giovedì 30 luglio 2009

L'abito non fa il monaco

[VA-CAN-ZA! Dopo questo post il blog chiude fino a ferragosto. Se anche voi siete in partenza, buon divertimento, e rilassatevi! A presto, Authan]


Stavolta mi rifiuto. Mi rifiuto di spendere più di trenta secondi per commentare l'ennesima boutade leghista (o “baggianata sesquipedale” per citare Giuseppe Cruciani), quella del test regionale, volto a certificare un'adeguata conoscenza della cultura locale, per l'accesso alle cattedre di insegnanti, con l'unico scopo di prendersi per l'ennesima volta qualche prima pagina di giornale.

Potremmo parlare per ore dei veri problemi della scuola, delle diverse graduatorie tra nord e sud, della preparazione degli insegnanti, ma se qualcuno può spiegarmi in cosa il test regionale possa rappresentare un miglioramento rispetto alla situazione attuale, si accomodi pure, sono tutt'orecchi. Il compito della scuola è quello di insegnare italiano, storia, geografia, matematica, scienze e inglese, mica i dialetti e la cultura locale, se non en-passant, in modo estemporaneo. Non scherziamo.

Devo dire che quasi mi imbarazza trovarmi d'accordo con l'inquisitore don Livio Fanzaga, ma a questo giro è così. In un audio mandato in onda ieri da Cruciani, il direttore di Radio Maria, in riferimento alle sparate della Lega, ha detto “una volta va bene, due volte va bene, ma alle terza vi mando a quel paese”, Ecco, cari Cota, Calderoli, Bossi, Maroni, e compagnia cantante, per quel che mi riguarda "la terza" l'abbiamo superata già da un pezzo.

A proposito di inquisitori… Ieri Cruciani se l'è presa con il parroco di un piccolo comune in provincia di Lecco, tal don Giorgio De Capitani. Costui si caratterizza per il fatto che ne dice di tutti i colori su Berlusconi e sulla Lega, con parole molto esplicite (“Berlusconi gran porcone”, “non basterebbe un milione di saponette per pulire il culo di quelli della Lega”, per citare due esempi delle sue performance dialettiche), sia sul suo sito web che durante le sue messe. Ma ha senso che un parroco si esprima così?

Per Cruciani no, è inammissibile: “a chi porta la tonaca, pur senza negargli il diritto ad avere preferenze politiche, è richiesta moderazione, al contrario di quanto avviene, ad esempio, con Sgarbi”.

A parte l'uso della parola "moderazione", che quando non fa comodo “è una parola orrenda”, e quando fa comodo invece eccola lì sempre pronta all'occorrenza, io dico questo. Nel momento in cui penso che i vescovi non dovrebbero dire come votare o non votare in un referendum, per coerenza devo anche ammettere che non è normale che un parroco trasformi la santa messa in un esuberante comizio politico. Semplicemente non è normale. Quindi mi dispiace, ma nemmeno io posso unirmi al fan club di questo “predicatore” (altra citazione crucianesca).

Ciò detto, però, il paragone con Sgarbi, avanzato ieri da un ascoltatore, ci sta tutto, checché ne dica il conduttore della Zanzara. Non è la tonaca ad imporre la moderazione, ma il fatto di essere un personaggio pubblico, le cui parole, nolenti o volenti, hanno un impatto nei confronti di chi, per caso o per scelta, si ritrova ad ascoltarle. Il fatto di non indossare un abito talare non autorizza il signor Sgarbi ad essere verbalmente iper-violento, sia nella forma che nei contenuti. Corrucciarsi per don Giorgio De Capitani e ridacchiare gaudente per Sgarbi è semplicemente ri-di-co-lo.

Ah, a pensarci bene, che poi Sgarbi con la tonaca non ci abbia nulla a che fare non è proprio vero, come dimostra un video visibile su YouTube. Com'è che si dice? L'abito non fa il monaco... :-)

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Questa faccenda del "predicatore" mi ha fatto venire in mente il killer interpretato da Samuel L. Jackson nel film "Pulp Fiction", quello che prima di freddare le sue malcapitate vittime era solito citare loro un passo della Bibbia, Ezechiele 25-17. Eccovi due scene cult dal celebre film di Quentin Tarantino.




Il cammino dell'uomo timorato è minacciato
da ogni parte dalle iniquità degli esseri
egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi...





Sono anni che dico questa cazzata,
e se la sentivi significava che eri fatto.


mercoledì 29 luglio 2009

Un buco in cui nascondersi

Puntata decisamente "estiva", quella della Zanzara di ieri. Se non fosse stato per i titoli dei TG e per qualche fugace accenno allo scandalo dell'ospedale di Agrigento, sotto sequestro in quanto a rischio sismico, si sarebbe potuto pensare ad una trasmissione preregistrata con temi generici, buoni per tutte le stagioni, e in particolare:

- I disservizi delle ferrovie dello stato, partendo come spunto da un'esperienza personale che Giuseppe Cruciani, in un'inedita veste di reporter da strada armato di microfono e registratore (nascosti?), ha avuto sulla linea Milano-Lecce. Che dire, ho fatto il pendolare per anni, finché un giorno ho detto "mai più treni". E credo di essermi spiegato.

- L'opportunità di ricorrere spesso e volentieri a Vittorio Sgarbi come commentatore. Ho detto mille volte la mia, non sto a ripetermi. Aggiungo solo, per sottolineare l'assoluta incoerenza nel chiamare in causa ripetutamente il critico d'arte, che se un ascoltatore qualunque intervenisse in trasmissione e dicesse, sia per forma che per contenuto, anche solo il 10% di quel che dice Sgarbi, Cruciani lo "ringrazierebbe" e lo congederebbe in un battibaleno, a meno di voler sfruttare l'occasione per campionare qualche frammento audio da usare poi in futuro per qualche sigletta ironica o qualche scanzonato spot pubblicitario.

Il clou della trasmissione, se possiamo usare questa espressione, è stata poi una lunga e sommessa intervista all'ex deputato UDC Cosimo Mele, quello che un bel giorno del 2007 decise che, tutto sommato, Dio e famiglia, massimi punti di riferimento del partito di cui era esponente, erano valori validi sono fino alle 8 di sera.

Certo, un momento di debolezza può capitare, e io non dico che l'ex onorevole Mele vada crocifisso, o lapidato, o gettato in una cella buia. Però, se io fossi in lui, e se fossi realmente pentito di quello che ho fatto, detto in modo un po' crudo cercherei di mia iniziativa un buco in cui nascondermi. In altre parole, troverei più dignitoso ritirarmi a vita privata, chiuso in quel silenzio che dovrebbe essere proprio di chi ha sulla coscienza, per propria responsabilità, una macchia per cui chiedere perdono, a se stesso prima che al prossimo.

Con le dovute proporzioni (Mele non ha mica ucciso nessuno) è un po' lo stesso discorso che Cruciani fa sempre in riferimento agli ex terroristi tornati in libertà. Fate quel che vi pare, ma se decidete di starvene zitti, se evitate di rilasciare interviste, di andare a conferenze, di presentare libri, ecc. ecc., beh, noi, di certo, non ci offendiamo.

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Radiohead, "How to Disappear Completely" (2000)




In a little while
I'll be gone
The moment's already passed
Yeah, it's gone

I'm not here
This isn't happening
I'm not here, I'm not here


martedì 28 luglio 2009

Che tutto cambi affinché nulla cambi

Finalmente ieri due argomenti nuovi si sono affacciati sulla scena della Zanzara: la possibile creazione di un nuovo partito del sud, un movimento politico fortemente legato al territorio uguale e opposto alla Lega Nord, e le singolari dichiarazioni, apparse su Repubblica, di Roberto Calderoli, a seguito di un'analoga uscita di Umberto Bossi, sull'opportunità di ritirare le truppe italiane dall'Afghanistan, “perché la democrazia non si esporta e non si impone”.


SUD

Giuseppe Cruciani ha stroncato senza pietà la prospettiva della nascita di un partito del sud. "Non se ne capisce il senso, se non quello di dar vita ad un movimento volto a rinnovare all'infinito la richiesta di nuovi stanziamenti dallo stato centrale agli enti locali". Questo, in sintesi, il Cruciani pensiero, che quindi identifica nell'eventuale nuova formazione politica un partito spauracchio con un solo reale obiettivo: chiedere soldi, a prescindere dal modo con cui poi verranno spesi.

La stroncatura del partito del sud è stata condivisa in modo pressoché unanime sia dagli interventi degli ascoltatori, che da quelli degli ospiti vip, don Peppino Caldarola e il prof. Luca Ricolfi, e a questo coro di dissensi mi unisco pienamente anch'io. Non serve essere dei leghisti (del nord) sfegatati per pensare come il regime di stato assistenzialista non possa essere ulteriormente perpetuato. Se dallo stato centrale non viene uno stimolo ad una più oculata gestione della spesa pubblica, i politici degli enti locali continueranno a scialare allegramente i fondi a loro disposizione. E' ora di cambiare registro, facendo sì che siano gli stessi cittadini del sud, consapevoli della maggior responsabilizzazione dei loro amministratori, a fungere da controllori, fiatando sul loro collo.


