giovedì 23 dicembre 2010

Che ne sarà di noi

Il blog approfitta delle feste natalizie per prendersi una lunga pausa di riflessione. Ci sono difficoltà logistiche da affrontare, oneri familiari e professionali da soddisfare, stimoli da riesumare, motivazioni da riacquistare, barriere interiori da sormontare, orizzonti da inseguire. Di quel che sarà di noi ad oggi non v'è certezza, ma anche le miglior cose non durano in eterno, e figuriamoci questa pretestuosa accozzaglia di pensieri che è l'Anti-Zanzara.

Passate delle buone feste, in serenità, con le persone che vi sono care. Lasciatevi indietro i cattivi pensieri, e apritevi al domani, qualunque esso sia. Noi ci rivediamo, forse, nell'anno nuovo. O magari ci sentiamo. Sennò, al limite, ci pensiamo.

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Subsonica, "Làsciati" (1999)




Lasciati guardare un po' più a fondo
finché si può
Senti come tremo perchè sento
che tutto finisce qui


mercoledì 22 dicembre 2010

La metamorfosi di Marchionne

Oggi due fill-in di Paolo. Uno qui sotto, un altro a parte.

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[Paolo]

Buongiorno,

negli ultimi tempi mi sono chiesto spesso cosa sia successo a Marchionne, il manager in maglioncino che alcuni anni fa aveva preso le redini di Fiat ed aveva iniziato a risanarla con l'appoggio quasi unanime di tutte le parti sociali italiane (me compreso), e che ora invece si sta inimicando parti sempre più ampie della gente.

E forse mi sono risposto sul perché della perdita di simpatia del manager.

Inizialmente la sua strategia sembrava essere incentrata sulla valorizzazione del know-how interno, tanti saluti a fornitori che si erano sostituiti alla società nella gestione del core business bloccando lo sviluppo di Fiat, rinnovata attenzione al prodotto, pressione sulle vendite…

Poi la crisi spezza qualcosa, creando un problema e due opportunità. Il problema è ovviamente la contrazione del mercato di sbocco del prodotto. Si vendono meno auto, specialmente senza incentivi. Fiat, in un mercato che langue, sceglie di non uscire con nuovi modelli ed attendere tempi migliori, e si ferma.

Paradossalmente le opportunità nascono dalla crisi ed incrinano i rapporti tra Marchionne e l'Italia, sino a quel momento buoni. La crisi infatti permette a Marchionne di imporre la chiusura di stabilimenti poco produttivi come Termini Imerese. La giustificazione è che si vende meno e bisogna tagliare i rami secchi. La scelta non piace ma viene in qualche modo digerita.

Ma una volta ridimensionata Fiat, Marchionne approfitta della svendita di Chrysler per ricreare una struttura aziendale con una produzione eccedente la domanda del mercato. Solo inizialmente interviene sull'organizzazione aziendale (ad esempio chiedendo ai concessionari statunitensi di tenere aperto al sabato per incrementare le vendite). Poi, giocando sulla potenziale sovrapproduzione, impone agli altri stabilimenti (italiani ed esteri) condizioni contrattuali particolarmente pesanti. In Italia inizialmente solo a Pomigliano motivando i cambiamenti con la situazione molto particolare di quello stabilimento, ma poi coinvolgendo anche Mirafiori. Negli USA con condizioni economiche, specie per i neoassunti (magari ha pensato che esportare le pessime abitudini italiane poteva essere una buona idea) operosissime.

Il meccanismo resta lo stesso: abbiamo una capacità produttiva in eccesso per cui le alternative sono sempre ridurre le retribuzioni / garanzie dei lavoratori o chiudere.

Come ultimo passo si assiste alla prospettiva di vendere alcune parti del gruppo (Alfa Romeo, Magneti Marelli…) che potrebbero rappresentare un buon punto di partenza per la ricostruzione di un forte nucleo di rilancio. Si pensi che al marchio di Arese sono interessati i tedeschi di Volkswagen e che la Magneti Marelli è l'equivalente italiano di Bosch, cui il gruppo Fiat vende da tempo i brevetti (Il common rail per dirne uno )delle principali innovazioni motoristiche che mette a punto. Tanti saluti alla valorizzazione del know-how e del marchio.

Altri marchi mostrano come, malgrado un blasone privo di particolare appeal, sia possibile innovare, uscire con nuovi prodotti e trarne redditività (vedi ad esempio Dr o Dacia con il modello Duster). Mentre in Fiat il problema è stato spostato dal rendere efficiente ed innovativa l'azienda al ridurre il monte stipendi degli operai. Che però sul prodotto finale incide solo per il 6%. Come dire che stiamo lottando con i dipendenti per ridurre il costo di una utilitaria di cento euro. Non credo siano quelle le cifre che spostano i compratori, ma mandano in crisi i lavoratori.

Quando Marchionne ha preso in mano Fiat era un manager di scuola americana, ed ha iniziato a lavorare sull'azienda a tutto campo. Adesso è diventato un manager molto più italiano, limitato ad contenere il costo del lavoro. L'unica originalità e che non chiede contributi, ma, nel nome del mercato, di essere esentato dal rispetto di regole comuni e condivise. Cosa che tedeschi e francesi non fanno. Probabilmente è per questo che era più simpatico prima. E paradossalmente è per questo che otteneva migliori risultati prima.

Ciao

Paolo

Sempre in emergenza

[Articolo di Paolo]

Buongiorno.

Nei giorni scorsi gran parte dell'Italia centro settentrionale è stata colpita da un'ondata di maltempo che ha avuto ripercussioni molto pesanti sul traffico. Città come Firenze sono andate completamente in tilt, la principale autostrada italiana si è bloccata, il traffico ferroviario ha subito pesanti ritardi. E subito è iniziato il palleggiamento delle responsabilità: è stata la Protezione civile a sottovalutare la portata del fenomeno, no, sono stati i camionisti a bloccare i mezzi spargisale intraversando i loro mezzi privi di catene, nonnonnò, sono stati i gestori delle autostrade a non chiudere gli ingressi, ecc. ecc.

Su tutto aleggia lo spettro di un evento epocale di dimensioni enormi: il sindaco di Firenze (dove i disagi sono stati particolarmente pesanti), che pur afferma di volersi assumere le proprie responsabilità, dichiara però di fatto di non averne: “A Firenze eravamo pronti ad affrontare una nevicata che le previsioni che avevamo indicavano in 5 centimetri: avevamo dato il sale, ma poi invece i centimetri di neve sono stati 25. Si sono verificati due eventi eccezionali: una nevicata così intensa non c'era dal 1904 e poi c'è stato il blocco di tutto ciò che sta intorno Firenze, dalla Firenze Pisa Livorno all'autostrada, dalla stazione ferroviaria all'aeroporto. Nemmeno i marines ci avrebbe salvato in questa situazione. Noi siamo parte lesa di queste chiusure.”

25 cm di neve a metà dicembre sono stati sufficienti per mettere in ginocchio un paese. Lo stesso paese che poche settimane fa si è visto allagare tre province in Veneto per una pioggia intensa. E anche lì si ode l'invocazione dell'eccezionalità da parte del presidente della Regione: lo scioglimento delle nevi, 500 mm di pioggia in due giorni (che in realtà secondo l'ARPAV erano meno di metà, tranne che su Bassano), il mare che non riceveva i fiumi (peraltro una intera provincia più in là, rimasta all'asciutto).

In entrambi i casi mi è sembrato mancasse solo l'invocazione delle cavallette, come nel film dei Blues Brothers.

E potremmo continuare. Il centro dell'Aquila due anni fa è stato spazzato via da un terremoto di magnitudo non poi così alta, per di più preceduta da uno sciame prolungato. E anche in questo caso si parla di evento di dimensioni eccezionali.

La dimensione di determinati eventi naturali che stanno sistematicamente cogliendo impreparata l'Italia non sono eccezionali.

Se i Tir si intraversano in autostrada bloccando i mezzi spargisale è perché quei mezzi sono stati fatti muovere in ritardo e non sono stati bloccati gli ingressi a chi non aveva gomme termiche e catene, prima che per 25 cm di neve. Se in quarant'anni, Umbria, Irpinia, Friuli, Belice, sono stati colpiti da terremoti di magnitudo simile o superiore a quello dell'Aquila non si può considerare quel terremoto un fenomeno imponderabile. Se i passeggeri dei treni rimangono bloccati al buio ed al freddo in aperta campagna è anche perché quei treni sono vecchi e mal mantenuti. Se mezzo Veneto va sott'acqua per una pioggia intensa è perché ha colpevolmente abusato del territorio (e sta continuando a farlo). Almeno in primo luogo. Ed affrontare questi aspetti sui quali si poteva (e si può) influire avrebbe verosimilmente ridotto di molto disagi, problemi e morti.

