiano deliberato sulla base delle prove raccolte. Una sentenza va vista come la sintesi di un profondo esame delle prove e delle testimonianze, una conclusione di cui prendere atto senza considerarla né giusta ne sbagliata.

Il concetto non fa una piega. Il rispetto delle sentenze è un principio di democrazia a cui non si dovrebbe mai rinunciare. Però, per quel che mi riguarda, confesso che stavolta mi è davvero difficile applicare tale principio per un semplice motivo: si è stabilito che gli ufficiali all’apice della catena di comando che hanno la responsabilità del corretto comportamento dei agenti non sono responsabili. E’ un controsenso, un’illogica contraddizione in termini.

Cito qui di seguito un frammento di un brillante editoriale di Concita De Gregorio, sull’Unità del 14 novembre.

"Incolpevoli i superiori gerarchici, colpevoli i sottoposti: come se avessero agito di loro iniziativa. Come se tra le forze dell'ordine esistesse la possibilità di agire per capriccio, per un impulso del momento e non perché qualcuno ha ordinato di farlo. Impensabile, giusto? La novità è che d'ora innanzi sarà lecito. Giacché si è stabilito che la colpa è solo di chi tiene il manganello, non di chi glielo ha dato, d'ora in poi la cura di chi in divisa aggredisce sarà quella di coprirsi meglio il volto e non farsi riconoscere, di muoversi veloce e venire sfocato nelle foto. Gli altri, quelli negli uffici possono stare tranquilli."

Cari amici, aiutatemi a capire: l'espressione “responsabilità oggettiva” ha ancora un senso in questo paese? L’idea per cui un dirigente risponde dell’operato dei sottoposti, se non altro per mancata vigilanza, vale ancora, ammesso che sia mai valsa?

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Nel mio immaginario i poliziotti sono i buoni, gli eroi, come nel film. Il pensiero che alcuni di loro possano aver perpetrato violenze inaudite su persone inermi mi fa perdere la ragione, portandomi a canticchiare una canzone brutale come "Cop Killer" di Ice-T. Inutile dire che si tratta solo di una valvola di sfogo, e niente più di questo. Lo stesso Ice-T, che ora interpreta il ruolo di un agente nel telefilm Law&Order SVU, chiarì a suo tempo che non era nelle sue intenzioni inneggiare seriamente all'assassinio di poliziotti.




venerdì 14 novembre 2008

Lo strano ircocervo

La trasmissione di ieri è stata, in sostanza, una colossale canzonatura nei confronti di Antonio Di Pietro, in conseguenza di certe parole smodate con cui il l'ex magistrato, intervenendo alla Camera, ha commentato il blitz della maggioranza in commissione vigilanza RAI: «Berlusconi è come Videla, e ricorda Charlie Chaplin, quando, interpretando Hitler nel film "Il grande dittatore", giocava con il mappamondo

Nulla di nuovo sotto il sole. Al contrario del sottoscritto, che continua a pensare che Di Pietro su molti temi abbia ragione da vendere, Giuseppe Cruciani, come noto, disapprova in modo totale le politiche dell'IdV e quindi c'è poco da stupirsi riguardo l'atteggiamento tenuto ieri dal conduttore della Zanzara.

Stupisce, invece, che sia servito l'intervento di un ascoltatore, Luigi da Lucca, per far emergere un aspetto di una solarità assoluta: Di Pietro esagera volutamente con le parole con il chiaro intento di conquistare una vetrina nelle prime pagine di giornali, nei titoli dei telegiornali, e – perché no – per diventare argomento del giorno nei talk show radiofonici. Sotto questo punto di vista, Di Pietro, è un po' il contraltare di Bossi: così come Bossi blatera di fucili, Di Pietro fa arditi accostamenti tra Berlusconi a Videla.

Videla, per i pochi che non lo ricordassero, è il generale che in Argentina, negli anni '70, si rese responsabile di una feroce repressione verso gli oppositori politici del regime militare, con decine di migliaia tra morti e di desaparecidos. Chiamare Berlusconi "presidente Videla" rasenta la follia. Nemmeno il no-global più convinto può sostenere seriamente una cosa del genere.