SUD


Se il nuovo partito fosse, per ipotesi, motivato da una spinta autonomista paragonabile a quella che portò alla nascita della Lega Nord, in un certo senso lo capirei (non sto dicendo che lo approverei). Ma non è questo il caso. Qui si vuole promuovere una sorta di "orgoglio meridionale" finto, gattopardesco, non per cambiare la situazione, ma, al contrario, per fossilizzarla, cristallizzarla, per far sì che tutto rimanga come è da sempre.

C'è però un altro dato politico che alla Zanzara di ieri e passato un po' inosservato. Questa vicenda del partito del sud mette in luce la gigantesca contraddizione di un elettorato meridionale, ma soprattutto siciliano, che vota in massa una partito, il PDL, in forzata simbiosi con la Lega Nord. Se davvero è ancora diffuso il concetto di stato assistenzialista, il voto di massa per il centrodestra ha rappresentato, sotto questo punto di vista, la classica zappa sui piedi.


AFGHANISTAN

La mossa del duo Bossi-Calderoli ha un nome preciso. Si chiama "occupazione degli spazi". E' inutile stupirsi, come ha fatto Cruciani, dell'incoerenza con le prese di posizione passate e dell'assurdità di una simile dichiarazione in un contesto di governo, quando in realtà ci si trova di fronte ad una scientifica strumentalizzazione di ogni singola questione, al fine di riposizionasi nello scacchiere politico, sgomitando a destra, per rimarcare la propria indipendenza da usare come arma di pressione, e a sinistra, per rubare qualche voto ai partiti pacifisti ormai fuori dai giochi.

Molto semplicemente, secondo me a Calderoli dell'Afghanistan, non gliene importa nulla. Se io fossi Cruciani a questo punto chiuderei con un bel "che volete farci, la politica è anche questo", ma siccome non lo sono, prendo il mio taccuino e aggiungo un'altra riga sotto la voce "perché non voto Lega".

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Negrita, "Rotolando verso sud" (2005)





Sopra a un'onda stanca che mi tira su
Mentre muovo verso Sud
Sopra a un'onda che mi tira su
Rotolando verso Sud


lunedì 27 luglio 2009

Elogio dell'ironia

Della Zanzara di venerdì, scialbissima, ricordo in particolar modo un paio di telefonate particolarmente divertenti: un ascoltatore, apparentemente serio, sosteneva che il Berlusconi che tromba come un opossum contribuisce alla pace nel mondo, mentre un altro, citando sciagure del passato e del presente tra cui l'11 settembre e la crisi finanziaria, sosteneva, al contrario, che il cavaliere porta jella.

Degno di menzione, inoltre è stato anche uno scambio di vedute tra Cruciani e un'ascoltatrice dalla provincia di Varese, Maria Giovanna, che sosteneva che i comportamenti di Berlusconi e certe parole di Sgarbi la offendevano come donna. L'ascoltatrice, poi, rimproverava a Cruciani il troppo spazio concesso a Sgarbi, con i veri valori svenduti sull'altare “dell'audience, dei soldi, del successo e del potere”.

Mi è venuto facile collegare le parole di Maria Giovanna con quelle di alcuni lettori di questo blog che lamentano come la Zanzara dedichi troppo spazio a temi leggeri, a scapito di altri di importanza ben più grande (mafia, economia, ecc), o che insista ossessivamente sugli stessi argomenti per giorni e giorni, tralasciandone altri magari di uguale o maggiore rilevanza.

Anch'io in più occasioni mi sono posto gli stessi interrogativi, lamentandomene con Cruciani. Un po' sulla base delle spiegazioni che ho ricevuto, e un po' sulla base di ulteriori riflessioni personali ho in parte alleggerito (sottolineo alleggerito, non annullato) la mia posizione critica. Ho cioè preso atto di due assunti fondamentali che stanno alla base di una trasmissione come la Zanzara e che se non sono ben assimilati rischiano di generare equivoci.

1) La Zanzara non è una trasmissione che ha come mission quello di "fare informazione" (non è e non vuole essere un TG), o quello di fare approfondimento o inchiesta (non è e non vuole essere "Report", né, per rimanere su Radio 24, "Un abuso al giorno" o "Focus Economia"). La Zanzara è un mero talk show riconducibile ad un "bar sport" un po' più evoluto, dove lo spazio dato ad un argomento (legato a politica, cronaca e attualità) è proporzionale alla sua diffusione tra la gente comune.

2) L'obiettivo primario è intrattenere il pubblico, da un lato stimolando il confronto di opinioni e dall'altro mischiando il serio con il faceto, con un occhio ai dati audiradio e l'altro agli introiti pubblicitari (Radio 24 è una radio privata, non un servizio pubblico).

Chi non accetta queste premesse, ed è nel pieno diritto di ciascuno non accettarle, farebbe bene a lasciar perdere, a cambiare stazione, al limite a spegnere la radio. Per quel che mi riguarda, però, sono convinto che anche soggiacendo ai due assunti sopra sia comunque possibile produrre una trasmissione di qualità, che alterni momenti ilari e allegri a contenuti di spessore, e credo che la Zanzara, tutto sommato riesca in questo intento, pur con qualche caduta di stile, prima fra tutte l'eccessivo spazio lasciato all'esibizionista della presunta intelligenza, Vittorio Sgarbi.

Ecco, quando Cruciani trasformandosi in un Biscardi qualsiasi, chiama Sgarbi e, di fatto, in piena consapevolezza, lo incoraggia nei suoi deliri non ponendogli MAI alcun freno, secondo me commette un grosso errore. Sgarbi alla Zanzara non è intrattenimento, nel senso migliore del termine, ma spazzatura alla massima potenza, stile Jerry Springer show (celebre talk show televisivo americano dove gli ospiti litigano sempre e spesso si menano senza ritegno, vedi ad esempio questo video), perché Sgarbi, checché ne dica Cruciani, non è “portatore di ragionamenti”, ma solo di risse, di insulti e di volgarità e che non fanno neppure ridere.

Discorso diverso sono le scenette prese dai film, le musichette tormentone, gli sketch comici, che invece, se azzeccati, si portano via gli eccessi di seriosità, e regalano quel piccolo sorriso che, in fondo, non fa mai male. Se io ascolto ogni sera la Zanzara è anche per iniettarmi quella dose di ironia che, in questo pazzo paese, mi fa tirare avanti meglio di qualunque droga.

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Alanis Morissette, "Ironic" (1995)




venerdì 24 luglio 2009

Leggi le mie labbra: nes-sun re-a-to

Normalmente darei un giudizio negativo sulla Zanzara di ieri, per via del fatto che la trasmissione si è concentrata su argomenti già abbondantemente triti e ritriti, primo fra tutti la frase tormentone di Berlusconi "Non sono un santo". Ma la messa in onda a ripetizione di un esilarante frammento del film "Compagni di scuola", di Carlo Verdone, in associazione mentale con la vicenda di Berlusconi/D'Addario, valeva di per sé, come si suol dire, il prezzo del biglietto.






- Tu manco te lo immagini quello che ho fatto io: bianche, nere, gialle, more, bionde... davanti, de dietro, in piedi, a pecoroni, 'nginocchio...

- Ma io mica so' a 'sti livelli, ahò!

- Però, al primo campanello di allarme, tac, taglio netto. E lo sai perché? Perché?

- Perché?

- Perché la famiglia E' SACRA!!!



Per una volta il “me-ra-vi-glio-so” di Cruciani cade a fagiuolo, trattandosi della miglior associazione notizia/sketch di tutti i tempi.

Ciò detto, sulla puntata di ieri mi limito ad un paio di considerazioni.

La prima. Ho trovato interessante e anche sorprendente quel che ha detto l'avvocato Giuliano Pisapia, instervistato da Cruciani ad inizio trasmissione. In sostanza, da un punto di vista penale, non si configura alcun reato né nel fatto che la D'Addario ha registrato a tradimento delle conversazioni (per quanto disdicevole sia una simile condotta), né nel fatto che poi, come è presumibile che sia avvenuto, ha consegnato una copia dei nastri all'Espresso, né nel fatto che l'Espresso ha pubblicato gli audio, avendoli ricevuti, da un punto di vista formale, lecitamente. Se ci saranno conseguenze di natura giudiziaria, saranno solo nel ramo civile.

Siamo quindi di fronte ad una scelta giornalistica che per quanto spregiudicata, e magari deontologicamente criticabile, non preconfigura alcun reato. Pertanto, quando i difensori ad oltranza di Berlusconi fanno notare che il premier non ha commesso nulla di penalmente rilevante, diventa ora facile ribaltare il discorso riferendolo al gruppo Espresso/Repubblica. Leggi le mie labbra: nes-sun re-a-to. Se, come contro risposta, viene tirata in ballo la deontologia giornalistica, diventa allora altrettanto facile ribaltare nuovamente il discorso, portandolo sulla deontologia di un'alta carica istituzionale che è supposta rappresentare il paese.