Ma la vera emergenza, quella realmente di dimensioni eccezionali, è quella che pubblicamente nessuno lamenta: l'incapacità gestionale, amministrativa e programmatica di chi deve pervenire queste situazioni, e si dimostra sistematicamente inadeguato.

Ciao

Paolo

martedì 21 dicembre 2010

La vigilia della distruzione

Repetita juvant. Chiunque, per la manifestazione di domani, dovesse uscire di casa portandosi dietro un bastone, chiunque dovesse rendersi irriconoscibile con un casco o in altro modo, chiunque dovesse usare il fuoco per fare qualcosa di diverso dall'accendersi una sigaretta, chiunque dovesse imbrattare un muro, fracassare una vetrina, danneggiare proprietà pubbliche o private, chiunque dovesse lanciare verso un poliziotto anche solo un sassolino, chiunque dovesse rendersi responsabile di qualsiasi atto di violenza è solo un reietto della società che non agisce negli interessi di alcun movimento studentesco, politico o sindacale, ma che al contrario, inconsapevolmente o forse no, per imbecillità o per un malinteso senso di ribellione, altro non farà che il gioco di coloro contro i quali la manifestazione è stata indetta.

C'è una bella fetta di politica e di mezzi di informazione lì, con la bava alla bocca, che si frega le mani in un clima da vigilia di qualcosa di meraviglioso ed inevitabile, e che non è il Natale. Ai primi echi di nuove violenze i tappi delle bottiglie salteranno e lo champagne scorrerà a fiumi. Chi non capisce un concetto così semplice merita di sorbirsi i ghigni obliqui e mefistofelici di Gasparri e di La Russa da qui all'eternità.

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Barry McGuire, "Eve Of Destruction" (1965)




Tell me, over and over and over again my friend,
Ah, you don't believe we're on the Eve of Destruction...


lunedì 20 dicembre 2010

Piccole amichevoli manganellate preventive

Qui sotto un post di Paolo. Oggi ce n'è pure uno di Authan.

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[Paolo]

Buongiorno,

Dopo aver ringraziato Cruciani per l'ottima trasmissione di venerdì e per lo spazio giustamente concesso all'approfondimento delle posizioni politiche di Scilipoti (credo la puntata si intitolasse analizzando il nulla o qualcosa di simile: è indicativo che GC si sia divertito molto in compagnia di cotanto personaggio, è preoccupante invece che cotanto personaggio rivesta un ruolo di responsabilità in uno stato), passerei a qualcosa di più interessante per il commentino di oggi, partendo dalla uscita di Gasparri che invita agli arresti preventivi dei facinorosi per prevenire il rischio di incidenti in occasione delle manifestazioni previste nei prossimi giorni contro la riforma dell'università.

Le polemiche che stanno nascendo sull'argomento sono secondo me in buona parte giustificate: una iniziativa di questo genere, gestita con criteri analoghi a quelli che impediscono ad un certo numero di tifosi riconosciuti come violenti di accedere agli stadi (i DASPO) , potrebbe dare qualche buon risultato tenendo lontano dalle manifestazioni i teppisti di professione, e, in fondo, è sempre meglio di quanto avviene in sua assenza quando scoppiano i disordini: le manganellate e le molotov sono tutt'altro che preventive...

Per questo tipo di gestione però mancano i tempi tecnici necessari per il passaggio attraverso la struttura giudiziaria prima delle prossime manifestazioni, sempre che qualcuno non sia invece più interessato ad utilizzare le violenze dei manifestanti per oscurare il contenuto delle manifestazioni.

Di conseguenza è facile ritenere che questa sia una gasparrata qualsiasi, ipotesi che viene rafforzata dalla caratteristica sobrietà del personaggio (che parla di ARRESTI preventivi, cosa che i daspo non sono), da alcune affermazioni fatte a corredo quale quella che afferma che si sa benissimo chi sono i violenti (e allora perché non li beccano quasi mai?), dalla pacatezza degli inviti ai genitori dei manifestanti a tenerli a casa invece di lasciarli andare insieme a potenziali assassini, ed alle risposte del Viminale (che lo invita a non soffiare sul fuoco).

E nella gasparrata c'è effettivamente però una cosa che è interessante andare a vedere, e cioè il livello di faciloneria di Gasparri stesso, nonchè, leggendo in trasparenza i contenuti della proposta, quale sia per lui l'idea di garantismo.

Non mi meraviglia quindi che per molti la reazione alle sue uscite sia stata quella di evocare lo spettro del fascismo, né credo che abbiano preso in questo modo un granchio particolarmente grande: la mentalità che ha partorito questa proposta si è dimostrata rozza, forcaiola, incline all'abuso della forza, irrispettosa delle opinioni e delle scelte altrui, portata ad alimentare un clima d'odio e di contrapposizione frontale. Quindi giustamente una mentalità almeno parafascista, anche se fortunatamente non pericolosa per la piccolezza del suo latore, piccolo balilla aspirante federale in ritardo sui tempi.

Ciao

Paolo

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Proviamo a dimenticare, con Neri Marcorè.




Il mio nome è Gasparri. Svuoto cantine.

C'è una Zanzara che fa un po' troppo beeeee

Tra i vari aspetti della Zanzara che nel tempo sono peggiorati c'è il livello medio della qualità degli interventi degli ascoltatori. Non che esso sia mai stato particolarmente brillante, intendiamoci, ma negli ultimi tempi, complice anche il diradarsi dello spazio concesso agli ascoltatori medesimi, siamo scesi su livelli francamente imbarazzanti. Sentire dei ragionamenti compiuti, dei costrutti di pensiero poggianti sui mattoni basilari Introduzione-Tesi-Conclusione, è evento più unico che raro.

Il più delle volte assistiamo a sfoghi insistiti contro il conduttore o banali arringhe da tifoso filo o anti Berlusconi. Nulla che sia neanche vagamente stimolante, nulla che sia ascrivibile alla categoria del confronto dialettico di livello. Perché alla Zanzara, banalmente, non ci si confronta. Alla Zanzara si litiga, si sbraita, si baruffa, si sproloquia, si sfotte, si deride, si tifa, si farnetica, si pontifica, si sentenzia.

Possibile che l'italiano medio abbia delle tali deficienze strutturali nell'articolare un pensiero? Ma certo che no. E infatti altre trasmissioni, come la fortunatissima Prima Pagina al mattino su Radio Tre, dimostrano il contrario. La spiegazione è un'altra: la risposta dei radioascoltatori della Zanzara è qualitativamente scarsa perché lo stimolo che viene proposto loro dall'anfitrione, composto in gran parte da provocazioni, approssimazioni, dileggi, doppiopesismi, fatuità, superficialità, volgarità, caciare, per non parlare dell'imbarazzante selezione degli argomenti da trattare e degli ospiti con cui trattarli, è qualitativamente scarso. Causa ed effetto. Azione e reazione.

Occhio, qui si comprende benissimo che la cifra della Zanzara intenzionalmente non vuole essere quella dell'ingessata piattezza senza sussulti di RadioTre, né quella della ferrea disciplina autoritaria del mozzaorecchi di Zapping su RadioUno. Però prima o poi bisognerà prendere atto di come, in nome di una distorta concezione dell'anticonformismo e del politicamente scorretto, ci si sia spinti oltre un punto di non ritorno. L'interattività con gli ascoltatori nell'ambito del cosiddetto Zanzara Party non è più un ingrediente che arricchisce la trasmissione, ma è semmai solo più un fastidio, una noia, un fardello sopportabile solo a stento, dal conduttore innanzi tutto. Sapete, per dirne una, quanti ascoltatori sono intervenuti in diretta alla Zanzara di venerdì 17 dicembre, durante l'intero arco della trasmissione? Io li ho contati: sono stati quattro. Quattro.

