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Stavolta mi rifiuto. Mi rifiuto di spendere più di trenta secondi per commentare l'ennesima boutade leghista (o “baggianata sesquipedale” per citare Giuseppe Cruciani), quella del test regionale, volto a certificare un'adeguata conoscenza della cultura locale, per l'accesso alle cattedre di insegnanti, con l'unico scopo di prendersi per l'ennesima volta qualche prima pagina di giornale.
Potremmo parlare per ore dei veri problemi della scuola, delle diverse graduatorie tra nord e sud, della preparazione degli insegnanti, ma se qualcuno può spiegarmi in cosa il test regionale possa rappresentare un miglioramento rispetto alla situazione attuale, si accomodi pure, sono tutt'orecchi. Il compito della scuola è quello di insegnare italiano, storia, geografia, matematica, scienze e inglese, mica i dialetti e la cultura locale, se non en-passant, in modo estemporaneo. Non scherziamo.
Devo dire che quasi mi imbarazza trovarmi d'accordo con l'inquisitore don Livio Fanzaga, ma a questo giro è così. In un audio mandato in onda ieri da Cruciani, il direttore di Radio Maria, in riferimento alle sparate della Lega, ha detto “una volta va bene, due volte va bene, ma alle terza vi mando a quel paese”, Ecco, cari Cota, Calderoli, Bossi, Maroni, e compagnia cantante, per quel che mi riguarda "la terza" l'abbiamo superata già da un pezzo.
A proposito di inquisitori… Ieri Cruciani se l'è presa con il parroco di un piccolo comune in provincia di Lecco, tal don Giorgio De Capitani. Costui si caratterizza per il fatto che ne dice di tutti i colori su Berlusconi e sulla Lega, con parole molto esplicite (“Berlusconi gran porcone”, “non basterebbe un milione di saponette per pulire il culo di quelli della Lega”, per citare due esempi delle sue performance dialettiche), sia sul suo sito web che durante le sue messe. Ma ha senso che un parroco si esprima così?
Per Cruciani no, è inammissibile: “a chi porta la tonaca, pur senza negargli il diritto ad avere preferenze politiche, è richiesta moderazione, al contrario di quanto avviene, ad esempio, con Sgarbi”.
A parte l'uso della parola "moderazione", che quando non fa comodo “è una parola orrenda”, e quando fa comodo invece eccola lì sempre pronta all'occorrenza, io dico questo. Nel momento in cui penso che i vescovi non dovrebbero dire come votare o non votare in un referendum, per coerenza devo anche ammettere che non è normale che un parroco trasformi la santa messa in un esuberante comizio politico. Semplicemente non è normale. Quindi mi dispiace, ma nemmeno io posso unirmi al fan club di questo “predicatore” (altra citazione crucianesca).
Ciò detto, però, il paragone con Sgarbi, avanzato ieri da un ascoltatore, ci sta tutto, checché ne dica il conduttore della Zanzara. Non è la tonaca ad imporre la moderazione, ma il fatto di essere un personaggio pubblico, le cui parole, nolenti o volenti, hanno un impatto nei confronti di chi, per caso o per scelta, si ritrova ad ascoltarle. Il fatto di non indossare un abito talare non autorizza il signor Sgarbi ad essere verbalmente iper-violento, sia nella forma che nei contenuti. Corrucciarsi per don Giorgio De Capitani e ridacchiare gaudente per Sgarbi è semplicemente ri-di-co-lo.
Ah, a pensarci bene, che poi Sgarbi con la tonaca non ci abbia nulla a che fare non è proprio vero, come dimostra un video visibile su YouTube. Com'è che si dice? L'abito non fa il monaco... :-)
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Questa faccenda del "predicatore" mi ha fatto venire in mente il killer interpretato da Samuel L. Jackson nel film "Pulp Fiction", quello che prima di freddare le sue malcapitate vittime era solito citare loro un passo della Bibbia, Ezechiele 25-17. Eccovi due scene cult dal celebre film di Quentin Tarantino.
Il cammino dell'uomo timorato è minacciato
da ogni parte dalle iniquità degli esseri
egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi...
Sono anni che dico questa cazzata,
e se la sentivi significava che eri fatto.