Seconda considerazione. Non è la prima volta che lo osserva, ma ieri Cruciani ha ribadito che se si dovessero trovare prove inoppugnabili che Berlusconi ha consapevolmente pagato una prostituta, allora “si aprirebbe un problema” in termini di dignità e rispettabilità delle istituzioni. Il conduttore della Zanzara non ha pronunciato la parola "dimissioni", ma la conclusione del ragionamento non può che essere quella. E io, siccome credo che le rivelazioni sul nostrano sex-gate all'amatriciana siano tutt'altro che terminate, prendo nota, perché non si sa mai. Scripta manent

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Per chiudere, una piccola e insignificante chicca. Da ieri sera tardi, grazie alla sua partecipazione alla trasmissione Speciale Calciomercato su Sky Sport 1, sappiamo che il sempre super-spettinato Giuseppe Cruciani è un acceso tifoso laziale. Se a qualcuno interessa, ecco un estratto video dove il nostro duetta con il presidente Lotito. Buon weekend a tutti.





giovedì 23 luglio 2009

Anche l'ovvio vuole la sua parte

Anche se Giuseppe Cruciani lo ha introdotto banalmente come un mero senatore del Partito Democratico, Gianrico Carofiglio, intervenuto alla Zanzara di ieri, è anche un apprezzato scrittore di thriller di successo, nonché stimato magistrato. Una testa pensante, non uno di quei peones che si muovono a comando seguendo ordini di scuderia.

Cruciani lo ha chiamato per discutere della mozione, da lui presentata con l'altro senatore Luigi Zanda e altri, sul tema della serietà e del decoro per chi ha incarichi di governo. Si tratta chiaramente di un'iniziativa di natura politica, ritagliata sulle vicende Berlusconi, sulla quale, però, io mi sento di concordare.

Ciò che Carofiglio ha detto nel suo colloquio con Cruciani più o meno ricalca il contenuto di una sua intervista apparsa su Repubblica il 13 luglio scorso. In particolar modo Carofiglio mi è piaciuto, ieri, quando ha osservato come la sua mozione non riguardi in termini assoluti la moralità, ma solo il decoro e la sobrietà richiesti a chi ricopre cariche istituzionali. Non si questiona, cioè, su presunti comportamenti immorali, ma su comportamenti indecorosi e inappropriati per il ruolo svolto.

Il problema, insomma, non è di per sé il libertinaggio di Berlusconi, ma quel che ne consegue: il discredito internazionale per l'immagine del paese, la possibile ricattabilità, le possibili ripercussioni in termini di sicurezza (è normale che nelle residenze del premier, dove sono presenti dossier e documenti magari segreti o riservati, possano entrare cani e porci?), eccetera.

Ma sono concetti ovvi, senza rilevanza pratica”, ha ribattuto Cruciani. “E poi perché portare la questione in parlamento, saranno gli elettori a giudicare a suo tempo”.

Come ha spiegato Carofiglio, sono due piani diversi: un conto è il dibattito nel paese, dove ognuno può trarre le conclusioni che vuole, un conto è l'esigenza, sentita da una parte dell'opposizione, di dover formalizzare, a livello parlamentare, dei concetti di base sul decoro istituzionale che, per quanto ovvi possano sembrare, ultimamente vengono allegramente disattesi.

Esattamente come esiste, per dirne una, un regolamento severo che obbliga i parlamentari uomini ad indossare la cravatta in aula, non mi sembra una "cretineria" mettere nero su bianco un più generale richiamo ad una costante sobrietà. Laddove il buon senso non basta, serve la regola scritta.

In riferimento alla frase-tormentone di ieri, nessuno pretende che il premier sia un santo. Basta che non sia un irresponsabile monello.

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Ora lascio la parola a un ospite, il quale mi ha chiesto di pubblicare un intervento (che io sottoscrivo) sul tema del sindaco Moratti e dell'alcol vietato sotto i 16 anni.

[Da qui in giù il testo è a firma di Lele]

Sono giorni e giorni (evidentemente è una sua fissazione) che Cruciani sta animosamente polemizzando su questa benedetta norma che, a Milano, a vieta l'alcol ai minori di 16 anni. E' convinto che non serva a niente, e che sia solo un modo dei politici per ottenere il consenso.

In molti hanno provato a spiegargli che il provvedimento non nasce per punire, ma per dare l'esempio; si vuole aiutare e supportare la famiglia nell'educazione dei figli, tentare di instaurare nella mente dei ragazzi un modello diverso... Ma non c'è niente da fare: Cruciani pensa che questo sia bieco proibizionismo. Per fortuna s'è accorto lui stesso di essere in minoranza, e lo ha ammesso.

Il punto, caro Cruciani è comprendere che, purtroppo, a 16 anni, non si ha la capacità di "automoderarsi", non si ha la percezione del limite, non si ha il buon senso di capire quando arriva il momento di smettere. Non tutti i ragazzi sanno fermarsi dopo una birra, prima di perdere la loro sobrietà. Per cui, dovendo scegliere tra l'anarchia di lasciar bere i giovani quanto vogliono, e la scontentezza di quei pochi che già bevono con moderazione (e che si devono sorbire il divieto loro malgrado), è mille volte meglio la seconda opzione.

Il ragazzo che beve saltuariamente e moderatamente, non patirà di certo questo divieto come una punizione divina: la birretta in compagnia si può anche bere a casa con gli amici, e il modo per acquistarla legalmente si trova. Anzi, gli stessi genitori di quei figli giudiziosi, penso che siano i primi a concedere ai loro ragazzi questo momento di svago.

Viceversa, il sedicenne che quotidianamente vuole affogarsi nell'alcool, e che evidentemente già è sfuggente agli strumenti educativi genitoriali, avrà la vita più dura. Mi pare una cosa talmente sacrosanta, e talmente intrisa di buon senso, che non credo sia più il caso di spenderci parole sopra.


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Sigla finale: "The saints are coming", cover (datata 2006) by Green Day & U2, uniti per la circostanza a scopo benefico, di un vecchio pezzo degli Skids (1978).




The saints are coming, the saints are coming
The saints are coming, the saints are coming
I say no matter how I try, I realise there's no reply

The saints are coming, the saints are coming...


mercoledì 22 luglio 2009

Niente podcast per la Zanzara del 20 luglio 2009...

Alcuni lettori mi fanno notare che la puntata della Zanzara di lunedì 20 luglio 2009 non è disponibile in podcast, né è scaricabile dal sito di Radio 24, nemmeno dalla pagina dei download per fascia oraria.

C'è una spiegazione. La cosa è voluta, immagino dalla direzione della radio. Cosa sarà successo? Censura? Gli insulti di Sgarbi sono stati troppi? Oppure il fatto che Cruciani ha trasmesso i primi audio della D'Addario non è piaciuta a qualcuno? Mah...

Fatto sta che io, avendo casualmente registrato con i miei potenti mezzi (un piccolo lettore mp3) la puntata in questione, ho pensato di renderla disponibile (file mp3 di 60 MB) di mia iniziativa. A chi se la fosse persa, buon ascolto.

(E abbiate pazienza, non avendo avuto il tempo di fare taglia e cuci, dovete beccarvi le pubblicità, il GR24, il traffico, la borsa, e tutte le altre dannate interruzioni.)

LINK


Cancellazione selettiva del ricordo

Il post di oggi, che inizia qui sotto dopo la riga, è a firma di Enrico.

In origine era un commento mattutino, ma il concetto di impossibilità di applicare una "selezione selettiva del ricordo" l'ho trovato talmente ficcante da far meritare al testo la "promozione" (con qualche minimo adattamento)… E così per oggi posso risparmiarmi la fatica... :-) Scherzi a parte, vale per tutti, e vale tutti i giorni. Chi ha buone idee per un post (sulla Zanzara della sera precedente) mi mandi qualcosa per e-mail entro la mattinata, il più presto possibile. Se "è degno", pubblico.

Ciao,
Authan

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[Il testo che segue è a firma di Enrico]

Già durante il breve scandalo delle telefonate tra Berlusconi e Saccà, Cruciani ha sostenuto una tesi irrazionale, riassumibile in questo modo: "Non dovremmo sapere né discutere di queste conversazioni perché dovevano restare private e non giungere alla stampa".

In pratica, Cruciani sosteneva che si dovrebbe fare finta di non aver sentito quel che abbiamo sentito perché - come dire - "non è valido". Siccome abbiamo ascoltato qualcosa che non dovevamo ascoltare, allora il nostro cervello dovrebbe non processare l'informazione. Dovremmo cancellarla dalla mente. Fare finta di non averla sentita. Fischiettare.

Non so, l'ammontare massimo di risorse che posso permettermi di sprecar commentando un ragionamento così palesemente irrazionale è: "LOL" (Loughing Out Loud). Fatto. Ci ho messo fin troppo sforzo.

Ora, io credo che questo approccio nel Cruciani persona, nasca come reazione nervosa all'esperienza personale di essere sbattuto in copertina da un giornale scandalistico. E mi rendo conto che per Cruciani sia stata una brutta esperienza, poverino, ma questo non cancella il ridicolo di questo suo atteggiamento, tenuto ieri, identico a quello tenuto, come dicevo, ai tempi di Berlusconi/Saccà (addirittura chiamò Giancarlo Loquenzi in studio ad aiutarlo a inveire).

Qualcuno gli deve spiegare, a Cruciani, che la cancellazione selettiva del ricordo è ancora in fase assai sperimentale e che, francamente, che si possa o non si possa registrare in casa della gente, è irrilevante nel momento in cui una registrazione viene diffusa.


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(Da qui Authan ancora, per il contributo multimediale)

L'accenno all'ipotetica cancellazione del ricordo mi ha fatto ritornare alla mente una pellicola del 2004, con Jim Carrey e Kate Winslet, il cui titolo italiano, "Se mi lasci ti cancello" è tanto orribile quanto poetico è, invece, quello originale: "Eternal sunshine of the spotless mind".