Se la Zanzara vuole trasformarsi nella copia carbone serale di Un giorno da pecora, perché è di questo che stiamo parlando, ebbene, che lo faccia, specie se i dati d'ascolto supportano questa bizzarra metamorfosi da insetto a ovino. Nulla quaestio. Solo, smettiamola una volta per tutte con la presa in giro del talk show che, sui fatti del giorno, vuole sentire il polso del paese reale, quello che passa al bar la sera prima di tornare a casa, quando l'evidenza dice che per il programma gli ascoltatori sono invece vieppiù diventati, in sostanza, banali ricettori di un prodotto d'intrattenimento, elementi passivi, degni, al massimo, di suggerire via sms (sempre che conoscano il numero, da settimane non più comunicato in diretta) la musichetta più appropriata a far da accompagnamento alla puntata.

Insomma, se il solco su cui cammina lo Zanzara Party dovesse rimanere l'attuale, forse sarebbe il caso che si cominciasse a ragionare su un'ipotesi di sdoppiamento della trasmissione. Ci sono due ore e mezza in ballo e c'è un chiaro deficit da ricoprire, perché un canale di radio parlata come Radio 24 non può non avere un talk show interattivo serale. Ebbene, che i primi novanta minuti di frizzi e lazzi se li faccia pure Cruciani, con una spalla fissa adeguata (non certo il mediocre Parenzo), con tutti gli ospiti della tipologia a lui gradita (Lory Del Santo, Califano, Siffredi, Sgarbi, ecc. ecc.), ma senza interventi di radioascoltatori.

Poi, per la restante ora il nostro amico maratoneta se ne va a farsi una corsetta e lascia poltrona e microfono ad un collega che magari ha ancora voglia di provare l'ebbrezza del sano e sereno dialogo con gli ascoltatori, e che abbia piacere di dedicarsi ancora, con il contributo di ospiti di spessore, all'analisi, all'approfondimento, alla dialettica, all'uso del buon italiano, al dibattito, e al fare informazione sui benedetti temi del giorno. Quelli veri, quelli di cui si parla sul serio nei bar, e non le sciocchezzuole da trafiletto in trentanovesima pagina a cui Cruciani dedica talvolta puntate intere.

Ecco, signori, questo è il regalo di Natale che vorrei da Radio 24. Un gesto di rispetto per uno zoccolo duro di audience che nonostante tutto non vuole ancora mollare. Solo questo, e niente più. La Zanzara è morta, viva la Zanzara.

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Pink Floyd, "Sheep" (1977)




venerdì 17 dicembre 2010

Garantisti per caso

Premessa. Sono di nuovo K.O. Se non volete star male ogni tre per due vi conviene non fare figli… (scherzo). Dico questo per giustificare il mini post di oggi, peraltro - come vedrete - di fatto rubato.

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Affrettatevi! Chi oggi andasse in edicola a comprare Il Giornale o Libero avrà un gentile omaggio. Il quotidiano di Feltri regala un paio di manette tintinnanti. Quello di Belpietro una palla da carcerato, con tanto di catena.

Scherzi a parte, è stato un po' furbetto ieri il nostro amico Crux a glissare sull'argomento del rilascio dei 23 fermati dopo i disordini di Roma. A quale anima dar retta? A quella reazionaria (“Delinquenti! Manigoldi! Criminali!”) o quella garantista (“Tutti innocenti fino alla Cassazione!”). Mmmh... Meglio usare la regola d'oro, avrà pensato il conduttore: quando sei in imbarazzo, parla d'altro. Funziona sempre (anche per me, sia chiaro). E chissà cosa ne penserà quell'altro esempio di sobrietà che risponde al nome Oscar Giannino a cui non farebbe male un passaggio da un esorcista (chi lo ha ascoltato ieri capirà).

Ad ogni modo, siccome sono a pezzi e non ho voglia di concentrarmi, quel che ho da dire oggi lo faccio, "alla Cruciani", appropriandomi di parole altrui. In particolare quelle di Luca Sofri, che sulla scarcerazione dei giovani di cui sopra sono semplicemente esemplari. Buon weekend.

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QUALCOSA AVRANNO FATTO
(Articolo di Luca Sofri dal blog Wittgenstein)

Ieri, dopo la notizia della scarcerazione dei giovani arrestati negli scontri di martedì a Roma, si è formato un ampio fronte di italiani che ha protestato contro quella scarcerazione. Ovvero, molte persone in Italia – in ruoli di responsabilità pubblica o no – moltissime persone, hanno detto che era sbagliato, hanno detto che non si doveva, hanno detto che andavano tenuti in prigione e che era una vergogna o uno sbaglio quella decisione di in giudice.

Bene. Quanti di quelli che hanno protestato conoscono indizi e prove a carico di ciascuno degli arrestati? Io non credo siano pochi, credo siano zero. Cosa sanno di ognuno di loro, di questo o di quello, di quali condizioni abbiano portato al loro arresto, di quali contestazioni vengano loro mosse? Io credo zero. Cosa li spinge a ritenere esattamente formulato un qualunque fermo di polizia in una giornata di casino e sbagliato il giudizio a freddo di un giudice? Io credo un pigro tic che ha staccato temporaneamente il cervello. Hanno protestato tutto il giorno – e lo faranno ancora – perché volevano vedere tenute in carcere persone di cui non hanno la minima idea, né delle accuse rivolte contro di loro, né se per uno siano gravi, o per un altro inesistenti, e per un altro ancora mezzemmezzo. Andavano tenuti in carcere. Così.

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Subsonica, "Liberi tutti" (1999)




Da ciò che uccide te e tutto ciò che ho intorno
Dall'uomo che non è padrone del suo giorno
Da tutti quelli che inquinano il mio campo
Io mi libererò perché ora sono stanco

Liberi tutti, liberi tutti...


giovedì 16 dicembre 2010

Cui prodest?

Non c'è alcuna evidenza che agenti infiltrati abbiano fomentato le azioni più incivili durante i disordini di Roma del 14 dicembre. Hai voglia a passare in rassegna le foto e i video. Ognuno, specie se si parte con la predisposizione mentale di trovarci a tutti i costi degli indizi, ci vede quello che vuole, un po' come quando si guarda le forma delle nuvole in cielo.

Senza fare confusione con quelle moltitudini di studenti e lavoratori che sfilano tranquillamente nei cortei e che magari inscenano chiassose ma innocue proteste simboliche, esistono purtroppo sparuti gruppetti di giovani e giovanissimi dalle menti acerbe o obnubilate che pensano che lo sfasciare vetrine e l'incendiare automobili siano gesti portatori di un messaggio positivo, ribelle, rivoluzionario e liberatorio. Ci piacerebbe pensare che non fosse così, addossando tutta la colpa ai famigerati agenti provocatori, ma la realtà è questa. Del resto, se anche gli infiltrati ci fossero per davvero, questo non sminuirebbe comunque le colpe per le violenze perpetrate da chi prezzolato dalla polizia non è.

Il punto è un altro. Se proprio vogliamo dedicarci alla dietrologia spicciola, il dubbio da porsi, semmai, non è se ci siano o meno gli infiltrati, ma se chi aveva in carico la gestione dell'ordine pubblico abbia o no fatto tutto quanto umanamente e fisicamente possibile per prevenire le situazioni di tensione o per sedarle prima che degenerassero. Per quanto io non ami crogiolarmi nel complottismo, certi dubbi, semplicemente facendo leva sul raziocinio, sorgono spontanei.

"Cui prodest?", dicevano i latini. A chi giova? Chi trae reale vantaggio politico dai peggiori episodi di guerriglia urbana? Chi necessita di meravigliosi pretesti per screditare tutte le manifestazioni di dissenso, anche quelle pacifiche? Quando le domande sono retoriche, rispondere è pleonastico.


PS. Sempre sui disordini di Roma, splendido come sempre il Saviano di oggi su Repubblica.

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Rage Against The Machine, "Township Rebellion" (1992)




Shackle their minds when they're bent on the cross
When ignorance reigns, life is lost...

mercoledì 15 dicembre 2010

Good night, and good luck

Qui sotto un post di Authan. Oggi ce n'è pure uno di Paolo.

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Neanche se la Lazio avesse battuto la Juventus con un autogol di Krasic a 4 secondi dallo scadere dell'ultimo minuto di recupero ci saremmo ritrovati un Giuseppe Cruciani così garrulo. Anche se a parole negava con chi glielo faceva notare, l'eccitazione era tangibile. Sì, il conduttore era proprio felice, di quella felicità primordiale tipica dei bambini e dei tifosi.