Sempre l'arguto Luigi da Lucca faceva poi presente come la moderna comunicazione politica ricalchi gli spot pubblicitari: per avere attenzione servono frasi forti, slogan ad effetto. Io aggiungo che sta ai cittadini e agli opinionisti, se ne hanno voglia, filtrare gli slogan e usare un'opportuna lente che faccia trasparire solo la sostanza del messaggio politico.

Il vero problema, però, è che la politica è intrinsicamente noiosa, e, per quanto riguarda i partiti minori, chi la pratica sembra avere due sole alternative: fare il moderato semi-invisivile alla Casini (quanto volte sentite la sua voce alla Zanzara? Molto raramente) o fare quello che le spara grosse ed è sempre al centro dell'attenzione. Di Pietro ("lo strano ircocervo" come lo ha curiosamente definito il giornalista Fulvio Abbate, ospite ieri alla Zanzara) ha scommesso sulla seconda strada e, considerando che per lui l'alternativa sarebbe l'oblio mediatico, in parte viene da capirlo.

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Il sopracitato Luigi da Lucca si merita la pubblicazione del frammento audio col suo intervento integrale. Tra l'altro, Luigi all'inizio fa anche osservazioni molto intelligenti sul caso di Eluana Englaro.




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Il contributo multimediale del giorno non poteva che essere tratto dal film "Il grande dittatore". Però, anziché la scena del mappamondo, ho preferito selezionare lo straordinario finale della pellicola, con il discorso molto poco nazista che lo pseudo-Hitler rivolge al mondo. Momenti di cinema scolpiti nella storia.






giovedì 13 novembre 2008

Vengo anch'io, no tu no

La Zanzara di ieri si è ancora una volta appiattita, quasi per inerzia, sulle questioni legate ad Alitalia. Tuttavia, per fortuna, la giornata aveva offerto anche altri temi di interesse, per nulla marginali, che Giuseppe Cruciani non ha omesso di menzionare.

C'è stato Giulio Tremonti che ha detto che i banchieri che falliscono devono andare a casa o in galera (sì, ha detto “galera”. Ma il copyright del giustizialismo non ce l'aveva Di Pietro?).

C'è stato il tentativo, piuttosto forzato in assenza di chiarezza sugli eventi, di una deputata del PD di stabilire un legame tra l’aggressione ad un senzatetto, a Rimini, e la recente proposta leghista di istituire il fondamentale (sono ironico) registro dei chochard, giudicato di dubbia utilità dallo stesso Cruciani.

E infine c'è la CGIL, sempre più isolata, che non viene nemmeno più convocata agli incontri informali con governo e Confindustria, provocando l'ira di Epifani. Per Cruciani non c’è nulla di eclatante, anche perché secondo lui, tutto sommato, (cito) “questi incontri rientrano nell'ambito di vetusti riti sindacali. Sarebbe ora di considerare superata la necessità, da parte del governo, di convocare le sigle sindacali su qualunque cosa”.

E' una considerazione interessante, su cui val la pena soffermarsi. Io confesso di non avere un’opinione precisa. Da un lato riconosco l'importanza storica dei sindacati, e sono consapevole che ad essi devo molti dei diritti di cui godo come lavoratore. Dall'altro lato, però, è sotto gli occhi di tutto che, negli ultimi tempi, essi, e in particolar modo la CGIL, abbiano rappresentato un freno per molte delle riforme di cui questo paese ha bisogno.

Su questo tema, ho trovato molto interessante un'intervista al sociologo Luca Ricolfi presente sul Messaggero di oggi. Eccone uno stralcio: L'errore che fa la CGIL è che parte dal teorema secondo cui qualsiasi cambiamento non può che peggiorare la condizione dei lavoratori. Il conservatorismo del sindacato di Epifani nasce dalla convinzione che qualunque intervento non può essere che negativo, e questo perché c'è un governo antioperaio, antipopolare, che sta tutto dalla parte del padrone. Un atteggiamento ideologico e pregiudiziale che porta a "resistere, resistere, resistere". […] La CGIL diventerà minoritaria, ma ci vorranno alcuni lustri.

Su una linea leggermente diversa è l’altrettanto interessante editoriale senza firma (quindi attribuibile ad Antonio Polito) apparso sull'odierno Riformista: “Il più grande sindacato italiano resta su posizioni conservatrici e arretrate. […] Ma la rottura dell’unità dell’azione sindacale non necessariamente accelera le riforme. Nel quinquennio tra 2001 e 2006 non le accelerò. E se non le accelerà, è inutile.”