Si tratta di uno dei film d'amore più belli di ogni tempo, un capolavoro assoluto, il cui plot si basa proprio sull'eliminazione forzata dei ricordi. Stra-consigliato.

Della colonna sonora di questo film faceva parte la splendida "Everybody's gotta learn sometime", di Beck. Eccone una versione trovata su YouTube, condita da immagini del film. Se iniziate ad ascoltare la canzone, poi, per quanto è bella, vi tocca metterla in loop infinito fino a sera. Siete avvisati.




Change your heart
Look around you
Change your heart
Will astound you
I need your lovin'
Like the sunshine

Everybody's gotta learn sometime
Everybody's gotta learn sometime
Everybody's gotta learn sometime

martedì 21 luglio 2009

Cogito ergo sum

Pensavo ci fosse un limite al peggio, ma a giudicare dall'intervento, alla Zanzara di ieri, di Vittorio Sgarbi, contrarissimo all'ordinanza del sindaco Letizia Moratti con la quale a Milano si vieta l'alcol ai minori di 16 anni, mi devo ricredere. E' stato uno spoloquio demenziale e delirante, il solito concentrato di urla e di insulti, in pieno stile Beppe Grillo. Tale e quale.

Il critico d'arte è partito lancia in resta con il concetto del proibire il vino (eh?), chiedendosi cosa dobbiamo fare, smettere di produrre il Barolo? (eeeh?), e osservando che alcolici vuol dire vino (ah sì?), e che ora i giovani berranno quella spremuta di merda della Coca Cola e della Fanta (certo, se non c'è il vino rimane la merda, ovvio).

Poi Sgarbi ci ha donato una straordinaria lezione di teologia: prima, riferendosi al leader dell'UDC, che vorrebbe estendere il provvedimento a livello nazionale, il sindaco di Salemi ha detto: lo sa Casini cos'è il vino nella cristologia? (sì, ha detto "cristologia"). E poi: Abbiamo una chiesa che poggia su vino e pane (magari!). E ancora: Sono musulmani nel cervello. Proibire il vino è da musulmani, solo in Iran e Iraq non si può bere. Si vergognino! (ma cosa c'entrano i musulmani?).

Gran finale, sempre sul piano religioso: Proibiamo allora il vino anche nella santa messa e vediamo se Ratzinger sarà d'accordo! (e perché non proibire le messe tout court, visto che ci siamo?). E in seconda battuta: E diciamo anche che non ha senso mostrare ai giovani che il vino è il sangue di cristo perché li diseduca (dipende dalla gradazione del sangue di cristo).

Ma anche altre perle hanno impreziosito il sermone sgarbiano:

La Moratti è senza cervello, non ha un'idea in zucca, e si inventa questo provvedimento per negare il fallimento della sua capacità di educare i suoi figli (querela numero uno).

Aver proibito la droga ha forse impedito che la famiglia Moratti, o Agnelli, si drogasse?” (querela numero due e tre).

Queste sono forme estreme di mucciolismo (sì, mucciolismo, nel senso di Vincenzo Muccioli, il super proibizionista per eccellenza che però, a dirla tutta, a San Patrignano produceva vagonate di vino).

Al posto della coltivazione delle viti metteranno i pannelli solari, un'altra cagata che distrugge il territorio (La competizione è solo tra vitigni e pannelli solari, che sciocco io a non capirlo).

Mi fermo qui. Per Cruciani sono “metafore, paradossi”. Per me invece sono una sequela di stronzate megagalattiche. Ma giudicate voi… Comunque, per quel che mi riguarda, dovendo salvarne uno tra Sgarbi e Grillo, dico Beppe Grillo tutta la vita. Almeno lui un sorriso me lo strappa sempre.

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Venendo all'altro tema del giorno, si può pensare tutto il male possibile (e io lo penso) di una persona che registra delle conversazioni private all'insaputa degli interlocutori, e si può legittimamente ritenere (e io lo ritengo) che l'inopinata pubblicazione dei relativi file audio sia un travalicamento della deontologia della professione giornalistica. Ma per quanto inelegante, o disdicevole, o illecito o addirittura illegale sia il modo con cui la storia Berlusconi/D'Addario sia venuta fuori, nessuno, se non mosso da faziosità pura, può seriamente far finta che sui comportamenti del nostro premier, sulla commistione tra feste, sesso, denaro, canditature, promesse, ricatti, bugie, e un fiume di ipocrisia politica non ci sia da alzare nemmeno un sopracciglio.

Ognuno faccia come vuole, ma, a mio avviso, sorvolare, far finta di nulla, pretendere di separare il pubblico dal privato (manco parlassimo di un passante qualsiasi), e archiviare tutto alla voce pettegolezzo, come se nulla fosse successo per davvero, comporterebbe una sorta di annullamento volontario della cognizione, che io, signori miei, rifiuto categoricamente di autoinfliggermi. Né oggi, né domani, né mai. Cogito, ergo sum.

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Il mio suggeritore Ornette, ormai uno specialista, mi toglie le castagne dal fuoco e mi trova un contributo musicale che calza a pennello. Thanks :-)

Piero Ciampi, "Il vino" (1971).




lunedì 20 luglio 2009

Il timbro dello stato

Non avendo voglia di soffermarmi ulteriormente sulla querelle Grillo/PD, che ha ancora occupato la maggior parte del tempo anche alla Zanzara di venerdì 17 luglio, preferisco dire due parole su un tema trattato più marginalmente ma che invece mi ha fatto riflettere molto: la disposizione del sindaco di Milano Letizia Moratti che, sperimentalmente, per un periodo di tempo limitato a quattro mesi, che vieta la vendita, la somministrazione, il consumo, la detenzione e anche la cessione gratuita di alcol ai minori di 16 anni.

Non ho per nulla condiviso il tono di sufficienza con cui Giuseppe Cruciani ha bocciato l'ordinanza della Moratti: “Li voglio vedere i vigili che vanno a chiedere la carta di identità a chi beve una birra davanti ad un locale. Sono cose che servono soprattutto ai genitori, e ai politici per prendere voti”.

Che ci sia una questione di effettiva applicabilità del provvedimento, di oggettiva difficoltà nell'operare sufficienti controlli è fuor di dubbio. Però il liquidare il tutto con un implicito richiamo alla demagogia in questo caso, a mio avviso, è sbagliato. In certi ambiti, l'obiettivo non scritto di una legge, o di un provvedimento locale, al di là di qualunque dubbio di natura pragmatica, è quello di inviare un messaggio educativo, stabilire un principio, mettete un punto fermo: consumare alcolici prima dei sedici anni è uno sbaglio, esattamente come lo è, ad esempio, viaggiare sui sedili anteriori di un'auto, senza seggiolino prima dei dodici. Quando si parla di bambini e di ragazzi non ancora maturi, la questione della salute, della sicurezza e dell'incolumità prevale su quella della libertà personale.

Li voglio proprio vedere i carabinieri appostati ad ogni angolo della strada pronti a fermare ogni singola macchina in cui un minore di dodici anni è seduto davanti. Un'osservazione del genere, mutuata da quella di Cruciani citata sopra, per quanto tecnicamente vera, sarebbe comunque ridicola. E' pacifico che i carabinieri abbiano questioni più pressanti di cui preoccuparsi, ma ciononostante il numero di bambini o ragazzini che viaggia sui sedili anteriori, a quanto mi sembra di poter giudicare dall'osservazione quotidiana, è molto limitato. E questo avviene perché è stato stabilito un principio che piano piano si è insinuato nella testa dei cittadini, e che ora viene rispettato come regola di buon senso prima ancora che come obbligo di legge.

Un altro paragone che si può fare è con la legge anti-fumo, anche se essa non riguarda solo i minori. Non c'è bisogno che le forze dell'ordine eseguano retate quotidiane nei locali pubblici per beccare sul fatto i fumatori, perché, di nuovo, è stato formalmente stabilito un principio che ora viene in larga parte osservato di propria iniziativa. In fondo, che fumare in pubblico in ambienti chiusi fosse inappropriato, era già chiaro a tutti. Però, a far scattare la scintilla del buon senso è servito un timbro dello stato.

Lo stesso vale per alcool e adolescenti. Ha senso che un barista somministri alcol a un quindicenne, o che la cassiera di un supermercato non faccia una piega se ad acquistare liquori è un ragazzino? No, semplicemente non ce l'ha. Qualcuno si chiederà: ma come può la povera cassiera indovinare l'età del ragazzo che ha di fronte? Beh, se ha il dubbio, sarà sua cura chiedere un documento, così come lo chiede a qualunque cliente che intende pagare la spesa con carta di credito. Si chiama "responsabilizzazione", dov'è il problema? In USA è così da sempre.

Nei confronti di questa ordinanza, poi, ho anche sentito tirare in ballo concetti come l'antiproibizionismo e il gusto per la trasgressione. Ma stiamo scherzando? L'antiproibizionismo non c'entra nulla (e lo dico da antiproibizionaista). Qui si tratta di proteggere, anche da loro stessi, dei ragazzini a cui non si può chiedere di assumersi responsabilità in prima persona. Mica nessuno intende vietare l'alcol tout court! E per quel che riguarda un presunto stimolo alla trasgressione, beh, anche se fosse vero ciò non può diventare l'alibi con cui giustificare l'assenza di regole.