Ha vinto Berlusconi, ha vinto Berlusconi. Poi si possono fare tutti i ragionamenti possibili, ma oggi ha vinto Berlusconi” è stato il mantra crucianesco della serata. Ebbene sì. Magari non la partita, ma un fondamentale set lo ha senz'altro conquistato il cavaliere contro ogni pronostico, anche se sulle modalità un po' -ehm...- "alla Moggi" dell'opera di convincimento di vari deputati un tempo a lui ostili ci sarebbe parecchio da obiettare.

Fini umiliato, centrosinistra impotente, ipotesi alternative di governo con diverso primo ministro ridotte (per me tragicamente) a meri miraggi, conservazione del ruolo istituzionale che ad oggi lo rende immune da processi. Niente male per uno che era dato per spacciato fino a pochi giorni fa. Però qui non era in gioco solo il collo di Berlusconi o la reputazione di Fini, ma la solidità sociale ed economica del Paese, che non può poggiare le basi su un governo di minoranza il cui presidente del consiglio ha come unica priorità quella di sottrarsi ai processi penali che lo vedono imputato.

Si parla tanto di elezioni ormai inevitabili. A parte il fatto che la lunga impasse politica data da tre/quattro mesi di truculenta campagna elettorale più uno/due mesi per formare un nuovo governo (magari con una maggioranza che conta nel Paese solo il 35 per cento del consenso totale) può fare la felicità solo di un rimbambito, secondo me le elezioni ci saranno solo se a gennaio la Corte Costituzionale, com'è probabile ma non certo al 100% che accada, dovesse abrogare la legge sul legittimo impedimento per le alte cariche. Se così non fosse, Berlusconi, che delle elezioni comunque un po' di paura ce l'ha eccome (non si sa mai...), tirerà a campare tenendo il Paese in una situazione di stallo permanente pur di mantenere la sua immunità giudiziaria, tutto a vantaggio della speculazione internazionale.

Qualcuno dirà che l'attuale situazione d'instabilità è tutta imputabile a Fini e a lui solo, perché è il presidente della Camera colui che ha rotto il fronte del centodestra. Ciò sarebbe da sottoscrivere se non fosse che questo governo era disastrosamente focalizzato sulle problematiche personali del premier anche quando disponeva di una maggioranza bulgara, e che pertanto la fallita OPA di Futuro e Libertà sul PdL ha comunque rappresentato un lodevole, per quanto vano, tentativo di dar luogo ad una svolta virtuosa.

In conclusione, Berlusconi avrà pure vinto il duello rusticano, e vai con gli alleluja, i sorrisi e le pacche sulle spalle, ma chi rischia davvero di pagare lo scotto della situazione che è venuta a crearsi è, in ultima analisi, l'intero Paese. Spero di sbagliarmi, ma il futuro prossimo non promette davvero niente di buono. Niente di niente. Buonanotte, Italia. E buona fortuna.


Goodnight and good luck


Vincitori e vinti

Oggi doppio post. Qui sotto quello di Paolo. Poi, a parte, uno di Authan.

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[Post di Paolo]

Buongiorno.

Dopo il luminoso esercizio democratico di ieri, in cui patria, paese, mutuo, pignoramenti e favori hanno avuto la meglio sugli interessi carrieristici di qualcuno, è forse il caso di tirare un attimo le somme di quali sono stati i risultati per le varie parti in causa con una analisi da bar, ma comunque in maniera un po' più matura della infantile cantilena “Ha vinto Berlusconi. Comunque ha vinto Berlusconi. Si, ma ha vinto Berlusconi” che Cruciani ha passato ieri sera in trasmissione, manco fosse un bimbo che sfotte l'amico per il risultato della partita della squadra di calcio del cuore.

Tutto ovviamente secondo il mio punto personalissimo e strabico di vista.

Per la maggioranza, nell'immediato non è cambiato nulla né per il PDL né per la Lega, c'è solo un po' più di chiarezza: i margini rimangono risicatissimi ma a FLI che nelle ultime settimane imponeva un paio di passaggi un minoranza ogni settimana si sostituiranno i nuovi acquisti da IDV, SVP e lo stesso FLI. Qualche altro parlamentare, adesso che è chiaro chi sia il vincitore, salterà sul suo carro nei prossimi giorni. Si può vivacchiare ancora per un po'.

Probabilmente nemmeno sul lungo periodo PDL e Lega subiranno scossoni. Penso che l'apertura a Casini ed all'UDC da un lato potrà portare ad una di quelle democristianissime situazioni di lucroso appoggio esterno / desistenza responsabile / astensione programmatica / ecc. ecc., dall'altro permetterà alla Lega di trovare un alibi per giustificare davanti ai propri elettori una serie di risultati attualmente non in linea con le promesse (da un federalismo sempre più messo in discussione – i costi attualmente sono stimati in una decina di miliardi di euro l'anno – all'incapacità di tutelare gli interessi delle regioni amministrate – parlando solo per il Veneto, nella pratica stanno progressivamente svanendo le compensazioni per i comuni interessati dal Passante di Mestre, quelle per il rigassificatore di Porto Viro, gli aiuti per gli alluvionati vicentini e veronesi, il finanziamento del sistema sanitario, e così via). Non vedo comunque un governo di lungo respiro su queste basi. Continuo a pensare che si voterà in tarda primavera.

Non cambia nulla nemmeno per il PD: quella di ieri non era la sua battaglia, vi si sono aggregati senza convinzione e i vari Calearo che aveva improvvidamente imbarcato in campagna elettorale avevano già abbandonato smettendo di essere un bastone tra le ruote. Chissà se hanno capito cosa sta succedendo, tra un pisolino e l'altro… Al limite, una volta di più, i disordini di ieri gli verranno addebitati a discredito (assolutamente a sproposito, ma cosa centra: per molti in Italia a fare casino sono e saranno sempre i soliti comunisti), a conferma di una inadeguatezza a ruoli istituzionali e del clima d'odio che fomentano.

Gli sconfitti sono evidentemente finiani, dipietristi, terzopolisti, ed opposizione in generale, che, per motivi diversi escono ridimensionati nei numeri e nella credibilità del loro progetti. Per FLI e IDV si sono evidenziate in proporzioni diverse due tematiche non certo nuove: la scelta dei candidati (in particolare Di Pietro continua sistematicamente ad alimentare una molto consistente massa di transfughi verso il proprio nemico assoluto) e l'estrema eterogeneità degli indirizzi politici al proprio interno (specie per FLI). Credo che per il terzo polo questa sconfitta possa essere letale. Già ospitava un elemento di instabilità ed un freno politico come Rutelli, già era estremamente eterogeneo in termini di orientamenti politici (si consideri ad esempio la questione laica), si vede ridimensionato in una delle tre componenti e si vede sottrarre per avvicinarla all'area di governo la componente principale. Dubito che possa ripartire da qui.

Come dubito che una opposizione già estremamente frammentata in progetti politici evanescenti ma diversi, ed ulteriormente ridimensionata nei numeri, abbia qualche chance nemmeno nel medio termine di essere un'alternativa. Probabilmente potrà far cadere un Berlusconi al tramonto, ma non sostituirlo.

Il vero vincitore è l'UDC che si vede riportare al centro dei giochi, e che per un po' potrà mostrarsi come il partito della responsabilità e contemporaneamente incassare benefici per ogni favore che farà alla maggioranza. Senza contare che questa situazione permette all'UC di intavolare in una posizione di maggior forza i rapporti con la destra per le alleanze per il dopo. Tutto molto "demitiano".

Non credo serva dire che il peggior sconfitto è per me il Paese, che rimane con un governo debole e senza prospettive in mezzo ad una crisi che lo ha nel mirino. Penso che ieri si sia realizzato il “worst case scenario” per l'Italia.

Ciao

Paolo, il pessimista


Vincitori e vinti


martedì 14 dicembre 2010

M'ama non m'ama

Le chiacchiere stanno a zero. Arrivati una buona volta alla sfida finale all'O.K. Corral non c'è nulla che si possa dire che non sia ultrabanale o trito e ritrito. Le motivazioni di Fini, l'arroccamento di Berlusconi, gli onorevoli banderuola, i traditori, le quasi mamme, le profferte per gli indecisi... Basta.