Ecco, forse potremmo concludere così: se una sorta di "delegittimazione" della CGIL deve aver luogo, essa dovrebbe in prima battuta partire dal basso, con un calo degli iscritti, con una bassa partecipazione agli scioperi. Solo in un secondo momento il governo dovrebbe sentirsi autorizzato a semplificare ed abbreviare il processo di concertazione. Il tutto deve avvenire in modo graduale. Un taglio netto, tranchant, nei confronti della CGIL potrebbe rivelarsi, oggi, controproducente.

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Il contributo multimediale è scontato: Enzo Jannacci, "Vengo anch'io, no tu no".




mercoledì 12 novembre 2008

Giudizi morali

Ci sono volute le tenaglie, ma alla fine, durante la Zanzara di ieri, un giudizio secco, senza perifrasi, da parte di Giuseppe Cruciani su Berlusconi, riguardo alla battutaccia su Obama, è arrivato: “Indifendibile”. Grazie, dottore. Meglio tardi che mai.

(Dura la vita del "miserabile", eh?)

Per il resto, ieri in trasmissione si è discusso in lungo e in largo della ribellione semi-bianca e semi-selvaggia di qualche centinaio tra piloti e assistenti di volo Alitalia, con conseguenti pesanti disagi per i viaggiatori.

Personalmente non ho nulla da ridire o da aggiungere rispetto ai commenti di Cruciani su questo tema, e quindi passo oltre. Del resto, questo blog è da considerarsi ufficialmente in sciopero contro qualsiasi ulteriore elucubrazione relativa ad Alitalia (nel senso che la vicenda Alitalia mi ha definitivamente scartavetrato gli zebedei. Scusate il francese).

Detto ciò, cos'altro rimane?

Rimane l'ironia, più che giustificata, di Cruciani verso il rettore di Foggia, Antonio Muscio, il quale, nel suo ultimo giorno di servizio, prima di andare in pensione, ha dato un posto da ricercatore al figlio. Il rettore si difende asserendo di non aver commesso alcun illecito, ma ciò, secondo Cruciani (e anche secondo me) non toglie il dubbio che l'operato del rettore rimanga a dir poco discutibile. Se volete le parole testuali di Cruciani, eccole qua: “Il fatto che non vi sia illecito non significa che sia cosa buona e giusta.

A casa mia questo si chiama giudizio morale. Curiosamente, giusto un istante dopo il conduttore ci ha fatto sapere, senza commenti, che il PM che segue l'indagine sul presunto tentativo, da parte di Berlusconi, di "acquisire" senatori nella passata legislatura (ricordate le intercettazioni tra Berlusconi e Saccà?) ha richiesto l'archiviazione, in quanto non è stato rilevato nulla di penalmente rilevante.

Nel prendere atto della decisione del magistrato, mi chiedo: ma per tale vicenda, non è forse applicabile un giudizio morale tutto sommato analogo a quello dispensato nei confronti del rettore di Foggia? Nessun illecito, d'accordo, ma la condotta di Berlusconi rimane riprovevole. Se il giudizio morale è applicabile, perche non pronunciarlo esplicitamente? Se non lo è, dove sta, di preciso, la differenza?

Per chiudere, ancora un'ultima cosa sul solito Berlusconi… Ma solo io ho trovato singolare la scelta del cavaliere di accogliere il presidente brasiliano Lula, in visita in Italia, facendosi accompagnare dai giocatori brasiliani del Milan, e solo del Milan?

Nulla di terribile, nulla di scandaloso, per carità… Ma trovo che questo gesto sia stato piuttosto emblematico di come Berlusconi abbia difficoltà a scindere il suo ruolo di presidente del consiglio da quello dell'imprenditore privato, a distinguere tra ciò che è suo e ciò che è di tutti. Non trovate?

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Ho citato il Brasile, e questo mi ha riportato alla mente una vecchissima canzone di Toquinho: "Acquarello". Stasera la canto ai miei bimbi.




E il futuro è un'astronave
che non ha tempo ne pietà
va su Marte va dove vuole
niente mai lo sai la fermerà