E' chiaro che il problema dell'abuso di alcol tra gli adolescenti non si risolve da un giorno all'altro con un'ordinanza temporanea di un singolo sindaco, e neppure con un'eventuale legge statale. Però fissare un principio di base, che prova a responsabilizzare i giovani, i loro genitori, i gestori di locali e i venditori di alcolici, e che va osservato più nell'ottica della prevenzione che non con quella della repressione, è cosa di buon senso, giusta e doverosa. Non un punto di arrivo, certo, ma un punto di partenza quello sì.

venerdì 17 luglio 2009

666

Amici, è impressionante vedere come Satana devasti le menti e inquini i cuori. Non restano altre possibilità per spiegare il fenomeno Clemente Mastella, se non la possessione demoniaca. Il riferimento, ovviamente, è alla vicenda che ha visto protagonista, due giorni fa, l'ex ministro della giustizia, sorpreso da un giornalista di Repubblica, Marco Marozzi, a lamentarsi della diaria da 290 euro, definita “'sta miseria”, concessa ai parlamentari europei.

Mastella nega, e su tale dubbio, sul "l'ha detto o non l'ha detto", Giuseppe Cruciani ieri ha costruito una Zanzara particolarmente leggera, di quelle che tutto sommato egli stesso sembra prediligere, nella convinzione, probabilmente fondata, che porti più audience.

Se devo scommettere il mio euro, io dico che l'ha detto. Ma in realtà non è poi così importante sciogliere il dubbio, perché l'assoluta plausibilità dell'ipotesi che lo sfogo di Mastella possa effettivamente aver avuto luogo già ci dà tutte le carte per esprimere un sereno giudizio sul personaggio. Più che a un animale della politica, siamo di fronte a un demone della politica. Se anche nel microverso dei partiti vige l'eterna lotta tra il bene e il male, ancora mi sfugge chi sia il bene, ma so benissimo chi sia il male, l'angelo nero, il principe delle tenebre, il maligno, il tentatore, il signore delle mosche. Belzebù. Lucifero. L'anticristo.

Sto esagerando? Beh, insomma, sto solo facendo ricorso ad un'allegoria un po' spinta che però fotografa bene un personaggio il quale, ai miei occhi, impersonifica tutto ciò che la politica non deve essere: voltagabbana, trasformista, clientelare, approfittatrice, e motivata solo dal personale tornaconto.

Lo so che Mastella, come un piccolo Calimero, è malvoluto da tutti, tranne dai quattro gatti, o forse un po' di più, che lo votano a Ceppaloni e nel resto del beneventano. Potrei decidere di farmi notare recitando il ruolo del bastian contrario misericordioso, stile Cruciani, e dire qualcosa del tipo "ma no, porello, in fondo è umano anche lui", e forse farei una figura migliore, da persona indulgente e priva di ciechi pregiudizi. Ma non ce la faccio, perché in fondo, come tutti, non sono che un debole e un peccatore, a cui qualche volta piace scagliare pietre (ma non contro la polizia).

E poi, prima di ammettere che Mastella sia umano, per quanto raccapricciante possa essere una simile esperienza, necessiterei di esaminare minuziosamente, con una potente lente di'ingrandimento, il suo corpo nudo e reso glabro, per accertarmi che in nessun punto della sua epidermide, neanche nel più recondito, possano essere presenti tre minuscoli 6 messi uno in fila all'altro.

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Sigla finale: potevo sciegliere "The number of the beast" degli Iron Maiden, o "El Diablo" dei Litfiba, ma nulla può eguagliare la potenza evocativa di "Sympathy for the devil", dei Rolling Stones, in versione originale, datata 1968, con tanto di urletto uh-uuuh ripetuto all'infinito in sottofondo. Capolavoro.




Pleased to meet you
Hope you guess my name
But what's puzzling you
Is the nature of my game

giovedì 16 luglio 2009

La metà oscura

Potremmo stare ore e ore a discutere se il nuovo scudo fiscale di Tremonti, che consente a chi detiene ingenti capitali all'estero di farli rientrare pagando un'aliquota molto bassa, pari al 5%, sia un condono, un condonino o un “condonicchio” (quest'ultimo termine è un parto di Giuseppe Cruciani alla Zanzara di ieri), o se al contrario sia la nuova genialata del neoritrovato mago della finanza creativa che porterà un po' di ossigeno nelle casse dello stato (si stima un gettito di due miliardi di euro).

Alle fine, però, la domanda che più di ogni altra sorge spontanea è questa: se al paese, periodicamente, si continua a lanciare il messaggio che trasferire grandi quantità di denaro nei paradisi fiscali è un atto perdonabile, come possiamo realmente pensare che questo fenomeno un giorno possa interrompersi? E' davvero questo la strategia migliore per combattere i paradisi fiscali?

Io non lo so, non sono voglio ergermi ad esperto di economia che non sono. Però da semplice cittadino mi gratto la testa dubbioso e mi domando: cosa vale di più, l'uovo oggi o la gallina domani? Che l'erario tragga beneficio a breve termine da questo provvedimento ci rende tutti contenti, ma siamo sicuri che nel lungo termine non pagheremo un prezzo, in termine di evasione fiscale, forse più alto del vantaggio riscosso nell'immediato?

Sono quesiti legittimi e sensati, credo. Così come legittimo e sensato erano i quesiti che un giornalista americano di Bloomberg si è permesso di rivolgere ieri, in conferenza stampa, al nostro ministro dell'economia (“come si concilia lo scudo fiscale con la maggior etica nella finanza globale, auspicata nel recente G8? E inoltre, perché ha cambiato idea rispetto a un anno fa, quando aveva detto che non avrebbo più fatto ricorso a scudi fiscali?”), ottenendo una replica molto sgarbata condita da un insulto pronunciato a mezza bocca.

Ha fatto bene Cruciani ha osservare che è inspiegabile il fastidio con cui i nostri politici solo soliti accogliere le domande scomode. Sarà che non sono abituati, ma lo scopo della stampa non è quello di stendere tappeti rossi e sarebbe meglio che tutti se ne facciano serenamente una ragione, specie quando si è convinti della giustezza del proprio operato. Si tratta effettivamente di un'osservazione ineccepibile.

Ma la reazione stizzita di Tremonti sorprende ancor di più se si tiene conto della trasformazione semi-copernicana, sia nei rapporti con gli avversari politici che nella concezione dell'economia, che negli ultimi due anni sembrava averlo visto protagionista. Evidentemente la battaglia interiore tra il Tremonti bianco e il Tremonti nero non si è mai realmente conclusa, ed è chiaro che a prevalere, ora, sembra essere, purtroppo, la sua metà oscura.


Dark Half



Il commentatore Ornette suggerisce, io eseguo. Corrado Guzzanti che fa Tremonti è uno spettacolo imperdibile.




mercoledì 15 luglio 2009

Il braccio violento della legge

Nel bel mezzo della Zanzara di ieri, nella quale peraltro, a sorpresa, è intervenuto, a difesa di Beppe Grillo e attaccando duramente il PD, uno degli intellettuali che Giuseppe Cruciani disistima maggiormente, Paolo Flores D'Arcais, è piombata la notizia della condanna del poliziotto Luigi Spaccarotella, per l'omicidio del tifoso laziale Gabriele Sandri. La richiesta del pubblico ministero era stata di 14 anni, per omicidio volontario, ma la corte ha deciso di derubricare il reato a omicidio colposo con l'aggravante della "colpa cosciente", cioè l'aver agito nonostante la prevedibilità dell'evento. Il verdetto finale parla di 6 anni di reclusione.


Braccio Violento


Alla lettura della sentenza si è scatenata la rabbia di amici e parenti di Gabriele, che giudicano troppo lieve la pena decretata. Tra i commenti più duri, a caldo, si è registrato quello del padre della vittima, Giorgio Sandri, alcune parole del quale (“La divisa paga”, “Io Spaccarotella non lo mollo”, “Io non voglio fomentare nessuno ma con un verdetto del genere è difficile che i ragazzi la prendano bene”) hanno particolarmente impressionato Cruciani: “Detto nel rispetto del dolore di un padre, è un modo di intendere la giustizia che non condivido”, ha detto il conduttore della Zanzara.

In un secondo momento, Cruciani ha poi ulteriormente calcato la mano: “E' difficile dire se la pena inflitta sia giusta o ingiusta. Questo genere di sentenze [quelle su casi che ballano tra l'omicidio colposo e il volontario] sono incommentabili, e bisogna attenersi a quel che decide il giudice. Sono invece commentabili le parole del padre di Gabriele. Quando si dice che la divisa paga di fatto si fomentano gli animi di chi vede la polizia come un nemico”.

Una parte del ragionamento di Cruciani è condivisibile: è praticamente impossibile assumere, con cognizione di causa, una posizione precisa, non alterata dall'emotività, da impressioni personali o da sentimenti di simpatia o antipatia, riguardo i processi per reati di omicidio in bilico tra il colposo e il volontario. In questi casi, dobbiamo attenerci a quel che decide la corte, per il semplice motivo che non c'è alternativa. Certo, la corte può sbagliare, ed è possibile che in questo caso abbia sbagliato. Ma l'ordinamento italiano mette a disposizione altri due gradi di giudizio per, eventualmente, correggere il verdetto in un senso o nell'altro. Non si può godere smodatamente quando i verdetti piacciono e urlare "vergogna vergogna" quando non piacciono. Non è così che va intesa la giustizia terrena. Anche se è difficile, ci vuole freddezza.