Lasciamo che alla Camera parlino i proiettili e vediamo alla fine chi, tra i pistoleri duellanti, sarà quello rimasto in piedi. O, se preferite una metafora meno cruenta, lasciamo che il cavaliere sfogli la sua margherita e vediamo se l'ultimo petalo attaccato allo stelo sarà quello del m'ama e quello del non m'ama.




If the Lord is my friend
We'll meet at the end
Of the gunfight at O.K. Corral


venerdì 10 dicembre 2010

I tre marmittoni

Il vero post del giorno è quello di Paolo. Qui sotto solo un piccolo divertessement di Authan.

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Ma questi tre elementi pazzeschi, questi tre comici della politica, esponenti del neonato "Movimento di Responsabilità Nazionale", posizionati così, uno accanto all altro, come in questa foto...


Movimento Responsabilità Nazionale


...non ricordano proprio nessuno? Dai, due su tre sono spiccicati a Curley a Larry dei "Tre Marmittoni" ("The Three Stooges").


I tre marmittoni


Se solo quello a sinistra tra i tre parlamentari si mettesse un parrucchino alla Moe sarebbe un meraviglioso en-plein.


The three stooges


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Iggy Pop & The Stooges, "I Wanna Be Your Dog" (1969)




And now I wanna be your dog
Now I wanna be your dog
Now I wanna be your dog
Well c'mon...


Post ideologico

[Testo di Paolo]

Buongiorno,

le riflessioni di ieri sulla vicenda Renzi/Arcore mi offrono lo spunto per riflettere su un aspetto spesso trascurato della politica italiana di questo periodo, e cioè il peso ed il valore delle ideologie.

Matteo Renzi è spesso molto apprezzato per il fatto di essere considerato post ideologico, con questo intendendo che non si rifà esplicitamente ai grandi filoni di pensiero politico che si sono sviluppati in Italia nel tempo e che intenzionalmente si limita pragmaticamente all'amministrazione, piuttosto che al governo (da quel poco che ho sentito anche su questo avrei dei dubbi: mi pare di riconoscere in Renzi molto dell'ex sinistra DC, ma lasciamo stare, non è questo il punto).

In Italia il confronto ideologico che si è trascinato per decenni è stato pesantemente influenzato da forze conservatrici interne ed esterne molto potenti ed è risultato inutile: dal dopoguerra in poi non è esistita una reale alternativa al potere dei conservatori, che fossero espressione della DC (prima di tangentopoli) e dei suoi eredi (ed in questi includo anche Prodi che era e rimane un ex DC) o dei finti liberali che si sono coalizzati attorno a Berlusconi. L'unica breve eccezione è stato il disastroso periodo di governo di Craxi.

A questo si aggiunga il fatto che alcune aree politiche hanno sviluppato un approccio molto dogmatico alla propria ideologia di riferimento (ad esempio l'area dell'estrema sinistra), mentre altre hanno semplicemente abiurato senza un percorso di analisi e ricostruzione (l'area liberale, quella ex socialista, quella della ex sinistra DC, quella socialdemocratica, etc.).

In sintesi credo che gli italiani si siano abituati a pensare che dal confronto tra ideologie non possa venire fuori nulla di nuovo né di buono, per cui sono felici di premiare chi non vi faccia riferimento, il che nella realtà è un problema.

Questo approccio infatti può andare bene per un amministratore, un tecnico, una persona cui vengono dati indirizzi, obiettivi e risorse e debba conseguire dei risultati, ma diventa catastrofica nel momento in cui è praticata da chi ha ruoli di governo, da chi deve definire obiettivi e percorsi dello sviluppo della società (ed un sindaco come Renzi comincia a rientrare in questa categoria), perché senza una ideologia (vecchia, tradizionale o originale), tale attività finisce col limitarsi di volta in volta ad accettare le pressioni di questa o quella lobby, senza un progetto di fondo.

Ad un progetto sociale di minimo respiro è indispensabile infatti una base elettorale ed un orizzonte di riferimento per schematizzare qualcosa del tipo: pensiamo che per la società che vogliamo il bene si identifichi in una crescita economica piuttosto uniforme piuttosto che in una crescita economica estremamente variata, nella libertà di fare quello che si vuole piuttosto che nella salvezza spirituale, e così via, per cui magari decidiamo di potenziare e rendere prioritari gli investimenti in un certo settore o di lasciare alla libera iniziativa in un altro non ritenendolo di interesse nazionale, eccetera.

Credo sarebbe ora che qualcuno cominci apertamente ad affermare che senza questi punti fermi strettamente ideologici a disegnare la società non saranno i cittadini, ma i grossi centri di potere, che normalmente hanno maggior vantaggio nell'appropriarsi delle risorse presenti in un determinato contesto, piuttosto che nel farle crescere, il che è considerato un male dalla quasi totalità dei cittadini italiani che non vedono l'ora di premiare i politici post ideologici.

Ciao

Paolo

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(Authan) Billy Bragg, "Ideology" (1986)




While we expect democracy
They're laughing in our face
And although our cries get louder
The laughter gets louder still
Above the sound of ideologies clashing...


giovedì 9 dicembre 2010

La porta proibita

Mezza Italia associa la residenza berlusconiana di Arcore ad una sorta di luogo di perdizione, un'anticamera dell'inferno. Villa San Martino è una location simbolo: la tana del lupo, il nido del serpente, il ricettacolo del male. Tutto ciò va oltre ogni concezione di senso della misura, ma è così, e bisogna farsene una ragione. Del resto, c'è un'altra mezza Italia che, con una visione manichea uguale ed opposta, pensa che Arcore sia la Mecca e che farebbe carte false pur di metterci piede, magari per prender parte a qualche allegra festicciuola.

La politica in questo Paese non è purtroppo vissuta su un piano conscio e razionale, ma su uno istintivo, emotivo, viscerale. Su un piano primitivo. E così sarà almeno fino quando Berlusconi rimarrà sulla scena politica (dopo chissà...). Il punto è se questa condizione vada, dal "bravo politico", assecondata o combattuta.

Cosa doveva fare Matteo Renzi nel momento in cui il presidente del consiglio, al quale il sindaco di Firenze aveva chiesto un appuntamento non per giocare al bunga bunga ma per chiedere conto di certe promesse elettorali, legate a talune difficoltà del capoluogo toscano, pronunciate a suo tempo dal cavaliere, gli ha comunicato di avere un momento libero per lui non nel luogo tradizionalmente deputato agli incontri istituzionali per un capo del governo, e cioè Palazzo Chigi, ma in quel di Arcore? Doveva, Renzi, compiacere la pancia del proprio elettorato, per cui ad Arcore non ci si deve neanche accostare di striscio, o invece dar retta alla propria concezione di politica, che rigetta l'ideologia, il radicalismo, la contrapposizione frontale, a favore del pragmatismo, della temperanza e del dialogo?

Beh, la scelta era tra ciò che più sarebbe piaciuto a ciò che più sarebbe stato per lui giusto. E Renzi ha scelto di rendersi impopolare, conscio delle critiche che gli sarebbero piovute addosso sia dalla base intransigente dell'elettorato che da quella nomenclatura di partito mai particolarmente amichevole nei suoi confronti, pur di fare ciò che riteneva giusto. Personalmente interpreto questo gesto come una prova di carattere, un atto di coraggio, una dimostrazione di personalità.

Come ha scritto giustamente Massimo Gramellini sulla Stampa di ieri, riferendosi a Renzi, “se il Pd intende governare davvero, deve aumentare i propri voti, non solo i propri alleati. Deve cioè convincere una parte degli elettori del Caimano a scegliere i democratici. Ora, conosco tanti berlusconiani delusi, ma neanche uno disposto a votare per Bersani, Vendola o chiunque altro sia stato iscritto al Pci. Mentre ne conosco parecchi che, nauseati da Silvio, sarebbero pronti a dirottare la loro preferenza su questo boy scout spregiudicato e post-ideologico”.

Piaccia o non piaccia, ad oggi tra le nuove leve del PD Renzi è l'unico che abbia la stoffa per far fare al partito un salto di qualità in termini di consenso. Bruciarlo solo per aver osato oltrepassare una volta la porta proibita sarebbe quanto di più stupido la sinistra possa fare.

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Enigma, "Knocking On Forbidden Doors" (1990)




martedì 7 dicembre 2010

Wanted dead or alive

Non so quante volte mi sarà successo di sentirmi chiedere il supporto mio e del blog ad iniziative di mailbombing indirizzate contro questo o quell'obiettivo, primo fra tutti il conduttore della Zanzara (vuoi per invocarne la rimozione al direttore di Radio 24, vuoi per far sapere a Cruciani quant'è stronzo / maleducato / paraculo / vergognoso / infame / eccetera). Ho sempre risposto di no. Innanzi tutto perché spesso non condividevo l'oggetto o il tono della protesta. Ma in secondo luogo perché è mia ferma convinzione che l'invio organizzato di una moltitudine di bellicose e-mail, non spontanee ma indotte, sia un modo troppo aggressivo di esprimere una critica, l'equivalente elettronico di una molestia fisica.

Figuratevi quindi cosa posso pensare della scelta di Libero di pubblicare in prima pagina, lo scorso 4 dicembre, un elenco di parlamentari finiani, o comunque ex PDL, corredato da relative foto (come nei manifesti "Wanted dead or alive" del vecchio west) e indirizzi e-mail (dati pubblici, ma il punto non è la privacy), il tutto con invito ai lettori di scrivere ai “traditori” un non necessariamente garbato giudizio sul loro operato. Una tale operazione, per citare uno stupendo articolo di Francesco Merlo su Repubblica del 5 dicembre, altro non è che “un invito esplicito allo stalking”. Non era sufficiente dar luogo ad una tradizionale raccolta firme?

Poi sia chiaro, ora e per sempre viva la libertà di stampa, ivi compresa la pessima stampa. Tutto è legittimo, anche una campagna giornalistica dai toni brutali come quella di Libero, contro cui nessuno sta chiedendo ammende o chiusure. Però pretendere di far passere l'idea che questo sia un giornalismo normale, standard, avente piena dignità, e tale da non suscitare manco un'alzata di sopracciglio, che è quanto ha in pratica sostenuto ieri Cruciani, per me è inaccettabile. E' una operazione, quella di Libero, che mi disgusta esattamente come a Cruciani disgusta quel giornalismo che non si fa problemi a pubblicare intercettazioni telefoniche senza rilevanza penale o foto rubate su spiagge spagnole.

Sì, mi disgusta e lo dico alto e forte. La prima pagina di Libero del 4 dicembre è una porcheria, punto. Lo dico, per capirsi, sulla base di questioni di principio, in termini di civiltà, di eleganza, di correttezza, e non perché io pensi che qualche idiota che legge il quotidiano di Belpietro possa poi andare a menare Barbareschi o Granata.

A questo proposito, è esilarante che a far spallucce sia proprio quel Cruciani che, come Pansa, ha la fissa del clima d'odio. Non riesco neanche ad immaginare quali veleni uscirebbero dai microfoni serali di Radio 24 se un pasdaran berlusconiano qualsiasi venisse aggredito per strada pochi giorni dopo che il suo faccione fosse comparso in una lista nera su uno dei fogli dell'esercito del male. Già si sono dette cose folli (pensiamo ai recenti casi Belpietro e Capezzone) senza liste nere, figuriamoci con. Poi intendiamoci, io –ribadisco– non ritengo che nello scenario politico sussista un clima d'odio foriero di violenza fisica, né da una parte né dall'altra, e quindi non imputo a Libero il rischio di armare la mano di qualche sciagurato. Però chi ci crede dovrebbe avere la coerenza di crederci sempre e non solo quando fa comodo.

Ma quanto sopra non è l'unico aspetto d'incoerenza. C'è poi la questione del tradimento e dei traditori. L'accento forte che Libero pone su questa terminologia dovrebbe non dico far sobbalzare ma almeno scuotere un pochino il nostro Crux, se è vero che questi, come ripetutamente sostenuto negli ultimi tempi, ritiene che “le categorie del tradimento e della lealtà non dovrebbero esistere in politica”. Ed invece niente. Neanche un bah o un mah, neanche un piccolo "campagna legittima, ma francamente eccessiva". Niente.

E dire che la massima del Crux appena citata è splendida e sacrosanta. La politica si fa con le idee da perseguire e con gli obiettivi da raggiungere, non coi sentimenti e coi vincoli affettivi. Le alleanze politiche non sono matrimoni. Un sodalizio politico si basa su una concreta comunione di idee e di intendimenti, non su reciproci giuramenti di lealtà, manco si trattasse di una setta massonica. Se vengono meno le basi del patto, o se decade il rapporto di fiducia, una rottura è la naturale conseguenza.

Poi dietro una rottura può esserci di tutto, com'è evidente. Profonde motivazioni politiche, oppure mero opportunismo, o al peggio convenienze strettamente personali. Ma questo è un altro discorso. Rimane il fatto che in politica la partita delle alleanze non si gioca ad un livello romantico tra lealtà e tradimento, ma ad un livello pragmatico tra la persistenza di obiettivi condivisi ed il loro venir meno.

Domani vacanza. Si torna giovedì, salvo imprevisti.

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Bon Jovi, "Wanted Dead Or Alive" (1986)




I'm a cowboy, on a steel horse I ride
I'm wanted dead or alive...


lunedì 6 dicembre 2010

L'insostenibile leggerezza dell'essere

Dopo aver sentito, alla Zanzara di venerdì scorso, Francesco Pionati gongolare per l'attenzione mediatica, purtroppo anche grazie alla trasmissione di Giuseppe Cruciani (“Oh, quant'è scaltro il Pionati”, ci ha fatto sapere il conduttore, “lui sì che conosce le regole della comunicazione!”), susseguita non alla presentazione e magari al buon accoglimento di proposte per migliorare il paese, ma alla diffusione dell'inno del suo movimento "Alleanza di centro" (la cui aria è peraltro un clamoroso plagio dell'inno nazionale brasiliano) e al reclutamento dell'imprescindibile attrice tintobrassiana Debora Caprioglio, ho raggiunto una drammatica consapevolezza.

Di fronte ad una tale manifestazione di inconsistenza politica, di fronte alla totale assenza di contenuti a favore di un patetico agitar di maracas, di fronte all'impalpabilità di un one-man-party che esiste solo nella forma di orticello privato dove coltivare prebende e poltrone, poggiante unicamente su un sostrato di bassa cortigianeria verso Berlusconi, preferisco mille e mille volte un Aliprandi qualsiasi con il suo razzismo paranazista o una Binetti con il suo oltranzismo cattolico illiberale. Almeno costoro hanno delle idee. Orribili e agghiaccianti, ma pur sempre idee. Qualcosa contro cui misurarsi.

Stante il vuoto assoluto rappresentato da Pionati, invece, viene persin meno il termine di confronto. Non c'è contesa, non c'è disputa, non c'è nulla. E in effetti, ora che ci penso bene, per quale cavolo di motivo sto spendendo il mio tempo prezioso a scrivere questo post?

Ah sì, un motivo c'era. Volevo consigliare a Pionati, e non per ridere con lui in uno stucchevole clima di complicità, ma semmai su di lui, qualche altra iniziativa per catturare l'attenzione di radio, tv, e giornali. Così, per gioco, giusto per farsi due risate a denti stretti.

Ebbene:

- Presentarsi sistematicamente in Parlamento vestito come Oscar Giannino

- Cambiare il simbolo del partito, trasformandolo in uno smile giallo.

- Girare per Roma su un maggiolino rosa decappottabile

- Farsi cresce dei baffi alla Fu Manchu

- Infarcire le proprie interviste di detti, proverbi e motti popolari, alla Trapattoni, o di citazioni in latino alla Lotito.


Lascio ai miei talentuosi lettori aggiungere nei commenti altri suggerimenti, sempre secondo l'approccio "esibizionismo sì, sostanza politica no".

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Antonello Venditti, "Questa insostenibile leggerezza dell'essere" (1986)




venerdì 3 dicembre 2010

Il salotto cattivo della destra impresentabile

[L'articolo è di Paolo]

Buongiorno,
oggi una piccola riflessione sulla trasmissione (wow, due in una settimana! Ormai per me è record! :-))

Immaginate di essere un esponente di quella destra becera e retriva di cui la società normalmente si vergogna e che normalmente cerca giustamente di tenere lontano da sé. Per fare degli esempi tra gli ospiti passati nel tempo in trasmissione possiamo citare (ed è un elenco solo parziale) uno pseudo giornalista antisemita alla Maurizio Blondet, degli integralisti cattolici omofobi alla Paola Binetti o alla Maurizio Ruggiero, dei neofascisti alla Roberto Fiore, dei razzisti xenofobi dichiarati alla Pier Gianni Prosperini o, new-entry, Vittorio Aliprandi, un consigliere comunale di Padova, il quale di recente ha scritto su Facebook che i rom bisognerebbe prenderli a calci, privarli dei figli, spedirli in campi di concentramento, e altre carezze del genere.