Al tempo stesso, però, bisogna essere comprensivi con chi vive il dolore in prima persona. Quella freddezza di cui parlavo sopra non può essere pretesa nei confronti del padre di un ragazzo freddato inopinatamente in un autogrill. Mettersi a vivisezionare, come ha fatto Cruciani, la scelta di parole operata da Giorgio Sandri per esprimere il suo legittimo sdegno e di fatto ascrivergli, anche solo indirettamente, una qualche quota di responsabilità per eventuali tafferugli che dovessero avere luogo, manco fosse una sorta di mandante morale, l'ho trovato ingiusto, perché escludo che quei gentiluomini bramanti solo dell'idea di tirare sassi ai poliziotti stiano lì ad attendere l'avallo di chicchessia.

Se le medesime parole fossero state pronunciate da qualcun altro, da un giornalista, un opinionista, o da uno di quegli ultrà che ieri stazionavano fuori dal tribunale, allora avrei senz'altro condiviso la replica di Cruciani. Ma per quel che mi riguarda anche la rabbia del sig. Sandri, un uomo che non può e non potrà mai ragionare con distacco sugli eventi che hanno portato alla morte del figlio, è totalmente incommentabile.


martedì 14 luglio 2009

La mossa del cavallo

L'imbarazzo che ha colto il PD a seguito dell'autocanditatura di Beppe Grillo per il ruolo di segretario (un'autentica "mossa del cavallo" che ha colto tutti di sorpresa) è emblematico della mancanza di leadership che caratterizza questo movimento. Ogni esponente si è sentito in dovere di dire la sua, in modo scomposto, senza alcun coordinamento, e il l'effetto apparente di questo bailamme di dichiarazioni, che più disparato non poteva essere, è stato quello di dare al partito la solita immagine di debolezza e di eterna confusione mentale.

Ad ogni modo, secondo me le posizioni possibili da prendere, fin da subito e senza vie di mezzo, erano solo le due più estreme:

1) Sbarrare le porte senza alcun tentennamento a quella che è chiaramente una provocazione, senza nemmeno degnarsi di citare "l'articolo 9 comma 3 dello statuto", il quale formalmente non renderebbe accettabile la canditatura per questioni di scadenze temporali. I principi di serietà di un partito non sono negoziabili. Chi fino ad un minuto prima ha coperto d'insulti un intero movimento politico non può seriamente pensare di poterne diventare segretario. No, Beppe, a questo giro affanculo ci vai tu.

2) Aprire le porte incondizionatamente, senza se, senza ma e senza "a patto che", non con l'intento di accogliere Grillo come un salvatore, dandone piena credibilità, ma unicamente a dimostrazione che chiunque, anche colui-che-non-ti-aspetti, può potenzialmente aspirare a diventare segretario del PD, se riesce a costruirsi un consenso superiore quello di tutti gli altri candidati. Facendo scoprire a Grillo le carte, si sarebbe potuto verificare l'eventuale bluff, costringendolo a tornarsene a casa con la coda tra le gambe. Beppe, vieni pure e stupiscici, se ci riesci.

Io, pur non essendone fan e disapprovandone le continue invettive, non provo per Grillo la medesima avversione di Cruciani. Penso in sostanza che due o tre buone idee Grillo le abbia e che le sue provocazioni, a volte, siano interessanti. Diciamo che Grillo sta a me come Sgarbi sta a Cruciani. Però questa volta devo allinearmi con il conduttore della Zanzara, il quale ieri ha detto che l'autocanditatura di Grillo andava semplicemente rispedita al mittente senza neanche stare a discuterne. E' così. Grillo, per come si pone, è incompatibile con il PD. Se il comico genovese vuole davvero entrare attivamente in politica, come del resto è nel suo pieno diritto fare, fondi un suo partito personale e si metta in concorrenza.

***

Nella trasmissione di ieri è stato ospite Giampaolo Pansa. Poteva essere l'occasione per approfondire anche altri temi da lui toccati in suoi recenti articoli (l'invito a Berlusconi a dimettersi, per esempio), e invece si è preferito parlare ancora anche con lui di Grillo e della debolezza del PD. Io, per dirne una, avrei voluto chiedergli conto di una cosa che ha scritto sul Riformista del 12 luglio a proposito degli attuali direttori di Repubblica e dell'Espresso. Citazione:

Vorrei dire alla coppia Mauro & Hamaui di stare molto attenti nel dipingere l'Italia più o meno come la dipinge Di Pietro: un paese prono davanti al nuovo Mussolini di Arcore. Le testate che guidano contano ben di più degli strilli di un capopopolo di passaggio. Giocare col fuoco è pericoloso. Ce la siamo scordata la stagione del terrorismo? Quando persino Aldo Moro sembrò un Hitler delle multinazionali. E per questo fu rapito e assassinato.

Ebbene, se a Cruciani salta la mosca al naso quando qualcuno tira in ballo la dittatura, il regime, le libertà negate, io mi irrito in egual misura quando qualcuno cita a sproposito il terrorismo. E' una mia fissazione. Ezio Mauro e Daniela Hamaui fanno il loro mestiere nel modo che ritengono opportuno, che può essere condiviso o meno. Ma fare anche solo velati accostamenti tra la linea editoriale delle due testate e un ipotetico riaffacciarsi sulla scena di una nuova stagione di terrorismo è a dir poco aberrante. Punto.

lunedì 13 luglio 2009

La fase tre

Quando si comincia una nuova puntata della Zanzara, come è successo venerdì 10 luglio, tirando in ballo con toni sbeffeggianti il “comicoAntonio Di Pietro, per un suo siparietto con Michele Mirabella in una trasmissione televisiva mattutina, e Nanni Moretti, per una sua intervista, contenente parole su Berlusconi durissime come sempre, pubblicata su Repubblica, è inevitabile che poi molti interventi telefonici degli ascoltatori si concentrino sugli abituali argomenti legati all'attuale premier: il conflitto d'interessi, i guai con la giustizia, il lodo Alfano, eccetera, eccetera, eccetera. Lamentarsene, irritarsi con gli ascoltatori, fare lo scorbutico, come è successo con Cruciani nell'ultima trasmissione, è un controsenso, un paradosso. Se lanci un macigno in uno specchio acqua, non puoi stupirti degli schizzi che ti arrivano addosso.

Ma a parte questa constatazione, Cruciani si è in particolar modo soffermato sull'uso della parola "ostaggio" fatto da Moretti: “Da 15 anni 60 milioni di italiani sono ostaggio degli interessi di una sola persona” ha detto il regista. Cruciani questa frase non l'ha mandata giù. “Io non mi sento un ostaggio di nessuno!”, ha strillato il conduttore.

A me di difendere Moretti non frega niente, sia chiaro. Non è uno dei miei punti di riferimento preferiti. Però penso che la parola ostaggio, se ben circostanziata e contestualizzata, potrebbe trovare applicazione al caso italiano, secondo un'interpetazione che sicuramente non è identica a quella del regista.

Se mi leggete sapete tutti come io ritenga che la presenza sulla scena politica di Berlusconi abbia rappresentato, e rappresenti tuttora, non un volano ma un freno per il paese. Da quindici anni a questa parte troppe energie sono state spese da un lato per proteggere il cavaliere dalle insidie giudiziarie dall'altro per esercitare un contrasto focalizzato sulla persona del cavaliere medesimo. Sono stati quindici anni di cattiva politica (che ad ogni modo hanno fatto seguito a cinquant'anni di politica ancor peggiore, va detto. Smettiamola di rimpiangere i presunti "bei tempi che furono"), le cui colpe non si possono ascrivere ad una sola delle fazioni. E tutti sappiamo che questo caos, giusto o sbagliato che sia, avrà fine solo quando Berlusconi terminerà la sua esperienza politica. E' così, inutile girarci intorno.

Fermo restando che la democrazia e le libertà dei cittadini non sono in pericolo, ad essere "ostaggi" di Berlusconi non sono 60 milioni di italiani, ma la qualità della politica e dell'esercizio dei poteri dello Stato, che pure in passato hanno visto tempi ben peggiori. Il salto di livello, il raggiungimento di un più alto plateau, il passaggio alla fase tre della repubblica italiana non può che passare attraverso la fine del berlusconismo e del conseguente antiberlusconismo. Ci vorrà ancora un po' di tempo, però, e tanta pazienza. Meglio non trattenere il fiato. Basta sedersi sulla riva del fiume, e aspettare, aspettare, aspettare…

venerdì 10 luglio 2009

Una domanda intima

Oggi solo un post flash :-(

Sul caso dell'arresto di alcuni giovani dopo gli episodi di violenza di Torino e Roma, anch'io come Cruciani non condivido il senso del manifesto sul risveglio delle coscienza civile a difesta della libertà di dissenso controfirmato tra gli altri dal filosofo Gianni Vattimo, intervenuto ieri in diretta alla Zanzara. Sarò un vecchio reazionario da salotto, ma secondo me la libertà di manifestare significa una cosa diversa dall'imbrattare muri, rompere vetrine, rovesciare cassonetti, ecc. Quando il procuratore di Torino Gian Carlo Caselli, anch'egli chiamato ad intervenire ieri, ha detto che gli arresti sono stati eseguiti non contro ma, al contrario, a garanzia del diritto a manifestare senza l'intromissione di piccole frange violente, secondo me aveva ragione da vendere.

***

Cambiando argomento, e con questo per oggi chiudo, avrei una domanda (della quale solo chi ha ascoltato la Zanzara di ieri può capire il senso) per la signorina Titti, la fidanzata di Renato Brunetta.

La domanda è questa: Cara Titti, questa è una domanda intima per cui se vuoi puoi non rispondere… Da quando ti sei fidanzata, ti è mai capitato di scoppiare a ridere mentre facevi l'amore?


Titti


giovedì 9 luglio 2009

Moderazione non significa piegare la testa

Nonostante il tema dominante della Zanzara di ieri sia ancora stato il caso Salvini, il momento clou della puntata è stato l'intervento del sindaco di Padova, Flavio Zanonato, del PD, detto lo "sceriffo rosso" perché per combattere spaccio e microcriminalità, incurante delle accuse di razzismo, non ha lesinato, in passato, iniziative fortemente repressive che coloro che possiedono una visione stereotipata della politica ritengono dovrebbero essere patrimonio esclusivo della destra e della Lega.

Perché è stato il momento clou? Perché le cose sono andate in modo inatteso. Immaginate la scena di un bambino che entra trafelato in un negozio di caramelle, per poi scoprire che ad essere in vendita sono, invece, solo dei bottoni. Povero piccolo, che delusione. Ecco, il bambino in questione è Giuseppe Cruciani, che ieri ha approcciato Zanonato convinto di avere a che fare con un certo tipo di persona, e che invece si è ritrovato con tutt'altro. Un equivoco originato da aspettative errate, da preconcetti, e da quegli stereotipi che in teoria Cruciani stesso per primo è solito affermare di voler rigettare.

Cosa è successo di preciso? Ad inizio trasmissione, nel mandare in onda un audio di Zanonato dove questi si esprime in modo esplicito contro le frange violente di manifestanti anti-G8, Cruciani ne ha tessuto lodi sperticate: “L'ho sempre apprezzato molto e ciò che ho sentito oggi mi porta a confermare il giudizio”. E poi: “Perche nessun altro (immagino sottintendesse nel centrosinistra) ha il coraggio di dire queste cose in modo chiaro?

Alcune decine di minuti dopo, Zanonato, chiamato dalla redazione, interviene in diretta, ma l'intervista in pochi attimi prende una piega imprevista. Partendo da una domanda sui comportamenti inappropriati di Matteo Salvini (che per il sindaco di Padova dovrebbe “darsi all'agricoltura”), Zanonato passa subito a quelli di Berlusconi (che dovrebbe “togliersi dai piedi”), iniziando un discorso che coloro che qualche volta dimostrano una visione stereotipata della politica definirebbero "anti-berlusconiano": “L'italia sta diventando una caricatura di paese che perde di credibilità nel mondo”, “Berlusconi farebbe meglio ad andarsene con lo stuolo di ragazze al seguito”, “Bisogna essere seri, rigorosi, rispettosi e dedicarsi con impegno all'attività di governo e non ad altro”, ecc.

Cruciani trasecola, non crede alle proprie orecchie. Uno dei suoi miti lo sta tradendo. “Zanonato, sono sorpreso. Lei è considerato un moderato, non un antiberlusconiano doc”. E Zanonato, peraltro palesemente innervosito dal modo con cui Cruciani conduceva l'intervista, ribatte: “Io sono moderatissimo, ma la moderazione non significa piegare la testa ogni volta”. E poi via con riferimenti ai “comportamenti non adatti ad un capo di governo” a cui Cruciani replica con il suo classico e ossessivo “Mi faccia un esempio!”, come se negli ultimi mesi avessimo discusso solo di calcio e di previsioni del tempo.

Insomma, più che un'intervista "alta" (tra virgolette) ad un ospite vip, caratterizzata da fair-play e reciproca considerazione, ciò che abbiamo ascoltato ha ricordato più i "bassi" (tra virgolette) botta e risposta tipici dei normali scambi di vedute tra Cruciani e i peones qualunque. Il che, in ultima analisi, è stato piuttosto divertente.

La morale della favola, a mio avviso, è riassumibile in questi punti:

1) Se si considera “orrenda” la parole "moderato", forse sarebbe meglio non usarla mai. No?

2) Fare il sindaco-sceriffo non implica tenere una posizione meno critica verso Berlusconi. Non serve essere indulgenti verso il cavaliere per pensare che la microcriminalità vada repressa con durezza.

3) Biasimare coloro che manifestano in piazza con modi violenti non implica una posizione meno critica verso Berlusconi. Non serve essere indulgenti verso Berlusconi per pensare che le biglie di ferro ai cortei non vadano portate e che chi le porta merita l'arresto.

4) Milioni di persone, che sanno stare al mondo e che non si nutrono di preconcetti, ritengono di avere serie e motivate ragioni per auspicare la fine politica di Berlusconi, ed è ingiusto bollarle come "anti-berlusconiani" nel senso di soggetti animati solo da odio per il cavaliere. “Mi faccia un esempio!”. Flavio Zanonato. Et voilà.

mercoledì 8 luglio 2009

Una figura da pirla

Poche cose al mondo devono essere imbarazzanti quanto biasimare in pubblico un amico. Quindi va bene così. Per quel che mi riguarda, nell'intervista all'espondente leghista Matteo Salvini alla Zanzara di ieri, relativamente al caso dell'imbarazzante coro anti-napoletani da quest'ultimo intonato alcune settime fa durante una festa a Pontida, Giuseppe Cruciani ha fatto a sufficienza la sua parte, soffermandosi su come il ruolo dell'ultras da curva non possa essere compatibile con quello del rappresentante istituzionale ("neanche nel tempo libero" aggiungo io, citando un'efficace espressione adoperata da Massimo Gramellini sul suo "Buongiorno" di oggi).

Però a Cruciani vorrei rivolgere una piccola preghiera: la prossima volta che dovesse incontrare il suo amico Salvini in privato, vis-a-vis, ci vada meno per il sottile. Lo faccia sedere, gli tolga la birra dalla mani, gli dica di tacere per due minuti consecutivi, e gli legga dalla prima all'ultima riga l'articolo di Filippo Facci apparso sul Giornale di oggi, con particolare accento su questo passaggio:

Certe cose si pensano e basta. Certe altre neppure si pensano: e se mai dovesse capitare di pensarle, Salvini, si tace persino con se stessi, e se poi si ricopre una carica elettiva, pagata coi soldi del contribuente, si tace anche perché danneggi il tuo partito, gli alleati, il governo oltreché la collettività tutta. È finita l'oktoberfest, Salvini. Esiste una cosetta chiamata principio di responsabilità, presente? E non guardarti attorno, non cercare complicità, lèvati quel risolino dalla faccia: hai fatto una figura da pirla, l’hai capito o no?

Lo so che il mestiere del redentore non è quello a cui Cruciani aspira, ma se intende la parola "amico" come la intendo io, mai come in questo caso val la pena fare un'eccezione.

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Facciamoci due risate con un vecchio sketch comico di Giobbe Covatta e Francesco Paolantoni, che nella trasmissione Telemeno (1989) simulavano il dibattito politico tra un leader della Lega Lombarda e uno della Liga Veneta. Noi non siamo razzisti. Sono loro che sono napoletani!




martedì 7 luglio 2009

La legge è legge

La straordinaria somiglianza tra il sottosegretario alla famiglia Carlo Giovanardi e lo scomparso attore francese Fernandel mi ha spinto a titolare questo post "La legge è legge", in omaggio ad un vecchio film nel quale quest'ultimo faceva coppia con Totò.


Fernandel


Come mai si parla di Giovanardi? Non perché sia diventato di colpo “un eroe della sinistra”, come scioccamente detto da Cruciani ieri ad inizio Zanzara, ma perché ha semplicemente destato scalpore, diventando l'argomento maggiormente dibattuto in trasmissione, la sua uscita sulla necessità di regolarizzare quella moltitudine di colf e badanti senza permesso di soggiorno che si trova potenzialmente a rischio espulsione in conseguenza dell'entrata in vigore del pacchetto sicurezza, nel quale si qualifica la clandestinità quale reato.

La questione posta da Giovanardi, al di là della singolare tempistica (ma fino a ieri dove viveva il sottosegretario? Sulla luna?) ha creato imbarazzo al governo. Da un lato molti esponenti del PDL appoggiano Giovanardi condividendo l'esigenza di salvaguardare quella che ad oggi è per molte famiglie la soluzione ad un problema reale. Dall'altro la Lega vuole mostrare i muscoli e continuare a fare quella faccia cattiva che così tanti voti porta all'ovile. La legge è legge, sembra essere il nuovo slogan del carroccio, come si evince dalle dure parole di Roberto Calderoli (molto criticate da Cruciani, peraltro) apparse sul Corriere di ieri.

Insomma, sulla carta il dilemma è se queste persone vadano "sanate" o cacciate. O si procede ad una regolarizzazione di massa (con una sanatoria "ad categoriam"), o si procede con espulsioni di massa. In realtà, come sottolineato e pronosticato dallo stesso Cruciani, tutti sappiamo benissimo che sarà la terza via, la classica soluzione all'italiana, quella che verrà seguita: non succederà niente. In un certo senso, Maroni la ha addirittura preannunciato (“Nessuna colf o nessuna badante già in Italia, anche se entrata irregolarmente, sarà espulsa”), affermando inoltre, diversamente da Calderoli, che la norma “non ha effetto retroattivo”. Peccato che in questo contesto il concetto di retroattività abbia poco senso, visto che in moltissimi casi non è giuridicamente possibile stabilire con certezza la data di un ingresso illegale sul suolo italiano.