Bene, dal punto di vista mediatico, fino a qualche tempo fa, le vostre iniziative avevano due prospettive: essere confinate entro qualche ristretto recinto frequentato essenzialmente da esaltati a voi contigui tipo il sito di Sacrum Imperium, web-radio come Bandiera Nera, radio come Radio Padania, oppure in alternativa comparire occasionalmente su qualche media mainstream di maggior diffusione dove sareste stati sottoposti ad una giusta e solenne bastonatura metaforica e presentati come il fenomeno da baraccone quale siete.

Alle vostre pseudo idee era sostanzialmente preclusa la possibilità di trovare un terreno fertile: potevano convincere i convinti (cosa poco utile), ma sarebbero arrivate ad un pubblico diverso unicamente accompagnate dal filtro di una critica attenta, di un contraddittorio severo e chiaramente etichettate come socialmente non accettabili. Invece, nella sua continua ricerca dell'originalità ad ogni costo, Giuseppe Cruciani ha invece deciso di trasformare la Zanzara nel salotto cattivo della destra impresentabile.

Rivestite un ruolo pubblico e dichiarate che i rom vi fanno vomitare e che andrebbero confinati in campo di concentramento? Potete star sicuri che, appena la notizia ottiene un minimo di rilievo, Cruciani vi ospiterà in trasmissione e, pur dichiarando di non esser d'accordo con voi (se vuoi restare in onda sulla frequenze della radio di Confindustria in società devi saperci stare), anche se, in fondo in fondo in fondo, non è così al mille per mille (ad un certo punto Crux ha confessato di provare anch'egli fastidio fisico e “schifo” per i rom che lo importunano facendo accattonaggio), vi darà modo di ammiccare alla peggiore pancia degli italiani, di giocare con i sottintesi delle cosiddette provocazioni, di inventare contestualizzazioni impossibili, di utilizzare false smentite, di buttarla in battutine che confermano le posizioni confusamente rinnegate pro forma.

Il tutto da un media mainstream molto seguito con il minimo sindacale del contraddittorio ed ostentando un'opposizione minima e divertita, come se si trattasse di sciocchezzuole senza peso ed invocando l'ipocrisia e la complicità pelosa dei benpensanti.

Cruciani, con l'alibi dell'essere il conduttore che non si indigna, sembra essersi preso il ruolo di sdoganatore del peggio che la destra italiana continua a produrre. Non credo serva sottolineare che, se state dall'altra parte, a sinistra, Cruciani si indigna e non disdegna aggredirvi verbalmente (altro che bonario e sommesso dissenso), spesso e volentieri a prescindere dal fatto che non abbiate sostenuto o fatto nulla di nemmeno lontanamente altrettanto becero.

Ciao

Paolo

giovedì 2 dicembre 2010

Si vive insieme, si muore soli

Qui di seguito post di Authan. Oggi c'è pure un ennesimo contributo di Paolo.

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Né consolazione, né disapprovazione, né elogio, né biasimo, né simpatia, né rifiuto. Quando una persona decide di porre fine alla propria esistenza, l'unico sentimento davvero appropriato che gli si deve è il rispetto. E il rispetto, in casi come questi, lo si esprime in un solo modo: con il silenzio.

Fossero stati tutti zitti, quei parlamentari che ieri hanno polemizzato tra loro alla Camera durante la commemorazione di Mario Monicelli, sarebbe stato meglio. Tutte le parole, tutte, sia quelle dalla parte della ragione, sia quelle dalla parte del torto (è non c'è bisogno di entrare nel dettaglio), sono state fuori luogo.

Se Monicelli avesse voluto che il suo togliersi la vita venisse considerato alla stregua di un manifesto, un insegnamento, un testamento universale, credo che, per quanto malato, sordo e cieco potesse essere, avrebbe trovato la maniera di farcelo sapere in modo esplicito. Ciò che ha fatto lo ha fatto solo per sé stesso.

E' stato un viaggio lungo e straordinario quello che il regista ha intrapreso in terra, in compagnia dei suoi simili. Ma l'ultimo tratto di strada egli se l'è tenuto per sé. Perché quell'approdo, in qualunque momento si compia, non lo si può condividere con nessuno, neanche volendo. Si vive insieme, si muore soli.

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Fabrizio De André, "Il testamento" (1963)




Questo ricordo non vi consoli
Quando si muore, si muore soli

Oscurantisti? No, illiberali e totalitari

Due post pure oggi. Qui sotto Paolo, a parte Authan.

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[Paolo]

Buongiorno,
la notizia del suicidio di Mario Monicelli, e in precedenza, la partecipazione a "Vieni via con me" di Mina Welby ha portato (secondo me impropriamente) a riparlare di eutanasia in vari contesti, tra cui i palazzi della politica e la Zanzara.

Ieri in trasmissione il conduttore principale ha deciso che non si deve definire "oscurantista" (termine adoperato dalla spalla Parenzo) uno Stato che nega ai propri cittadini la possibilità di decidere come morire, nemmeno in casi in cui le condizioni di vita possano ragionevolmente far venire dei dubbi sull'opportunità di una sua continuazione. Come al solito non sono riuscito a cogliere i motivi per cui Giuseppe Cruciani abbia questa idea, sempre che li abbia espressi, cosa di cui dubito fortemente.

Probabilmente definire oscurantista e medioevale un simile Stato è improprio. Però mi pare si stia cavillando e sofisticheggiando. Quello Stato (l'Italia, ma non solo) è uno stato che avoca a sé in questo modo il potere di decidere della vita e della morte dei propri cittadini, negando loro la possibilità di esercitare la propria libera scelta nella sfera più intima. E' uno stato che sceglie di imporre a tutti le scelte di alcuni nel più personale degli ambiti, invece di permettere ad ognuno di decidere per sé in un campo che non è pubblico.

Non vogliamo definirlo oscurantista? Posso essere d'accordo. La definizione corretta sarebbe illiberale e totalitario. A qualcuno sarebbe sicuramente piaciuto il termine liberticida in altri contesti, e sarebbe stato sicuramente corretto in questo.

A chi volesse morire ritenendo la propria condizione indegna di essere vissuta in Italia è negata questa possibilità. A chi volesse risparmiare a propri cari lo spettacolo di un corpo privo di vita mantenuto parzialmente in funzione da macchine magari per anni è negata questa possibilità. A chi volesse risparmiare anni di trattamenti inutili su un corpo inanimato ed incosciente, i cui costi magari riterrebbe essere meglio destinati al futuro dei propri figli è negata questa possibilità. A chi volesse risparmiarsi l'esperienza del dolore oltre certi livelli, dell'assoluta incapacità, della totale dipendenza da farmaci ed estranei è negata questa possibilità

E' vero, come dice la Binetti, che non c'è alcun eroismo nel percorrere determinate scelte, e può esserci in queste molta disperazione. E lo Stato secondo me deve fare tutto il possibile perché ad ogni persona sia garantita la miglior condizione di vita possibile ed alleviata la disperazione in ogni modo. Ma vi sono delle situazioni in cui non esistono motivi per imporre a qualcuno sofferenze inutili, quando il futuro non apre ad alcuna possibile speranza ed il dolore annulla tutto il resto.

Nessuno vuole imporre a chi non la voglia la morte assistita, ma chi nega la possibilità di accedere a questa pratica (possibilità, non obbligo, si noti bene), in maniera assolutamente illiberale, impone a tutti gli altri anche condizioni che questi possono non ritenere tollerabili. Una scelta quindi totalitaria ed illiberale.

Ciao

Paolo


Vauro


mercoledì 1 dicembre 2010

La voce del padrone

Qui sotto un post di Paolo. Oggi ce n'è anche uno di Alessandro (a.k.a. winston)

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[Paolo]

Buongiorno,

ieri sera ho provato ad ascoltare con un po' di attenzione la Zanzara, nella convinzione che la trasmissione, che insieme a quella di Giannino costituisce l'approfondimento politico della Radio di Confindustria, esprima un orientamento politico rispetto a delle elezioni che secondo me arriveranno a breve. Confindustria ha infatti già evidenziato di non farsi scrupoli nell'imporre abbastanza strettamente la propria linea editoriale alla radio (come testimoniano le disavventure di Cugia, Santalmassi e più recentemente Telese), per cui credo che se Cruciani non fosse in linea con il dettato dell'editore, adesso ci sarebbe una conduzione diversa.