Non succederà niente, ripeto. Non ci sarà alcuna sanatoria, ma neppure avranno luogo retate e rastrellamenti anti-badanti, sulle quali semplicemente si chiuderà un occhio. Vale a dire, la legge voluta dalla Lega non verrà fatta rispettare compiutamente, a dimostrazione del fatto che la parte del pacchetto sicurezza che contava di accrescere la sicurezza colpendo nel mucchio della clandestinità, anziché punendo più severamente chi commette reati senza rendere la vita impossibile a chi non li commette, altro non è che uno spot xenofobo demagogico e inconcludente.

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Per chiudere, due parole su Gianni Prosperini, protagonista ieri di un intervento alla Zanzara nel quale, un po' a sorpresa, ha sottolineato l'importanza sociale delle badanti straniere, che si fanno carico di un lavoro difficilissimo (“piuttosto io andrei a lavorare in fonderia o alla Milano Spurghi”, ha detto l'assessore lombardo.).

Al di là delle sue idee politiche generali con le quali mi pongo in totale antitesi, il personaggio, come ho già avuto modo dire in passato, a suo modo, con quell'eloquio da guascone, stile macellaio di Busto Arsizio, è divertente. E divertente è stato anche ieri nel suo intervento in trasmissione. Però verso la fine il sorriso si è trasformato in un'amara smorfia nel momento in cui Prosperini ha accennato alle “carezzine” che amerebbe farsi fare dalle due badanti ventenni che intende assumere in futuro quando la salute carente gliene dovesse dare motivo. Una frase del genere andava stroncata seduta stante senza le crucianesche ridacchiate in sottofondo. Se quella di Prosperini era solo una battuta (come credo), era comunque una battuta di cattivo gusto. Non son cose da dire.


lunedì 6 luglio 2009

E' un po' come passare al bar prima di tornare a casa

La Zanzara di venerdì 3 luglio è scivolata via lasciando poche tracce. A destare l'attenzione sono state alcune dichiarazioni di Massimo D'Alema in base al quale “Berlusconi andava combattuto non arroccandosi a difesa della televisione pubblica ma sfidandolo sul suo terreno. La soluzione era privatizzare la Rai, agevolando la discesa in campo di un competitore privato vero per il cavaliere. Tutte le discussioni che si fanno a sinistra sul conflitto di interessi sono fasulle”.

Cruciani si è molto stupito di queste parole, primo perché non ricordava che D'Alema avesse mai espresso queste opinioni in passato neppure quando ha avuto responsabilità di governo (in realtà non è così, come dimostra questo vecchio articolo del Corriere, datato ottobre 1998), e poi perché al conduttore della Zanzara il trovarsi perfettamente d'accordo con D'Alema deve fare un certo effetto.

Secondo me D'Alema è mille volte nel giusto quando afferma che la Rai andava privatizzata già da molto tempo, ma lascia perplessi la sicurezza con cui ritiene che ciò sarebbe stato sicuramente sufficiente a garantire la discesa in campo di un editore privato in grado di fare da competitor alla pari con un Berlusconi (tre reti e tanta tanta pubblicita) spadroneggiante indiscusso. Su quali basi si fondano queste certezze? Mah. Inoltre, a mio avviso, anche posto che tale nuovo editore privato fosse sopraggiunto, due soggetti televisivi in concorrenza sono comunque ancora troppo pochi per garantire un adeguato pluralismo.

Personalmente rimango convinto la privatizzazione dovesse avere luogo contestualmente all'emanazione di una legge che limitasse ad una il numero di reti televisive nazionali generaliste e non a pagamento detenibili da un singolo soggetto, così da incoraggare sul serio l'arrivo di nuovi editori non spaventati dal doversi confrontate con un moloch feroce e inavvicinabile. Definire tout-court "fasulla" l'intera discussione sul conflitto d'interesse è semplicemente irrealistico.

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Un cortese lettore del blog, Antonio, mi chiede via e-mail perché non ho commentato la performance del giornalista pugliese Roberto Straniero, che è stata un po' il tormentone della Zanzara durante la scorsa settimana. Per i quattro o cinque che non lo sapessero, Straniero, negli studi dell'emittente locale Telesveva, in un fuori onda che precedeva un'intervista ad un politico pugliese del PDL, si sfogava, con un linguaggio molto colorito condito da frammenti in dialetto barlettano, contro l'incoerenza del centro destra sui temi della moralità, della famiglia e delle coppie di fatto. Ma nulla più del video vero e proprio può raccontare adeguatamente lo Straniero show.






Pur trovando a dir poco esilarante la sfuriata di Straniero e condividendo "al 150%" il concetto che questi, a modo suo, esprimeva, non ho ritenuto di approfondire oltre perché a me piace parlare di e su argomenti, temi, fatti, discussioni, opinioni, tesi. Se lo sfogo di Straniero avesse scatenato, alla Zanzara, un qualche dibattito sulla coerenza di certi esponenti politici mi sarei volentieri intromesso per dire la mia. Invece così non è stato. La colorita forma del messaggio di straniero ha prevalso sui contenuti, il che è un peccato.

Straniero è diventato un eroe per molti (anche per me, in fondo) e un'idiota per altri senza portare alcun reale contributo al dibattito politico. In un certo senso mi viene da paragonarlo a Beppe Grillo quando quest'ultimo dice che in parlamento c'è qualche zoccola. E' lo stesso atteggiamento, lo stesso approccio tranchant. Se Straniero si è meritato di diventare un tormentone, con il super cattivo Grillo ci sarebbe materiale per farne mille, di tormentoni.

Io non ho nulla contro i tormentoni, sia chiaro, a patto che non si esageri. Cruciani è fissato con 'sta cosa che vuole rendere la sua trasmissione più scanzonata e ilare, e meno grigia e seriosa, il che mi va benissimo, purché non si scada in una ripetitività un po' stucchevole come in parte è accaduto con Straniero. E qui ci metto pure la sviolinata di Emilio Fede per Berlusconi: sì, fa ridere, però è troppo troppo lunga. Dopo due o tre volte annoia.

A margine... Per Cruciani, quello di Straniero è, in un certo senso, “un linguaggio della chiarezza, senza polemiche vuote e parole astratte”. Un modo di esprimersi diretto, terra terra, che poi è “quello che si usa nei bar”. Mah, io ci andrei piano a dare necessariamente al "linguaggio della pancia", "da bar", il tratto lodevole della concretezza. Anche con poche parole ruvide e chiare si possono aprire polemiche vuote ed esprimere concetti astratti, nonché dire solenni stronzate.


venerdì 3 luglio 2009

1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10...

Con il voto favorevole del Senato, si è concluso l'iter del famigerato pacchetto sicurezza. Si tratta di un provvedimento piuttosto articolato, che include molti punti su tematiche variegate, e a questo proposito, ho trovato interessante il commento che ne ha dato ieri Giuseppe Cruciani all'inizio della trasmissione.

Riassumo il Crux-pensiero: Ci sono valutazioni opposte da parte di maggioranza, opposizione e Chiesa che non entrano mai nel merito delle singole norme. Da una parte Berlusconi dice che così si garantiscono i cittadini come se davvero questa legge trasformerà d’incanto l'Italia in un oasi di tranquillità, e dall'altra le opposizioni parlano di danno per il paese, di privazione di libertà, di leggi razziali, mentre la Chiesa dice che la legge porterà dolore. Bisognerebbe invece considerare ogni singolo articolo della legge e commentarlo a parte.

L'approccio non è sbagliato. E in effetti, andando a sviscerare i diversi aspetti della legge, mi capita di condividerne alcuni (le norme anti-racket, quelle contro i "graffitari", e contro l’uso dei bambini per l'accattonaggio), a disapprovarne altre (il reato di clandestinità, le ronde), e ad essere molto dubbioso su altre ancora (la permanenza dei clandestini negli ex CPT fino a 6 mesi, gli spray per autodifesa). Non è banale barcamenarsi, oggettivamente.

Tuttavia, in considerazione del fatto che l'aspetto dominante della legge è sicuramente quello delle norme anticlandestinità, faccio fatica a non dar ragione a chi vede, almeno parzialmente, in questa legge un tributo alla lega che porta a compimento il suo megaspot xenofobo (non razzista che significa un'altra cosa) con norme dalle etichette appariscenti ma dalla dubbia efficacia e con effetti potenzialmente controproducenti: prima di tutto l’intasamento dei tribunali e, in un secondo momento, delle carceri (per i clandestini recidivi), ma poi anche un inasprimento dell'attrito sociale dovuto ad una integrazione che anziché essere facilitata viene invece ostacolata anche per chi non commette reati. E quest'ultimo è proprio l'aspetto che io considero più preoccupante.

Questo è il motivo per cui, se io fossi stato un senatore, avrei votato no a questa legge, tenendo conto che, per via della questione di fiducia posta del governo, non era possibile proporre emendamenti, e pertanto il tutto andava accettato o respinto nella sua integralità. E ad un Mario Giordano qualsiasi, che sul quotidiano che dirige titola un suo editoriale "Pur di votare no l’opposizione aiuta la mafia" io, risponderei che lo perdono perché in fondo non sa quello che dice. Ma solo dopo aver contato da 1 a 10. Lentamente. Molto, molto, molto lentamente.