Cosa ne ho concluso? Sia la scimmia urlatrice che penso abbia condotto anche ieri la prima mezz'ora di trasmissione, sia il conduttore della seconda parte sono stati sgangheratamente proni sulle posizioni berlusconiane. Si è andati dagli attacchi a tutto campo ai manifestanti contro la riforma dell'università, ripartiti da considerazioni profonde quali “Questi che occupano i monumenti sono quelli che ieri attaccavano Bondi per i crolli di Pompei!” (non è necessariamente vero, sarebbe anzi tutto da provare, ma anche se fosse? Le occupazioni non mi risulta abbiano danneggiato alcun monumento, mentre a Pompei, di cui Bondi è responsabile, siamo al terzo crollo in poco più di due mesi, avvenuto mentre Bondi apparentemente si interessava di comparire in TV e garantire privilegi e prebende a parenti, amici ed attricette), all'esternazione del fastidio contro chi evoca il clima di tensione che avrebbe contribuito agli scontri di Roma, cosa che può fare chiunque, tranne Cruciani, visto che l'anno scorso il suo cavallo di battaglia era evocare continuamente il presunto clima di odio antiberlusconiano (ammetterete che, prescindendo dall'oggetto, stiamo parlando della stessa cosa, o vogliamo cavillare sui termini?). E non mi si dica che sarebbe legittimo per Cruciani aver cambiato idea, visto che la Zanzara si apre attaccando Fini per la sua incoerenza rispetto ad un discorso del 1999 in cui definiva Bossi un traditore: se Fini in dieci anni non può cambiare idea, men che meno può farlo Cruciani in un anno solo. O sbaglio?

E la trasmissione prosegue su questa linea, di incoerenza in incoerenza, con anche alcune perle (“Questa è la mia posizione! Il ragionamento che ci sta dietro è che … cioè, ehm, ecco, …” ci mancava solo un "praticamente no" ed era la caricatura del fricchettone sballato anni settanta fatta da Verdone, oppure “le cose stanno così” e, a distanza di meno di 15 secondi “non ho detto che le cose stanno così!”. Ambulanza? Litio?) ed i soliti trucchi dialettici meschini, come etichettare i manifestanti come fancazzisti tout-court a prescindere o cercare di mettere in bocca agli ascoltatori dissenzienti concetti e parole non loro.

Per non parlare dell'uso di doppiopesismi. Sempre nei confronti della riforma dell'università Cruciani nei giorni scorsi era stato tranchant: il suo pensiero era “Le riforme vanno imposte dal governo senza dar retta a nessuno, altrimenti non si combina un cazzo”. Ode alla politica muscolare del governo ed al mancato ascolto della controparte. E adesso si lamenta che la controparte risponda muscolarmente in piazza? Ma non diceva di essere stato uno studente che si applicava con impegno a scienze politiche, sino a non aver tempo per partecipare ad una manifestazione? Non posso credere che in Italia esista una facoltà di scienze politiche talmente scalcinata da non insegnare che se una parte sceglie di alzare il livello dello scontro, la controparte si adeguerà. Cosa ovviamente successa e che dovrebbe essere apprezzata dal Crux, per coerenza.
Ma l'unica coerenza che trovo è nell'attaccare ossessivamente gli avversari di Berlusconi, chiunque essi siano.

In sintesi, mi pare che la trasmissione si tornata ai livelli di inascoltabilità di qualche tempo fa ed alle stesse preconcette posizioni filoberlusconiane oltre ogni limite di sostenibilità. E, poiché mi pare che Giannino non abbia posizioni molto diverse, credo di poter concludere che Confindustria abbia fatto la propria scelta di campo: malgrado qualche timido richiamo e nonostante la scena politica sia cambiata, è secondo me ancora tutta a favore del cavaliere. E a lui presterà il proprio importante appoggio.

Ciao

Paolo

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(Authan) "La voce del padrone" è il titolo di un mitico album di Franco Battiato, datato 1981, dal quale ho scelto la splendida "Sentimiento nuevo".




Ed è bellissimo perdersi in quest'incantesimo...

Corto circuito demagogico

Oggi due post. Qui sotto Alessandro (also know as winston), già protagonista ieri, e a parte Paolo.

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[Testo di Alessandro (winston)]

Giorgio non è un vero studente: domenica scorsa, invece che rimanere a casa a studiare, è andato a vedere il test match di rugby Italia-Fiji. Luisa, poi! Pensate che nel weekend fa 40 km con il treno per andare a trovare la nonna che abita sola. Almeno lei va dalla nonna, direte voi. Antonio va a ballare con gli amici tutti i venerdì sera! Inaudito! E non vorrei parlare di Carlo... E' addirittura andato a Roma a protestare contro la riforma dell'università! Che roba! Poco importa la reale performance scolastica di Giorgio, Luisa, Antonio e Carlo; se non stanno a casa a studiare (notte e giorno, feriali e festivi... perchè è questo il messaggio) non sono veri studenti.

Questo è, in buona sostanza, il pensiero di Berlusconi e pure di Cruciani, che non ha mai avuto il tempo di manifestare perchè pensava a studiare. Appare evidente che non sia necessario un esperto di logica per dimostrare come questa affermazione sia tanto lontana dalla categoria del reale quanto è invece vicina alla categoria del demagogico. Si può studiare e protestare, studiare e lavorare, studiare e fare sport, non mi dilungo negli esempi nè nel tentativo di confutare una tesi che non sta in piedi neppure con le stampelle.

Spostandoci sul fronte della protesta, è altresì vicino alla categoria del demagogico argomentare contro una riforma con frasi generiche ripetute a pappagallo ("il decreto smantella la ricerca"; sì, ma come e perché?) e prive di appigli e di esempi concreti e pertinenti relativi al provvedimento; è irritante sapere di manifestanti che protestano a priori in base al colore del governo che propone una legge. Ed è comprensibile che Cruciani, al pari di Berlusconi, sia infastidito da questo fenomeno che purtroppo è endemico del Belpaese.

Per quel che riguarda il premier, la strategia comunicativa è più che comprensibile; per far presa sul pubblico e sull'elettorato servono slogan chiari e semplici, atti a ridurre la complessità di un evento tramite una presa di posizione netta che faciliti la somatizzazione del concetto da parte del destinatario della comunicazione. Quello che invece appare meno comprensibile è la strategia comunicativa da parte di un conduttore radiofonico che si rifugia nella stessa banalizzazione, quando avrebbe tutta l'abilità oratoria di dimostrare l'inconsistenza delle tesi di svariati ascoltatori ai quali mancano le giuste argomentazioni.

E' chiaro che tra i manifestanti che in questi giorni stanno rubando la scena mediatica alle solite escort ci sia una percentuale (alta o bassa che sia) di studenti assolutamente disinformati sulla riforma che scendono in piazza solo per fare "casino" o per perdere qualche giorno di scuola, come è chiaro che il sillogismo "chi manifesta non è un vero studente" sia mistificatorio. Ma per quanto detto prima, è troppo augurarsi che il confronto rompa il corto circuito demagogico e si sposti su un piano più dialettico? Ci si può forse continuare a trincerare dietro la scusa della trasmissione "di cazzeggio" per giustificare certe prese di posizione imbarazzanti?

Certo, si può cambiare frequenza... Ma il problema non sono quelli che si "incazzano", da una parte o dall'altra, e che chiamano per intervenire e dissentire, considerato che hanno una capacità di analisi e di critica tale da fargli formulare un proprio pensiero. Il problema sono coloro che assimilano queste fantomatiche balle con spirito acritico. Vuole Cruciani continuare ad essere megafono funzionale della becera demagogia di una parte politica in risposta alla becera demagogia dell'altra parte, o possiamo augurarci di avere una Zanzara che sia megafono del pensiero critico, propositivo e non aprioristicamente precluso al confronto, che anima ancora i cuori di tanti italiani, indipendentemente dalla loro appartenenza politica?

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(Authan) The Beach Boys, "Student Demonstration Time" (1971)




Well there's a riot going on
There's a riot going on
Well there's a riot going on
Student demonstration time...